Il segreto della casa abbandonata
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Nel pomeriggio tre di loro – Ciriaco, Vera e Gianni – che hanno buoni motivi per non voler tornare a casa, decidono di nascondersi in una villa, abbandonata da decenni. Non si accorgono, però, che dal comignolo sale un filo di fumo. Quando, più tardi, scoprono che maestra Erme non è quella che sembra e che la Casa Abbandonata nasconde un segreto, si rendono conto di avere ormai un mucchio di gente strana alle calcagna, e di essersi cacciati in grossi guai...
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Anteprima del libro
Il segreto della casa abbandonata - Paola Alcioni
a mio figlio Gabriele
Paola Alcioni
Il segreto della
casa abbandonata
illustrazioni di Carlo Lai
ISBN: 978-88-7356-865-0
Condaghes
Indice
La misteriosa supplente
Il Capanno
La Casa Abbandonata
Una sorpresa inaspettata
La sera di quel venerdì
In pericolo
La leggenda delle Súrbiles
Un crepuscolo movimentato
Al di là della Porta
Altre sorprese oltre la Porta
La dimora del Padrone del Talismano
Il ritorno
L'Autrice e l'Illustratore
La collana Il Trenino verde
Colophon
1
La misteriosa supplente
Palpitò un lampo e subito rimbombò un tuono, rintronando negli anditi e facendo vibrare tutti i vetri della scuola.
Non si era ancora spento il brontolio che, all’improvviso, esplose il clangore strillante della campanella.
La Creatura sussultò per la seconda volta, ferendosi le labbra con i denti acuminati. Serrò le palpebre a quell’insopportabile frastuono metallico, indietreggiò nello sgabuzzino incespicando tra spazzoloni e scope e chiuse la porta con uno spintone.
Nello stesso momento Gianni si precipitò fuori del bagno, il fiocco celeste a sghimbescio. A metà strada però rallentò il passo, colto dal sospetto di essersi bagnato i pantaloni per colpa di quel tuono tremendo.
Negli anditi vibranti dallo squillo lacerante cominciavano ad aprirsi le porte delle classi e aumentava il brusio.
Dalla Seconda C uscì maestra Erme. Reggeva la borsa nera con la mano destra e stringeva un fascio di registri sotto il braccio sinistro. Ondeggiando sui tacchi come fosse preda di una folata di vento, fece un giro su se stessa e si trovò nuovamente rivolta verso la classe, con i riccioli sale e pepe irti in testa come cavaturaccioli.
Ho detto prepararsi in silenzio! In silenzio! Non sapete cosa vuol dire in silenzio? Non lo sapete? Un poco di educazione, che diamine!
Gianni, che arrivava in quel momento, si appese alla manica della maestra, che era anche la vicedirettrice: "Cos’è un diamine, maestra Erme?".
Erme, reclinando il capo di lato osservò il bambino. Anche lui reclinò il suo, incuriosito dai suoi enormi occhi rotondi, incorniciati da rotonde lenti.
"Mmh, ecco: ...il diamine è fratello del diancine. Vai a prepararti."
Ma io non so neanche che cos’è il...
Gianni, sei stato in bagno?
lo interruppe spazientita.
Sì, maestra Erme.
Ti sei bagnato i pantaloni.
E gli voltò le spalle, allontanandosi verso la Biblioteca con un ticchettio di tacchi.
Che diamine!
mormorò il bambino, strabuzzando gli occhi e stirazzando il grembiule oltre le ginocchia flesse.
La campanella zittì di colpo.
Anche il ticchettio nel corridoio si interruppe.
La Creatura fu sicura che ora c’era qualcuno, immobile davanti alla porta dello sgabuzzino. Ne sentiva il respiro, il battito del cuore.
Poco prima non aveva potuto resistere allo squillo che aveva colpito il suo sensibile udito e aveva sollevato le mani per coprirsi le orecchie. A quel gesto, però, il libro le era sfuggito da sotto il braccio e qualcuno doveva aver sentito il tonfo.
Forse là fuori c’era proprio Lui, quello che la inseguiva! Ora avrebbe aperto la porta con le sue mani piene di magia mortifera e lei sarebbe stata perduta...
Un lamento sfuggì dalle labbra della Creatura, che si appiattì nell’angolo, preparando gli artigli.
Poi il ticchettio prese ad allontanarsi e la Creatura sibilò un sospiro di sollievo.
Ciriaco Sirigu – Sirigu e basta per gli amici, dato che il suo nome era la traduzione italiana del suo cognome¹ – uscì a capo chino dalla Quinta C: aveva preso una nota anche quella mattina.
I suoi genitori, la sera precedente, avevano attuato la minaccia che aleggiava in casa già da parecchie settimane. Sordi alle sue proteste lo avevano trascinato dal barbiere per fargli dare un’aggiustatina alla chioma. Tutto questo a causa dell’uso (esagerato, dicevano loro) che faceva della gelatina per capelli.
Adesso si sentiva di umore orrendo e come nudo: quel cranio da carcerato, sicuramente, attirava l’attenzione di tutti. Se poi pensava a come ora spiccavano le sue vistose, vistosissime, orecchie a sventola... Bah, puah!
Strascicando le scarpe s’incamminò verso l’andito degli sgabuzzini, in fondo al quale si trovava la Biblioteca della scuola.
Un’altra dannata nota. Uff... E quel cranio rapato. E le orecchie.
C’era una sola cosa che poteva rendere quella giornata meno squallida e di nuovo degna di essere vissuta: il libro che aveva scelto durante l’ora di ricreazione e che ora lo aspettava sul tavolo della Biblioteca.
Bastava solo che maestra Erme lo registrasse sul librone dei prestiti e lui poteva portarselo a casa.
Caspita, quanto gli piaceva l’idea di portarsi via quel libro!
La mamma, di pomeriggio, bruciava in un piatto di latta la buccia secca dell’arancia, riempiendo la casa di un delizioso profumo. Sarebbe stato bello trascorrere la serata dietro una barricata di cuscini, leggendo e penetrando, parola dopo parola, in una storia come quella: Il fantasma di Canterville.
E l’autore, poi, aveva un nome rotondo, che dava proprio l’idea di uno che non ti farà annoiare: Oscar Wilde.
Oscaruaild
arrotolò Ciriaco tra lingua e palato.
Ehi... Chi soffiava in quella maniera nello sgabuzzino delle scope?
Si fermò. Restò immobile qualche secondo, poi allungò lentamente la mano verso la maniglia.
Dai, sbrigati, ché poi si va tutti a casa.
Dalla soglia della Biblioteca, la voce spazientita di maestra Erme lo fece sussultare.
Poco meno di dieci minuti più tardi Ciriaco aveva in mano il libro e lo tirava a sé con forza, cercando di strapparlo dalle mani di maestra Erme.
Ma...
disse, sporgendosi sulla scrivania e cercando di non allentare la presa, …a me piace avere paura!
No, ti dico. Non lo ritengo adatto ad un bambino della tua età! E... non tirare, che lo sciupi. Molla... Oh!…
sospirò lei appoggiandosi allo schienale della sedia, vinto il tira e molla con un ultimo strattone.
Ciriaco lasciò cadere le braccia lungo i fianchi e distolse lo sguardo sospirando.
Cielo grigio. Color lavagna cancellata.
La pioggia scrosciava contro la finestra, lasciando intravedere il piazzale con la sua confusione di ombrelli e zaini colorati.
Ora maestra Erme (Ermelinda per la precisione), vicedirettrice e bibliotecaria della scuola, aspettava che Ciriaco facesse la mossa successiva.
Lui si accorse che la maestra lo osservava al di sopra degli occhiali, stringendo curiosamente le labbra. Così scosse bruscamente le spalle, sotto gli spallacci dello zaino, con un’espressione da cane bastonato.
"Puoi prendere I viaggi di Gulliver, là sul ripiano in basso" continuò la maestra col tono di una che volesse scusarsi, agitando l’indice della mano destra mentre con la sinistra continuava a tenere stretto il libro conteso.
Oppure un altro libro...
fece una voce sulla soglia.
Ci fu un rimescolio nell’aria ferma della Biblioteca. All’odore di carta vecchia e di polvere si unì un altro inconsueto profumo.
Una signora impellicciata, che portava eleganti occhiali scuri, venne avanti, tendendo la mano a Ciriaco.
"So io qual è il libro adatto a questo giovanotto! Su, coraggio, vieni con me. Sono la supplente della Quinta D!" aggiunse poi in direzione di maestra Erme, che pareva sul punto di rivolgerle la parola.
La signora sfiorava, con l’indice dall’unghia laccata di rosso, il dorso di una quantità di libri, come fosse indecisa.
Ciriaco, nel mentre, tentava invano di sporgersi oltre l’ala della pelliccia, per vedere qualcosa.
Tra gli scaffali il corridoio era stretto, così la signora poté sfilare il libro che portava nascosto sotto la pelliccia fingendo di averlo estratto in quel momento da un ripiano: Ciriaco