Sofia e i ravanelli
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Book preview
Sofia e i ravanelli - Chiara Andreatta
sogno.
1
Avevo lavorato per due anni a Parigi presso la famiglia Dupont come donna delle pulizie e non solo....facevo la spesa,qualche volta cucinavo, stiravo e badavo alle due bambine della signora acida non poi così tanto in carriera ma ridotta così sicuramente da un matrimonio fallito in partenza. Lui lo chiamavo il cornificatore ad oltranza.... era capace di scambiare languidi sguardi pure con la portinaia settantacinquenne del loro palazzo di Place Monge. Andavo da Rue Mouffetard a piedi, avevo libero arbitrio sulle faccende domestiche enon era male farle quando l'appartamento era deserto; nessuna monella urlatrice, nessuna scena di isterismo acuto di Christine al telefono con qualche finta amica. Il marito Philippe non c'era mai: viaggi d'affari, convention ,cene di lavoro, tutti impegni che, veri o falsi, lo portavano a stare molto tempo fuori casa. Non ne era affranto , non l'ho mai visto abbracciare Silvye e Corinne al suo rientro.....mai. Tanto meno baciare la moglie, solo qualche regalo o souvenir appoggiati in entrata.
Mi è sembrata la cosa più semplice del mondo, quando mi si e' presentata l'occasione davanti, di cambiare aria.
Mentre sorseggiavo un bicchiere di sidro nel mio bistrot preferito , Le bistrot de cigales, in Rue Thuin un posticino rustico ma adorabile nel quartiere del Panthéon, leggevo le inserzioni sul Macadàm journal. Affitti, case in vendita, barche e appunto offerte varie di lavoro.Avevo girato molto fin'ora adattandomi, sia in Italia che in Francia, alle più svariate situazioni. La mia sfortuna in gioventù con i legami duraturi e la tanta solitudine mi aveva portato a conviverci serenamente.
In fondo non ero mai sola, certo ero circondata da famiglie virtuali che spesso inconsciamente mi facevano apprezzare ancor di più la mia condizione.
Così avevo letto di un certo Signor Serge, mi allietava l'offerta compresa di vitto e alloggio. Non avrei dovuto sborsare un euro per magari trovare un altro mini appartamento in decadimento. Si trattava di una grande casa nei pressi del Parc de Monceau, i dettagli erano pochi così il pomeriggio stesso chiamai .
Non rispose il diretto interessato ma una signora molto gentile. Mi spiegò che doveva interrompere il suo incarico urgentemente e, quasi con un nodo alla gola, mi accerto' che si tra ttava esclusivamente di motivi familiari. Aggiunse che il Signor Serge, un deputato politico in pensione, era una persona a modo e discreto ma soprattutto sottolineo' che quella residenza era, nonostante il costante lavoro per mantenerla tale, il paradiso. L'unica domanda che riusii ancora a fare era se lei si occupasse da sola di tutti i lavori ma mi rispose che c'era un giardiniere e attualmente anche due dipintori che si occupavano di imbiancare qualche stanza andata in disuso negli anni. Se mi andava bene avrei conosciuto il Signor Serge e di conseguenza visitato la sua casa paradisiaca la settimana seguente.
Non esitai, e senza comunicare nulla alla famiglia Dupont, chiesi un permesso a Christine. Quella mattina di aprile l'aria era piuttosto fresca ma il sole compensava tutto anche il mio abbigliamento forse troppo primaverile ma avevo pensato di mettere il mio abito color salmone indossato troppe poche volte per l'importo pagato diversi anni prima in un negozio di Firenze. Avevo abbinato il tubino ad una giacchina blu di panno le decoltè e una collana di perle.
Avevo con me una bella scorta di cerotti. Non sapevo quanto si fosse protratto il colloquio, certo era che quella zona della città non l'avevo mai visitata. Avrei senz'altro fatto una passeggiata a Monceau dicono uno dei parchi più belli e romantici della Ville Lumière.
Scesi dalla metro Monceauintorno alle 9,30, avevo seguito alla lettera le indicazioni telefoniche infatti dopo una camminata in Rue de Prony mi trovai al civico 55 davanti al cancello della villa, bianca con scalinata centrale e finestre con imposte in legno rosso scuro. Nel campanello non c'era scritto nulla ma suonai e subito si aprì in modo automatico pure il portone d'ingresso anche quello in legno e anche quello piuttosto rovinato sicuramente dal tempo, la pioggia e la poca manutenzione.
Davanti a me un signore sulla sessantina, alto, robusto con i capelli brizzolati e un sorriso tirato, quasi impacciato mi porse la mano presentandosi: Serge Durand. E io a ruota: Piacere Sofia Corbelli.
Mi fece accomodare su una specie di stanza studio, parecchio disordine anche sopra la scrivania quasi come se la mia visita fosse inaspettata.......il Signor Serge mi spiegò che aveva inserito l'annuncio su vari giornali da circa un mese ma che fino a quel giorno avevamo risposto in due. Unica differenza che la prima interessata non si era nemmeno presentata. Dopo questi brevi convenevoli mi spiegò che per la retribuzione avremmo deciso insieme; sia per l'importo che per le scadenze. A lui interessava rimettere in sesto questa enorme casa e farla tornare al decoro dei tempi passati.
Non si lamentò affatto della Signora Lucye, anzi sembrava innanzitutto scosso per la malattia improvvisa della figlia motivo per cui lei doveva abbandonare l'incarico e disorientato per la perdita di una persona di fiducia.
Mi fece vedere prima le stanze al piano terra quindi, a parte lo studio disordinato, un salone in stile con divani dai tessuti damascati blu, quadri dai motivi floreali e paesaggistici dalle cornici enormi e dorate. Qualche tavolino in legno, lampade su ognuno di essi e tende in tessuto pesante blu di Prussia. Questa stanza l'avrei chiamata la stanza blu
forse un salotto di scambi culturali, letture altolocate, magari pescando un liquore o un amaro dalla vetrinetta in cristallo vicino alla finestra.
A fianco un salone, mobili e credenze scure ai lati e un lungo tavolo al centro, sui ripiani calici impolverati e porcellane chiare sbeccate. Un vaso nel centro tavola con dei fiori misti un po' andati e l'odore fetido dell'acqua ingiallita, il Signor Serge si accorse della mia smorfia.......la stanza era chiusa da giorni si scusò borbottando. Prese il vaso e lo portò in entrata mentre procedevo sola verso una piccola stanza, un ricettacolo per cianfrusaglie avrei pensato io ma se usato al meglio avrebbe potuto servire come ripostiglio per attrezzi da lavoro, materiale per le pulizie. Come se leggesse nella mia mente chiuse frettolosamente la porta; passammo così ad una cucina, ampia, molto luminosa con un grande piano cottura in ghisa, un ampio lavandino. Il frigo era incassato nel mobile, c'era la lavastoviglie. Mi piaceva e il mio sorriso impose al Signor Serge di chiedermi se desideravo bere qualcosa. Sì, un bicchiere d'acqua ci voleva per continuare la visita.
Salimmo le scale per andare al piano superiore ed ecco le due stanze in fase di dipintura. Enormi, vuote, qualche mobile coperto con vecchi lenzuoli nel corridoio. Un signore continua a spennellare mentre passiamo, un piccolo cenno con il capo come saluto.
Poi entrammo in un piccolo bagno senza finestre; il water la doccia, una specie di disbrigo con lavatrice ed asciugatrice, innumerevoli scope consumate e stracci intrisi di polvere e muffa....stanza sicuramente parente di quella sotto!
Non dava sicuramente l'idea che Lucye lo avesse ripulito di recente. Finalmente un altro bagno, ampio con sanitari lucidi,vasca piccola con le zampe.....mentre mi immaginavo qualche dama imparruccata immersa nella schiuma il Signor Serge mi comunicò che se avessi accettato l'incarico, avrei utilizzato solo ed esclusivamente io quel bagno. Scherzando, e la cosa mi sembrò strana aggiunse che non aveva mai usato la vasca per paura di restarci incastrato.
Ultime due stanze:le camere da letto. La sua in tonalità noce e ocra e, a fianco, la stanza attuale di Lucye. In legno bianco, stile provenzale, copriletto chiaro. Molto solare. Una porta finestra faceva intendere ci fosse una terrazzina ma suonò il campanello e scendemmo giù; di nuovo un cenno al timido dipintore, davanti al portone d'ingresso un fattorino porgeva nelle mani dell'assai schivo Serge due borsoni carichi di cibo surgelato e lui, a sua volta porgeva nelle mani del frettoloso ragazzo la bellezza di 100,00 euro. Bleah, odiavo i surgelati e, se avessi vissuto anche un breve periodo in quella casa, li avrei fatti sparire così come quegli stracci vecchi e l'odore che lasciavano.
Arrivati quasi alla fine della visita mi sentivo già,nonostante la non più giovane età, tutta l'energia per ripulire quella splendida dimora e renderla più viva.
Mancava appunto la visita del giardino che avrei chiamato parco, con tanto di serra, capanno degli attrezzi e orticello. Tutto lasciato un po' andare, trascurato forse come il padrone del posto stesso.
A questo punto non aspettai i tentennamenti intervallati a silenzi del Signor Serge ma dissi che avrei svolto il mio lavoro con molta cura e precisione come solita fare, che mi sarebbe piaciuto prendere iniziative per migliorare l'aspetto della sua dimora se me ne avesse dato l'opportunità. Per correttezza gli comunicai anche del mio impiego al momento presso un' altra famiglia. Per quanto riguardava la retribuzione per carattere mai e poi mai avrei io deciso un importo, semmai accettato oppure no quello proposto dal mio datore di lavoro.
Quasi imbarazzato, sicuramente sorpreso il mio futuro datore di lavoro accettò la sfida. Mi avrebbe fatto risolvere i miei precedenti impegni e,a breve, mi avrebbe comunicato l' importo da colf e il giorno preciso in cui Lucye sarebbe tornata a Nantes da sua figlia.
Un' ultimo bicchiere d'acqua e una forte stretta di mano. L'unica cosa che mi faceva riconoscere quello che nei tempi passati poteva essere stato un uomo politico di un certo rilievo e di carattere.
Quando uscii ero molto affamata e, dirigendomi verso la boulangerie avvistata prima al civico 51, mi presi una baguette farcita dal nome certamente patriottico ma piuttosto lungo: liberté, egalité, fraternité
un gusto comunque che reputavo sublime
gruviera, prosciutto e lattuga. La divorai strada facendo.
Mentre mi avvicinavo al parco qualche pensiero mi passava per la testa; come avvisare l'indomani i Dupont, come eventualmente organizzare il mio trasloco. Avevo già cambiato due appartamenti dal mio arrivo a Parigi e, sebbene fossero stati entrambi già arredati, avevo acquistato qualche piccolo elettrodomestico per la cucina e per la vita di tutti i giorni: il phon, l'aspirapolvere, le mie caffettiere, le pentole... forse la stufetta mal funzionante che avevo posizionato in bagno l'avrei lasciata là. Bé non volevo fasciarmi la testa prima del tempo, la soluzione l'avrei trovata, in quel momento volevo solamente godermi un pomeriggio tutto mio all'insegna del relax.
Davanti a me un cancello imponente in ferro battuto scuro con degli ornamenti dorati, a fianco il Pavillon de Chartres. Quando entrai mi resi conto che mi trovavo in un luogo incantevole; in contrasto con lo standard della maggior parte dei parchi parigini qui non c'è alcun ordine. Glia alberi crescono naturalmente mescolandosi con resti di antiche colonne romane, statue, arcate e altro ancora.
Si