La gestione integrata dei rifiuti: Nozioni e competenze
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Questo breve lavoro, intende, pertanto, proporsi come agile strumento ricostruttivo delle regole in tema di rifiuti al fine di conferire una maggiore omogeneità e chiarezza nell’interpretazione delle norme di settore e fornire i mezzi per una corretta applicazione delle azioni di gestione. Ricostruire, però, il quadro normativo in tema di rifiuti significa non prescindere da un dato di fatto incontrovertibile, ossia la provenienza comunitaria della disciplina.
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La gestione integrata dei rifiuti - Carolina Pellegrino
CAROLINA PELLEGRINO
La gestione integrata dei rifiuti
Nozioni e competenze
Proprietà letteraria riservata
© by Pellegrini Editore - Cosenza - Italy
Edizione ebook Luglio 2014
ISBN: 978-88-6822-135-5
Via Camposano, 41 - 87100 Cosenza
Tel. (0984) 795065 - Fax (0984) 792672
Sito internet: www.pellegrinieditore.com
www.pellegrinilibri.it
E-mail: info@pellegrinieditore.it
I diritti di traduzione, memorizzazione elettronica, riproduzione e adattamento totale o parziale, con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche) sono riservati per tutti i Paesi.
INTRODUZIONE
L’inquinamento da rifiuti rappresenta, attualmente, una delle più gravi problematiche ambientali, sociali ed economiche. È una di quelle tematiche così poliedriche la cui complessità si riflette sulla difficoltà di rintracciare un unico e agevole disegno normativo. Gli operatori nel settore si trovano spesso difronte a tale difficoltà e, lavorare alla luce del corretto disposto normativo diviene, allo stesso tempo, tanto ostico quanto necessario.
Questo breve lavoro, intende, pertanto, proporsi come agile strumento ricostruttivo delle regole in tema di rifiuti al fine di conferire una maggiore omogeneità e chiarezza nell’interpretazione delle norme di settore e fornire i mezzi per una corretta applicazione delle azioni di gestione. Ricostruire, però, il quadro normativo in tema di rifiuti significa non prescindere da un dato di fatto incontrovertibile, ossia la provenienza comunitaria della disciplina.
L’Unione Europea da tempo persegue l’obiettivo di ridurre l’impatto ambientale connesso alla produzione di rifiuti. Tutto ciò ha implicato il ricorso sempre maggiore alle risorse rinnovabili (a condizione che il loro impiego sia sostenibile), al riciclaggio e ad una migliore gestione dei residui da rifiuti. La soluzione ottimale consiste nell’individuazione di tecniche alternative nella fabbricazione di prodotti di consumo con meno materie prime e più risorse riciclabili o rinnovabili. Significa, quindi, produrre meno rifiuti durante tutto il ciclo di vita del prodotto e al termine della sua vita utile. Salvaguardare e migliorare la qualità dell’ambiente, proteggere la salute umana e garantire un utilizzo razionale delle risorse, sono gli obiettivi della Comunità Europea.
Pertanto, il lavoro evidenzierà i profili normativi della disciplina proprio a partire dal diritto comunitario fino al prodursi, in via attuativa, nell’ordinamento interno. L’analisi verrà svolta alla luce della diversa giurisprudenza, che, gradualmente, ha specificato la nozione di rifiuto. La questione prevalente, come verrà sottolineato, ruota, infatti, attorno al cosa debba intendersi per rifiuto e, quindi se preferire, la linea interpretativa comunitaria, fautrice dell’elemento soggettivo dell’ abbandono o destinazione dell’abbandono
, o quella nazionale dell’elemento oggettivo dell’ obbligo di disfarsi
. Si tratta di una distinzione così importante, che la giurisprudenza ha assunto come necessario l’adesione all’interpretazione comunitaria per evitare che l’elemento soggettivo prevalesse su quello oggettivo causando, inevitabilmente, danni seri all’ambiente e alla salute.
Nel nostro ordinamento interno, il nuovo Testo Unico Ambientale, emanato con il d.lgs. del 3 aprile 2006, n. 152, recante Norme in materia ambientale
, è l’attuale testo normativo di riferimento, il quale ne ha modificato e riconfigurato il precedente e variegato panorama.
Interi ambiti della legislazione ambientale, diversi per settori, complessità ed estensione, sono ora sistematizzati.
Dunque, alla luce delle norme comunitarie (dalle loro modifiche alla loro elusione), attraverso l’analisi del decreto Ronchi
(d. lgs. 22/1997, primo testo recante norme in materia di smaltimento dei rifiuti) e del Testo Unico sull’ambiente, si cercherà di fornire un quadro sicuro di regole dal concetto di rifiuto e attività di pertinenza fino alla ripartizione delle competenze.
CAPITOLO PRIMO
La nozione di rifiuto
dalla normativa comunitaria a quella italiana
1.1 La nozione di rifiuto nella normativa comunitaria
Avere un quadro esaustivo circa la disciplina dei rifiuti significa non poter prescindere dalla normativa comunitaria europea e dalla sua evoluzione in materia.
All’atto della costituzione della Comunità Europea, eccezione fatta per l’art. 117 relativo alla Salute e all’ambiente di lavoro, non vi era alcuna disposizione espressa in tema di ambiente, ne tanto meno all’ inquinamento da rifiuti[1]. Solo a partire dagli anni ’70 preoccupazioni per l’ambiente iniziarono ad acquisire risonanza nella Comunità. Fino ad allora, infatti, la valutazione su eventuali impatti ambientali era, più che altro, intesa come freno alla crescita economica, poiché l’uso di risorse ambientali ed il loro deciso sfruttamento era ritenuto indispensabile per un serio sviluppo produttivo. Al vertice di Parigi del luglio 1972, i capi di Stato e di governo riconobbero che, nel contesto dell’espansione economica e del miglioramento della qualità di vita, all’ambiente doveva essere prodigata particolare attenzione. Fu questo il segnale di avvio: venne lanciato un primo programma di azione per il periodo 1973-1976, che fissava il quadro della politica comunitaria dell’ambiente, seguito, poi, da altri programmi pluriennali analoghi. Proprio da questi programmi nacque una serie di direttive relative alla tutela delle risorse naturali (aria, acque), alla lotta contro le emissioni sonore, alla conservazione della natura e alla gestione dei rifiuti. Riguardo i rifiuti, nel particolare, tre furono le direttive in materia: la 442 del 15 luglio 1975, sui rifiuti in generale; la 403 del 6 aprile del 1976, relativa allo smaltimento dei policlorodifenili e dei policlorotrifenili[2], nonché la direttiva n. 319 del 20 marzo 1978, sui rifiuti tossici e nocivi[3]. Delle tre, tuttavia, la prima merita una più dettagliata attenzione essendo la direttiva che ha tracciato il quadro legislativo comunitario complessivo della politica sui rifiuti. La direttiva 75/442/Cee rappresenta non solo il primo testo normativo dettagliato sulla nozione di rifiuto e sua gestione, ma, anche, il punto di riferimento per le successive evoluzioni normative comunitarie in tema. Ad essa si devono la definizione di rifiuto ed esclusione, la nozione di smaltimento e principi, le finalità che spingono alla gestione dei rifiuti, l’imposizione nei confronti degli stati membri dell’obbligo di adottare le misure imposte in capo ad essi. Nel particolare la direttiva in questione stabilisce che:
Rifiuto è qualsiasi sostanza od oggetto di cui il detentore si disfi o abbia l’obbligo di disfarsi secondo le disposizioni nazionali vigenti[4];
Sono esclusi dal novero dei rifiuti gli effluenti gassosi emessi nell’atmosfera; i rifiuti soggetti ad altre regolamentazioni comunitarie; i rifiuti radioattivi; i rifiuti risultanti dalla prospezione, dall’estrazione, dal trattamento, dall’ammasso di risorse minerali o dallo sfruttamento delle cave; le carogne ed i seguenti rifiuti agricoli: materie fecali ed altre sostanze naturali e non pericolose utilizzate nell’attività agricola; le acque di scarico, esclusi i rifiuti allo stato liquido[5];
Gli stati membri devono adottare misure atte a promuovere la prevenzione, il riciclo[6], la trasformazione, nonché ogni altro metodo che consenta il riutilizzo dei rifiuti al fine di eliminare inconvenienti per la salute dell’uomo e dell’ambiente[7]; Inoltre, devono designare autorità competenti, incaricate a redigere piani, sistemi d’autorizzazioni e controlli e ad elaborare relazioni ogni tre anni. Gli Stati, quindi, devono stabilire o designare l’autorità o le autorità competenti incaricate in una determinata zona