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Il sospiro dell'Oracolo
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Il sospiro dell'Oracolo

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Un viaggio che condurrà in terre lontane dove le Rune hanno innescato la corsa sfrenata di Swami alla ricerca di quella collera incontrollabile da placare scaturita per passione adultera. Superando ciò che l'occhio vede ed il corpo sente, si alternano sofferenze sino a quando quel sospiro dell’Oracolo potrà dissolvere la nube nera, decretando così l’inizio di un nuovo giorno.
LanguageItaliano
Release dateDec 10, 2015
ISBN9788891120663
Il sospiro dell'Oracolo

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    Il sospiro dell'Oracolo - Ines Bonelli

    racconti.

    CAPITOLO I

    Arrivo a Moberg

    Partenza dall'Italia (Milano-Malpensa) con volo di linea per raggiungere Stoccolma in giornata, particolarmente calda. Arrivati in aeroporto nel tardo pomeriggio, braccia conserte davanti al nastro portabagagli: Anna e Sara fiduciose della leggendaria professionalità svedese speravano di divincolarsi presto ma non passò molto tempo per rendersi conto di quanto le vecchie abitudini italiane avessero oltrepassato le frontiere. Ci impiegarono diverso tempo prima di riuscire a recuperare ogni bagaglio.

    Al ritiro delle valigie all’uscita ad accoglierle una giornata nuvolosa, tinta di grigio e azzurro ghiaccio. Ad attenderle un auto che le avrebbe condotte a Moberg. Lasciarono Stoccolma in direzione di Uppsala, ancora una mezz’oretta di viaggio e sarebbero arrivate a destinazione. Come ben impresso nella memoria di Sara niente montagne nel paesaggio che scorreva al di là del finestrino, solo nuvoloni bianco-grigi che parevano essere stati dipinti su tela. Miglia svedesi di alberi e verde incontaminato solo alcune fattorie in legno rosse e gialle sparse qua e là.

    In passato il legno veniva ricoperto di una vernice rosso ferrosa che lo proteggeva dalla neve e dalla pioggia e ad oggi se n’era conservata la tradizione decorativa.

    Lungo la strada fermate dell’autobus a forma di casetta collegavano i diversi paesi rurali sparsi sul territorio in prossimità di Uppsala e i caratteristici cartelli stradali raffiguranti un alce le ricordavano quanto la loro meta fosse demograficamente mediocre. Avrebbero trascorso i soliti tre mesi in isolamento dal resto del mondo, come un libro già letto ogni estate sulla stessa vacanza per rigenerarsi. Non avendo alternativa di scelta Sara si sarebbe adattata come ogni anno, fondamentalmente si trattava di un qualunque pretesto per passare del tempo in compagnia della nonna Alva che non vedeva dall’anno scorso.

    Stanca l’adolescente appoggiò la testa al sedile, si mise le cuffie e lasciandosi cullare dalla musica socchiuse gli occhi. A breve sarebbero arrivati a Moberg e proprio quella musica, nei giorni futuri, sarebbe stata la colonna sonora di quella vista d’immensa acqua pulita che per quanto fredda si rifiuta a malincuore… palpebre sempre più pesanti e andamento di viaggio inducevano ad un sonno in apparenza leggero ma che ben presto si trasformò in qualcosa di più profondo, perdendone il controllo.

    Il buio, forse la notte priva di ogni bagliore… un pensiero offuscato ma le pareva di sentire la stessa attrazione come se vedesse con gli stessi occhi illuminati del desiderio… la magia, l’intensità e l’esaltazione di questo sentimento… tutte queste emozioni senza vederne la provenienza. Non riuscivano ad aprirsi come ad avere le palpebre ben sigillate, ed allora la paura fa ingresso… la percepisce ma non riesce a manifestarla… la sensazione di essere osservata, addirittura sfiorata al viso da una mano fredda le metteva ancora più ansia. Si strinse a sé indifesa incapace di reagire. Riuscì a portarsi le mani agli occhi e stregandoli continuamente per pochissimo tempo riuscì ad intravedere vicino a sé una figura, forse una donna o forse no… un viso avvolto dalla luce… un bagliore che l’attraeva ma che non riusciva a spiegare. Adesso con le sue mani cercava riparo anche se la curiosità voleva vedere di più. Poi ancora l’oscurità lasciando solo quell’immagine poco chiara… un flashback di quando era bambina, gli alberi innevati e quella mano fredda che la sorreggeva, una visualizzazione dell’evento come se già vissuto… poi di nuovo il buio frantumato da quell’estesa luce che piano piano diventava sempre più fievole lasciando intravedere uno sguardo lucido e glaciale profondamente sensuale disarmante di dolcezza…

    Un sballottamento all’auto la svegliò di soprassalto, forse a causa di un buco sulla strada, ma non impedì di ricordare quel sogno simile ad una realizzazione allucinatoria durante il torpore del viaggio. Si guardò attorno ancora assopita portandosi le mani al volto e passando le dita nei capelli.

    Anna le comunicò che erano prossime alla meta pertanto la invitò a prepararsi a scendere.

    Un sospiro di sollievo dopo il risveglio ma ciò non tolse quella sensazione di paura residua che le aveva generato. Non si soffermò a lungo per riflettere, preferì dimenticare semplicemente quell’incubo in fretta.

    «Ecco ci siamo, svolti in quella strada è l’ingresso della villa!» Indicò la madre all’autista.

    Già in lontananza si vedeva la figura di nonna Alva in giardino che attendeva impaziente i suoi ospiti. Quando si rese conto dell’arrivo gli andò incontro aumentando sempre di più il proprio passo mentre il sorriso le illuminava il viso.

    Sara aspettò il momento in cui l’auto fu ferma per aprire lo sportello e non esitare ad andarle incontro. Corse verso di lei a braccia aperte dimostrandole quanto fosse compiaciuta di vederla come ogni anno.

    Erano trascorsi 12 mesi dall’ultima volta ma lei era ancora la nonnina di sempre. Una persona in apparenza fragile dal fisico asciutto, i suoi lunghi capelli bianchi sempre racconti ordinati davano maggior risalto alla fisionomia del suo viso solare.

    Un forte abbraccio, quel gesto intimo e sincero, fa bene a chi lo dà e a chi lo riceve.

    «Ben tornata a casa mia adorata Swami!» Esclamò dandole il benvenuto utilizzando il nome con cui abitualmente la chiamava. Per Alva era solito sostenere che la terra in cui viveva avrebbe dovuto essere radice di vita per la nipote ma ovviamente l’intervento di Anna aveva inciso sin dalla sua nascita portandola in Italia.

    «Felice di essere tornata a Moberg e soprattutto di vederti nonna!» Rispose Sara compiaciuta.

    Dopo un bacio sulla guancia entrambe si diressero verso Anna che, scesa dalla vettura, si apprestava ai saluti. Lasciarono l’autista alle prese con i bagagli mentre tutte e tre si avviarono verso l’ingresso.

    Tutto l’ambiente circostante sembrava non aver subito modifiche dall’ultima visita. Entrarono in casa… ogni oggetto era rimasto al suo posto, anche i quadri raffiguranti le fate e gli spiritelli protagonisti dei suoi racconti occupavano ancora parte delle pareti della sala.

    La signora Karol, la donna che da anni prestava servizio nella villa, non gli diede nemmeno il tempo di appoggiare i bagagli. Aveva preparato la cena e così li invitò tutti a sedere a tavola curando che non perdessero tempo. Una persona dall’animo gentile, molto disponibile e molto attiva, lei sola riusciva a mantenere l’intera organizzazione sia all’interno che all’esterno della casa. Zitella per scelta, condivideva la sua quotidianità con Alva da diverso tempo.

    Una tavola imbandita le attendeva in cucina dove, in breve, vennero raggiunte anche dal conducente dell’auto prima di ripartire per un altro viaggio.

    Il menù preparato era molto vario: particolare riguardo nella selezione di carni alla griglia e salumi al tagliere che avevano creato un notevole imbarazzo sulla scelta. Chiacchiere e racconti dettagliati fatti di persona si distinguevano dalle solite telefonate. Nessuno venne escluso. L’autista consumò un buon pasto e si allontanò mentre alle ospiti non rimaneva che iniziare a sistemare le loro valigie nelle proprie camere.

    Sara iniziò ad avviarsi al piano superiore, scalino dopo scalino, accompagnata da un cigolio del legno che aleggiava nell’aria. L’abitazione, essendo costruita su più livelli per collegare un piano all’altro, aveva delle scale da interno parzialmente in muratura e ingombranti che il nonno personalmente si era progettato. Due le rampe dritte collegate però da gradini disposti a ventaglio con un andamento curvilineo, stabili ed esteticamente molto eleganti. Le strutture portanti erano realizzate in legno ovviamente adatto all’ambiente classico di tutta l’abitazione, e così anche le rifiniture, il corrimano e le colonnine, le ringhiere e le pedate, tutto realizzate in legno massiccio.

    Sicuramente una parte che valorizzava l’arredamento della villa al momento stesso in cui si fa ingresso in quanto posizionata a sinistra dell’androne in una zona priva di punti luce ma ottimizzata da sistemi di illuminazione uniforme e regolare lungo tutte le rampe.

    Si guardò attorno come se volesse ispezionare ogni punto per poterne evidenziare eventuali cambiamenti. Stupefatta per tutta l’integrità con cui la nonna aveva vissuto in quella casa, solo un particolare le balzò davanti distraendola da ciò che doveva fare. Si accorse che, nel salottino al primo piano adiacente alla scala, una parte della libreria era stata spostata, il muro verniciato a fresco ed era stata appesa una cornice mai vista prima. Posò le borse sul pavimento e si avvicinò curiosa, attirata dal quel quadro che da lontano non si faceva capire… piegò il capo diverse volte da sinistra a destra e viceversa, alla ricerca di un suggerimento nella sua testa su cosa potesse rappresentare. Avanzò lentamente, non aveva mai visto quell’immagine prima di quel momento ne era certa.

    La parete non era molto illuminata dalla luce naturale, l’imbrunire della sera oramai lasciava solo giochi di ombre ovunque. Accese la luce e, anche se fioca, iniziò ad intravvedersi qualcosa sulla tela ma senza comprenderne cosa raffigurasse e così anche quando ci fu di fronte. Lo sfondo nero con raffigurante una donna al centro, la si distingueva solo attraverso i suoi contorni, un’immagine appena accennata avvolta da bagliori di luce e saette che ognuna conduceva a strani simboli disposti in cerchio… intorno all’immagine di quella donna misteriosa, di cui non era nemmeno visibile il volto. Trovò strano non avere mai notato un quadro simile, era certa che non ci fosse gli anni

    «Sono Rune, le 25 pietre simboliche di origine antica. Venivano utilizzate dai vichinghi norvegesi prendendo elementi simbolici dall'alfabeto greco, romano ed etrusco.

    Usate in passato anche come Oracolo, oggi consentono non solo di ricreare la tradizione antica sulle orme della mitologia nordica. A dire il vero esiste la venticinquesima pietra senza numero e senza disegno chiamata runa bianca oppure nello specifico Runa del Karma, del Destino». Spiegò la voce di Alva alle sue spalle.

    «Cosa sono le Rune?» Chiese la ragazza incuriosita.

    «Speravo ne fossi attratta mia piccola Swami. Le Rune sono Archetipi, potenti raffigurazioni naturalistiche delle forze che regolano l’Universo. Ogni Runa possiede un profondo significato che può venire usato sia per interpretare le influenze in atto, esterne ed interne a noi, che per invocare un potere della natura o sintonizzarsi ad esso. Nelle culture popolari le Rune sono sempre state viste come detentrici di mistiche proprietà e perfino la supposta etimologia della parola runa che significa sussurrare, lega al mistero e al segreto questi simboli.

    Ricordati di quando ti parlavo della leggenda dell’uomo appeso ad un albero battuto dal vento, che penzolava da nove lunghe notti. I segni primordiali delle Rune furono scoperti da Odino che pendeva dall’albero della vita.

    Queste rappresentano situazioni possibili, sono simboli magici scolpiti (o dipinti) che nella nostra cultura convogliavano l’Oracolo. Esse sono un sistema geroglifico…»

    «Cosa bisbigliate?» La voce di Anna improvvisò interrompendo così la spiegazione della nonna a cui Sara sembrava particolarmente interessata. Alva tergiversò cambiando discorso invitando la nipote a sistemare le proprie cose. Successivamente scese al piano di sotto.

    Sara riuscì a comprendere l’atteggiamento avuto, sin da piccola Anna tollerava poco i racconti assidui che la nonna intraprendeva durante l’estate. Faceva parte della normalità anche questo cercare di eludere questi argomenti in sua presenza… avrebbero sicuramente ripreso il discorso ora che si era incuriosita.

    Indietreggiò, raccolse i bagagli e si diresse verso la propria camera. Sulla porta ancora il cartello riportante il nome con cui la nonna l’aveva soprannominata: Swami. L’aprì e la richiuse alle sue spalle. Lasciò cadere le borse senza preoccuparsi del contenuto e si diresse verso il letto dove si lasciò cadere, stanca del lungo viaggio. Socchiuse gli occhi e si addormentò…

    "Era seduta in un parco sull’erba umida, dal suo continuo respiro affannato si accorse di poter lasciar andare tutte le tensioni. Il corpo si faceva sempre più leggero e freddo. Le immagini si susseguivano come in una pellicola disordinata e senza alcun senso… era sicuramente un bosco, con i suoi odori e i suoi colori, le sue profondità e i suoi misteri. La pioggia che penetra tra gli alberi, il fango che si mischia alle foglie verdi. La sensazione di essere sola, completamente sola, con le vesti fradice, e l’acqua che scorre sul volto. Un abito sontuoso, lungo fino a terra di color pervinca avvolta da un mantello dello stesso colore.

    Percepisce la freddezza con cui l’acqua le bagna il volto e le gela le mani. Gli occhi appesantiti non le permettevano di guardarsi molto attorno, ma riusciva a percepire molto bene l’odore del muschio.Un odore intenso, uno di quegli odori che quasi per incanto evocano immediato un ricordo… una sensazione… è l’odore di un uomo, della sua forza. Ecco tornare la sensazione del freddo ed i brividi. Non si distingue né cielo, né animali, non si vedono sentieri. Sola, nel bosco. Immobile con i piedi sempre più bagnati e profondi lo sconforto ma come gli alberi attorno a lei, aspetta il cessare della pioggia… in attesa di quello che potrebbe accadere.

    Nuovamente i suoi occhi sono completamente intrisi di lacrime e pioggia. Le gambe non hanno retto. Accovacciata, la testa appoggiata alle ginocchia e le braccia strette intorno alle gambe… impaurita… trema, piange e singhiozza…

    Gli alberi, alti, fieri, maestosi, dignitosi non sono di nessun conforto. Respira mentre la pioggia sta per cessare. Il calore di un raggio di sole penetrare tra i rami… a malapena distingue che non si tratta del sole… una luce… l’odore intenso di muschio si mescola al profumo dolce vanigliato. La tempesta è cessata ma non riesce a vedtere perché quella luce abbaglia… la paura svanisce quando una mano fredda le sfiora il viso!"

    Così di sobbalzo spalancò lo sguardo rendendosi conto di essere stata la protagonista di un altro sogno che ricordava ancora in ogni dettaglio… ansia e paura, tachicardia e respiro affannoso avevano accelerato il ritmo delle palpitazioni.

    Guardò l’orologio al polso… solo una decina di minuti erano bastati per percuoterla psicologicamente. Consapevole che la mente sia un meccanismo meraviglioso e sconosciuto ma altrettanto cosciente che nessun pensiero che l’attraversa capita lì per caso. Riaprire gli occhi con una sensazione di completa solitudine, l’avvicendarsi di lunghe tempeste e pallidi raggi di sole senza che questi mutino lo scorrere dell’esistenza. Ricorda la maestosità degli alberi e il loro resistere a tutte le intemperie, paragonandosi a loro, è piccola e fragile. Si mise seduta e si passò le mani sul viso strofinandosi le palpebrei, sospirando per quel ricordo ancora vivo ma inspiegabile. Le dita scivolarono lungo la chioma che le copriva parzialmente il volto, con le mani li raccolse legandoli con un elastico di spugna. Decise di alzarsi e dimenticare tutto. Prese le valige, le ripose sul letto e iniziò a ritirare i propri vestiti nell’armadio. Cercò di non pensare e liberare la mente da quel incubo, iniziò ad occuparsi della sistemazione dei propri oggetti personali, l’estate era appena iniziata e la camera, anche se rimasta intatta dall’anno scorso, aveva bisogno di essere adattata alle sue esigenze. Il buio ormai calato e così anche la colonna di mercurio indicava la discesa delle temperature. L’estate in Svezia presentava complessivamente numerosi giorni di sole che non raggiungono tuttavia un caldo eccessivo. Il mese più caldo era luglio con il clima temperato grazie alla corrente del Golfo che mitiga le condizioni meteorologiche di tutta la nazione fino alla frontiera finlandese.

    Per metà dell’anno le giornate erano più lunghe in Svezia che in Italia. In occasione della festa di mezz'estate in giugno, a Stoccolma c’era luce per ben 19 ore contrariamente al periodo invernale che da gennaio, invece, la luce durava poco più di sette ore.

    A quell’ora solo l’indispensabile… non aveva ancora terminato di riassettare che silenziosa si avvicinò alla portafinestra consunta ma accuratamente trattata, scostò le tende e la spalancò. L’aria era fresca. Un soffio di vento estivo la investì e fu percorsa da un brivido. Era bellissimo… magnifico poter vivere la sua vita così lontana dagli occhi degli abitanti di quella soffocante città da cui proveniva. Rise felice. Era un sorriso bello, largo che si faceva spazio tra le sue guance rosa. Un sorriso che esprimeva tutta la sua serenità.

    Socchiuse le palpebre e per un attimo si sentì sospesa nel vuoto. Respirò intensamente i profumi pervenire dal bosco e quando li riaprì per pochissimi secondi le apparve, una figura forse di donna illuminata in modo quasi irreale da un bagliore… scomparve subito. Un’altra allucinazione? Per quel poco che aveva potuto constatare ricordava quanto si muovesse sinuosa e incorporea, come una danza nel vuoto. Sara, se pur terrorizzata, si avvicinò alla balaustra del terrazzo, appoggiò le mani e guardò lontano, con espressione indefinibile.

    Non riusciva a muoversi, né a deglutire, poteva solo fissare quella che sembrava essere stata un’apparizione magica, tanta era la suggestione ipnotica, la sottile attrazione che si diffondeva nell’aria come un’essenza particolarmente dolciastra. Richiuse più volte le palpebre con la speranza di rivedere quella figura… ma non fu così. Poteva solo ricordarne la sagoma, ripensandoci non era nemmeno sicura si trattasse di una donna. Si sarebbe potuto trattare anche di un uomo se solo avesse contraddistinto il corpo… ma non poteva affermarlo con certezza pertanto rimaneva un’apparizione a cui forse era meglio non dare molto peso. Indietreggiando passo dopo passo senza mai voltarsi entrò in camera e richiuse la finestra dando per l’ultima volta un ultimo sguardo all’orizzonte… ma lì c’era solo la notte che oramai si era fatta fitta.

    Ancora presa dalle palpitazioni andò in bagno per rinfrescarsi e prepararsi per andare a letto pensando a quanto la stanchezza del viaggio l’avesse portata ad una serie di circostanze fantastiche dove la sua stessa mente focalizzava figure astratte, inquietandola.

    La notte passò senza altre visioni, un sonno tranquillo la fece riposare sino alla mattina seguente. Le tende non ostacolavano l’ingresso dei primi raggi solari perciò la camera oramai illuminata a giorno interruppe il sonno di Sara molto presto.

    Con calma, molta calma si stiracchiò ancora avvolta tra le coperte, rigirandosi dall'altro lato del letto e dormicchiando per altri cinque minuti. Confortante era pensare che erano giunte le meritate vacanze, in cui non c’erano sveglie che strimpellavano e ad attenderla una colazione con i fiocchi dove tutto era già preparato! Solo il tempo di mettere a bollire un po’ d’acqua per il tè! Un momento della giornata di puro rilassamento e compiacimento!

    Infilò le ciabatte e in camicia da notte ancora con i capelli arruffati scese in cucina. Sulla scala si sentì qualcuno ai fornelli più mattiniero di lei.

    Entrò in silenzio e vide la signora Karol presa con la cucina… sul tavolo una torta con le mele, delle crostatine, dei muffins dolci e salati, dei biscotti appena sfornati, ma soprattutto una teiera di tè, dal profumo, quasi sicuramente tè bianco con boccioli di rose bianche. Un'infusione dal gusto delicato e dai toni puri e cristallini, simbolo di un amore che nasce o che nel tempo si accresce.

    Nella quotidianità i suoi ricordi erano legati alla colazione che faceva sempre da sola e frettolosamente, ma a Moberg le cose erano diverse durante le vacanze. Sentire la casa inebriata di questi profumi di spezie, di mela e di cioccolato, creando un alchimia magica che sale su sino al piano superiore sino a raggiungere le camere, la faceva sentire a casa, si sentiva scaldare il cuore avvolgendola in uno stato di grazia.

    «Buongiorno!» Esultò attirando l’attenzione su di sé «Quale ottimo risveglio se non partendo proprio da una tavola così preparata!» Ringraziò e si sedette.

    «Dormito bene fanciulla?» Chiese la domestica.

    «Decisamente bene, non ho nemmeno sentito il cambio del letto, generalmente le prime notti le passo insonni. Sarà stata la stanchezza, non saprei… avevo la mente così pesante che a volte ho delle allucinazioni!» Raccontò superficialmente quasi per prendersi in giro.

    Udire quelle parole le rapirono l’attenzione e per manifestare maggior interesse pose delle domande per capire di più. Rimase colpita ed imbarazzata Sara nel vederla così certa che le sue non fossero solo sogni dettate dalle fantasie adolescenziali.

    Che fossero stranezze lo poteva concepire ma da poterne evidenziare un tale interesse… sconcertante. Il dialogo s’interruppe quando fece ingresso Alva.

    «Buongiorno!» Disse rivolgendosi ad entrambe. Si diresse verso la nipote per prendersi il bacio abituale del mattino mentre chiedeva se avesse interrotto qualcosa.

    «Sai nonna, ieri sera, il vino che ho bevuto a tavola mi ha provocato delle allucinazioni. Mentre ero sul terrazzo mi è sembrato di vedere qualcuno… qualcosa… esattamente non sono riuscita a capire. Quello di cui sono sicura è che sarebbe bene che io evitassi il vino… anche a stomaco pieno!» Sara scoppiò in una risata mentre lo raccontò..

    La nonna diede un’occhiata alla signora Karol come per uno scambio di pensieri furtivi e poco chiari.

    «Dimmi Swami cos’hai visto, sei in grado di descrivermi cosa i tuoi occhi credono di aver notato?» Chiese Alva.

    Non ci fu risposta in quanto l’intero dialogo si stemperò nell’aria volutamente con l’arrivo di Anna, se solo si fosse accorta di quelle conversazioni astratte e poco credibili, ci sarebbe stato pretesto per instaurare una discussione già dal primo giorno.

    Cambiarono argomento per tutto il tempo della colazione, avrebbero rimandato a quando sarebbero rimaste sole.

    Fece ritorno in camera sua ripensando alle parole dette, accese lo stereo per ascoltare della musica mentre si riversò nuovamente nel letto lasciandosi sprofondare tra i cuscini colorati e la soffice coperta. Con lo sguardo fisso sul soffitto si ripeteva il perché di tutta quell’interesse da parte loro. Non erano da meno dei soliti racconti della nonna! Le bastarono una decina di minuti per convincersi che non avrebbe potuto oziare così per tutta la vacanza, fece una doccia e senza soffermarsi troppo alla scelta del vestiario, s’infilò dei jeans stracciati e sbiaditi sulle ginocchia, una maglietta mezza manica bianca un po’ scollata che le metteva a risalto il seno generoso. Per evitare che i lunghi capelli ricci si trasformassero in un incubo fastidioso adottò la soluzione più semplice, infatti, con un po’ di fantasia, realizzò in pochissimi minuti due lunghe trecce d’effetto che le avrebbero consentito di stare a posto tutto il giorno. L'elastico, si sa a lungo andare rovina i capelli, pertanto lo sostituì con due nastrini di raso. Ai piedi delle scarpe da ginnastica morbide che avrebbero garantito comodità durante l’escursione. Terminati i preliminari finalmente fu pronta per il giro di perlustrazione della zona.

    Ogni donna ha le proprie bellezze da valorizzare: è importante perciò farle risaltare con una mise appropriata. Una moda che in città deve essere seguita sempre con attenzione tenendo presente quello che permette il proprio fisico e la propria personalità! Sara lo teneva in considerazione evitava ciò che poteva farla apparire goffa o ridicola, pur essendo una figura che non avesse nulla di inferiore ai modelli delle riviste di moda. Solo in vacanza aveva semplicemente esigenze diverse!

    Tornò al pian terreno, salutò la nonna seduta sul divano a leggere il giornale, informandola che sarebbe uscita per una passeggiata mattutina.

    «Esco! Ci vediamo dopo!» Disse Sara dandole un bacio sulla guancia.

    «Vai Swami, la selva ti attende!» Si lasciò scappare sottovoce. Non prestando molta attenzione Sara uscì.

    Passo dopo passo, guardandosi attorno, nel sottobosco di Moberg si respirava una vera aria di liberazione. Una parte di ambiente boschivo si era sviluppato all'ombra degli alberi ad alto fusto in situazione di scarsa illuminazione ed elevata umidità.

    Mano a mano che si inoltrava ben più visibili erano le specie vegetali andavano dai muschi fino agli arbusti ad incrementare un contesto incantevole.

    Camminava con lentezza per godersi tutti gli aspetti della natura svedese. Il sentiero era ben battuto dalle alci e da non escludere eventuali incontri come orsi bruni, ghiottoni, lupi, linci, alci e renne ma il solo pensiero non la fece esitare.

    Tutto sembrava essere rimasto come ricordava. Un anno era trascorso ma nulla era variato del paesaggio.

    Dopo un paio d’ore di cammino si sedette su di un grosso macinio e distese le esili gambe appoggiando il peso sulle braccia. Raggi di sole filtravano prepotenti tra le fresche chiome degli alberi ricreando una vera zona relax, ideali per ripararsi dalla calura estiva. Un tale panorama che rendeva visibilmente suggestivo anche all’orizzonte. Un soffio leggero di vento accompagnava il profumo soave del calicanto con la bellezza del suo bocciolo. Socchiuse gli occhi abbandonandosi ad ascoltare quel silenzio irreale, lontana da ogni caos… concepito dalla sua fantasia ripensò a quel viso che le era parso in sogno a cui nonna Alva sembrava dare importanza. Ricercava nel ricordo dentro di lei, un soffio, un raggio caldo a rassicurarla. La sua immaginazione la portò a sospettare di non essere sola, quel sibilo di vento le mostrava tutto ciò che aveva vita… una condizione che la condusse lontano con la riflessione fino a farle percorrere l’itinerario di una nuova stagione e contemporaneamente una vita sconosciuta… respirò nuovamente a fondo prima di ritornare nella realtà.

    Iniziò ad aprire gli occhi lentamente per poi spalancarli inondata di paura. Lanciò un urlo nel silenzio richiudendoli istintivamente. Poi li riaprì piena di terrore. Ma non c’era più! Ciò che i suoi occhi avevano attraversato incrociando quello sguardo in profondità era svanito. Ma non si trattava di un sogno era sveglia questa volta e non poteva trattarsi nemmeno di stanchezza. Un ricordo vivo di ciò che si era presentato, uno sguardo di ghiaccio, freddo come la neve che cadeva in inverno!

    Sgomento ed interesse si contemplavano a vicenda. Ma non scappò via, rimase lì seduta mentre si osservava attorno in cerca di quegli occhi che l’avevano rapita pur se per pochi istanti.

    Forse appartenevano alla figura che aveva visto la sera precedente, ma cosa voleva da lei! Il pensiero primordiale era rivolto al suo squilibrio mentale, le visioni stavano aumentando oppure qualcosa si stava rivelando. Non poteva concretizzare che i racconti della nonna potessero essere effettivamente leggende veritiere perciò si impose di non farne parola con nessuno. Si sollevò e tornò verso casa dove sicuramente la stavano attendendo.

    Ci sono cose difficili da spiegare, suggestioni ardue da raccontare simili a visioni oniriche il cui tessuto dona esclusive emozioni; avrebbe custodito l’accaduto e sicuramente approfondito.

    Fece una corsa precipitandosi in sala dove aveva lasciato la nonna ma trovò Anna.

    «Buongiorno, sei inseguita solo da esseri provenienti da un altro pianeta o qualche tipo di animale inferocito del posto?» Giocherellò la madre nel vederla così.

    «Ciao mamma, già sveglia?» Domandò un po’ imbarazzata

    «Sola?» Riprese

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