First Contact
By Rita Salvini
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First Contact - Rita Salvini
lettrice.
CAPITOLO PRIMO
L’addetto guardava dall’alto la griglia che sovrastava tutto il globo terrestre, invisibile agli occhi dei suoi abitanti.
Questa griglia faceva si che l’intersecarsi orizzontale e verticale delle sue rette formasse tanti quadrati, ognuno dei quali opportunamente numerato.
In questo modo era più facile capire subito a quale parte della terra ci si stesse riferendo.
L’osservatorio che controllava tutto questo era posto sulla luna, da tutti considerata un satellite naturale della terra.
Ma non era proprio così.
La romantica
luna non era nata, come gli altri pianeti o universi, da un unico creatore.
Era stata costruita da civiltà intelligenti poste in vari pianeti degli universi per essere usata come base di accoglienza, controllo e approfondimento nei viaggi compiuti dai componenti di queste civiltà.
Uno dei pianeti posti al di fuori di queste manovre
era la terra, in quanto i suoi abitanti non avevano certamente ancora raggiunto le capacità sufficienti ad interagire con le civiltà maggiormente evolute dell’universo.
Nessuno poteva negare che la terra fosse uno dei luoghi più belli del creato.
Ma per ora la cosa si fermava lì.
I suoi popoli erano troppo primitivi perché queste civiltà potessero considerarli alla pari e dividere con loro conoscenze e tecnologie.
Osservavano dalle loro postazioni lunari i movimenti terrestri, sia delle genti sia della terra stessa e delle sue acque.
Il mancato raggiungimento di una intelligenza civile degli umani terrestri faceva si che in ogni spazio grigliato
apparisse sempre qualche movimento di troppo, intendendosi con questo guerre e sommosse, litigi e contenziosi.
Queste vibrazioni altamente negative perpetrate da milioni di persone si materializzavano
e colpivano il pianeta terra al punto tale che la stessa sentiva il bisogno di scrollarsele, scuotersele da dosso.
E così arrivavano terremoti, maremoti, tsunami e altri disastri chiamati naturali.
Come la terra, naturalmente, ancora di più gli umani terrestri erano quindi colpiti dalla forte negatività da loro stessi emanata, e le cose continuavano così, all’infinito, come si suole dire il gatto che si mangia la coda
.
Ma era proprio davvero così?
Perché si era arrivati a tanto?
No, non era solo questo.
I terrestri da soli si erano essi stessi creati una situazione tanto grama?
No, certo che no.
Da millenni qualcuno
li aveva schiavizzati.
Si potevano fare tante ipotesi, ma la realtà era sconosciuta.
Alcuni terrestri, maggiormente sensibili e consapevoli, si erano però resi conto di questo.
Esseri sconosciuti tenevano le fila e si cibavano delle loro paure.
Chi fossero veramente questi esseri non è dato a sapere ancora oggi.
Tante le ipotesi, tutte da verificare.
Sicuramente sulla terra erano rappresentati dai potenti, dalle famiglie le cui linee di sangue si perdevano nella notte dei tempi.
E gli umani si dibattevano nelle loro povere vite come topi in gabbia.
Senza nemmeno sapere perché, illudendosi di una libertà non goduta.
Se solo ne avessero preso coscienza …. sarebbero riusciti a liberarsene, prima o poi.
Ma erano come narcotizzati nelle loro convinzioni millenarie, nelle convinzioni propinate da chi deteneva il potere politico e religioso.
Solo qualcuno …… solo qualcuno sentiva
la verità.
E quando si permetteva di esprimere i suoi pareri veniva ridicolizzato.
Ohhhh …… ma come potevano non capire che il fato li usava come carne da macello? Solo che non era il fato, ma qualcuno di ben preciso che si divertiva e si nutriva del loro dolore.
Issati dinanzi ai loro schermi sulla luna questi altri esseri li osservavano dibattersi nelle quotidiane situazioni di disagio.
Monitoravano non solo i luoghi dove maggiormente si manifestavano disordini, ma anche luoghi dove, in qualche modo, si potevano rilevare degli umani migliori
, quelli che per vari motivi potevano essere considerati i precursori di una civiltà terrena priva di guerre e contrasti di ogni tipo, aperti al cambiamento.
I sentimenti, di qualsiasi genere fossero, erano espressi con il colore, che aggiungeva informazioni a quanto si stava svolgendo in quell’angolo di terra.
L’addetto posto davanti al monitor faceva scorrere lentamente le immagini.
Si soffermava ogni tanto su qualcosa che maggiormente attirava la sua l’attenzione.
CAPITOLO SECONDO
Dal monitor l’addetto potè notare che da un luogo si stava levando una colonna dorata, impalpabile, testimone di una situazione serena e dolce.
Ingrandendo il punto notò un luogo abitato quasi esclusivamente da qualche animaletto, dove una donna era seduta sulle rive di un ruscello.
Captò i suoi pensieri, che qui di seguito vengono trascritti.
Così meditava:
"Sono grata, o Signore, dall’aver acqua da bere, dall’avere un fuoco che mi scalda e dall’avere la terra che mi nutre.
Sono grata all’energia dell’alba, del godere la sua luce e dall’essere nutrita dalla sua magia.
All’alba delle notti infinite, così come tutte le notti paiono infinite e misteriose, e prende un poco la paura che il giorno possa non ritornare, all’alba dunque, in qualche modo il mistero con l’apparire del primo chiarore si frantuma, per poi sparire completamente all’arrivo del giorno.
Dobbiamo tutti essere grati dell’energia dell’alba, del godere la sua luce e dell’essere nutriti dalla sua magia.
Il miracolo del giorno che sorge è un’emozione indescrivibile, sempre.
Svaniscono tormentosi pensieri, altri si presentano, ma paiono di più facile soluzione, quasi che l’essere accompagnati dal giorno li renda meno gravosi.
Aiuta il contemplare un prato di un verde brillante, un piccolo tappeto circoscritto di fiorellini gialli a quattro petali a forma di