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Viaggio nel Paese di Domani
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Viaggio nel Paese di Domani

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Nel Paese di Domani, Edere scopre un nuovo modo di vivere, che non ha niente a che fare con la vita frenetica a cui era stato abituato sin da piccolo. Visitando città, campagne e foreste, Edere incontra persone speciali che vivono la loro vita in modo semplice e spensierato.

Nel Paese di Domani non esistono i ricchi e non esistono i poveri, di conseguenza non esistono le guerre, ne le ingiustizie. Dopo aver viaggiato in lungo e in largo Edere non ha più dubbi, questo è il tipo di mondo che desidererebbe lasciare un domani in eredità ai propri figli.
LanguageItaliano
Release dateNov 30, 2014
ISBN9788899121181
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    Viaggio nel Paese di Domani - Daniele Reale

    lettori

    Avviso a tutti i viaggiatori

    Questo libro narra la storia del giovane Edere, nativo del caotico mondo degli anni duemila, che attraverso un doloroso calvario esistenziale, frutto di una vita troppo meccanizzata e ormai in totale assenza di valori, lo spingerà a voler cambiare il suo destino.

    La sua coscienza gli manderà dei segnali affinché si risvegli e quando finalmente sarà pronto, inizierà la sua magica avventura nel Paese di Domani, che si presenta come un’alternativa concreta all’arretrata società odierna che, con i suoi recinti, i suoi passaporti, i suoi cancelli, le sue prigioni, le sue dogane, le sue frontiere, i suoi Stati e l’infinita serie di limitazioni e divisioni create dalle paure inconsce della mente umana.

    Nel Paese di Domani vivere è un diritto fondamentale, mentre altrove è concesso solo esistere.

    Un mondo dove il comune sogno millenario di filosofi, saggi e poeti di tutto il mondo si è finalmente realizzato, uomini e donne si sono evoluti in esseri umani consapevoli.

    In questa realtà il potere dei piccoli uomini è stato finalmente abbattuto per lasciar spazio al buon senso e all’immensa creatività racchiusa fin dalla nascita in ognuno di noi.

    Un mondo dove le città sono erette in armonia con la natura e dove il lavoro ha cessato di essere tortura per i tanti e fortuna per i pochi.

    La politica ha abbracciato finalmente la saggezza e smesso di essere truffaldina, chi si impegna senza mantenere le promesse viene cacciato immediatamente dal suo compito. L’amore invece è tornato a volare libero, lontano dalle gabbie contrattuali.

    Nel Paese di Domani lo scopo della vita quindi è vivere e in questa parola viene custodito il segreto del Paese di Domani.

    Ora basta, vi ho già detto troppe cose, abbandonate dunque i pregiudizi e abbattete le barriere mentali che vi hanno imposto fino ad oggi, lasciatevi andare alla lettura di queste righe diventando voi stessi cittadini del Paese di Domani. Ci sentiamo a fine viaggio!

    …Un architetto del nuovo mondo.

    Daniele Reale

    Nel vecchio Mondo

    Voglio ora raccontarvi la storia di Edere, un giovane ragazzo fortunato che venne scelto per porre le fondamenta del Nuovo Mondo.

    Edere era un ragazzo solo ed emarginato, sempre assorto nei suoi pensieri e nelle sue paure, un ragazzo che oltre ad essere particolarmente timido non era neppure un bravo alunno, perché per quanto cercasse di impegnarsi nello studio, si distraeva facilmente, perdendosi tra gli intricati labirinti della propria mente.

    In poche parole Edere era il classico ragazzo che si confondeva tra la folla e come molti suoi coetanei viveva all’ombra di un mondo sempre più crudele e spietato.

    Nessuno in quella realtà cinica e fredda sembrava accorgersi di lui e questo spesso lo feriva profondamente, anche se, con il passare tempo, si era costruito una corazza per proteggersi da tutte le delusioni del mondo esterno e questo apparentemente sembrava aiutarlo molto.

    Tuttavia Edere ancora non riusciva a dare un senso alla propria vita, che gli appariva ancora troppo vuota, priva di quelle emozioni a cui tanto aspirava, smarrito in quel mondo che sentiva essergli sempre più estraneo.

    Il giovane Edere era spesso vittima della propria solitudine, aveva la costante sensazione di sentirsi come una vecchia e fragile foglia secca in balia del vento esistenziale, mentre attraversava rigogliosi boschi d’alberi verdi carichi di vitalità, in cui vedeva riflessi i volti dei suoi compagni e compagne di scuola, che al contrario suo sembravano godere di un’esistenza felice e spensierata.

    Invidiava così il successo dei suoi coetanei, sempre circondati da tanti amici, tanti ammiratori e corteggiatrici. Loro erano pure bravi nel conquistare le simpatie dei professori, assicurandosi cosi voti e promozioni, lui invece era piuttosto imbranato e questo certo non lo aiutava a farsi strada tra la giungla dei più forti.

    Edere indossava dei pessimi occhiali rettangolari di color rosso e amava tener alzati i suoi corti capelli castani con il gel. Una volta al mese aveva l’abitudine di recarsi presso i grandi magazzini della sua città per acquistare scarpe, felpe e maglioni colorati e addobbati con simpatici loghi di marca stampati addosso, ma anche queste infondo erano soddisfazioni alquanto magre, che per due o tre giorni lo facevano sentire rinnovato e alla moda, ma che poi lo riportavano presto a sentirsi insicuro anche più di prima. Quei vestiti nuovi non avevano sciolto la sua timidezza ne lo avevano aiutato a farsi dei nuovi amici, eppure c’era qualcosa nella sua testa che gli suggeriva di tanto in tanto di spendere denaro per colmare quel vuoto che percepiva dentro di sé.

    La città dove viveva Edere era intrisa ovunque di pubblicità d’ogni genere, ogni angolo invitata le persone a consumare i loro soldi, le vetrine dei negozi erano perennemente in saldo, dando l’illusione che i commercianti regalassero i loro prodotti e la gente in massa accorreva felice a tutti quei saldi.

    Prendi due e paghi uno, era uno dei tanti slogan utilizzati per attirare i clienti.

    Sconti di qua e sconti di là, il mercato dell’abbondanza offriva vestiti d’ogni sorta, di ogni colore e forma possibile immaginabile. La regola dei consumatori era solo una: Spendere e spendere ancora, alla costante ricerca di una felicità temporanea, come ci fosse un’invisibile e arcana connessione tra lo svuotare il portafogli e lo svuotare contemporaneamente la testa dai propri pensieri, ansie e delusioni…

    La sensazione di uscire dai negozi con le borse piene e i taccuini vuoti sembrava regalare grandi soddisfazioni soprattutto alle donne.

    La vita moderna era cosi, una costante corsa all’apparenza, fatta di migliaia di selfie, dove tutti provavano gran gusto nel fotografarsi in ogni dove.

    C’era chi voleva far sapere al mondo che la sabbia del mare scottava troppo, chi voleva avvisare i propri amici del nuovo taglio di capelli, chi si fotografava mentre sorseggiava un cocktail al bar e chi mentre correva o si truccava nel bagno. Per farla breve l’umanità degli anni duemila non era poi tanto diversa da un pollaio, dove le galline si mettono a sbraitare per far sapere al resto del pollaio di aver appena fatto l’uovo…

    Il narcisismo era dunque diventato un fenomeno di massa, una continua adorazione di se stessi o meglio della propria immagine, di fatto però erano davvero pochi quelli che si amavano veramente, altrimenti quella gente avrebbe pensato a lottare arduamente per i propri diritti, avrebbe reclamato incazzata nera il furto quotidiano del loro tempo, rubato attraverso attività coatte e ripetitive, o all’ennesimo aumento della benzina e all’introduzione di nuove tasse.

    L’umanità degli anni duemila viveva in modo servile e spesso umiliante, ma questo ai più sembrava non interessare minimamente perché fino a che si potevano permettere un telefono nuovo l’anno, l’abbonamento calcio in tv e la macchinetta a rate per andare al lavoro, tutto andava bene cosi com’era, per loro la libertà era quella.

    Alla piattezza della vita moderna Edere ci aveva però fatto l’abitudine, cresciuto in quella grande città non ebbe certo l’occasione di stimolare al massimo la propria creatività, ne poté imparare a correre spensierato con gli amici tra i boschi e i prati verdeggianti, l’aria inoltre sempre impregnata dai gas di scarico delle automobili e dalle incessanti fumate nere delle industrie nelle vicinanze, non gli permettevano mai di abbandonare la mente alla maestosità del cielo stellato o alle notti luminose e magiche di luna piena.

    Un pomeriggio come tanti uguale agli altri, Edere passeggiava solitario con le mani in tasca e la testa china su se stesso, nell’unico angolo verde della sua città, un grazioso parco con alcuni vecchi e grossi alberi dalla folta chioma, qualche cespuglio di rose rosse e gialle, uno scivolo per bambini e quattro panchine in ferro ormai sverniciate dal tempo.

    Erano le tre in punto quando notò per terra una carta stropicciata dai colori sgargianti. La raccolse.

    In quel momento una forte folata di vento giunta da nord gli scompose i capelli.

    Non era certo una carta qualunque, perché cambiava di colore continuamente, passando dal giallo accesso alle sfumature violacee, per poi passare al verde brillante al rosso fuoco e all’azzurro elettrico, tutti i colori scintillavano e vibravano di un energia propria arcaica e sconosciuta.

    Edere rimase letteralmente stupefatto tenendo tra le mani quel pezzo di carta cosi semplice eppure magico allo stesso tempo.

    Si sedette su una panchina provando a decifrare ciò che stava scritto, ma le lettere erano troppo piccole e non riusciva a decifrarle bene, cosi entusiasta e sorridente corse di tutta fretta verso casa, rinchiudendosi poi nella sua camera da letto per non essere disturbato da nessuno. Dal cassetto della scrivania estrasse una lente di ingrandimento e si mise a leggere ciò che stava scritto su quel magico pezzo di carta.

    Questo è un invito a visitare il Paese di Domani

    Desideralo!

    Da un altro punto di vista

    Edere inizialmente non comprese il senso di quella scritta e ripose il biglietto magico all’interno del cassetto del comodino, vicino al letto. A dire il vero non si era nemmeno sforzato di comprendere il significato di quelle parole, abituato ormai a ignorare qualsiasi cosa comprendesse l’uso del proprio cervello.

    Del resto la vita moderna non concedeva spazio né tempo allo sviluppo delle facoltà latenti custodite segretamente in ogni uomo e donna, tutta la vita dell’essere umano moderno veniva fin dalla nascita presentata come una continua corsa frenetica verso traguardi inesistenti.

    Già da piccoli i bambini venivano spinti a pensare a cosa volessero diventare da grandi e da grandi si insegnava loro ad accumulare abbastanza denaro in vista della vecchiaia.

    Il mondo a quei tempi era simile ad un caotico formicaio fatto di persone senza meta, dove l’arte, la filosofia e la poesia erano stati dimenticati chissà dove.

    Tutto allora era basato sulla rozza materialità, certo la tecnologia aveva fatto davvero passi da gigante, i cellulari erano arrivati quasi al punto di prepararti il caffè caldo la mattina, ma la gente nel frattempo era divenuta apatica, inerte e menefreghista, quasi nessuno leggeva più un libro, la cultura era stata sostituita dalla banalità e dai talk show demenziali trasmessi in Tv.

    Pensare dunque era diventato cosa assai rara e ritenuta per lo più un’attività noiosa, ecco perché Edere non si fermò a riflettere sul significato celato dietro le parole di quel magico biglietto, continuando a fare ciò che aveva sempre fatto, ovvero: alzarsi al suono della sveglia, fare colazione di tutta fretta, lavarsi, andare a scuola di mala voglia, studiare nei pomeriggi di sole imparando interi capitoli a memoria senza comprenderne il significato ne mettere in discussione ciò che stava scritto, fare la solita passeggiata solitaria al parco, mangiare ancora la sera e infine dormire nell’attesa di ricaricare le batterie in vista di una nuova giornata dall’identico copione.

    Le azioni che compiva, come quelle di altri milioni di suoi coetanei erano le stesse e ormai le ripeteva senza nemmeno pensarci, tutto era diventato automatico per lui come fosse uno stupido robot privo di volontà propria.

    Una monotona routine travestita da necessità sociale, l’espressione assente nel suo viso ne confermava il suo stato d’animo.

    Nemmeno le infinite tecnologie moderne oramai lo stupivano più. Presto si accorse di sentire il bisogno di qualcosa di più di tutte quelle lunghe ore passate sui videogiochi, di tutto quel finto affetto virtuale con i suoi messaggini zeppi di faccine sorridenti e cuoricini o degli incontri dietro una webcam.

    Edere desiderava affetto reale e non virtuale, Edere desiderava accarezzare una donna vera, dirgli le cose in faccia e non dietro un messaggio inviato da un cellulare.

    Frequentando le scuole superiori il giovane Edere si innamorò perdutamente di una bella ragazza di nome Addref, molto graziosa di aspetto e di bassa statura.

    Affred aveva i capelli lunghi e neri e si muoveva sempre con portamento elegante ma allo stesso tempo sensuale, lei amava mettere in evidenza il suo seno prorompente e aveva un piccolo neo sulla guancia destra che tanto la caratterizzava.

    Affred però era una ragazza che non andava oltre l’apparenza, di lei si può dire fosse la solita persona che consapevole della propria bellezza, ne faceva un motivo di di potere, innalzandosi al di sopra di tutti nel proprio piedistallo dorato.

    Per Addref contava apparire non certo essere, sapeva di esser bella, sapeva di esser desiderata e sognata da molti ragazzi e questo riempiva costantemente il suo ego.

    Aveva in mano il potere della seduzione e riusciva ad ottenere sempre ciò che voleva.

    I lunghi corridoi della scuola diventavano per lei una passerella d’alta moda, quando al mattino sfilava sicura di sé tra la folla, sbattendo forte i tacchi sul pavimento di marmo lucido per annunciare a tutti da lontano il suo arrivo.

    Affred attirava l’attenzione di alunni e professori che la seguivano attentamente con la coda dell’occhio fino a che non scompariva lontana dietro la porta di un aula.

    Ogni settimana un costoso vestito nuovo di zecca lasciava intravedere i suoi segreti ed i maschietti in piena tempesta ormonale fantasticavano mille e più notti erotiche su di lei.

    Ovviamente questa ragazza Edere non lo filava di striscio, probabilmente ne ignorava persino l’esistenza all’interno del suo stesso istituto scolastico.

    Addref adorava farsi corteggiare e ricevere tanti regali dai suoi ammiratori, lei amava vedere l’universo maschile cadere ai suoi piedi per poi rifilarli con un nulla di fatto, insomma una vera gatta morta…

    Quando si sentiva sola e decideva di punto in bianco di trovarsi un fidanzato, badava bene a scegliere un maschio che fosse già largamente corteggiato dalle sue compagne.

    Quel che più le interessava non era certo la compagnia di un maschietto, ma ricavarne soddisfazione nel mettersi in competizione con le sue amiche, dimostrandogli cosi che lei e solo

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