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Solo contro tutti. storia semiseria di resistenza in area milanese
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Solo contro tutti. storia semiseria di resistenza in area milanese

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About this ebook

Abile, svelto, arrogante, intorno ai trent’anni, considerato il pretendente al trono della holding di famiglia, con un numero imprecisato di relazioni sentimentali, oltre che una fidanzata ricca e supersexy ... Così era, forse. Ma il risveglio sarà piuttosto brusco. Le spericolate manovre finanziarie rischiano di produrre in breve tempo una serie interminabili di rischi penali, le ammiratrici pronte a concedersi anche in orario d’ufficio lo usano a scopo di carriera, il conto milionario in Svizzera è solo virtuale. E quando il meccanismo che pensava di avere sotto controllo comincia a triturarlo, anche la sua fidanzata pensa sia meglio farsi da parte. Unica possibile soluzione: affidarsi a Giorgino il bastardo.
LanguageItaliano
PublisherAnchi Stanchi
Release dateJun 5, 2013
ISBN9788867557318
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    Solo contro tutti. storia semiseria di resistenza in area milanese - Anchi Stanchi

    SOLO contro TUTTI

    Storia semiseria di resistenza in area milanese

    di Anchi Stanchi

    NEL PIENO DELLA TEMPESTA

    IL BELLO DELLA DISTORSIONE

    UN ASSAGGIO DEL CAOS

    AFFONDARE NEL CAOS

    LA RICERCA DI AIUTO

    I RICORDI DI FORMENTERA

    IL TENTATIVO DI USCIRE DAL PRESENTE

    NELLA MORSA

    ARRIVANO I NOSTRI

    LA REAZIONE

    LA RIVALUTAZIONE DEL BASTARDO

    IL GOAL

    NEL PIENO DELLA TEMPESTA

    Lo shock, ma anche il benefico effetto rilassante di una pesante distorsione temporale

    Le immagini erano confuse. C’era mia madre, mio padre, Francesca... Francesca qui? Incredibile.

    Poi c’era Giovanni. La sua presenza non aveva senso. L'avevo visto due volte di sfuggita, non lo conoscevo.

    Cosa ci faceva?

    Mi accorsi che stavo risalendo. Non facevo fatica. Era un sentiero un po’ ripido, ma era come se stessi viaggiando su una bolla d’aria sollevato da terra di pochi centimetri. Man mano che proseguivo c’era più luce. Ma, a dire la verità, c’era parecchia luce anche nelle parti basse.

    Ero fuori. Adesso ero cosciente.

    Sentivo le dita dei piedi e delle mani. Ero su un letto. Mi guardai intorno e stabilii che, non c’erano dubbi, ero in una stanza di ospedale, o meglio una clinica privata: camera singola, con televisione e tutti i comfort.

    Ecco mia madre, Caterina, che apre la porta, sgrana gli occhi, come a dire: E’ vivo! Sorrido debolmente e decido di rimettermi a dormire, volevo tornare giù, sulla bolla d’aria.

    Ma non era così facile. A quanto pare, ormai ero risalito ai piani superiori e ci dovevo stare.

    Mi accorsi che c’era un certo trambusto, o meglio, Caterina stava chiamando tutti quelli con un camice bianco che passavano davanti all’ingresso della camera. Dopo qualche minuto c’era un certo affollamento.

    A qualcuno venne la brillante idea di chiedere del medico che mi aveva in cura e la stanza tornò a essere vuota.

    Marco. Sorrideva sollevata.

    Non dissi nulla. Poi mi accorsi che era indispensabile dare un segnale del fatto che ero in possesso di tutte le mie facoltà.

    Sono conciato così male?

    No, tutto apposto, disse. Hai un bernoccolo gigante, non sei bellissimo, ma le analisi dicono che non hai avuto lesioni.

    A quanto pare gliele hai date di santa ragione a quel delinquente. Era fiera di me.

    Non capivo bene a chi le avevo suonate, ma sentivo una sola necessità: tornare a dormire.

                                           *************

    Al risveglio non c’era nessuno.

    Ero nel mondo reale, sentivo male dappertutto ed ero in grado di sedermi sul letto.

    Mia madre aveva detto che gliele avevo date di santa ragione, il che significava che c'era stata una rissa.

    L'ultimo evento rimasto nella mia testa era un Suv che attraversava corso Sempione e colpiva la parte anteriore della mia macchina. Ricordavo anche un paio di giravolte e la mia vettura che andava a sbattere contro un palo.

    Ero ancora confuso, ma un ritaglio del Corriere della Sera della cronaca di Milano, in fondo al letto, mi diede alcuni elementi decisivi per comprendere la situazione.

    Dopo una rapida lettura il mio stato emotivo subì una brusca alterazione in negativo e cominciai ad avere la sensazione che potessi cadere da un momento all’altro.

    Ma non era solo quello.

    Perché il letto non era più appoggiato sul pavimento, ma in cima a un canyon o a qualche vetta alpina in bilico su uno strapiombo di qualche centinaio di metri. Quindi se scivolavo il mio corpo si sarebbe sfracellato sulla roccia.

    Ovviamente si trattava di una proiezione della mia mente un pochino barocca, ma raffigurava bene il mio stato d’animo dopo la lettura di quel trafiletto.

    Infatti non riuscii ad appoggiarlo sul comodino perché le mie mani erano aggrappate con forza ai bordi, come se rischiassi di precipitare.

    Se era vero quello che c'era scritto sul quotidiano, era chiaro che ero vittima di un'amnesia.

    Non sapevo quali erano le dimensioni del mio buco di memoria. Di sicuro mancava qualche pezzo.

    Il titolo: Si libera dal sequestro lampo. Occhiello: Salvato dalla ex-fidanzata del liceo.

    Per quanti sforzi facessi nella mia testa non c'era nessun sequestro, nessuno scontro con un piccolo criminale ben noto alle forze dell’ordine, nessun ex-capannone industriale. Tutti elementi contenuti nel resoconto del giornale.

    Secondo il pezzo, Giulia, che mi aveva salvato chiamando le forze dell’ordine, aveva spiegato che quella sera c’era stata una serie di coincidenze.

    Mi aveva visto in un locale. Era la prima volta dopo anni. Ci eravamo quasi incrociati, ma io non me n’ero accorto e lei non aveva osato fare il primo passo.

    Poi all’uscita, in macchina, aveva visto Boris che mi importunava. Avevo scoperto che il tipo con il quale mi ero scontrato, secondo il Corriere, si chiamava Boris.

    Quando lo vide salire sulla mia macchina chiamò la polizia. Ma la segnalazione non era arrivata subito a chi di dovere, insomma c’era stato qualche ritardo. Ci aveva seguiti e ci aveva visto entrare nel capannone: Boris con la pistola in pugno e io con le braccia alzate, come in un film.

    Ripensare alla vicenda mi creava solo un aumento dello stato d’ansia. La situazione era troppo difficile per le forze che avevo a disposizione. Optai per un altro paio d’ore di sonno.

                                       *************

    A svegliarmi dal pisolino pomeridiano fu lo scatto della serratura. Qualcuno stava chiudendo la porta dall’interno, con cautela come per evitare di svegliarmi. Era di spalle e riuscivo a vedere un tailleur grigio, che metteva in evidenza delle forme decisamente provocanti. La gonna era appena sopra il ginocchio, la giacca corta e c’era uno chignon di capelli biondi con qualche ciuffo che pendeva disordinato.

    Era passato un giorno e fisicamente stavo benino. Ma l'unico elemento certo che avevo del mio recente passato era l'articolo del Corriere che conservavo nel cassetto e che, in quanto semplice ritaglio, non riportava la data.

    Mi ero ben guardato da chiedere in che giorno, mese o anno fossimo. Mi sarebbe bastato poco per verificare se mi ero dimenticato tutto della mia vita, solamente la rissa con Boris, oppure qualche altro pezzo. Ma da tempo avevo maturato la convinzione che ci sono casi in cui la realtà va presa a piccole dosi se si vogliono evitare stress eccessivi e questo mi sembrava proprio uno di quelli.

    Quindi avevo deciso di rinviare.

    Ero in stato soporoso, così dicevano i medici e non avevo nessuna intenzione di uscirne. Devo dire che il termine era abbastanza azzeccato, considerato che avevo dormito circa 14 ore in una giornata e che difficilmente stavo sveglio per più di due o tre ore di fila.

    Non sapevo se si trattava di una condizione indotta dalla zuccata oppure dalla paura di uscire da quella stanza. Ma non era importante.

    Tornai a concentrarmi sul piano reale e mi accorsi che la bionda entrata nella camera era Giulia, la mia ex dei tempi del liceo, la stessa che mi aveva salvato, resoconto il resoconto della stampa.

    Evento stupefacente. Per quanto ne sapevo erano passati più di dieci anni dall'ultima volta che ci eravamo parlati e dopo il trambusto che ne era seguito, mi ero posto come regola di stare almeno a un paio di chilometri da casa sua.

    Mi chiedevo se si volesse ancora vendicare di qualcosa legato alla nostra passata frequentazione.

    Sorrise dolcemente e si tolse la giacca.

    Come ti senti? mi chiese.

    Bene.

    Vidi la gonna del tailleur che cadeva al suolo.

    Si trattava di un gesto assolutamente inspiegabile.

    Che il fatto di avermi salvato dalla furia di Boris le avesse fatto scattare qualche meccanismo di protezione nei miei confronti? La sindrome della crocerossina o qualcosa di simile? Qui nel mio letto d’ospedale ero diventato improvvisamente irresistibile?

    Non riesco a muovermi con questa gonna stretta, mi aveva detto come se dovesse scusarsi di qualcosa.

    Comunque, mi dissi, potevo essere tranquillo sul fatto che non aveva intenzioni ostili.  

    Salì sul letto, prima in ginocchio, poi a cavalcioni sopra di me e cominciò a con una serie di baci leggeri sul viso.

    A quel punto avevo rinunciato a capire cosa stava succedendo e tentai di sfruttare al massimo la situazione.

    La mia reattività era a minimi storici, ma Giulia non sembrava dispiaciuta.

    Capiva la mia situazione post-traumatica. Non mi sembrava avesse fretta e stava lentamente risvegliando ogni angolo del mio fisico mortificato da una serie di piccoli traumi.

                                         *************

    Dopo quello che era successo con la mia ex, avevo disegnato uno scenario ideale del prossimo mese o forse anche semestre. Avrei passato la giornata qui sul letto a dormire le mie solite dodici, quattordici ore al giorno in attesa delle visite a sorpresa della mia adorata Giulietta.

    Evitai di dirle un'idiozia del genere e cercai un contatto con una battuta ad effetto.

    A cosa devo tutto questo?.

    Non era di grande effetto, non c'erano dubbi, ma non mi venne niente di meglio.

    Mi guardò con tenerezza e mi disse che voleva solo accertarsi che stessi bene.

    C’erano due alternative: o veramente la mia ex era affetta da una forma acutissima della sindrome della crocerossina, oppure c’era qualcosa che mi sfuggiva. Soprattutto considerato i nostri trascorsi.

    Non riuscivo a dimenticare che, dopo la serata in cui mi aveva accusato ingiustamente di voler di abusare di lei, avevo cercato in diversi i modi di riconciliarmi, almeno con la famiglia. Ma era stato tutto inutile.

    In seguito avevo preso una serie di contromisure, tra cui quella di evitare le strade vicine a casa sua, nel timore che il padre, appena ne avesse avuto l’occasione, mi avrebbe investito con l’automobile.

    Volevo parlarti, disse mentre si infilava la giacca.

    Di cosa?

    Sai che anch’io sono toscana, come la tua ragazza.

    No, non lo sapevo. In realtà non sapevo neanche di avere una fidanzata, ma evitai di approfondire.

    E che la mia famiglia più o meno dello stesso giro.

    Ah, veramente.

    Pensai che c’erano un paio di elementi da considerare: non ero interessato agli amici di famiglia di Francesca, con i quali non avevo rapporti, e tantomeno alla famiglia di Giulia. Però non dissi nulla. La guardavo e il mio pensiero era tutto concentrato sulle sue qualità fisiche.

    A Firenze dicono che sei uno molto sveglio, un futuro squalo della finanza, che nel giro di qualche anno prenderai una posizione importante.

    Questa era una notizia assurda, ci doveva essere stata qualche mistificazione, genere periodici scandalistici.

    Squalo era un termine poco adatto alla mia personalità. Sarei potuto essere un luccio, una cernia, ma squalo, una bestia che non si ferma mai e ingurgita tutto quello che incontra sul suo cammino, proprio no.

    Amavo molto di più le soste, magari in compagnia di una ragazza come Giulia.

    E non ero il tipo che ingurgitava qualunque cosa, anzi ero molto selettivo su quello che entrava nella mia vita.

    Se poi la parola squalo veniva associata al termine finanza ne usciva un cocktail in grado di crearmi una reazione allergica.

    Era vero che lavoravo in una banca di investimento, ma si trattava di un fase di passaggio, in cui ero molto più concentrato su alcune colleghe e, come di prammatica, sulla possibilità di portare a cena la centralinista.

    In ogni caso, tornando al discorso che faceva Giulia, come era possibile che avessimo questioni serie da discutere visto che non ci vedevamo da una decina d’anni?

    Era chiaro che le informazioni di cui ero in possesso erano false o almeno insufficienti.

    Ma continuai a non fare domande. Temevo potessero alterare in senso negativo la situazione di calma contemplativa che avevo raggiunto osservando movenze e fattezze della mia splendida ex-fidanzata.

    Sembrava scocciata.

    Voleva dirmi qualcosa, ma non ne aveva il coraggio. E io non reagivo nel modo giusto alle sue provocazioni.

    Se vuoi sposarmi potrei pensarci. Lo dissi ridendo, ma ero piuttosto serio. Non subito, tra qualche anno, quando ho fatto un po’ di soldi.

    Non c'erano dubbi che su questo fronte non avevo credibilità.

    So cosa state organizzando, tu Giovanni e Francesca. O forse meglio dire tu e Giovanni. E non sono la sola a saperlo.

    Era tesa e aveva fatto qualche passo indietro,  come se avesse fatto chissà quale rivelazione.

    Non capivo bene cosa stesse dicendo e in realtà non ero tanto sicuro che fosse completamente affidabile.

    Lo sguardo neutro che riuscivo a esibire senza nessuna difficoltà, le creò una situazione di deficit da prestazione.

    Giulia partì quindi con una descrizione delle sue relazioni famigliari, di quelle di Francesca e della mia posizione.

    Io ero lo squalo, o squalotto, come le piaceva definirmi in modo affettuoso, pronto a salire ai vertici della holding. Ma stavo spingendomi un po’ oltre con alcune operazioni.

    Nei suoi discorsi c’erano spesso le parole movimentazioni in relazione ai soldi che avrei spostato sulle piazze di mezzo mondo, cugini numerosi, infidi e pericolosi, Virginia, che scoprii era la Mami di Francesca, e altri termini bancari a me sconosciuti, che immaginavo tirasse fuori per impressionarmi.

    Dopo dieci minuti di chiacchiere conclusi che avevo ragione e che la mia ex era instabile e forse era anche peggiorata rispetto ai vecchi tempi. Dovevo quindi ignorare i suoi discorsi a sfondo bancario e invitarla a cena al più presto per spostare la sua attenzione su altri argomenti.

    Mentre proseguiva nella sua descrizione famigliar-finanziaria pensai che chiederle di uscire poteva essere controproducente. Avrebbe potuto prenderla come un invito per affrontare il tema delle movimentazioni bancarie che le stavano tanto a cuore.

    Sarebbe stato più consono alla mia posizione di squalo dirle di attendermi a casa sua, semi-coricata sul divano, vestita con un abbigliamento molto ridotto.

    L’idea da sola era in grado di riattivare tutte le cellule del mio corpo.

    Però un invito del genere era un po’ azzardato, un’ipotesi estrema. Non volevo correre rischi. Non ero un tipo che correva dei rischi con una ragazza come Giulia.

    Non mi interessava quante società offshore e movimentazioni, immaginarie o quasi, fossero stipate nella sua testolina.

    Quando ci vediamo?

    Vediamo in che senso, disse seccata.

    Aveva dovuto interrompere il flusso del ragionamento e quella richiesta mostrava in modo evidente che il mio interesse per la sua digressione era pari a zero.

    Noi due, dico. Ci potremmo vedere.

    Quando vuoi caro, rispose asciutta.

    Era disponibile, ma voleva parlare della questione. Non avevo ancora capito perché mi diceva tutte quelle scemenze. Sembrava volesse mettermi in guardia, perché potevo ficcarmi in una situazione difficile.

    Per me, non era vero niente. C’erano un bel po’ di elementi che mi sfuggivano, questo era ovvio. Ma continuavo a pensare che le parole squalo e finanza non fossero adatte alla mia persona.

    Se mi ero ficcato in qualche storia complicata sicuramente i soldi non c’entravano.

    La mia programmazione in materia finanziaria non era andata mai oltre lo stretto necessario per la mia sopravvivenza. Quindi un paio di cene fuori alla settimana, qualche libro e l’affitto.

    Non ebbi il tempo per replicare. Giulia mi baciò sulla guancia e andò verso la porta.

    Fatti sentire quando esci.

                                       *************

    La mia ex del liceo era spuntata dal nulla dopo anni, ma da Alessandra nulla. La nostra storia era finita da poco, eravamo rimasti in ottimi rapporti, però non si era fatta vedere.

    Poco era un termine da rivisitare in funzione della quantità di memoria distrutta dalla lotta per la sopravvivenza nella periferia milanese. Ma avevo deciso di partire dall'ipotesi che il danno fosse minimo. Considerati gli ultimi sviluppi non potevo stimare meno di un paio di settimane.

    Non mi sembrava possibile rientrare in contatto con Giulia e diventare suo amico in tempi più brevi.

    Francesca me la ricordavo bene, ma non pensavo che tra noi ci fosse una storia seria, come sosteneva la mia ex.

    Per quello che mi ricordavo, la situazione era molto diversa.

    Con Francesca c’erano stati degli incontri, anche piuttosto animati, ma nulla che si potesse definire un rapporto stabile.

    Quando ci eravamo conosciuti era stata una di quelle serate in cui la mia fidanzata – pensai che potevo iniziare a chiamarla così - si prendeva una vacanza, fuori dal suo ambiente.  Con un paio di amiche andava in una discoteca sul lago di Garda e si lasciava trascinare dal caos del locale.

    Quella sera c'erano Chiara e

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