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Biglie
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Biglie

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About this ebook

"Sentirai spesso parlare di quanto costi realizzare un sogno, ma non altrettanto spesso di quanto costi rinunciarci."

Trama:

Superata la trentina i sogni d'infanzia vanno in congedo permanente , e per molti quello che rimane non può che chiamarsi “sopravvivenza”. Verità cruda. Non facilmente assimilabile. E c'è chi preferisce autoconvincersi che la propria vita vada bene così com'è.
Roberto è il classico impiegato omologato. Giorni sempre uguali, caratterizzati solo da infinitesimali sfumature. Un pezzo di carbone che brucia per muovere in treno di qualcun'altro.
È venerdì pomeriggio e un imprevisto sfonda l'armadio, gli scheletri al suo interno ne vengono fuori. Incantesimo spezzato. Roberto catapultato in una triste realtà.
Dove sono finiti tutti i sogni?

WWW.BIGLIE-LIBRO.COM
LanguageItaliano
PublisherRoberto Marra
Release dateJul 9, 2012
ISBN9788867430079
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    Book preview

    Biglie - Roberto Marra

    Dedicato a chi ancora non ha trovato la forza e il coraggio

    per affrontare la paura che pone i sigilli

    ad una vita piena di passione

    In memoria di Carla Alfano,

    Eterna amica…

    Realizzazione editoriale Eracle s.r.l.

     Via A.C. De Meis, 663 - 80147 - Napoli

    Tel e fax: 081 733.42.82

    E-mail. info@edizionieracle.it

    © 2012 proprietà dell’autore

    Tutti i diritti sono riservati a norma di legge

    e a norma delle convenzioni internazionali.

    Responsabile della pubblicazione: l’autore

    Estate del '99.

    Primo venerdì di luglio.

    Sole alto. Caldo. Soffio di vento che tarda a passare. Asfalto rovente, morbido. Colla che si attacca sotto le suole. Gomme sgonfie. Andatura pesante. 

    Preoccupazioni acide si sciolgono lungo il collo. Insoddisfacente refrigerio.

    Preludio di una stagione sterile.

    Pochi passi ancora e sarebbe finalmente arrivata a casa. La salita era quasi finita.

    Un affanno forte, braccia che mal sopportavano il peso delle borse, sguardo perso nel vuoto. Ce l'aveva quasi fatta.

    Per Maria quello era un giorno come un altro. La vita aveva ripreso il suo ritmo.

    Alzarsi all'alba, portare Libero fuori, lavatrice, servizi domestici, stendere i panni e fare la spesa, quella benedetta spesa. Poteva utilizzare il telefono, chiamare un alimentari e farsi portare tutto direttamente a casa, ma non si fidava. Doveva vedere quello che comprava.

    Le mani erano cianotiche ed i polsi gonfi, strozzati dalle maniglie di plastica, ma poco importava. Era routine, col passare degli anni ci aveva fatto il callo.

    Il portiere dello stabile la vide e le corse incontro.

    <>

    L'uomo le strappò di mano le borse e lei tirò un sospiro di sollievo.

    Anche questa è andata…

    Si fece guidare dalla gentilezza del giovane fin sotto l'ingresso della sua abitazione.

    <>

    <> Rispose lui.

    Francesco piegò le gambe, allungò con delicatezza le braccia ed abbandonò la spesa sul pavimento.

    <>

    Maria lo ringraziò e si ripromise di votare a suo favore per un contratto a tempo indeterminato alla prossima riunione condominiale.

    Chiuse la porta con due mandate; era pieno giorno, ma non si poteva mai sapere. Aprì le finestre del soggiorno e, dalla parte opposta della casa, quelle della cucina. Doveva creare una corrente d'aria che ripulisse gli ambienti dell'odore di chiuso che si era accumulato durante la sua assenza.

    Su e giù per il corridoio. Libero al suo seguito. Le buste sempre più sgonfie secondo dopo secondo.

    Questo va in frigo, quest'altro nella dispensa, tu invece fuori al balcone…

    Accese uno dei fornelli, riempì una pentola d'acqua e la mise sul fuoco.

    Sul tavolo c'era un pezzo di grana che non aveva sistemato con il resto. Lo prese. Allungò la mano ed afferrò una piccola grattugia appesa ad un chiodo alla parete.

    Si sedette sulla piccola sedia di legno posta fuori al terrazzo con un piatto sulle gambe, ai piedi Libero, impaziente di conquistarsi un pezzettino di formaggio, ed iniziò a grattare. Un movimento automatico, quasi involontario. Lo spessore che si riduceva graffio dopo graffio ed un pensiero che se la stava portando via lentamente, lontano da quella realtà. 

    All'improvviso il trillo del citofono. Un sobbalzo. Fu catapultata fuori da ogni immaginazione. Libero iniziò ad abbaiare, non accorgendosi neanche del pezzo di grana, ridotto ormai a scorza, caduto sul pavimento.

    Rientrò di corsa in cucina. L'acqua bolliva.

    Spegni il gas!

    Ora erano in tre: lei, l'ansia e Libero, insieme, attraverso lo stretto corridoio che conduceva al videocitofono.

    Ah! Ancora il portiere… 

    <>

    <>

    Il nodo alla gola si era quasi del tutto sciolto. Il suo unico problema rimaneva però il cane, in equilibrio sulle sole zampe posteriori, che con i suoi lamenti di curiosità non le faceva ben capire le parole del ragazzo.         

    <> Ed attaccò.

    Francesco continuò a fissare il monitor del videocitofono per qualche secondo. Aveva un'espressione titubante, non sapeva che fare. Poteva richiamare la signora Lettieri, spiegandole nuovamente la situazione, o più semplicemente poteva recarsi fuori al suo interno con la posta in mano.

    Maria si chinò sulle ginocchia e Libero in un attimo le saltò in braccio, appoggiando un istante dopo il morbido musetto sulla sua spalla ossuta.

    <> E passò delicatamente la sua mano di carta sul soffice dorso di lana.

    Ancora un po' di sale…

    Una rapida occhiata all'orologio. Nove minuti andati. C'eravamo quasi, doveva sbrigarsi altrimenti si sarebbe scotta.

    Forza, ché poi molla non piace a nessuno…

    Afferrò la pentola con le presine e con un gesto veloce ne rovesciò il contenuto nel lavabo. L'acqua filtrò attraverso la plastica arancione dello scolapasta, sollevando una nuvola di vapore che sapeva di buono. 

    Prese tre piatti. Ne riempì uno ed aggiunse la salsa. La lava di pomodoro conquistò la montagna di grano, discendendola fino a valle. Poi un'ultima corsa, quella per il basilico. Si recò fuori al terrazzo, strappò una fogliolina profumata. Ritornò dentro e la posizionò in cima come una bandiera.

    Mise il trofeo sul tavolo. Si girò intorno.

    Tutti a tavola! È pronto!

    Nel frattempo Francesco si apprestava a chiudere la portineria. Inserì la chiave nella serratura, ma poco prima di girarla si ricordò della signora Lettieri e della sua posta.

    Aveva fame, ma pensò pure che era cosa buona guadagnarsi le simpatie di un condomino veterano come lei. Allungarsi un momentino a casa della vecchia prima di andare a pranzo dalla famiglia Conte non gli sarebbe costato poi così tanto. Quindi estrasse la chiave e s'incamminò attraverso il parco con una grossa busta tra le mani.

    Libero aveva quasi terminato il suo pasto minuziosamente tritato. A colpi di lingua trascinava la piccola ciotola da una parte all'altra della cucina. La pasta sulla tavola aveva smesso di fumare. Il sugo da vivido rosso era diventato denso purpureo. Il basilico in assenza di vento si era appassito.

    Maria infilzò il primo maccherone e se lo portò alla bocca. Per quasi quarant'anni era sempre stata l'ultima a sedersi a tavola, proprio non ce la faceva senza servire prima qualcun altro. Per fortuna le era rimasto il cane da accudire, altrimenti si sarebbe vista costretta a prendere accordi con la trattoria dietro casa. Il solo pensiero la faceva rabbrividire. 

    Chissà che combinano dentro quella cucina…

    L'aspirante contratto a tempo indeterminato estese il dito indice, sfiorando il campanello dell'interno tre, scala A. Sentì abbaiare. Aspettò.

    Speriamo che si sbrighi…

    Dopo circa trenta secondi udì attraverso la porta blindata un ritmo stonato di passi in avvicinamento. Poi d'un tratto una pausa, seguita da un impercettibile rumore di sfregamento, quello provocato dal contatto tra due punte d'ottone di piccolissime dimensioni. La vecchia aveva aperto lo spioncino.

    <>

    <> Ed alzò il braccio con la grossa lettera.

    Maria la vide.

    <>

    Il ragazzo guardò la busta. Con le dita constatò l'eccessivo spessore.

    <>

    Lo stridio irritante del ferro che attraversava lo scheletro metallico della porta ruppe il silenzio dell'androne.

    Sul volto del giovane comparve una vena d'imbarazzo.

    Spuntò Libero, i baffi tutti rossi, tinti da quel pomodoro che tanto aveva gradito. Girò due volte intorno al portiere, poi si fermò sotto la soglia dell'abitazione, continuando a spazzare il pavimento con la coda.

    <> Gridò la padrona.

    Lui smise di scodinzolare, abbassò il muso e trasformò il trotto giocoso in tenero passo felpato, rientrando discretamente all'interno del suo perimetro.

    <>

    <>

    Ostentando un sorriso a trentadue denti il ragazzo ripose nelle mani della donna il motivo del suo disturbo. Durante il passaggio di consegne qualcosa risaltò all'attenzione di Maria: l'affrancatura era straniera. Era greca. 

    Che altro sarà adesso? Pensò Maria.

    <>

    <> Chiese con la testa da tutt'altra parte.

    <>

     Passivamente rispose: 

    <> Nel contempo i suoi occhi si misero alla ricerca di un mittente, ma le spalle del portiere le facevano ombra e quell'inchiostro nero su carta marrone di certo non aiutava.

    Salutò e rientrò in casa. Si chiuse il colosso di ferro alle spalle ed accese la luce del soggiorno.

    Titania Hotel

    Panepistimiou 52,

    Athens 106 78 Greece

    Qualcosa non le tornava.

    Perché la polizia avrebbe dovuto mandarmi una lettera da un albergo?

    La strinse tra le mani, ne percepì il peso e pensò che non potesse contenere solo dei documenti. L'appoggiò sul tavolo di cristallo e si sedette di fronte, sul divano, restando lì a fissarla nella speranza di carpirne il significato. Non voleva altre sorprese, ce n'erano già state troppe e non avrebbe retto all'ennesimo dispiacere.

    La battaglia tra curiosità e paura stava scomodando l'ansia. Il battito del suo cuore s'ispessì, la frequenza crebbe e la preoccupazione le scolorì il viso.

    Si alzò. Con la mano si colpì ripetutamente la coscia. Libero si sollevò dal pavimento e si avvicinò. Si sentiva più sicura con lui accanto.

    Andiamo…

    Afferrò la busta. Scollò con le unghie l'adesivo e con stizza ne rovesciò il contenuto sul tavolo. L'impatto della plastica con il cristallo produsse un rumore secco ed acuto che non si aspettava. Una fotografia di piccole dimensioni, di quelle scattate con una Polaroid, planò su una sorta di custodia nera, simile a quelle utilizzate per contenere un paio di occhiali. La prese d'impulso, la voltò. L'immagine si fece improvvisamente nitida ed il respiro le si bloccò.

    No! Non è possibile!

    Una gabbia, tre scimpanzé, il deserto, Roberto…

    Tirò un sospiro amaro. Il viso le s'intristì. Libero con i suoi quaranta centimetri d'altezza si arrampicò lungo la gamba ed iniziò a baciarle le dita. Un piccolo contributo d'affetto e lei si sentì meno sola. 

    Spostò la foto, impugnò la scatola e l'aprì.

    E queste che sono?

    C'erano due audiocassette. Avevano colori diversi: una bianca, l'altra nera. Ne prese una e la mise sotto la luce, osservandola con cura. Il nastro non presentava etichettatura né altra nota identificativa. Perplessa, lo ripose sul tavolo.

    Dev'esserci una spiegazione…

    Un frastuono improvviso urtò la sensibilità di Maria. Il televisore della signora Mottola, al piano di sopra, strillava a tutto volume.    

    …presiede l'onorevole giudice Santi Licheri…

    Povera donna! L'apparecchio acustico si sarà scassato di nuovo….

    Non riusciva a riflettere con quel baccano, aveva bisogno di riservatezza. Meglio stare senz'aria che con il mal di testa. Si mosse in direzione della finestra per chiuderla, ma il cinturino dell'orologio s'impigliò nel copritavola ricamato a mano, trascinandosi tutto a terra. Il posacenere di porcellana si frantumò in mille pezzi. I riflessi addormentati della donna si accorsero del guaio solo dopo averne sentito il frastuono. Poi la paura, un salto, un giro e vide quanto aveva appena combinato.

    Che disastro!   

    Libero si era già dileguato, nascosto chissà dove. Maria restò sola. Si piegò in due, cercando di raccattare dal pavimento la sua posta. Mise un piede in fallo sul coccio più grande ed un istante dopo allo spavento si affiancò anche il dolore.

    Da buona partenopea ruppe gli indugi.

    <<Vafancul'! ‘Sta scem'!>>

    Non si arrese e proseguì la sua ricerca carponi.

    I nastri… Dove sono finiti i nastri?

    Cadendo erano saltati fuori dalla custodia nera e quello più vicino si trovava sopra alla busta di spedizione. Allungò il braccio per afferrarlo, ma riuscì solo a prendere uno dei bordi di carta. Tirò tutto a sé. Dalla pancia della busta sbucò qualcosa.

    E quello da dove è uscito?

    Era un piccolo biglietto, di quelli che si usano per scrivere due righe di auguri. Lo avvicinò agli occhi.

    "X una mamma speciale"

    Lo girò. C'era l'immagine di una cicogna in volo con il suo neonato.

    Poi L'aprì.

    "Ascolta da sola"

    Nella pagina a lato una graffa tratteneva un foglietto sporco e stropicciato. Lo liberò.

    Sembrava una lista della spesa, ogni prodotto acquistato era stato cancellato con uno scarabocchio. Era illeggibile se non per l'ultima nota, quella invece era piuttosto chiara.

    "Ritorno a casa"

    Maria si alzò sofferente. Chiuse la lista nel biglietto. Iniziò a collegare tutti i punti…

    Non sono solo effetti personali. Non è stata la polizia a spedirmeli.

    Guardò ancora una volta la busta, cercò il timbro di spedizione, una data.

    È partita lo stesso giorno dell'incidente. Non è possibile…

    Ancora claudicante si spostò nella camera accanto. Accese un piccolo stereo nero che troneggiava solitario sulla scrivania a lato. Inserì il nastro con il numero uno, quello bianco, e si sedette su una poltroncina da computer, ai piedi del letto del figlio.

    NASTRO BIANCO - LATO A

    Mamma,

    il cuore ti starà battendo a mille, ma non sono un'allucinazione. Sono vero.

    Imprigionato in questa cassetta, ma vero.

    Se ti trovi nella mia stanza, se sei seduta alla mia scrivania, girati e guarda il mio letto. Immagina che io stia lì, sdraiato sopra a quelle lenzuola.

    Siediti al mio fianco, resteremo insieme per le prossime ore. Solo io e te.

    Mentre ti parlo sono chiuso nella cabina di una nave diretta verso la Grecia. La sirena già urla l'uscita dal porto. Mi lascio alle spalle un passato in cui non mi riconosco, per andare alla ricerca di un futuro che accolga i miei ideali.

    Davanti ai miei occhi trovano posto solo antidolorifici e caramelle. Lo zucchero mi ucciderà ancor prima, nutrendo più velocemente le mie cellule malate; ma sai quanto io adori le caramelle e privarmene proprio ora sarebbe da stupidi.

    Sì mamma, esatto. Ho il cancro e sto morendo…

    Incantata come una bambola, algida in viso, una lacrima fredda le percorse la guancia.

    Impulsivo desiderio di spezzare un incubo, senza sapere come fare per svegliarsi.  

    …Mi trovo in una situazione nuova, dove tutto si colora diversamente. Mi fermo ad osservare sfumature che un tempo neanche notavo. Gli scheletri che per una vita ho tentato di nascondere nell'armadio, e che finalmente ero riuscito a far tacere, irrompono inaspettatamente, rimescolando tutte le priorità.  

    Ed allora m'interrogo. Mi chiedo se abbia fatto bene a segregare dietro una porta tutti quei desideri, se abbia fatto bene a non ascoltare. Impazzisco, con la consapevolezza di non avere altre possibilità di concretizzarli, di non avere altro tempo.

    Poi un bivio: la possibilità di scegliere tra un'esistenza che già conoscevo ed un'altra che per anni ho avuto

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