Rosaria, detta Priscilla, e le altre: Storie di violenza e femminicidio
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Book preview
Rosaria, detta Priscilla, e le altre - Maria Concetta Preta
Rosaria, detta Priscilla, e le altre
Storie di violenza e femminicidio
racconti
Maria Concetta Preta
Published by Meligrana Editore
Copyright Meligrana Editore, 2015
Copyright Maria Concetta Preta, 2015
Tutti i diritti riservati
ISBN: 9788868151812
In copertina: Passione, Silvana Dell’Ordine,
olio su tela, 30x40 cm, 2013
www.dellordinesilvana.it
Meligrana Editore
Via della Vittoria, 14 – 89861, Tropea (VV)
Tel. (+ 39) 0963 600007 – (+ 39) 338 6157041
www.meligranaeditore.com
info@meligranaeditore.com
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INDICE
Frontespizio
Colophon
Licenza d’uso
Titti Preta
Copertina
Dedica
Prefazione
ROSARIA, DETTA PRISCILLA
LA SELVAGGIA
ELISABETTA, LA MUTA
STORIA DI CATERINA C.
LA STORIA DI LIVIANA ROSSI
IL MIO NOME È ANGELA
IO SONO MIA
RICORDATI DI ME: FRANCESCA ALINOVI
CORPO DI DONNA
SANGUE DI DONNA: MELANIA E LE ALTRE
Note
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Grazie per il rispetto al duro lavoro di quest’autore.
Titti Preta
Maria Concetta Preta, vibonese, docente di Lettere Antiche, dopo essersi occupata di epigrafia latina e Beni Culturali e aver dato alle stampe il saggio storico: Il municipium di Vibo Valentia, ed. Mapograf, 1992, ha debuttato nel 2012 nella narrativa con il giallo mystery:
Il segreto della ninfa Scrimbia, Meligrana ed., che si aggiudica, tra gli altri, il premio Nazionale
Le Parole di Arianna e che risulta pre–finalista al prestigioso Premio Tropea ed. 2013. Nel 2013 pubblica il noir
La signora del Pavone blu (YCP), di cui si segnala la vittoria alla sezione Gialli del Premio Letterario
Nero su Bianco (BN) 2014, quindi la fiaba mitologica
Scrimbia e, nel 2015
Rosaria, detta Priscilla, e le altre – Storie di violenza e femminicidio (entrambi Meligrana ed.): opere che hanno riscosso numerosi riconoscimenti a livello nazionale e che svelano la poliedricità dell’autrice, attiva anche sul versante della poesia e dell’indagine archeologico–antiquaria locale. Con il giallo inedito
Bella di notte è arrivata seconda al Premio Letterario
Parole nel vento CZ, ed. 2014. Per Meligrana ha inoltre pubblicato:
Il sorriso di un’ombra" (2015 - ebook)
Contattala:
preta.mariaconcetta@libero.it
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Alle donne, e in primis a quelle strappate anzitempo alla vita;
alle ragazze e ai ragazzi delle nuove generazioni,
perché sappiano e prendano coscienza;
alle mie allieve e ai miei allievi,
perché coltivino sempre il senso del rispetto;
e soprattutto ai miei figli:
Silvio, Giulio e Adriano,
in quanto uomini.
PREFAZIONE
La violenza dell’uomo contro la donna esiste da sempre. Le donne per secoli sono scese a patti col potere maschile mediando, dialogando, accettando e subendo sconfitte. Molte si sono alleate col potere dell’uomo, le più si sono arrese. Esse si sono dovute confrontare quotidianamente con la sofferenza e la frustrazione, imparando a morire interiormente. Ma alcune hanno provato a rinascere, creando per se stesse, nelle situazioni più disperate, un’alternativa al dolore e una via di fuga alla morte.
Il disagio inizia spesso in casa, che dovrebbe essere il luogo più sicuro per viverci. Si va dalle molestie psicologiche alle micro-violenze, e non si tratta sempre e soltanto del compagno (fidanzato o marito), ma anche di padri, fratelli, parenti. La storia delle donne è costellata di abusi, ricatti, maltrattamenti. Il loro nemico spesso vive sotto lo stesso tetto, non sempre sta fuori. Nella coppia il conflitto inizia con piccoli screzi, gesti e parole, di cui all’inizio lei quasi non si accorge: uno sgarbo, una parolaccia tra mille ti amo
, un’offesa per niente, o un pizzicotto, un buffetto. Fesserie che però diventano frequenti. Lei a volte risponde, a volte no. E intanto si abitua. Lui continua. Finché la vessazione è quotidiana. Non sei più capace di cucinare
= Squalificata. Ti sei vista allo specchio? Hai la cellulite, fai schifo
= Derisa. Io non ti ho detto niente, ti inventi tutto. Sei pazza
= Incolpata. Se entro le sette non sei a casa, mi arrabbio
= Controllata. Poi i divieti: Niente gonna, niente tacchi, no rossetto, zero amiche
.
Dalle umiliazioni l’uomo passa alle botte. Alla fine lui e lei sono incappati in una spirale di violenza in cui l’uno è dipendente dall’altra. Lui perché ha bisogno di esprimere all’esterno il potere, che non sente di avere dentro di sé; lei, sottomessa e spogliata delle sue qualità, ha bisogno della scossa dell’uomo per sentirsi viva.
È sbagliato dire che la donna se l’è cercata
. Negli amori malati c’è un graduale adattamento alla violenza, frutto del plagio e della manipolazione, lenta e logorante, esercitata dal partner sulla compagna. Spesso lei non se ne va subito, a volte non se ne va mai e si lascia uccidere. Il numero di denunce resta basso, sale invece quello dei femminicidi. Ai centri anti-violenza arrivano donne che balbettano e tremano, trascurate e svuotate, che non sanno più fare il loro lavoro, non ricordano più quello che hanno studiato, non si riconoscono come individui. Consumate, alienate, depresse. In pochi le hanno credute. Perché lui con gli altri è un fiore, con lei una bestia.
Voltare pagina e rinascere è un’impresa che richiede tempo e tantissima pazienza, come recuperare un tossico di eroina. È un percorso di cadute e risalite, di crisi di astinenza dal male e voglia di liberarsene. Riconoscere la violenza subita è una presa di consapevolezza difficilissima. È l’ostacolo più grande da superare per emanciparsi. La donna all’inizio dice: Sì, è vero mi ha fatto del male
, ma perdona, giustifica, scambia il possesso per amore, l’autoritarismo per protezione. Ha i sentimenti verso di sé anestetizzati, è incapace di percepire il male contro di sé. C’è come un involucro tra lei e il mondo, una forma di protezione innescata dal cervello per sopravvivere e non scomparire del tutto. Imparare a volersi bene è fondamentale, è il primo passo.
Un altro errore è pensare che l’uomo violento sia un mostro. Non si nasce aggressivi, lo si diventa. Così la donna: non nasce debole, ma arriva a esserlo.
Tante le cause, ognuna col suo bagaglio di disagi. Spesso lei è reduce da situazioni simili vissute in famiglia e tende a riprodurre lo stesso schema, oppure è cresciuta con le svalutazioni di uno dei due genitori. In ballo, per lui come per lei, di sicuro c’è un buco di affetto da colmare. La violenza non è solo un problema femminile, ma anche maschile. L’educazione ai sentimenti è importante, ma a scuola non esiste come materia lo studio dell’affettività e bisognerebbe renderlo obbligatorio, insieme all’educazione sessuale. La violenza non si risolve con la prigione. Bisogna partire dai giovani, bisogna insegnare loro ad amare se stessi
ha detto più volte Paola Lettis, vice presidente di Telefono Rosa.
Questo libro offre uno spunto di riflessione sull’universo uomo-donna
. È destinato a tutti, ma soprattutto ai giovani, perché leggendo capiscano.
L’ho scritto perché non si parlerà mai abbastanza della violenza verso le donne e perché narrare è per me soprattutto non dimenticare, dando voce a chi non ha potuto usarla. La parola, scritta e parlata, è e sarà sempre strumento di conoscenza, progresso, riscatto e speranza nel futuro.
Scrivere questi racconti, per lo più in forma di monologo, è stato per me un pugno allo stomaco e mi sono ritrovata a commuovermi, soffrire, ribellarmi insieme alle mie donne di carta, chiedendomi perché? Per due di loro, Liviana Rossi e Francesca Alinovi, ho attinto dalla cronaca, andando alle radici del fenomeno femminicidio
. Pur usando la fantasia, mi sono sempre rapportata alla realtà, che purtroppo risulta più cupa dell’immaginazione.
Alcuni racconti hanno uno sfondo ben preciso e diventano indagine storico-sociologica ma, soprattutto, psicologica. In essi trapelano le voci lontane di un’epoca, di cui le donne – emblema del coraggio – sono testimoni. La discriminazione ne è, accanto al malessere e alla violenza, la chiave di lettura.
Anche se alcune storie non si chiudono con la morte, l’atmosfera rimane comunque dolorosa, come lo è stata la storia delle donne. Per non dimenticare il cammino verso la libertà di chi ci ha precedute, per costruire la felicità in un mondo nuovo fatto dalle donne per le donne.
Maria Concetta Preta
ROSARIA, DETTA PRISCILLA
Come le donne sono riuscite a costruirsi un’identità
Mi sveglio, il mio orologio interiore ha suonato, o forse tu m’hai chiamato, piccolo abitatore del mio grembo. Era piacevole il sapore del sonno, ora mi piombano in testa come lame mille pensieri e la bocca si riempie di nausea.
Mi tocco la pancia, il rigonfiamento non è un sogno! Mi ricordo alcuni mesi fa, quando mi accorsi che mi vedevo diversa e che la cerniera-lampo dei jeans non si chiudeva più. Non avevo mia madre vicina per condividere quello che era il mio dolce segreto. Qua, tranne Luca, non ho nessuno. Sono davanti allo specchio, grande e ovale, com’è bello indugiare! Guardo il mio corpo... quasi non mi riconosco! Non molto tempo fa era acerbo, virginale, teso come un virgulto. Ora, invece, è arrotondato, accogliente. È un’urna che contiene un tesoro.
Ma la scoperta di diventare madre mi lascia perplessa ogni giorno che passa.
L’istintivo moto di gioia è via via smorzato dal pensiero della mia triste situazione, mentre nasce in me la paura che un figlio aggraverà lo stato del mio matrimonio, se così si può chiamare il ménage che vivo con Luca.
Voglio essere ottimista e sperare che, man mano che inizierò a lievitare e che la pancia si gonfierà, la mia mente si alleggerirà e, gettata la zavorra delle cupe idee, prenderò a galleggiare in un cielo finalmente terso.
Io e il mio piccino: un cerchio magico in cui si racchiude un’entità perfetta.