Nibiro
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Book preview
Nibiro - Fabio Riitano
NIBIRO di Riitano Fabio
Tutti i diritti riservati
Vietata la riproduzione anche parziale
Ottimizzazione redazionale di Nadia Muzzolon
Fabio Riitano
NIBIRO
Prefazione di Nadia Muzzolon
PREFAZIONE
Dopo il brillante esordio di Giù dal cielo
, Fabio Riitano pubblica il suo secondo lavoro.
Anche questo romanzo è caratterizzato da un’estrema fluidità narrativa, tanto da stimolare una lettura rapida ed incalzante. Non cada il pubblico nell’errore di correre su queste pagine accattivanti e coinvolgenti, alla ricerca spasmodica di un finale degli eventi.
Questo romanzo va assaporato lentamente, per poter captare gli infiniti messaggi dell’autore, o almeno, poter comprendere il punto di vista sotteso al nucleo narrativo. La struttura narrativa, basata su sbalzi temporali, ha il potere non solo di non annoiare il lettore, ma di lasciargli un po’ di sete. Uno stile di narrazione scorrevole e inciso, in cui i dialoghi tra i personaggi la fanno da padrone, rendono il racconto veloce e coinvolgente.
Sono possibili i viaggi nel tempo? Esistono universi paralleli? E con questi interrogativi che possiamo accingerci alla lettura di questo romanzo, un racconto che va oltre i confini del tempo e dello spazio. Viene analizzato il concetto di realtà parallela, la quale lascia aperte varie possibilità di intreccio narrativo, implicando che se in una realtà un determinato evento s’evolve in una direzione, in altre, fra quelle parallele, probabilmente può divergere verso un esito alternativo.
Si intuisce chiaramente la passione dell’autore per l’astrologia, l’extraterrestre e la mitologia antica, in particolare quella Sumerica. Fabio Riitano fa riferimento infatti al pianeta Nibiro, ai suoi abitanti, gli Annunaki, che avrebbero avuto un ruolo importante nella veloce evoluzione della civiltà umana.
Qui si intreccia la storia di Peter, aviere degli anni ’40, che si trova essere catapultato ai giorni nostri, non facendo così esperienza di tutto l’intervallo temporale presente tra l’epoca di partenza e quella di arrivo. Nel sito militare segreto in cui alloggia, verrà messo a conoscenza di incredibili rivelazioni, che affascineranno il lettore tenendolo col fiato sospeso.
Davanti a fatti per lui sconosciuti e incomprensibili, cerca di scoprire qualche verità e trovare il modo di andare avanti, creando nuovi rapporti interpersonali, ad esempio con Rachel, per dare un po’ di normalità alla realtà che lo circonda che tutto possiede, tranne che l’essere normale.
Il libro ha il pregio di spiegare in maniera semplice e piacevole, concetti molto complessi, non credo che si debba essere appassionati di fantascienza, per apprezzare la sua sottile complessità, il suo universo intricato, la sua scrittura precisa e coinvolgente.
Nadia Muzzolon
CAPITOLO I
Estate 2013
Alle prime luci di una mattina d’estate a largo del Mar Tirreno, i gabbiani con i loro versi, rompono il silenzio del mare, e il loro volo a planare segue la scia schiumosa di un peschereccio che spacca lo specchio d’acqua.
A bordo si trovano tre pescatori intenti a tirar su le loro reti, il sole ha appena iniziato a colorare le nuvole e tra poco sarà alto nel cielo.
Gli uomini sulla barca si apprestano a rientrare dopo una notte di lavoro, constatando che tutto sommato non è stata una cattiva nottata.
Quando tutto era pronto girarono la barca per far ritorno sulla costa.
Dopo qualche miglio di navigazione, la routine del mare viene interrotta dal rumore di un aereo che sbuca dalle nuvole, sembrava avesse problemi al motore, lo stesso stentava a riavviarsi e alla fine si spense definitivamente. Il pilota cercò di far planare il velivolo sull’acqua, non gli riuscì perfettamente, in un’ultima impennata del muso, la coda toccò il mare spezzandosi, il resto della carlinga, all’impatto con l’acqua, ebbe una brusca frenata, ma diete tempo al pilota, se pur stordito, di uscire dall’abitacolo, e buttarsi inevitabilmente in acqua.
Il tutto accadde sotto gli occhi dei pescatori che a bocca aperta assistettero alla terrificante scena.
Intanto, uno di loro si apprestava a virare la rotta per andare in aiuto del malcapitato pilota.
Avvicinatosi al velivolo ancora in parte galleggiante, gettarono un salvagente, l’aereo per quello che si poteva capire era un vecchio caccia, come quelli che si vedono soltanto agli air show
. Il pilota afferrò il salvagente e si fece tirare a bordo del peschereccio.
Con il respiro affannato si stese a faccia in su, completamente zuppo, si portò le mani in volto cercando di asciugarselo.
Il tempo di riprendere fiato e il pilota si sedette su un groviglio di reti, e ancora affannato ringrazia i pescatori;
P. Thank you
I pescatori si guardarono un po’ stupiti e uno di loro cercò di aprire un dialogo;
Ps. Non sei italiano?
P. What?!
Ps. (rivolgendosi agli altri) Mi sa che questo è americano, oppure inglese, sicuramente non è italiano.
Stai bene? Tutto OK!?
Cercando di farsi capire a gesti, il pilota ammiccò un po’ dolorante.
Ps. (portandosi il dito indice sul petto) Io mi chiamo Antonio, capisci Antonio?
P. Yes, Antonio OK!
Ps. Vuoi un caffè? (facendo con le mani il verso di bere)
P. Yes, caffè, thank you
Il pescatore gli porse una tazza di caffè caldo preso da un termos preparato la sera prima, il pilota dopo qualche sorso guardò i pescatori che lo osservavano;
P. (Poggiando anche lui il dito indice sul proprio petto) My name’s Peter.
Ps. Ciao Peter, Benvenuto sulla nostra barca, adesso ti accompagniamo in capitaneria, cosi magari trovi qualcuno che parla la tua lingua, e ti aiuteranno.
Il breve viaggio proseguì cercando di instaurare un dialogo tra gesti e frasi scandite.
Quando il peschereccio era ormai in procinto di ormeggiare, Peter si guardava intorno quasi perso, il luogo non gli era familiare, e qualcos’ altro lo turbava.
Nel frattempo i pescatori avevano avvertito via radio la capitaneria di porto dell’accaduto e quindi ad aspettarli sulla banchina, c’era un ufficiale della marina italiana, con un medico.
Una volta fermi i pescatori aiutarono Peter a scendere dalla barca, mentre lui continuava a guardarsi intorno con sguardo smarrito.
L’ufficiale gli tese la mano presentandosi nella lingua del pilota.
T. Buon giorno! Sono il tenente di vascello Michele Elmi, ho gia avvisato la sua ambasciata dell’accaduto, richiameranno tra poco per sentire come sta.
P. Salve! (dopo qualche istante di pausa) mi chiamo Peter Red, capitano Peter Red, dell’aeronautica militare degli Stati Uniti d’America, numero di matricola 335443.
T. Bene capitano mi segua.
Intanto il personale paramedico, porse sulle spalle del capitano una calda coperta per asciugarlo.
I due salirono le scale della capitaneria di porto, mentre sul volto del tenente non apparivano emozioni, su quello del capitano una sola espressione aveva preso il posto di molte altre, l’espressione di chi non capiva cosa stava succedendo.
P. Dove siamo? (mentre entravano in un ufficio)
T. Nella capitaneria di porto di Gaeta, ma si accomodi pure. (indicandogli una poltrona vicino la scrivania)
P. Gaeta?
T. Si, Gaeta, è fortunato perché questo è un porto dove abbiamo molti contatti con le forze militari statunitensi, quindi dopo aver avvertito l’ambasciata che lei è in buona salute chiameremo il comando americano cosi tornerà presto a casa, nel frattempo se vuole fornirmi qualche documento.
P. Io non ho documenti con me, non si portano mai in missione i documenti, ho soltanto le piastrine di riconoscimento.
T. Quale missione?
P. A questa domanda non posso rispondere.
T. Posso vedere le sue piastrine?
P.