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La Treccia Rossa. Storia della cipolla di Tropea
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La «treccia», tipica forma di lavorazione della cipolla di Tropea è il filo rosso che ha unito e unisce ancora oggi le varie fasi della storia commerciale di questo prodotto coltivato sin da tempi remoti a Parghelia e Tropea. Le varie ipotesi sulla provenienza del seme: da quella dei Fenici alle leggende del marinaio e della «lindinea» ricorrenti nelle campagne di Parghelia , i versi di Enotrio pittore e poeta calabrese, i primi contatti degli svedesi con la cipolla alla stazione di Briatico costituiscono lo sfondo suggestivo dal quale emerge il rilievo economico acquisito da questo prodotto ormai diffuso lungo la costa tirrenica.
Le prime osservazioni sulla cipolla contenute nei diari dei viaggiatori europei del Settecento unite ai suoi primi trasporti alle isole e ai porti del Mediterraneo e all’esportazione negli Stati Uniti d’America e nelle varie nazioni europee disegnano un percorso che ha trovatolo uno sbocco recente nella nuova denominazione «Cipolla rossa di Tropea IGP Calabria» .
In questo quadro l’intreccio tra leggende tramandate e verità storiche ha consentito di ricostruire il particolare clima che anima i luoghi in cui queste vicende si sono svolte. Le stazioni ferroviarie dei vari paesi, la piazza di Tropea dove si radunavano i commercianti e gli addetti alla lavorazione, le navi che trasportavano la cipolla rossa oltreoceano e i telegrammi che ne annunciavano l’arrivo, le ansie dei commercianti e la sottile pazienza dei contadini esprimono significati e valori ancora attuali.
Il rilievo economico di questa varietà di cipolla rossa ha consentito di costruire nel panorama ancora chiuso dell’agricoltura calabrese degli anni Trenta il primo abbozzo di un modello di sviluppo produttivo in grado di assicurare condizioni economiche migliori e di avviare una fase di maggiore mobilità sociale nella Calabria degli anni Trenta.
Le lunghe file di lavoranti giornalieri che sfilano nelle albe e nei tramonti calabresi a conclusione di una giornata di duro lavoro ma remunerata svolta in occasione della «campagna della cipolla di Tropea» in uno dei paesi della costa tirrenica sono l’immagine migliore di questa speranza.
LanguageItaliano
Release dateOct 28, 2014
ISBN9788868222260
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    La Treccia Rossa. Storia della cipolla di Tropea - Pino Vita

    Biblioteca di «Voci» / 8

    Collana diretta da Luigi M. Lombardi Satriani

    Pino Vita

    La treccia rossa

    Storia della cipolla di Tropea

    Proprietà letteraria riservata

    © by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy

    Edizione eBook 2014

    ISBN: 978-88-6822-226-0

    Via Camposano, 41 - 87100 Cosenza - Tel. 0984 795065 - Fax 0984 792672

    Siti internet: www.pellegrinieditore.com - www.pellegrinilibri.it

    E-mail: info@pellegrinieditore.it

    I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.

    Ai miei genitori

    che sento sempre vicini

    Introduzione

    Sono numerosi i motivi di questa pubblicazione sulla cipolla rossa di Tropea e sugli effetti che il suo commercio, prima lungo le coste del Mediterraneo e poi negli U.S.A. e in Europa, ha prodotto nel circondario di Tropea[1], negli anni che hanno preceduto l’ultima guerra mondiale.

    Nella ricostruzione di questi eventi ha trovato un posto di rilievo la Relazione dell’agronomo Bruno Giordano[2] sui metodi usati, agli inizi degli anni Trenta, dai contadini di Parghelia e Tropea, paesi in cui era stata avviata sin dal XIX secolo la coltivazione di questa varietà di cipolla. Già nel corso del Settecento e nel secolo successivo la presenza della cipolla rossa nel circondario di Tropea era stata rilevata da alcuni viaggiatori e studiosi; essi avevano sottolineato come questa specifica varietà di cipolla fosse tra i principali prodotti scambiati nel commercio marittimo che si andava sviluppando dal porto della cittadina tirrenica.

    Il quadro dei passaggi che hanno caratterizzato quel percorso commerciale, sfociato nell’esportazione negli Stati Uniti, è stato messo a fuoco, soprattutto per la sua parte contemporanea, grazie al patrimonio di notizie provenienti dalla partecipazione diretta della mia famiglia alla fase pionieristica della valorizzazione commerciale della cipolla rossa di Tropea. Tali notizie hanno consentito di correggere, con dati e prove documentali, un’inesattezza ricorrente nella maggior parte delle precedenti pubblicazioni sulla cipolla rossa di Tropea, nelle quali l’inizio della sua esportazione in America veniva fatto risalire al secondo dopoguerra, piuttosto che agli anni compresi tra il 1920 e il 1930, periodo nel quale quell’esperienza commerciale era effettivamente iniziata e si era poi progressivamente sviluppata.

    Questa nuova collocazione degli avvenimenti consente di valutare meglio gli effetti economici e sociali prodotti sul territorio d’origine dall’esportazione della cipolla rossa, coltivata in quel periodo esclusivamente nel circondario di Tropea. Inoltre, questa revisione cronologica aiuta a cogliere sino in fondo l’ambiente sociale e le condizioni materiali che caratterizzavano in quegli anni il lavoro nelle campagne di quel circondario.

    Nel quadro che ne è scaturito, i contadini, i lavoranti giornalieri, i commercianti, gli esportatori, i proprietari e i produttori di questa varietà di cipolla diventano, nonostante la diversità dei ruoli e degli interessi, gli artefici unitari di un processo economico che, per le condizioni dei tempi in cui si è svolto, rappresenta il primo abbozzo di un modello produttivo capace di determinare nel circondario di Tropea un «piccolo miracolo economico», i cui effetti hanno aperto nuove prospettive all’intera economia della zona.

    I primi trasporti alle isole e ai porti del Mediterraneo e al di là dell’Oceano, il mutamento del volto agricolo delle campagne con l’avvento del turismo, i nuovi scenari aperti dall’esportazione di questa varietà di cipolla, con ampio coinvolgimento di energie produttive, sono i punti principali di un percorso commerciale che ha trovato il suo compimento nella denominazione di Cipolla rossa di Tropea Calabria IGP.

    La «treccia della cipolla di Tropea» è il filo rosso che ha unito e unisce ancora oggi le varie fasi di questa storia.

    Desidero in ultimo ringraziare quanti mi hanno fornito notizie e spunti utili per la realizzazione di questo lavoro. In particolare, Egidio Grillo, Lorenzo Grillo, Vittorio Belvedere, Franco Simonelli, Pasquale Loiacono per le informazioni sui sistemi di coltivazione e sulla loro diffusione nel territorio; Nino Filardi e Franco Vita per l’approfondimento degli aspetti commerciali; Pietro Scordamaglia per l’aiuto prestatomi nella realizzazione dell’apparato iconografico che accompagna il testo. Infine, Francesco Campennì per aver riletto il manoscritto con professionalità e amichevole partecipazione, dandomi consigli preziosi, e Luigi M. Lombardi Satriani per aver inserito questo libro nella collana di Voci da lui autorevolmente diretta.

    Parghelia, 2 luglio 2014

    Pino Vita

    [1] Nel corso del 1800 Tropea fu «comune di seconda Classe, Capoluogo di Circondario dell’istessa classe, nel Distretto di Monteleone» (oggi Vibo Valentia) e il suo circondario comprendeva i comuni di Parghelia, Zaccanopoli, Zambrone, Drapia, Spilinga, Ricadi. Lo si apprende dalla monografia del Cav. Benedetto Stragazzi Tropea, in Il Regno delle Due Sicilie. Distretto di Monteleone di Calabria, a cura di G. Luciano, Vibo Valentia, Mapograf Editore, 1966¹ (1°ed. Napoli, 1859), pp. 77-79.

    [2] Bruno Giordano è inviato nel 1930 dal Governo nei comuni di Parghelia, Tropea, Ricadi, Briatico, Zambrone, per dirigere corsi teorico-pratici di agricoltura in favore dei contadini. Vedi Archivio di Stato di Catanzaro (d’ora in poi ASCZ), Fondo Prefettura, Busta 85. Nel 1932 Bruno Giordano scrive la relazione La cipolla di Tropea, pubblicata successivamente sulla rivista «Calabria Agricola». Disponibile all’indirizzo www.tropeamagazine.it/cipolla/index.html.

    1. La cipolla rossa di Tropea

    La cipolla è una pianta erbacea bulbosa, definita nei testi di botanica con il nome scientifico Allium Cepa, che appartiene con l’aglio, il porro, lo scalogno e l’asparago alla famiglia delle Liliaceae[1].

    L’origine della cipolla affonda nel buio di un passato talmente remoto che alcuni studiosi l’hanno collocata, addirittura, nel periodo neolitico[2]. Le prime coltivazioni di cipolla sembra siano avvenute in Asia; da qui si sarebbero diffuse nel continente africano e successivamente in Europa. Alla fine del XV secolo Cristoforo Colombo avrebbe portato, in uno dei suoi viaggi, il seme della cipolla in America. Numerose sono le varietà di cipolla, sia bianche che rosse, le quali si distinguono anche per la forma e per la dimensione.

    Tra le varietà di cipolla rossa coltivate in Italia, la cipolla rossa di Tropea, che nel corso dei secoli è diventata tipica di questo circondario, presenta un grosso bulbo formato da tuniche interne concentriche, carnose e biancastre, racchiuse in un involucro esterno di colore rosso.

    Bulbo di cipolla di Tropea con tuniche interne carnose e biancastre racchiuse in un involucro rosso

    «La cipolla rossa di Tropea contiene vitamina C, vitamina E, ferro, selenio, iodio, zinco e magnesio. L’azione del suo bulbo contrasta, specie se consumato crudo, le degenerazioni dell’arteriosclerosi e ha effetti benefici sul cuore e sulle arterie, prevenendo i rischi dell’infarto»[3]. La caratteristica principale della cipolla rossa di Tropea è la dolcezza; ciò in ragione di un microclima particolarmente stabile che caratterizza le zone di produzione, specialmente nel periodo invernale.

    La descrizione generale della coltivazione della cipolla rossa nel circondario di Tropea e della sua esportazione negli U.S.A. e in Europa, intorno al 1930 contenuta in questo libro, si basa sulle numerose rievocazioni ricorrenti nella mia famiglia, sulle testimonianze dirette di contadini e commercianti che hanno preso parte a questa esperienza e sui numerosi racconti, tramandati in particolare nelle campagne, che ho avuto cura di raccogliere a Parghelia e nei centri vicini. Altri aspetti inerenti alla coltivazione della cipolla, ricostruiti in queste pagine, si rifanno alle osservazioni effettuate dal già citato agronomo Bruno Giordano. Egli ebbe modo, a partire dal 1930, di esaminare sistematicamente e per cinque anni consecutivi lo svolgimento delle attività agricole in alcuni comuni del circondario di Tropea[4].

    Bruno Giordano era stato inviato dalla Cattedra Ambulante dell’Agricoltura per la Provincia di Catanzaro[5] con il compito di organizzare corsi teorico-pratici[6] per i contadini al fine di spingerli a rinnovare i loro metodi di coltivazione, che erano ancora arretrati. In quegli anni il mondo agricolo calabrese, specie nelle zone dove dominava il latifondo[7], era ancora fermo ai criteri di conduzione del passato, con contratti di tipo feudale e con la proprietà della terra concentrata nella mani di pochissime famiglie. Riguardo la distribuzione della proprietà terriera in Calabria, Luigi M. Lombardi Satriani e Mariano Meligrana[8], commentando un’indagine promossa nel 1946 dal ministro dell’agricoltura Fausto Gullo[9] ed eseguita dall’Inea[10], hanno evidenziato che «il territorio della Calabria, esteso per 1.280.000 ettari era concentrato, sino al 1950, nelle mani di 484 proprietari che ne possedevano 482.000, vale a dire 1.000 ettari per ciascuno, mentre altri 559.000 ne possedevano 554.000 ettari: cioè meno di un ettaro per ciascun proprietario». Per i due studiosi calabresi le cause di questa elevata concentrazione fondiaria erano «da attribuire alle modalità di attuazione delle leggi eversive della feudalità e della vendita dei beni ecclesiastici ed all’usurpazione delle terre demaniali»[11]. Quest’analisi conferma come in gran parte del territorio calabrese le ricorrenti lotte per la terra siano state causate dalla eccessiva concentrazione di vaste estensioni di terra nelle mani di pochissimi proprietari e dalla loro volontà di mantenere inalterati sistemi produttivi arretrati e vecchi contratti di lavoro. Nel circondario di Tropea la concentrazione fondiaria risultava tuttavia più attenuata, anche in ragione della frantumazione della proprietà terriera che era in corso, sia pure lentamente, da tempo. Infatti, la maggiore varietà delle colture, tra cui gli agrumi e gli ortaggi come la cipolla rossa, aveva creato in quel circondario un quadro agrario più articolato rispetto a quello delle zone del latifondo, ove si coltivavano principalmente grano e cereali. La varietà di colture presente nel circondario di Tropea e il contestuale sviluppo di attività commerciali avevano, nel tempo, avviato una prima mobilità nella proprietà della terra; di conseguenza le condizioni di vita dei contadini, specie della fascia costiera, erano migliorate. Questa nuova situazione impedirà, nel corso del Novecento, l’estendersi nel circondario di quelle lotte per la terra che invece scoppiarono nelle zone del crotonese e della Sila[12], a causa delle pessime condizioni di vita e di lavoro nelle quali versavano i contadini e i braccianti.

    Nonostante le loro migliori condizioni di vita, i contadini del circondario di Tropea si dimostravano ancora chiusi alle novità: erano restii a frequentare i corsi organizzati per diffondere le nuove tecniche e il miglioramento produttivo delle varie colture. Per superare la riluttanza dei contadini, la Prefettura di Catanzaro, seguendo le direttive del Governo (che mirava al successo delle varie battaglie[13] promosse nelle campagne italiane) era stata costretta a sollecitare i Podestà[14] dei comuni in cui si svolgevano quei corsi affinché intervenissero d’autorità per spingere i contadini a parteciparvi.

    I corsi di frutticoltura nei comuni di Briatico, Zambrone, Parghelia, Tropea e Ricadi erano tenuti, in quegli anni, dal citato Bruno Giordano. La sua relazione[15] sulla coltivazione della cipolla rossa di Tropea rimane, ancora oggi, una delle pubblicazioni più rigorose sull’argomento, anche perché basata sull’osservazione diretta della realtà agricola. Scrive Giordano: «Nei comuni del litorale vibonese (sino a 250 s. m.) compreso tra Capo Vaticano[16] e le foci del fiume Angitola[17] si coltiva con successo un’ottima varietà di cipolla dolce, a bulbo grosso (diametro da 10-15 cm) con involucro rosso e con tuniche interne bianche, conosciuta in commercio sotto il nome di cipolla di Tropea. In realtà la coltura con maggiore importanza (ettari 48, 30) si trova nella vicina Parghelia ove, a quanto assicurano i vecchi coltivatori, fu introdotta 70 anni prima (1800) che a Tropea, sostituendo nella rotazione il cotone allora largamente coltivato nel vibonese.

    Si conoscono e si coltivano tre sottovarietà di questa rinomata cipolla e cioè:

    1) Rotonda schiacciata (a

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