Educazione alla ricerca interiore: Senza corpo non c'è spirito
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Educazione alla ricerca interiore - Sassone Roberto Maria
COLLANA
SAGGI PER L’ANIMA
Roberto Maria Sassone
EDUCAZIONE
ALLA RICERCA
INTERIORE
Senza Corpo non c’è Spirito
Anima Edizioni
© Anima Edizioni. Milano, 2012
© Robero Maria Sassone, 2012
www.psicologiaolistica.it - rosassone@hotmail.com
In copertina Hanuman, simbolo di saggezza e devozione
I diritti di traduzione, di memorizzazione elettronica, di riproduzione e di adattamento totale o parziale con qualsiasi mezzo (compresi i microfilm e le copie fotostatiche), sono riservati per tutti i paesi. Per i diritti di utilizzo contattare l’editore.
Progetto editoriale: Jonathan Falcone
Direzione: Timoteo Falcone
Redazione: Sabrina Lescio
Editing: Camilla Ripani
ANIMA s.r.l.
Gall. Unione, 1 - 20122 Milano
Tel. 02 72080619 fax 02 80581864
e-mail: http://www.editoremannarinonew.itinfotiscali@editoremannarino.it
www.animaedizioni.it
I edizione febbraio 2012
Tipografia Italgrafica
Via Verbano, 146
28100 Novara
Meditando divento ciò che sono
sul filo del respiro nell’istante
svelo l’inconsistenza del dolore.
Ai miei amici del cuore
Alberto Russo
Luciano Marchino
Marcello Pestilli
Maurizio Costa
RINGRAZIAMENTI
La mia gratitudine a:
Ajahn Chandapalo
Ajahn Sumedho
Angela Corso
Chandra Candiani
Emilio Del Giudice
Enrico Cheli
Jonathan Falcone
Luisa Barbato
Manohar
Mario Betti
Nitamo Montecucco
Marina Negri
Pino Landi
Raffaele Pezzo
… allo staff del Villaggio Globale di Bagni di Lucca e a tutti i Guerrieri dell’Armata Brancaleone dello Spirito.
PREFAZIONE
Milano, 30/11/2011
Prof. Luciano Marchino
P.S. Niente da aggiungere, niente da togliere. Un libro necessario, l’opera di un autore al culmine della sua maturità.
INTRODUZIONE
Ho camminato a lungo e so che ho ancora molta strada da fare fino all’ultimo istante del mio viaggio. Nel frattempo ho imparato alcune cose che per me sono utili, e credo che possano esserlo anche per altri viaggiatori. La più evidente è che all’inizio del viaggio si portano con sé molte cose, pensando di utilizzarle e, man mano che si procede, si lascia per la via la maggior parte di esse. Alla fine sono pochissime le cose davvero utili, e sono semplici ed essenziali. Alcuni ricercatori sofisticati, quelli che restano sempre nella mente, le possono addirittura considerare banali e ovvie. Invece le cose vere sono quelle ovvie. Ma proprio ciò che è ovvio non riusciamo a fare. È ovvio che, se troviamo una persona distesa sul marciapiede, cerchiamo di aiutarla e non la scavalchiamo facendo finta di niente. È ovvio che una persona che ama voglia il bene del compagno e lo rispetti. È ovvio che Dio è uno solo e non si possa credere che sia cattolico, buddista o mussulmano. È ovvio rispettare la natura… Quante cose sono ovvie, ma del tutto ignorate.
La mente ritiene che quanto più un progetto sia importante, tanto più complessi debbano essere gli strumenti per realizzarlo. Invece non è così. Gli strumenti complessi allontanano dalla meta, anche se in realtà non c’è nessuna meta da raggiungere, altra scoperta che prima o poi farà ogni ricercatore sincero.
Se di meta vogliamo parlare, essa è presente a ogni istante nell’atto cosciente di esserci. Realizzare la presenza è il tesoro del guerriero e ciò accade soltanto se apriamo il cuore.
Descrivere la presenza a chi non ne ha mai avuto esperienza non è facile, ma ci proverò lo stesso: la presenza è quello stato in cui l’individuo è totalmente in ciò che accade. Se cammina è tutto nel camminare, se mangia è tutto nel mangiare, se guarda è tutto nel vedere.
Ciò che ostacola continuamente questa esperienza è la mente con i suoi pensieri, le sue considerazioni, i suoi giudizi e le emozioni che si impossessano di noi, condizionando le azioni e le scelte.
Di per sé la mente e le emozioni potrebbero essere formidabili strumenti di esperienza, se non fossero contaminate dall’ego. Non credo che esistano cose in natura che non abbiano valore. Non sono quindi favorevole a certe forme di mortificazione che hanno come scopo primario quello di addomesticare e bastonare la mente e le emozioni del ricercatore. Anzi, sono convinto che il lavoro del ricercatore sia quello di recuperare la loro funzionalità e metterla al servizio del vero padrone di casa che è l’essenza del cuore.
La mente è un utile strumento per dar forma alle cose, e le emozioni colgono i vari sapori della vita. Ma se diventano dei tiranni, se si sostituiscono al centro del cuore, se fanno il gioco dell’ego con i suoi capricci e le sue barriere, diventano una nebbia e un pantano che rendono la vita un’illusione e oscurano la coscienza.
Siccome l’impresa è ardua, considero ogni vero ricercatore un guerriero, infatti ci vuole molto più coraggio ad affrontare e dissolvere i demoni interiori, a trasformare la propria percezione del mondo e a modificare il proprio carattere, che a lottare con un nemico esterno.
La tendenza dell’uomo è, invece, di difendere con forza le sue piccole sicurezze e il suo finto benessere, cercando con ogni mezzo di nascondere a se stesso la sua paura e la sua ignoranza.
Conosco sempre di più la paura e l’ignoranza, e ciò rende ogni volta più difficile cavalcare l’orgoglio e più facile affermare la dignità.
Da tempo mi è passata la voglia di scrivere un libro per affermare nuovi metodi; da tempo non mi attrae l’idea di fondare una nuova scuola che vada a sommarsi alle altre. L’unica mia aspirazione è raccontare un’esperienza che possa servire a qualcuno. Per tale motivo ho deciso di scrivere, ripetendo con diverse sfumature,i pochi concetti che mi sembrano fondamentali.
Sono stanco di ascoltare parole dotte e presuntuose di esperti che si illudono di avere capito tutto. Certamente durante il viaggio il ricercatore ha delle intuizioni, comprende alcuni aspetti essenziali di sé e della vita, ma il mistero è così immenso che non resta che affidarsi al Divino.
Per quel che mi riguarda, ho imparato che, finché la psicologia si limita a muoversi esclusivamente nei meccanismi dell’ego, non può fare uscire l’uomo dalla prigione. Non può esserci gioia nel continuare a girare intorno ai meandri dell’ombra individuale.
Collezionare abilità sociali, piccoli poteri personali, successi esteriori o passioni che bruciano in pochi istanti, lascia sempre prima o poi l’amaro in bocca. Migliorare il proprio ego, renderlo più efficiente per avere più riuscita e carisma, ci fa stare meglio per qualche tempo, ma non ci fa sentire realizzati. Dopo un po’ l’individuo è costretto ad alzare la posta, a chiedere di più, in una giostra senza fine. Cercare la realizzazione, restando nel meccanismo dei desideri, porta solo soddisfazioni passeggere.
Intendiamoci, la vita ha molte cose belle e offre molteplici opportunità di esprimere noi stessi. Non sono per la rinuncia e per il ritiro in piccole isole. La vita va assaporata, sperimentata, agita; ma per gustare tutto ciò bisogna esistere, non fingere di esistere. Solo allora ogni cosa acquista intensità e valore.
L’unico vero problema, da millenni ripetuto in tutte le saggezze del mondo, è che per esistere bisogna esserci, o almeno cominciarea esserci. Finché si resta nelle maglie della nostra personalità, quella che chiamiamo vitaè un’imitazione della vita verache oscuramente, nei rari istanti di sincerità, ognuno percepisce.
Se la conoscenza della nostra personalità diventa un presupposto, se pur fondamentale, per trovare in fondo al nostro cuore quel nucleo centrale di coscienza che ci rende nobili, quell’essenza che ci rende veri, allora sì che la psicologia acquista una reale efficacia, dischiudendo le porte all’identità dell’anima.
L’azione congiunta sull’ego e sull’essenza è l’unica via che l’essere umano possa seguire.
Questa è la mia piccola verità che non dice niente di nuovo che già non sia stato detto nelle varie epoche dell’umanità. Mi unisco al coro, raccontandovi sinceramente quello che ho trovato per strada in questo manuale di educazione alla ricerca interiore.
I. LA SOFFERENZA DI GAIA
Sta accadendo, sotto i nostri occhi, un fenomeno sconvolgente: il nostro pianeta è gravemente malato. Già per sua natura la vita in sé, e quindi anche la vita dell’uomo, è caratterizzata da una continua insicurezza; gli eventi si susseguono, mutano, si interrompono, e ogni istante del nostro viaggio è un’incognita. Almeno una cosa, tuttavia, abbiamo sempre considerato una certezza: il nostro pianeta.
Cosa avviene nell’inconscio collettivo dell’umanità se anche la Terra inizia a venir meno, a cedere e a manifestare dei sintomi gravi?
Si attiva un permanente sottofondo di allarme che può essere espresso con la sensazione di «perdere la terra sotto i piedi». Solo che questa volta non si tratta di una metafora. Se la malattia della Terra progredisce, essa non sarà più in grado di sostenerci e, per quanti sforzi potremmo fare per mantenerci radicati a essa, cadremo come alberi dalle radici morte, perderemo le foglie, non avremo più linfa vitale.
Quando una nave affonda, si calano in mare le scialuppe di salvataggio, o nel peggiore dei casi ci si getta in mare e ci si aggrappa a un relitto, ma se anche il mare viene meno, e con esso l’intero pianeta, dove ci si può salvare?
La malattia del pianeta è così evidente ormai che persino il mondo dell’economia comincia ad allarmarsi. La cosa più incredibile è che la maggior parte dei governi continua a perdere tempo, a ignorare il fenomeno, pur facendo finta di sensibilizzarsi. Si organizzano tavole rotonde in cui i vari esponenti ne parlano a più riprese, ma sul piano della realtà gli interventi davvero efficaci e radicali non vengono presi. Addirittura alcune nazioni aumentano a dismisura l’azione d’inquinamento in nome di un dio molto potente che viene chiamato progresso. È un dio estremamente abile, capace di travestirsi e di camuffarsi da dio buono, prodigo, che è al servizio dell’umanità.
Ma chi usufruirà di questo progresso (progresso di che?) se si estingueranno i suoi fedeli, i consumatori, perché l’habitat in cui gli adepti vivono sarà a breve una terra di veleni?
Questa religione orizzontale a cui aderiscono i fedeli di tutte le fedi, ha come dogma che la felicità è proporzionata alla quantità di consumi pro capite.
I sacerdoti di questo dio non hanno nessuna motivazione ad abiurare la loro fede, perché questa religione dà loro un immenso potere e una grande ricchezza. Finché ci sono schiere di fedeli consumatori che chiedono loro più oggetti che li rendano felici, non potranno perdere mai il loro potere.
La bramosia ha completamente accecato sia i sacerdoti sia i fedeli di questa religione blasfema, a tal punto da non accorgersi o da non volersi accorgere che le risorse non sono mai illimitate. Senza questa Terra, anche i sacerdoti del progresso non avranno più potere e si estingueranno. Poco male, se non fosse che stanno già conducendo alla rovina milioni di esseri umani.
Il patrimonio scientifico e tecnologico raggiunto dall’uomo sarebbe in grado di arrestare il processo degenerativo del pianeta. Se ogni governo mettesse nello sviluppo delle fonti alternative di energia pulita lo stesso impegno che mette nel progettare nuove armi di distruzione di massa, il processo sarebbe ancora reversibile, la Terra potrebbe tornare a respirare, e noi con lei. Scelte così rivoluzionarie ed evolutive possono essere sostenute soltanto da individui autenticamente coscienti. Ma al potere, attualmente, ci sono persone arroganti, meschine e ottuse.
L’unica salvezza è un cambiamento di coscienza.
Questa affermazione sintetizza un fenomeno culturale sempre più evidente che caratterizza gli ultimi decenni di questo periodo storico: la ricerca della spiritualità che non è una prerogativa di un’élite, ma coinvolge numerose persone che appartengono a ogni classe sociale. Queste persone sono chiamate creativi culturalie sono caratterizzate da uno stile di vita alternativo che favorisce la ricerca interiore, la cultura ecologica, l’alimentazione naturale, le medicine olistiche, il rapporto con la natura e la qualità della vita.
Si possono fare varie letture di questo fenomeno: la crisi dei valori sociali ed etici, l’inadeguatezza di alcune religioni che si attestano su posizioni rigide e intransigenti, il deterioramento della vita sociale e delle relazioni, la miseria culturale che è incentivata dalla politica del consumo a oltranza, la crescente precarietà del lavoro e quindi della vita, e infine la prospettiva sempre più evidente del disastro ecologico. Questi sono gli aspetti più rilevanti che accelerano la destabilizzazione individuale. Come direbbe Alexander Lowen, il grounding (radicamento) viene meno, e senza radici è facile essere spazzati dal vento.
La spiritualità diventa una possibile salvezza a tutto ciò. Ma quale spiritualità? Di cosa si vuole parlare quando si adopera un termine così usato e abusato? il quesito che sto ponendo esprime il tema di questo libro e rappresenta la ricerca della mia vita e del mio lavoro come psicoterapeuta.
Sono giunto a delle risposte che per me