La Farfalla nel Pugno
By Max Ventura
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La Farfalla nel Pugno - Max Ventura
Bibliografia
INTRODUZIONE
Hana Wa Sakuragi - Hito Wa Bushi.
Tra i fiori, il Ciliegio. Tra gli uomini, il Guerriero.
(Anonimo, Ducato di Kyoto, XIII secolo)
Onestamente, non credo ci fosse davvero bisogno di un altro libro sul Karate.
Tra le librerie cartacee e quelle online ne sono stati scritti, negli ultimi 30 anni, migliaia solo nella lingua italiana, figuriamoci se includiamo anche quelli esteri. E tutti scritti da persone più competenti di me.
Però, se mi permettete, avrei da dire che ci sono pochissimi libri sull'insegnamento storico e teorico del Karate, poiché la stragrande maggioranza parla di quello o di quell'altro stile, di quello o di quell'altro kata, di quello o di quell'altro Maestro, di quello o di quell'altro modo di addestramento, o comunque di studio atletico, una porzione limitata di quello che è il grande universo dell'Arte Marziale più famosa e diffusa al mondo.
Il mio interesse era quello di scrivere un aiuto didattico per tutti quegli insegnanti di Karate che non hanno avuto la fortuna o il tempo di entrare in contatto con la Storia, la Teoria e la Filosofia del Karate, coloro che hanno conosciuto questa Arte solamente in palestre sportive e ne hanno appunto conosciuto solo il lato atletico, ne hanno quindi ricevuto prevalentemente molto allenamento fisico e agonistico, e non hanno a disposizione materiale didattico-teorico dalle Federazioni o da altre fonti.
E poi volevo anche spiegare e illustrare la cultura che ha dato i natali a quest'arte, poichè, insomma, noi studiamo un'arte nata in Estremo Oriente, a migliaia di km. da noi, non viene da Torino o da Pescara; non volete saperne almeno un minimo di dove e come è nata, in che tipo di mentalità si è sviluppata, e che tipo di persone la costruirono? Sarete d'accordo anche voi che non è più ammissibile, al giorno d'oggi, che istruttori e Maestri anche di un certo numero di dan non sappiano assolutamente nulla del mondo alle spalle del Karate (o delle altre arti marziali).
Per la tecnica oggi cè YouTube, lo sanno tutti, oltre che i DVD; puoi vedere come si fa quel determinato kata in tutte le scuole del mondo, e puoi vedere quasi tutti i campionati svoltisi in qualsiasi luogo senza muoverti dalla tua poltrona, ma la Storia, la Teoria, la Filosofia, lo schema corretto della disciplina li trovi solo sui libri, perché sono essi che ce le hanno portate dalle nebbie del passato. Anche i grandi Maestri del passato le hanno studiate sui libri. E anche coloro che a loro fecero da Maestri nei tempi remoti.
"Ci sono tanti tipi di Arti marziali, ma a livello fondamentale esse poggiano sulle stesse identiche basi.
Non è un'esagerazione dire che lo spirito del Karate Do è lo stesso di quello di tutte le altre Arti Marziali."
(Funakoshi Gichin, 1939)
Come dice Funakoshi, quindi, l'Arte Marziale è universale.
I Maestri del passato, i fondatori dei vari stili, erano tutti amici o perlomeno colleghi tra di loro, si conoscevano, si stimavano e si rispettavano; molti erano cresciuti insieme, avevano studiato insieme, avevano la stessa forma mentale e le stesse esperienze, identiche idee e teorie; facevano anche gli stessi kata e le stesse tecniche, e le differenze tra loro stavano solo in pochi dettagli e alcuni tipi di allenamenti, ma chiunque di loro vi avrebbe detto e spiegato esattamente le stesse cose perlomeno per i primi sette anni di pratica. Non avreste mai sentito, ad esempio, uno di loro dire: Non andare a studiare da quello là! Non è capace! Il suo è un brutto stile!
Mai e poi mai. Prima di tutto gli orientali non sarebbero mai così scortesi verso qualcuno, non è nella loro mentalità, e in secondo luogo avevano, appunto, moltissimo rispetto l'uno per l'altro.
Inutile quindi incaponirsi sui campanilismi; inutile, davvero.
Che una persona faccia Goju Ryu o Shotokan, Kyokushin o Wado Ryu (e anche, sotto moltissimi aspetti, Tae Kwon Do, Tang Soo Do, Ju Jitsu, Qwan Ki Do o arti similari) la base è la stessa e il concetto è lo stesso, le differenze tecniche tra essi sono solo una minima parte dell'insegnamento. E io ho voluto fare una cosa che si adattasse a tutti gli Istruttori di tutti gli stili, per andare a riempire le lacune che molti non riescono a colmare, non perché non siano preparati, ma perché nei decenni si sono alimentate tantissime leggende e dicerie, che solo negli ultimi tempi la diffusione di Internet è riuscita in qualche modo a dissipare.
Una cosa sicura poi è che, sebbene ci siano tantissimi bravi atleti nel mondo delle Arti Marziali (e specialmente nel Karate che è la più diffusa di tutte), ci sono pochissimi teorici, specialmente da noi in occidente dove abbiamo una cultura storico-religioso-filosofica differente.
Vorrei infatti a questo punto ricordare a tutti i praticanti, di qualsiasi livello e di qualsiasi stile, che l'Arte Marziale non si può studiare solo col corpo
. Non si impara solamente sudando e facendo i kihon fino alla perfezione, poiché non è solo uno sport esterno
; se così fosse, non ci sarebbe alcuna differenza tra noi che pratichiamo con un karategi bianco, e i lottatori che vanno in televisione a fare smorfie davanti alla telecamera con calzoncini sgargianti e pettinature punk in una gabbia ottagonale piena di sponsorizzazioni commerciali. Anche loro sicuramente si allenano moltissimo; però non praticano un'Arte Marziale, usano solo alcune tecniche prese dalle arti marziali e le adattano ad uno sport.
L'Arte Marziale, qualunque essa sia, ha sempre un aspetto Yin e uno Yang, un aspetto esterno e uno interno, un aspetto fisico e uno mentale, uno duro e uno morbido, quindi uno pratico e uno teorico.
Normalmente, i Maestri e gli Istruttori si limitano a rifare coi propri allievi esattamente quello che è stato fatto con loro, e a dirgli quello che è stato detto loro, senza mettere le mani dentro il proprio cervello e fare un po' di ordine. A volte perpetuano delle inesattezze per generazioni: solo perché ve l'ha detto il vostro Maestro non è detto che sia corretto. O meglio, solo perché andava bene per il vostro Maestro, non è detto che vada bene anche per voi.
Un concetto importante da capire è poi questo: potete anche essere pluri-campioni del mondo di kumite e di kata, ma non è detto che siate bravi ad insegnare.
Insegnare non significa saper fare bene una cosa, mostrarla agli allievi, e sperare che ci riescano anche loro.
Insegnare significa, prima di ogni cosa, dare una motivazione e un sogno
agli allievi, di modo che vogliano, desiderino fare ciò, e ne capiscano il senso, la meccanica, le prospettive. E che siano, loro stessi, in futuro, capaci di trasmettere tutto ciò ai loro stessi allievi, se ne avranno.
Insegnare quindi vuol dire tramandare nel tempo una saggezza molto più vecchia di noi.
Chiunque è buono a tirare due calci, a fare bene un paio di kata e a parare qualche pugno. Ma se il Karate si riducesse a esibire il nostro atletismo di fronte a un pubblico, vi posso garantire che Funakoshi, fosse ancora vivo, farebbe le valige e se ne tornerebbe dritto ad Okinawa a scrivere poesie sui fiori di ciliegio come faceva da giovane.
Anche perchè, fate bene attenzione, se voi sviluppate soprattutto il lato fisico, atletico dell'Arte Marziale, passata l'età giovanile potete dire bye-bye agli allenamenti, ed infatti a un certo punto molti mollano perchè non ce la fanno più fisicamente, e dato che per loro era la parte atletica quella che contava, non hanno poi altro che li tenga legati all'Arte Marziale. Ma chi ne ama e ne studia anche gli altri aspetti, quelli mentali, anche fino a cento anni di età troverà qualcosa che lo soddisfa nella pratica dell'Arte, anche se il fisico non lo sorregge più tanto.
Nella mia vita in giro per il mondo io ho incontrato pochissimi Istruttori che sembravano sapere perlomeno un po' di tutto, teoria e pratica, come dovrebbe giustamente essere; di solito, sono tutti un po' più orientati verso, ad esempio, il kumite, oppure i kata, oppure l'allenamento fisico estremo, oppure non hanno mai fatto una proiezione a terra in vita loro, o non hanno mai preso in mano un bo o un tonfa, oppure non sanno assolutamente nulla della storia e della filosofia che sono alle spalle del Karate. Ciò non vuol dire che non sappiano fare benissimo un keage yoko geri jodan oppure un kata Jutte, o che non sappiano la disciplina e i numeri in giapponese.
Ma se riduciamo questa grandissima, importantissima e completissima Arte Marziale che è il Karate a puro atletismo e perfezione tecnica, allora noi, signori, stiamo solo facendo kickboxing col kimono bianco e nulla più.
Come diceva un famoso samurai,
"Un uomo, la cui reputazione si basa sulla sua abilità tecnica, è uno stupido. Concentrando tutta la sua energia in un solo campo, certamente vi eccelle, ma non è interessato ad altro.
Un uomo così è inutile."
(Yamamoto Tsunetomo, Hagakure
, sec. XVIII)
Io vorrei, con questo breve saggio, mettere un po' di ordine nella struttura dell'insegnamento di questa disciplina complessa, specialmente in rapporto al resto del mondo, dove, spesso, ci si deve confrontare con regole e stili differenti e con persone molto più preparate anche teoricamente. Vorrei anche aiutare molti Istruttori a poter spiegare ai propri allievi qualcosa di più storicamente e teoricamente vero di quello che si legge qua e là sul Karate.
Nonostante io non sia né un grande Maestro, né il più preparato teorico dell'Arte, e nemmeno granché come atleta, ho comunque oltre 36 anni di esperienza, avendo iniziato nel 1977, e ho visto e fatto un sacco di cose. Ho seguito molti stili diversi sia di Karate che di altre Arti Marziali con buoni risultati, e soprattutto ho lunga esperienza in America con Maestri giapponesi (e l'America, checché se ne voglia dire, è spesso il banco di prova di qualsiasi cosa che voglia essere internazionale). Quindi, non vi preoccupate se non trovate il mio nome tra i vari vincitori di campionati: so comunque di cosa parlo.
Ringrazio mia moglie per avermi sopportato mentre mi isolavo a scrivere, e mia figlia per non avere invaso la mia scrivania coi suoi giocattoli durante questo periodo.
Devo concludere con una nota di chiarimento: questa non è un'enciclopedia del Karate, non sarei nemmeno capace di avvicinarmi a fare una cosa del genere. Ho solo voluto fornire una lettura che fosse una buona infarinatura generale; se volete proseguire e approfondire alcuni aspetti che io ho trattato, in fondo al libro ho messo una bibliografia che potrebbe tornarvi utile.
Seguitemi se ne avete voglia. Per arrivare alla fine, questo mio scritto non vi terrà impegnati più di due o tre serate.
Se poi ho fatto secondo voi degli errori tecnici, me lo potrete comunicare sulla pagina Facebook ArgoLibri
e io li andrò a correggere nella successiva edizione di questo e-book.
Se invece non vi piacerà per niente quello che ho scritto, mi potrete tirare un sokuto geri a bruciapelo.
Max Ventura, Estate 2013,
Anno 25 dell'Era Heisei
===
-1-
COS'E' IL KARATE
Lo scopo ultimo nel Karate non è vincere il vostro nemico, ma perfezionare il vostro carattere.
(Funakoshi Gichin, 1939)
"-Karate,
pronuncia italiana caratè
; voce astratta della lingua giapponese, significato Kanji: mano (o pugno) vuota; significato translitterato Wade-Giles: mano (o pugno) cinese. Altrimenti detta Karate-Do."
Come si evince dalla voce enciclopedica, il Karate si pronuncia caratè
, con l'accento sulla E. La ragione per la quale negli anni '80 si è cominciato a pronunciarlo caràte
, quindi con l'accento sulla seconda A, sta nel fatto che nel 1977 la nazionale italiana prese parte a un importante campionato in USA, e, siccome gli americani lo pronunciano cah-rah-ti
, allora tutti i maestri italiani che erano in USA pensarono di essere loro in torto a pronunciare caratè
, e cominciarono quindi a fare come gli americani. Io invece, che iniziai prima di quel periodo, lo sentivo ancora pronunciare alla vecchia (e giusta) maniera. La pronuncia