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Ero in fila dietro di lei alla sip e................tre donne da (non) incontrare mai
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Ebook176 pages2 hours

Ero in fila dietro di lei alla sip e................tre donne da (non) incontrare mai

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About this ebook

It's a sort of a memoir based on three different women and on people (some of them very important) whom I met during my life and on several trip around the world.
LanguageItaliano
Release dateApr 22, 2014
ISBN9788869091629
Ero in fila dietro di lei alla sip e................tre donne da (non) incontrare mai

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    Ero in fila dietro di lei alla sip e................tre donne da (non) incontrare mai - Carlino Zuccoli

    vita.

    Capitolo I

    Ero in fila dietro di lei alla SIP e sbirciai il suo indirizzo sulla sua carta d’identità mentre protestava per un problema sulla sua linea telefonica di via S, a Milano, proprio di fronte a uno dei due Cimiteri.

    Sì, è proprio vero, e la signora G ricorderà anche quel meraviglioso mazzo di fiori che le fu consegnato dalla signora Luisa di Via Procaccini, provocando stupore in suo marito e imbarazzo in lei.

    All’epoca la fresca mi girava per le tasche e al secondo invio, accompagnato questa volta da un biglietto da visita: Se avessi saputo che era sposata non l’avrei importunata, la sua reazione fu quella che io speravo, mi telefonò, e c’incontrammo davanti alla mitica pasticceria Sant’Ambroeus di Corso Matteotti, verso le sette di una sera di Maggio, o forse era già Giugno.

    Passeggiavo con sotto il braccio una copia de La Repubblica, che avevo appena comprato, e lei usciva dalla lezione d’Inglese alla British School di via Monte Napoleone.

    Non potevamo sbagliare nell’individuarci e fu amore a prima vista, un amore speciale, un qualche cosa che ti prende dentro e che si prova una volta sola nella vita.

    Fu amore folle nel vero senso della parola, che durò per anni, con alti, bassi, liti furibonde e da parte di lei anche una denuncia penale per sequestro di persona, percosse e non so per quali altri reati: fui amnistiato, ma mi portai appresso quel carico pendente per un bel po’.

    Non ebbi mai le sue scuse per essersi inventata reati inesistenti pur di liberarsi di me, anzi affinché la Magistratura mi togliesse di mezzo, perché lei non era capace di quell’atto.

    G era una bellissima donna, no una bellissima femmina, con tutti i difetti tipici delle femmine di quel tipo, bionda tinta, con quella piccola bozza sul naso (sono un grandissimo esperto di nasi di donne) che faceva intendere una grande passione per il cazzo, ma anche un’assoluta libertà nella scelta della forma e della misura, secondo gli umori.

    Quando c’incontrammo la seconda volta, andammo a Villa d’Este, a Cernobbio, erano circa le diciannove di una giornata del mese di Maggio o forse di Giugno.

    Era una serata straordinaria, tipica del Lago di Como: io abitavo proprio sopra a Villa d’Este, poco oltre la fine del parco.

    La baciai con grande gioia e con grande passione - aspettavo quel momento sin da quella sbirciata alla SIP - mentre era appoggiata alla transenna che limita l’ingresso del giardino dell’albergo, uno dei più belli al mondo, dal punto di vista panoramico, alla piscina galleggiante, che a quell’ora era già stata chiusa.

    Andammo a casa mia in gran fretta e furono tante ore di grande passione, sedici per la precisione, believe it or not.

    Terminata la prima di tante sessioni d’amore, più che di sessioni d’amore dovrei parlare di simbiosi straordinaria, di penetrazione l’uno nel corpo dell’altra e viceversa, andai a Lanzo Intelvi a giocare a tennis, mentre G rientrava a Milano in treno: non stavo in piedi e non vedevo la palla, ma vedevo G in tutti gli angoli del campo.

    G mi era già entrata dentro, non so come spiegarmi, e purtroppo non mi è più uscita completamente: avrei mangiato i suoi baci per dirla alla Fernando Pessoa, il grande poeta e scrittore Portoghese.

    Non soffro più, sono cresciuto, ho capito tante cose, ma rifarei tutto allo stesso modo, vivessi un’altra volta e sono sempre più convinto che G, che alla fine divorziò dal marito per sposare un signore molto più giovane di lei - la passione per il cazzo e per la libertà aveva ancora una volta prevalso - ripeterebbe tutto.

    Ho visto una foto di G recentemente su Facebook: è invecchiata (ha cinquantotto anni, dodici meno di me) e ha l’espressione ancora più dura, da cattiva, forse infelice, nonostante abbia visitato più di 900 città del mondo.

    Il recordismo era, e credo è ancora, un’altra sua passione, unitamente alla lettura, e all’interesse per l’arte: era di una grandissima simpatia e arguzia, se in giornata.

    Durante un’asta di vacche frisone a Grazzano Visconti, una sera, intrecciò una conversazione con il giovane e prestante boss della società di Piacenza per la quale lavoravo come banditore; non potevo certo lasciar cadere il martello o darlo in testa a G e dovetti subire.

    Non so se quel giovin signore se la fece, ma ci sono molte probabilità che un incontro ci sia stato.

    Non ero e non sono geloso, ma mi seccava molto quel movimento da farfalla, perché G era dentro di me e ogni suo sbatter d’ali mi procurava un dolore fisico.

    G aveva un suo divertissement a Milano, un fotomodello che lei descriveva come bellissimo, cui non sapeva resistere; il giovanotto spesso alle sedute di sesso si portava anche un compare e G si scatenava (diceva lei).

    Sono convinto che G mi ha amato, che mi ha portato dentro di sé a lungo, e forse ancora mi porta dentro di sé, ma in modo diverso dal mio, in modo cinico, a uso e consumo del suo piacere, che veniva e forse ancora oggi viene prima di ogni altra cosa.

    A G non giravano molti soldi in tasca a quell’epoca, quando lavorava alla S e andava in ufficio tutte le mattine a piedi - credo che nel periodo si sia fatta facile l’Amministratore Delegato che era Inglese, sempre per la sua mania del recordismo e del cazzo - ma poi si mise in proprio a organizzare Congressi e ha fatto tanti soldi, almeno così mi ha detto qualche anno fa quando ci siamo scambiati alcune mails, per poi passare quasi a vie di fatto, sui tasti del laptop.

    Ha sempre rifiutato un incontro live, dal vivo, per evitare pericolose ricadute: su questo non c’è dubbio alcuno.

    Venne con me a Londra, quando nell’Autunno di tanti anni fa feci un’intervista al Signor Richard Dunhill, Amministratore Delegato dell’omonima premiata Ditta.

    Andammo insieme a St. James’s, nel Quartier Generale dell’Alfred Dunhill Ltd. e G mi fu di prezioso aiuto nella stesura dell’articolo per Esquire & Derby.

    *+*+*+

    Richard Dunhill l’avevo conosciuto a Roma, all’Olgiata, in occasione della finale della Dunhill Cup di Golf.

    Incorniciato da una splendida barba bianca, ben curata, tutto ornato dai prodotti della premiata ditta, dalla testa ai piedi, si faceva trasportare volentieri lungo il campo, concedendosi al fotografo in mille pose diverse.

    In quell’occasione c’incontrammo per fissare un’intervista, con i buoni uffici della sua P.R.

    Appuntamento al numero 30 di Duke Street, London S W. 1, indirizzo mitico come quelli di John Lobb, Bootmaker e di Lock & Co. Hatters, nelle immediate vicinanze.

    Arrivo di primo pomeriggio; il clima ricorda le ottobrate Romane, non certo le tipiche giornate Londinesi.

    Eccolo, Richard Dunhill, Chairman della Dunhill Holdings Plc., seduto al tavolo da lavoro, sorridente, avvolto da una splendida toga di lana color rosso sanguigno, bordata di ermellino dello stesso colore.

    Questa sera, quale Master della corporazione dei fabbricanti di pipe e dei miscelatori (non trovo traduzione migliore della parola Inglese blenders) di tabacchi, devo rappresentare la corporazione al pranzo offerto dai colleghi produttori di carte da gioco, al palazzo municipale della City of London e allora stavo provando l’abito che devo indossare per queste cerimonie.

    Si sente bussare lievemente alla porta e una segretaria scivola (il termine fu un prezioso suggerimento di G) nella stanza con il vassoio del tea.

    Dunhill tea, Signor Dunhill?

    No, ora non più. Abbiamo provato il tea per i fumatori negli Stati Uniti, ma le assicuro non è stata un’idea brillante.

    Per un poco cambiamo argomento e si sfoglia l’album dei ricordi, fotografie del passato.

    Guardi qua, siamo nel 1944. Dopo un primo periodo di sei settimane di addestramento nella fanteria, sono assegnato alle truppe in partenza per Burmah. La nave era già pronta a salpare quando mi chiamano per un controllo medico. Con mia grande sorpresa sono scartato per i piedi piatti. Chissà cosa mi sarebbe capitato laggiù! Conosce quei posti?

    Le dirò caro amico, io ho avuto una gatta Burmese, ma non so altro.

    Con tutti quei Giapponesi in giro sarebbe stato un bel disastro. Fu così che mi ritrovai qui a continuare l’opera che mio nonno Alfred aveva cominciato nel 1907: qui, in Duke Street, un piccolo negozio, con due dipendenti, ma all’inizio le pipe erano fabbricate fuori. Comunque quel librone che ancora oggi abbiamo in negozio con registrati i nomi e le misture dei clienti è sempre quello che usava mio nonno. Si chiama My Mixture….Ovviamente vi abbiamo aggiunto delle pagine nel tempo, ma la base è quella.

    D’improvviso Richard Dunhill si alza in piedi.

    Pensi che i piedi piatti non mi hanno mai dato fastidio. A scuola ero il campione delle centodieci e centoventi yarde a ostacoli.

    E si capisce che tiene più a dire yarde che a menzionare i titoli agonistici, proprio come tutti i signori old fashioned, attaccati alle tradizioni di questo paese.

    Torniamo a nonno Alfred.

    Beh, sì, aveva quattro figli: uno era mio padre. Sono tutti morti tranne mia zia Mary. Certo, lei è il Presidente e a ottantuno anni viene ancora regolarmente in ufficio. Non ha una carica esecutiva, ma partecipa attivamente alla vita della società. Io, invece, sono Chairman, con funzioni diverse.

    Sì, Signor Dunhill, ma lei a cosa allude, perché so che ci sono dei segreti noti a pochi che lei mi deve svelare.

    Sarà stata Libby, eh già. Comunque…….Prima di aprire il negozio qui a Duke Street, esisteva un’altra Dunhill Ltd., con sede a Conduit Street.

    La via dei famosi sarti?

    "Sì, proprio quella. Mio nonno si occupava di accessori per automobilisti. Vendeva di tutto: guanti, soprabiti, coperte da viaggio, scaldini per i piedi. Sa, le prime automobili erano aperte. A quel punto Alfred Dunhill ebbe l’idea della pipa per automobilisti. Fumare era impossibile, non c’era combustione nel fornello; si spegneva sempre tutto. Con uno speciale coperchietto il problema fu risolto. Ed ecco la trasformazione, il passaggio alle pipe e al tabacco.

    Già nella metà dell’Ottocento il mio bisnonno Henry si occupava di harness, vale a dire di accessori per il cavallo, redini, finimenti, selle, coperte.

    Alfred non fece altro che adeguarsi ai tempi.

    Poi nel 1907 aveva solo trentacinque anni e non fu certo un grosso trauma il cambiamento e un litigio con i suoi due soci gli diede la spinta finale (lui però dice disagreement che è un termine molto più morbido).

    Nella sede del Royal Automobile Club, a Pall Mall, ho trovato una serie d’inserzioni pubblicitarie dell’epoca.

    Guardi sono straordinarie!"

    La famiglia Dunhill si è sempre occupata di prodotti per veri Esquire, si trattasse di accessori per cavalli, automobilisti, fumatori o come oggigiorno, per eleganti gentiluomini di città e di campagna.

    Lei dove abita?

    Nel Buckinghamshire, a circa venticinque miglia da Londra. Proprio in questi giorni sto cambiando casa per la quarta volta. Mi devo restringere, i figli crescono e se ne vanno. Venderò qualche suppellettile, tutto non c’entra.

    Un vero Esquire gioca a golf?

    "Oh, sì, certamente. Il golf è molto importante per noi, lei lo sa vero? La Dunhill Cup a St. Andrews è uno degli highlights della season. Così come la Queen’s Cup di Polo, la settimana prima del Royal Ascot, a Windsor.

    Nel 1986 la Regina Elisabetta consegnò lei stessa la coppa al figlio Carlo, Capitano della squadra vincitrice: fu un trionfo.

    Ne parlarono lutti i giornali anche perché Sarah Ferguson assistette alle partite".

    Quest’anno l’Inghilterra ha battuto la Scozia nella finale di St. Andrews. Siete degli sponsors ben fortunati.

    Sì, è vero. Noi abbiamo scelto solo due avvenimenti da sponsorizzare e devono essere al top, altrimenti non c’interessano. La miglior finale per la Dunhill Cup l’avremo il giorno in cui si fronteggeranno il Giappone e la Scozia. Il Giappone è oggi il nostro mercato più importante e St. Andrews è in Scozia.

    Scendiamo nel negozio e Richard Dunhill mi mostra una civetteria.

    La nostra collezione per uomo dell’Autunno di quest’anno si chiamerà Heritage" (eredità).

    Sì, l’eredità di nonno Alfred tanto è vero che sui pullovers è disegnato un piccolo logo che rappresenta un’automobile".

    Attraversiamo tutti i dipartimenti: articoli per fumatori, abbigliamento, articoli di pelle, accendini e profumi, con tutti i vari marchi, da Mont Blanc a Chloé, ad Alfred Dunhill.

    Beh, ora devo andare. Mi aspetta una visita al nuovo negozio di Knightsbridge.

    Grazie Signor Richard Dunhill, fornitore di Casa Reale?

    "Of course, certamente.

    Abbiamo il Royal Appointment per aver fornito articoli per fumatori alla Regina Elisabetta.

    Non mi chieda di più. I particolari sono segreti".

    Capitolo II

    E lavorava da un avvocato di Como con il quale ho avuto rapporti e con il quale lei ha avuto

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