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Camminare nel tempo vivendo nel mondo
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Camminare nel tempo vivendo nel mondo

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About this ebook

"Ogni esistenza è una serie continua ed irreversibile di scelte tra un si ed un no nello scorrere indifferente del Tempo. Tali scelte si pongono di fronte a ciascuno come il succedersi di una serie di bivi lungo la strada di ogni vita e s’inquadrano nell’imponderabile e nelle grandi decisioni della Storia: sarebbe bastata una sola scelta differente per cambiare poi tutto ed aprire sulla vita di ciascuno altri scenari, altre storie, altre possibilità…”
In questo succedersi di eventualità attuatesi, il Tempo é il compagno che ci segue nel nostro vivere quotidiano, senza che ce ne rendiamo conto, se non nel mutare delle cose…
Ne avvertiamo la presenza solo quando ci volgiamo indietro a considerare il nostro passato o quando ne scorgiamo i segni lasciati sul nostro volto e sui volti di chi ci accompagna o nelle cose mutate intorno a noi o in quelle sparite. E se per un istante ci sembra di “rivivere” situazioni od eventi, in realtà siamo in un altro “Tempo” ed in un’altra “situazione” perché il Tempo non retrocede mai, se non nel nostro ricordare che, appartenendo al passato, non può più essere cambiato e non può più ripresentarsi…
LanguageItaliano
PublisherSette Città
Release dateFeb 1, 2014
ISBN9788878534988
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    Camminare nel tempo vivendo nel mondo - Mara Valeri

    ​POSTFAZIONE

    ​Prefazione

    "Il passato ci appartiene

    non solo con ciò che è stato

    ma anche con ciò

    che avrebbe potuto essere

    se avessimo cambiato

    anche una sola scelta".

    Queste parole, che si espandono in concetti come cerchi concentrici generati da un sasso, gettato per sfida nell’acqua tranquilla, sono la chiave per aprire ai nostri occhi la porta sul nostro IO per:

    -avere consapevolezza di sé;

    -scoprire il valore evocativo delle parole seguendo i misteriosi tracciati della memoria;

    -riandare all’origine del tempo che ci è dato;

    -rivivere antiche emozioni pur nel distacco dal tempo presente;

    -ritrovare volti, per sempre smarriti nel mistero del dopo;

    -evadere dall’attimo presente in pause di rigenerazione mentale;

    -trarre da certezze trascorse un sostegno alle incertezze future;

    -liberare il nostro pensiero alla ricerca di corrispondenze o affinità elettive, fluttuanti da qualche parte in attesa, sul nostro sentiero, di un Dove o di un Quando;

    -interrogarci sui nostri se e sui nostri ma senza nascondersi dietro mendaci risposte;

    -ricordare che noi siamo il nostro passato, in breve sosta nel presente ed in proiezione nel futuro[1]…

    L’immagine di me

    da poco alla vita affacciata,

    tranquillamente a terra seduta,

    è una tenerezza infinita

    ora che so come poi

    avrebbe vissuto la vita.

    Ora so quale peso

    l’avrebbe angosciata;

    quale gioia l’avrebbe allietata;

    quali passi avrebbe incontrato;

    i sentimenti che avrebbe provato;

    quali vite avrebbe generato;

    quali luoghi avrebbe amato;

    le speranze che avrebbe avuto;

    le delusioni che avrebbe provato…

    Tra le sue mani, so,

    ancora sconosciuto,

    quello che resta

    del mio tempo futuro…

    Tutto questo

    in potenza segnato

    nell’immagine muta

    di un’ ignara bambina

    da poco affacciata alla vita,

    tranquillamente

    a terra seduta.


    [1] Libera interpretazione da Sant’Agostino, Le Confessioni, cap. XI°

    Fabro Scalo, 1934. L’inizio del cammino...

    ​NOTA INTRODUTTIVA

    Alla ricerca del mio tempo perduto

    Alla ricerca del mio tempo perduto

    L’idea di questo mio lavoro è nata per caso, suggerita dal ritrovamento, tra le carte di mia madre, della foto, in prima pagina riportata, risalente al 1934 e che mi ritrae a Fabro, (TR), seduta a terra nel cortile di fronte al locale adibito a forno, presso la casa dei miei nonni materni.[1]

    L’originale, che mi è particolarmente caro, è in formato molto piccolo, incorniciata da un sottile bordo bianco irregolarmente dentellato come erano allora le istantanee scattate con le macchine fotografiche a soffietto. Essa fa parte di un gruppo di foto similari che mi hanno seguita nel mio crescere.

    Appena l’ho vista ho provato una forte emozione e l’ho considerata come uno straordinario dono postumo di mia madre che l’aveva conservata per così tanto tempo!

    Nel guardarla mi sono resa conto di trovarmi di fronte all’inizio della mia vita che, da quell’immagine, ha cominciato a passarmi davanti agli occhi della mente come sequenze di un lungo film; e, per un’ associazione mentale estremamente rarefatta e sublimata, ho identificato l’immagine, che mi ritraeva, con la mia vita vissuta come se, nell’attimo dello scatto fotografico, tutta me stessa avesse dovuto prendere vita ed incamminarsi per un lungo viaggio per realizzarsi fin da quel momento; e ciò accade di volta in volta quando, nel guardarla, cerco di ricordare.

    Anche se la collocazione ambientale e gli avvenimenti storico-politici, nei quali mi sono trovata al mio affacciarmi alla vita, hanno avuto origine anteriormente alla mia nascita, è indubbio che essi, da quel momento in poi, sono entrati in successione a far parte della mia esistenza e della mia personale memoria storica e, in queste pagine, costituiscono l’inizio dello scenario di Camminare nel tempo, vivendo nel mondo. Quindi io considero tali avvenimenti, ed i loro successivi sviluppi, lo scenario integrante de il mio camminare nel tempo.

    Ho scritto queste pagine per i miei figli Antonio, Mario, Marco De Grandis; per le mie nipotine Maria Stella e Maria Chiara; per mia sorella Gabriella; per mia nuora Anna-Lisa Proietti per testimoniare che, prima di loro, io già esistevo con tutto ciò che ha contribuito a formare la persona che poi essi hanno conosciuta e della quale, se vorranno, potranno parlare a coloro che verranno.

    All’ombra della vecchia pianta

    Sono tornata ad ORO[2]

    sulla piazzetta antica,

    sotto la vecchia pianta,

    stanca,

    che ascoltava le mie fantasie

    quando, bambina,

    sedevo alla sua ombra.

    Il sedile di pietra

    è ancora quello;

    la pianta, dagli anni ferita,

    è ancora quella

    ed io…

    Io avrei voluto, ancora,

    essere la bambina, felice,

    di allora…


    [1] Luigi e Teresa (detta Erminia), Della Marta.

    [2] Delizioso borgo-castello, in parte diruto, in comune di Piegaro (PG) l’8 ottobre 2008 con Marisa e mia sorella Gabriella.

    Oro, 2008. Mara con l’amica Marisa all’ombra della vecchia pianta.

    PARTE PRIMA

    ​CAPITOLO PRIMO

    1933-1937 I miei primi anni a Fabro

    Ho aperto gli occhi alla vita l’undici maggio 1933, a Fabro Scalo, in provincia di Terni, in quella parte dell’Umbria occidentale confinante a Nord-Ovest con la Toscana e a Sud-Ovest con il Lazio, in una casa prospiciente la Strada 71 Umbro Casentinese.

    Il piccolo appartamento d’angolo affacciava, come ancora adesso, sia sulla via Pasubio, che porta a Parrano e alla vicina Carnaiola, sia sulla statale 71 Umbro Casentinese, il cui inizio si diparte dalla Cassia a Montefiascone in provincia di Viterbo…

    Una nascita travagliata, la mia, nel vero senso della parola, protrattasi per più di due giorni con sofferenza da parte di mia madre, assistita da una levatrice che lasciava fare alla natura e sofferenza da parte mia tanto da portarne traccia nella sensazione di soffocamento ogni volta che qualcosa mi passasse davanti al volto.

    Mia madre ha dovuto per molto tempo tagliare profondamente le scollature dei miei abiti affinché la mia testa vi passasse agevolmente altrimenti avrei urlato con tutto il fiato che avevo in gola.

    Pur avendo lasciato questa casa a quattro anni non ancora compiuti, ho presente nella mente questa mia prima dimora come se l’avessi lasciata ieri. Tutte le volte che transito in auto sotto a quelle finestre e al piccolo balcone dove spesso giocavo, provo un senso di tenerezza e di malinconia.

    Proprio di fronte all’inizio di via Pasubio e all’appartamento dove sono nata, mio padre, trasferitosi appena maggiorenne da Panicale (PG), aveva aperto il suo negozio di calzature ed un piccolo retrobottega per il laboratorio di scarpe su misura con quattro lavoranti, per quei tempi quasi una fabbrica!

    È allora che conobbe mia madre, poco più che sedicenne.

    Si unirono in matrimonio il 23 Giugno del 1932.

    Sono molto affezionata a quei luoghi, come lo sono a tutta quella parte dell’ Umbria che, come sopra indicato, nella parte sud-occidentale, dopo Orvieto, confina con il Lazio, ad Occidente con la Toscana nel territorio meridionale del Senese e, a settentrione del Lago Trasimeno, con il territorio dell’ Aretino meridionale.

    È l’Umbria, parte dell’antica Tuscia, terra delle mie radici e da me molto amata, luogo di vacanze estive presso i nonni paterni a Panicale, e presso quelli materni a Fabro Scalo, rivissute nei miei ricordi con la nostalgia dei giorni spensierati di quando non si ha ancora contezza che la vita passa e che ogni nuovo giorno non è più uguale al precedente né al seguente ma che tutto, in ogni attimo, è presente.

    E basta.

    L’orologio della vita

    È la vita un grande orologio

    dove scorrono le nostre stagioni

    e che segna il tempo in silenzio

    seguendo i nostri passi ostinato:

    non si cura se lenti o veloci

    perché il suo imperturbabile andare

    è perennemente uguale a se stesso;

    indifferente alle gioie

    per rompere la noia

    di giorni tutti uguali

    ed accorrevano i fanciulli

    in disparte lasciando

    i giochi paesani.

    Dalla portiera aperta

    non usciva quasi mai nessuno,

    ma sempre due mani

    sporgevano due sacchi

    di tela grezza a righe rosse e blu

    dall’uso un po’ consunti,

    ove la scritta in nero si leggeva

    di Regie Poste Italiane;

    sacchi subito raccolti dall’addetto

    dell’ufficio locale

    che, a sua volta, portava

    i sacchi, in partenza, al postale.

    E tutti pensavano curiosi:

    "Quel messaggio

    chissà per chi sarà…"

    sperando eppur temendo

    una qualche personale novità.

    Nazzareno Bastianelli e, in secondo piano, l’arrivo del postale.

    Anche il mio bisnonno Nazzareno Bastianelli, che aveva sposato una Mancini di Perugia, era presente all’evento ogni mattina e tutti lo salutavano: Buongiorno Nazzareno; sempre presente come ogni mattina…

    Ho un’istantanea che lo ritrae mentre mio cugino Renzo lo trattiene per farlo fotografare, mentre alle loro spalle s’intravede il postale, foto particolarmente cara perché poche mattine dopo, al solito saluto rispose: Da domani mattina non vengo più

    La mattina dopo mia nonna lo trovò coricato nel letto, addormentato per sempre: aveva accanto il libro Le ultime ore dell’uomo.

    Quindi, dopo la visita dal Dottor Paolillo, facemmo il viaggio inverso, ma la corriera tardò e dovemmo prendere il treno successivo fino a Chiusi. Purtroppo non c’erano più coincidenze per Orvieto. Mio padre fissò una camera a due letti all’albergo della stazione e mi portò a cena al ristorante: indossavo un delizioso vestitino che alla partenza al mattino era tutto fresco, ben stirato. Mia madre, molto precisa come nonna Erminia le aveva insegnato, ci teneva a vestirmi come se fossi stata una bambola.

    Alla sera il mio abitino era un po’ appassito; per festeggiare la mia prima volta al ristorante papà ordinò un gelato che io feci colare impietosamente sull’abitino: il tovagliolo, che papà pensò bene di passarvi sopra, fece il resto…

    Così, imbrattata ma felice, seguii mio padre in albergo.

    Nella notte papà fu svegliato da un gran rumore e dal mio pianto spaventato: ero caduta dal letto battendo la tempia sinistra sullo spigolo del comodino e la fronte atterrando sul pavimento.

    Avevo ora sulla fronte un bel bernoccolo violaceo, tendente al giallo, il vestito imbrattato e, in queste condizioni mi presentai lieta a mia madre.

    Ci furono molte scintille quel giorno tra mio padre e mia madre!

    1937 - Mio padre trasferisce la famiglia da Fabro Scalo ad Orvieto

    Avevo quattro anni quando mio padre prese la decisione di trasferirsi ad Orvieto con la sua attività di famiglia di vendita di calzature, nota nel perugino e in buona parte del territorio orvietano. Aveva preso in affitto un negozio adiacente al bar Montanucci sul Corso Cavour, la via principale della città.

    Di questo trasferimento ho solo vaghi ricordi, prevalentemente suggeriti da una fervida memoria visiva che mi ha permesso, e mi permette tutt’ora, di richiamare alla mente fatti ed eventi lontani con la stessa vivezza d’immagine di allora come se davanti ai miei occhi mentali quegli eventi si svolgessero in contemporanea col ricordo:

    il viaggio in auto, una 509 decappottabile, piena di tante cose;

    un finestrino di celluloide gialla sul retro della capote;

    mia madre che mi teneva in braccio.

    Non ricordo l’arrivo ad Orvieto ma ricordo la nuova casa, su più livelli, che mio padre aveva preso in affitto in via Pertusa, al civico 4. Era una casa torre come ce ne sono tante in quei centri legati alle vicende medievali e alle rivalità delle grandi famiglie di allora e che, nelle alterne vicende, venivano mozzate dalla fazione vincente.

    Quella che ci accolse apparteneva alla famiglia Attioli. L’appartamento si articolava su tre livelli e terminava con un ampio terrazzo dal quale si godeva il panorama dei tetti della città e della campagna circostante volta a ponente. A Nord si stagliava la sagoma imponente della montagna di Cetona, del gruppo dell’Amiata.

    L’autunno del 1937 fu particolarmente piovoso e lasciò al mese di dicembre l’ingrato compito di passare alla storia come l’anno della tracimazione dei fiumi e dei torrenti.

    Nella parte centrale della Penisola, anche il fiume Paglia, che dal gruppo dell’Amiata scende raccogliendo altri corsi prima di gettarsi nel Tevere poco a Sud di Orvieto, aveva allagato la pianura tutt’intorno alla città; nella Valdichiana i torrenti tributari del fiume Chiani, che si getta nel Paglia presso Orvieto, avevano anch’essi tracimato ed il masso di tufo sul quale sorge Orvieto appariva emerso dalle acque in piena, non diversamente credo, nell’aspetto, fatte le debite proporzioni, dalle ere geologiche in cui emerse la penisola italiana lasciando ampi spazi di mare interno. Ancora oggi si trovano, tra le crete delle colline intorno ad Orvieto, grosse conchiglie fossili.

    Verso la fine dell’anno, le acque in piena travolsero una casa nella pianura di Allerona, trascinando via tre bambini con la loro nonna. Il fatto scosse gli animi di tutti ed io piccola, che ne sentivo parlare, ne rimasi impressionata realizzando che, anche a causa delle molte piogge, si poteva morire.

    Il mio ingresso nell’istituzione scolastica: l’Asilo Regina Margherita di Orvieto

    Nell’ottobre del 1937 fui mandata all’asilo comunale Regina Margherita di Orvieto, la cui direttrice, signorina Carlotta Senzanonna, è stata nella cittadina un’istituzione per tantissimi anni; nel 1962/63 ha accolto tra i suoi iscritti, per alcuni mesi, anche mio figlio Antonio.

    Alcune mie amicizie, cui sono tutt’ora legata, risalgono al periodo in cui frequentavo l’asilo prima e le scuole successive poi.

    Nel 1938, durante la frequenza dell’ultimo anno dell’Asilo, cominciai a porre le basi della mia conoscenza storico-geografica del momento.

    Era stato, il periodo dagli anni Venti ai successivi Trenta, il periodo in cui l’Italia crebbe sotto il crescente espandersi dell’ideologia fascista, al punto che l’iscrizione al partito nazionale equivaleva ad un documento di identità.

    Nel 1930 fu istituito il I° Campionato Nazionale a girone unico che segna l’inizio del calcio spettacolo.

    Nello stesso anno nacque la Mille Miglia vinta da Tazio Nuvolari.

    Nel 1931 Storace è nominato segretario del Partito fascista. Sarà anche il regista delle grandi manifestazioni.

    Fa la sua comparsa la Balilla, prima utilitaria, il cui prezzo era di 10.000 lire.

    Nel 1932 si celebra il Primo decennale del Partito. Sempre nel 1932 a Los Angeles si tengono le Olimpiadi. Gli italiani, detti i Mussolini boys, vincono 12 medaglie d’oro, 12 d’argento, 12 di bronzo, arrivando secondi dopo gli Stati Uniti. Primo Carnera vince il titolo del mondo del pugilato.

    Nel 1934 si comincia ad uscire dalla recessione; nello stesso anno nacque la RAI (Radio Audizioni Italiane). Era quello anche il periodo della diffusione

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