Un dinosauro in giardino
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Un dinosauro in giardino - Maria Teresa Veronesi
MARIA TERESA VERONESI
UN DINOSAURO IN GIARDINO
Elison Publishing
Proprietà letteraria riservata
© 2015 Elison Publishing
Tutti i diritti sono riservati. È vietata la riproduzione, anche parziale, con qualsiasi mezzo effettuata, compresa la fotocopia, anche a uso interno o didattico.
Le richieste per l’utilizzo della presente opera o di parte di essa in un contesto che non sia la lettura privata devono essere inviate a:
Elison Publishing
Via Milano 44
73051 Novoli (LE)
ISBN 9788869630156
Indice
Antefatto
I
II
III
IV
V
VI
VII
VIII
IX
X
XI
XII
XIII
XIV
XV
Antefatto
Tremiti, fremiti, scuotimenti… Sembrava che tutto il castello e il mondo intorno ad esso ondeggiassero e scricchiolassero in balia di un uragano.
I visitatori, immersi in quell’atmosfera da incubo, partecipavano in modi differenti all’avvenimento: chi (in maggioranza bambini) si divertiva come di fronte a un gioco insolito ed eccitante, chi invece inalberava un’espressione di indifferente distacco e superiorità, dalla quale però ben trasparivano un disagio e un timore appena appena mascherati. Poi… la simulazione finì, e i visitatori uscirono dalla sala del castello per ritrovarsi felici di fronte al magnifico spettacolo che sempre accoglie e abbraccia chi si trova in alto sul maniero; come dalla prua di una nave che solca un oceano fantastico. No, il terremoto non c’era stato, il sole continuava a illuminare il cielo e il mare che si fondevano in un azzurro senza fine.
Tra tutti quei tremiti… fremiti… scuotimenti… nessuno aveva potuto notare un leggero scricchiolio, un rumore diverso dagli altri abituali del terremoto simulato. Nessuno poteva immaginare che cosa sarebbe accaduto.
I
Ciuffo
L’avevano trovato, legato a un albero, subito prima della galleria, nella strada che domina Lerici e conduce alla valle del Magra. Se ne stava lì accucciato – il musetto triste chiuso tra le zampine – e sembrava attendere pazientemente fiducioso il ritorno dei suoi padroni. Sarebbero venuti, sarebbero senz’altro venuti presto a riprenderlo; e lui, come al solito, li avrebbe accolti con un monte di salti, uggiolii, latrati… e leccate affettuose ovunque gli fosse concesso.
Ma molte ore erano trascorse e i suoi cari, tanto amati padroni, non erano ancora tornati; e lui rimaneva lì, sempre nella stessa posizione di attesa, uggiolando piano piano per la tristezza, per la fame, e per il freddo della sera che incominciava a farsi sentire e gli scendeva fino al cuore. Poi, un uomo di passaggio, dopo tanti che avevano fatto finta di non vederlo, si era fermato e l’aveva raccolto.
Se l’era preso in braccio e l’aveva portato via, tutto tremante e un po’ riottoso (no, non voleva, non poteva abbandonare il posto dove i padroni l’avevano lasciato!) fino in paese.
Scendendo lungo la bella strada fiorita che accompagna al mare, con il cucciolo acciambellato tra le braccia che respirava lievemente – un fagottino morbido e tiepido – l’uomo rifletteva borbottando tra sé e sé: Ma come è possibile? Come si può essere così crudeli? Abbandonare una creatura indifesa! E lui adesso che cosa ne avrebbe fatto di quel tenero cagnolino che gli si affidava fiducioso? Lasciarlo al canile no davvero! Li aveva visti, una volta, quei poveri animali che sporgevano il muso attraverso la rete per mendicare una carezza! No, non se la sentiva proprio. D’altronde, portarselo a casa non poteva; sua moglie era una brava donna ma era una di quelle che non rinunzierebbero mai al loro impeccabile ordine in cambio dell’affetto di un cane. (Gli animali sporcano – gli diceva sempre con un tono un po’ militaresco – poi toccherebbe a me pulire tutto.) No, no, neanche pensarci.
E allora che cosa fare? Mentre l’uomo così rifletteva il cucciolo continuava a stargli tranquillo sul petto e, come a voler stabilire un contatto sempre più stretto, lo annusava delicatamente e gli leccava il collo con la piccola rosea linguetta.
Lo so che non sei il mio padrone – sembrava volergli dire – ricordo bene il suo odore e le sue braccia; ma hai lo stesso buon calore di essere umano e ti stai prendendo cura di me.
Così diceva il piccolo cane al Grande Uomo e lo guardava con i suoi limpidi occhi innocenti.
Ed ecco che i due erano giunti vicino alla piazza del Comune, davanti a un locale – un semplice vecchio circolo di paese – dove l’uomo spesso si recava a trascorrere la