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Il ritorno di Cisarò
Il ritorno di Cisarò
Il ritorno di Cisarò
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Il ritorno di Cisarò

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About this ebook

Un romanzo fantapolitico che riflette sui rischi delle attuali civiltà.

L'analisi viene condotta attraverso l'utilizzo di tre binari paralleli: la trama vera e propria della storia degli "Inseparabili" e per essi, in particolare, quella del protagonista maschile, Cisarò, che è poi la voce narrante; l'epistolario dell'antenata; il viaggio, l'informazione, il dialogo e la documentazione, il tutto alla ricerca delle fonti per arrivare alla conoscenza del Passato Proibito.
LanguageItaliano
PublisherYoucanprint
Release dateApr 17, 2013
ISBN9788891109125
Il ritorno di Cisarò

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    Il ritorno di Cisarò - Silvana Campese

    Silvana Campese

    IL RITORNO

    DI CISARÒ

    Youcanprint Self - Publishing

    Copyright © 2013

    Youcanprint Self-Publishing

    Via Roma 73 - 73039 Tricase (LE)

     info@youcanprint.it

    www.youcanprint.it

     Titolo | Il ritorno di Cisarò

    Autrice | Silvana Campese

    Immagine di copertina a cura dell’Autrice

    ISBN | 978-88-91109-12-5

     Prima edizione digitale 2013

     Questo eBook non potrà formare oggetto di scambio, commercio, prestito e rivendita e non potrà essere in alcun modo diffuso senza il previo consenso scritto dell’autore. Qualsiasi distribuzione o fruizione non autorizzata costituisce violazione dei diritti dell’editore e dell’autore e sarà sanzionata civilmente e penalmente secondo quanto previsto dalla legge 633/1941.

    A tutti i cuccioli, agli adolescenti

    ai giovani, alle madri e ai padri

    del mondo presente e di quello che verrà.

    Indice

    Cap. I - IL VILLAGGIO 25

    Cap. II L’ULISSE 53

    Cap. III - IL PIANO E LA FUGA 81

    Cap. IV – ALLA RICERCA DEL TEMPO PROIBITO 95

    Cap. V - THANATOS 107

    Cap. VI - THOT E PENTESILEA 125

    Cap. VII – IL GIOCO DI SQUADRA 143

    Cap. VIII IL CENTRO 161

    Cap. IX - EROS 179

    Cap. X - GIUDECCA E CAINA 193

    Cap. XI – G E A 209

    Cap. XII - GLI EPILOGHI 233

    Prefazione (ovvero il risveglio)

    I primi raggi del mattino penetrarono attraverso le fessure della persiana, mentre gli uccelli festeggiavano l’evento.

    Ero già abbastanza vigile, oltre che alquanto spiegazzato e dunque non furono la luce né il cinguettio gioioso a risvegliarmi dal profondissimo sonno.

    Quanto mi sarebbe piaciuto! Nulla aveva potuto in quegli anni il più bel sole di giugno né l’urlo del vento nelle bufere di marzo, nulla il più repentino baluginare dei fulmini né l’improvviso rimbombare dei tuoni in agosto.

    Non era ancora l’alba quando un gruppo di ragazzi aveva incominciato a schiamazzare giù in strada, sostando a lungo dinanzi al cancello del cortile.

    I motori delle motociclette rintronavano di tanto in tanto, le portiere di una delle automobili erano spalancate e si sentiva la musica dello stereo ad alto volume ma quel che più profanava il silenzio della notte erano le urla volgari o beffarde di alcuni maschi del branco cui facevano eco le risate altissime degli altri balordi e quelle ora isteriche, ora acute e sgraziate di tre o quattro esemplari del gentil sesso, particolarmente eccitati e scodinzolanti.

    Lei aveva acceso la luce centrale della stanza, tirato su la tapparella, aperte le imposte e, sperando che tanto bastasse, era rimasta qualche minuto lì, affacciata e visibilissima, nella sua camicia da notte, la folta ed arruffata criniera di riccioli ad incorniciare un fiero cipiglio.

    Inutilmente: alcuni di quei villani avevano sì guardato in su ma, invece di modificare il proprio comportamento ed invitare gli altri a fare altrettanto, con risa e frasi sguaiate, incominciarono a sbeffeggiarla. Né altri condomini ebbero il coraggio di mostrarsi e rimproverare quella banda di mascalzoni ché anzi i pochi che stavano sbirciando per rendersi conto di cosa stesse accadendo, rimasero nascosti nel buio e nel silenzio dietro le imposte chiuse.

    D’altra parte chi di loro avrebbe mai trovato il coraggio di esporsi più di Lei? Infatti, tra le altre cose di cui si rese conto nei mesi successivi, dopo il primo periodo di assestamento nella nostra nuova abitazione, fu che il capo branco abitava proprio nella palazzina di fronte. Che era il figlio più grande di un energumeno prepotente ed arrogante, il quale era entrato ed uscito più volte di galera ma aveva continuato nel frattempo ad acquistare immobili. Tant’è che, in pochi anni, era diventato il proprietario di maggioranza in quel condominio e ne aveva stravolto le caratteristiche affittandone una buona parte a zoticoni e smargiassi più o meno carichi di soldi.

    Non che mi fossi propriamente svegliato anch’io, a quel punto. Percepivo i rumori nell’ovattato torpore della mente e non riuscivo a sollevare le palpebre. Anzi, a dirla tutta, non avevo neanche coscienza di quel che ero visto dal di fuori. Per di più Lei si era rimessa a letto, con i tappi di gommapiuma nelle orecchie e stavo per ripiombare nel regno del nulla quando improvvisamente si precipitò su di me, mi prese, mi strinse al petto e si rimise a dormire. Solo allora incominciai a ricordare vagamente che avevo un fisico estremamente pieghevole!

    Di lì a poco fui sballottato e risvegliato dal suo agitarsi e lamentarsi. La cosa andò avanti per una decina di minuti ed infine si sedette nel letto, mi piazzò sulle sue ginocchia ed incominciò, ancora dormendo, a parlarmi con voce rauca e profonda.

    - Stiamo correndo verso il limite estremo del finito, verso i bordi dell’originaria caduta. Siamo in procinto di perdere o smarrire l’universo imponderabile della profondissima interiorità. E veniamo costantemente, terribilmente, demoniacamente, espropriati…coattivamente ridotti ad esiliati che vanno subendo il processo della mummificazione per eccesso esasperante di immagini false; siamo condotti dai mass media nella liquidità di una mondanità immaginativa priva di istanze personalizzate dove domina lo splendore meramente illusorio e illusionistico. Le coscienze sono contratte, depresse, ingannate nella finzione di poter accedere a una nuova libertà e sopraffatte da un sentimento di mero liberticidio (libertà dal punto di vista del Potere e liberticidio nell’ordito umano – sempre meno umano – della Società).

    Ogni etnia è cancellata, il principio omologante è diventato il possente Molosso del Presente… - ¹

    Il linguaggio mi sembrava roboante, le affermazioni estremizzanti e, per quanto il fenomeno non fosse per me del tutto inspiegabile, tuttavia accrebbe il disagio della mia infelice situazione.

    La sua cifra – mi dicevo - è sempre stata l’estro, la fantasia, la creatività… Nessuno è mai riuscito a chiuderla in una normalità schematica, scontata e monotonamente programmata. E va bene! Ama mettere alla berlina i vizi dell’umanità, spesso fustigarla, persino fare del moralismo… E va bene! Ma questa non è la sua voce e le cose che dice non sono farina del suo sacco!

    - Il nostro cuore è il vero santuario dell’intelligenza e della sapienza. E’ il solo luogo ove è possibile avviare ogni processo di formazione e di civilizzazione, senza le quali non si può sperimentare il senso profondo del rispetto per sé e per la propria intimità ed interiorità.

    Il cuore dei bambini e degli adolescenti è il più sacro di tutti i luoghi dell’essere e non andrebbe mai violato… Ogni gruppo, ciascuna collettività, la stessa società dovrebbero sentire la responsabilità dei ruoli ed aiutare i ragazzi ed i giovani a diventare sufficientemente sicuri della propria identità per non annullarsi o essere annullati!

    Nella nostra realtà la cecità è sovrana e le menti sono abbagliate dalle stringenti leggi del Profitto.

    O uscirne fuori o perdersi...

    Nella società capitalistica contemporanea l’interesse per il Profitto toglie ogni valore alla soggettività e, con una paradossale inversione di significato, spaccia per libertà ogni appropriazione dell’intimità, ogni tentativo di cancellazione della diversità.

    Così, all’insegna di una vera e propria dittatura pseudo culturale e massmediale, si mistifica ogni squallore proponendosi come volontà di annullare le distanze e le differenze! E d’altra parte persino la troppa conoscenza, quando è unidimensionale e unidiretta, annulla o quanto meno stordisce l’intelligenza e la coscienza critica.

    Con la violazione del privato, con la sua sfrenata spettacolarizzazione, si attua la supremazia e la tirannia dell’immagine e dell’apparire. Vengono esibiti corpi, emozioni e sentimenti ed utilizzati come cose: l’individuo non è più considerato come una totalità ed un microcosmo ma viene scomposto in parti e allegramente cannibalizzato² .

    Imperano sovrani la volgarità, il turpiloquio, l’arroganza, la cazzimma dei furbi, degli ipocriti, dei doppio - giochisti nelle relazioni umane, sociali, affettive e sentimentali. Il vero non è più distinguibile dalla sua rappresentazione scenica ed anzi la rappresentazione scenica viene sostituita da un ibrido, ambiguo e sporchissimo gioco delle parti: produttori, autori, conduttori, ospiti, opinionisti, protagonisti, addetti ai lavori, operatori visibili o nascosti…

    La telecamera diventa l’occhio indiscreto di ciascuno spettatore ed il voyeurismo, il pettegolezzo inutile, spesso osceno, vengono spacciati per esperienze di confronto, di crescita individuale e collettiva, di identificazione personale in chiave addirittura psicoanalitica

    Nel commercio dell’intimità, nell’oltraggio, nello sfregio al più elementare senso del rispetto e del pudore, crolla ogni resistenza, ogni difesa dell’individualità e non è più possibile gestire un sano processo di crescita, di civilizzazione, di educazione morale e sentimentale. Tanto meno è possibile preservare la sacralità dell’Io.

    La spudoratezza del mondo contemporaneo, lungi dal liberare e disinibire, impedisce piuttosto persino il ritorno da eventuali esperienze di azzardo, di eccesso, di provocazione, di scatenamento, di rivolta, di dissacrazione e di presunta iniziazione, attraverso le quali adolescenti e giovani esprimono da sempre la loro ansia di libertà, di sperimentazione e di ricerca del sé.

    Questa società, priva di valori profondi e di aspirazioni di natura etica, non può arginare le conseguenze di quella integrale messa in questione dell’ordine e delle regole. Una società che possa rappresentare, nel bene e nel male, l’unica alternativa ad un percorso ben più doloroso, rischioso ed eccessivo, dovrebbe in primo luogo assumersi la responsabilità del suo ruolo nei riguardi dei propri figli...-

    Non mi stupivo, ripeto, del fenomeno psichico in atto, poiché Lei, a parte gli episodi di sonnambulismo, aveva avuto talvolta percezioni extrasensoriali, di telepatia e di precognizione. Tuttavia in quella circostanza mi convinsi di essere piuttosto testimone di una esperienza medianica: non solo la voce ma soprattutto le cose che diceva sembravano ora provenire da un altrove indefinibile:

    - Bisogna dunque affidarli alla rivelazione… affinché colgano l’unità dell’universo che corrisponde all’unità dell’Io e della conoscenza: ogni parte dell’essere è legata da vincoli di corrispondenza e di interdipendenza all’unità dell’universo e nel corpo umano la testa corrisponde al cielo, gli occhi al sole, alla luce ed alla luna, il petto all’aria , il ventre alla terra, il cuore al fuoco magmatico che la alimenta .

    Tutti i saperi possibili si ricollegano l’uno all’altro e, attraverso percorsi e rapporti simbolici, possiamo raggiungere l’area a - temporale ed a - storica ove si oltrepassano i recinti della contemporaneità ed i confini dell’ignoto. Ove è ancora possibile ricevere folgoranti rivelazioni dell’arcano e dell’ineffabile…-

    Era poi ripiombata in un sonno profondo e sereno, dal quale si destò dopo un paio di ore. Finalmente! Ero ormai esausto e bramavo il ritorno alla normalità sullo scaffale dell’attesa.

    Lei: - Le mani mi tremano un po’: riprenderti, toccarti, sollecitare il tuo ritorno per fare l’amore con te, dopo tanto tempo, mi emoziona e mi spaventa. Tu eri qui, strato su strato, copia su copia, tra gli scaffali, silente e polveroso…-

    Io: - Mi ci ponesti con cura, sistemandomi dal basso verso l’alto e, man mano che procedevi, diventavo sempre più snello e leggero. Avresti voluto una libreria di quelle antiche, con sportelli a vetrina, per proteggere me ed i miei numerosi fratelli dalle offese dell’aria. In nessun modo, tuttavia, quand’anche avessimo avuto lo spazio ed i soldi necessari, avresti potuto difenderci dalle insidie del tempo. -

    Anche per questo le mani le tremavano…

    Era invecchiata così tanto! Non avendo consapevolezza del tempo trascorso nel mio stato di coma indotto, nel guardare le rughe profonde ai lati della sua bocca, ancora intatta e bella, i fili d’argento tra i riccioli castani, le forme abbondanti tra le pieghe della camicia da notte, mi sembrava che fossero passati molti anni.

    Quanto a me, destato dal sonno catalettico cui Lei mi indusse e mi costrinse per smaltire in profonda solitudine la drammatica crisi, mi sentivo tutto incartapecorito, fossilizzato… come se fossi stato sottoposto ad un processo di imbalsamazione e, pur avendo ormai ripreso quasi del tutto coscienza, quel che vedevo, specchiandomi nei suoi occhi, mi sconcertò: sembravo un fossile di embrione, tornato ad essere quello stesso che Lei aveva portato dentro di sé, raggomitolato, ad occupare l’angolo a me destinato quando ero poco più di un ammasso di cellule, quasi informe a vedersi. Non si sarebbe distinta facilmente la testa dal corpo centrale, né le esili braccia o le gambe frementi. Non i piedi su cui un giorno camminare con l’eleganza di un felino e l’agilità d’una antilope.

    La gestazione era durata quanto quella di un elefante indiano: 660 giorni.

    Mi aveva concepito una sera di settembre, mentre tutte le reti televisive mostravano senza sosta scene di distruzione ed i giornali riportavano l’elenco del Dipartimento di Stato Americano a proposito di una trentina di organizzazioni armate definite terroristiche, presenti ed operanti nel mondo. Un temibile esercito di giovani invasati e pronti a farsi esplodere nel bel mezzo di piazze e luoghi pubblici gremiti di gente, di ristoranti o discoteche, di aerei, navi, treni, scuole… ovunque fosse possibile colpire la vita ed il diritto di esistere...

    Tra l’Occidente ferito e la realtà degli Stati islamici sospettati di appoggiare il terrorismo v’erano stati legami economici quasi inestricabili: l’altra faccia della globalizzazione con la sua miriade di tentacoli aveva reso, fino ad allora, quasi impossibile identificare un unico vero nemico e, soprattutto, isolarlo.

    Molte di quelle nazioni intrattenevano fiorenti rapporti economici con l’Occidente a vari livelli e molto spesso i fondi privati arabi erano gestiti dalle grandi banche internazionali, così come, del resto , cifre da capogiro, miliardi e miliardi di dollari, erano in mano alle banche arabe, solitamente di proprietà delle grandi famiglie al potere nei vari Stati.

    D’altra parte anche sul fronte dei beni di largo consumo, gli stati canaglia erano un mercato prospero per l’odiato Occidente.

    In quel periodo Lei era sofferente, reduce ancora da una pregressa esperienza profondamente deludente sul piano lavorativo e delle relazioni umane. Ma, soprattutto, sul piano dell’amicizia.

    Le parve che il suo personale stato d’animo fosse simbolicamente e molto efficacemente rappresentato da quelle immagini e che tutti i reportage, le analisi e le relative considerazioni e conclusioni degli addetti ai lavori, avessero talmente tanto a che vedere con quella devastante esperienza, che si decise e senza altro indugio si apprestò a concepirmi nel modo privilegiato ed esclusivo che è proprio di alcuni artisti: quella forma straordinaria e speciale di partenogenesi mentale che può dar vita alle più belle creature che l’umana specie possa concepire come alle più temibili e pericolose.

    Occorreva però un catalizzatore di energie, capace di attrarre tutti gli stimoli generati dai forti impatti emotivi e tradurli in onde creative in modo da poterle concentrare in un unico punto, quello nel quale si innescasse la reazione. L’input!

    Sulla parete alla destra della sua scrivania c’erano ancora le immagini incorniciate che in tutto quel tempo erano rimaste appese ad un chiodo, da quella stessa sera in poi. C’era la copertina di un settimanale di politica, cultura ed economia e risaliva a qualche mese prima di allora.

    Si trattava di un volto in primo piano: il tizio sorrideva, colto dal fotografo con le palpebre completamente chiuse e l’effetto che ne derivava era sorprendentemente comico. Sembrava proprio dire:<< e ora mi consento tutto alla faccia di tutti >>.

    C’era poi l’immagine di vari capi di governo che posavano con sorrisi di circostanza per la solita foto di gruppo…

    In un’altra cornice un volto di donna, dallo sguardo fiero e sprezzante, in primissimo piano. In basso, a caratteri cubitali, la scritta << Alzavano ritratti di Bin Laden, un Bin Laden che sembrava un Che Guevara. Ritratti di Che Guevara, un Che Guevara che sembrava Bin Laden. E tra le bandiere del pacifismo - uguale - antiamericanismo, i cartelli che insultavano me.>>

    Accanto al tizio che rideva, ai sinistri complici dei peggiori misfatti degli ultimi anni, al volto dallo sguardo indignato e sofferto, c’era la foto di un magnifico, ancor giovane maschio bianco dalla pelle bruna, che sorrideva, il basco sul capo, la barba, il sigaro. I suoi occhi neri lampeggiavano tra le folte ciglia e le palpebre, allungate nella trazione di un sorriso che era tra i più belli che avesse mai visto.

    Tutto di quel viso esprimeva virilità, la sua forza, l’energia, il coraggio della progettualità. Quello sguardo la innamorava con la sua luce, luce dell’intelligenza, fuoco della passione, scintillio della fede nei propri valori ed ideali, luminosità della speranza, della ferma volontà di vivere anche un solo giorno da leone piuttosto che cento anni da pecora.

    C’era disegnato un cuore, nell’angolo in basso a sinistra, eppure non ricordavo di averci mai avuto a che fare! Nel cuore c’era scritto Ernesto, amore mio.

    Accanto ad Ernesto c’era una piccola immagine, un ritaglio di giornale, ingiallito, nonostante la protezione del vetro…

    La violenza di tutte le morti ingiuste e premature era lì, rappresentata da un corpo ignudo, oltraggiato, sfregiato, trucidato…

    Appena quindici minuti dopo era gravida: io fui concepito in un tripudio di risa e di lacrime, di fibrillazioni e conati di vomito, mentre sullo schermo televisivo prorompevano lo sguardo enigmatico di un grande, demoniaco assassino, in tutta la sua inquietante dolcezza, e quello sbirciante e furbesco di un piccolo, rozzo, ingordo texano che aveva nelle mani le redini del mondo.

    Si nutrì di amore e di speranza tuffandosi nei mari dimenticati ed obsoleti della leggenda e della storia ma non disdegnò di immergersi in molte espressioni e manifestazioni dell’attualità poiché voleva produrre anticorpi e farmene dono per via placentare.

    Ai primi dolori era già pronta, aveva chiamato a raccolta tutte le energie di cui potesse disporre. Fu così che, molto concentrata, appassionata ed ardente, fece del suo meglio per aiutarmi a nascere sano, bello e forte. Ma non fu un parto semplice e durò molto a lungo. Venni fuori poco alla volta, prima stesura, seconda, terza, ognuna con un titolo diverso.

    Alla fine, con l’ultimo premito, il pianto liberatorio. Il suo si confondeva col mio.

    Quel mattino se ne contavano molte di più, di stesure, lì, sugli scaffali…

    Le era sembrato infatti che la terza stesura, nonostante le migliori intenzioni, potesse risultare un assemblaggio ridondante e mediocre di molteplici saccheggi. Un ibrido incrocio, disarmonico, approssimativo e saccente…

    Non avrei avuto mai – mi disse - diritto di cittadinanza…

    Allora, per mesi e mesi, mentre mi aveva nutrito di nuove fantasie ed invenzioni ed amputato di poche parti di provenienza sospetta, mi aveva costretto ad ingurgitare massicce dosi di esplicite citazioni, brani d’autore ed articoli di giornale più una infinità di note a piè di pagina. Sicché ci fu chi disse che non solo risultavo obeso e presuntuosamente sui generis ma che la mole comportava enormi spese per permetterle di presentarmi ad altri in veste pubblica. Dunque, non avrei ancora potuto… esserci!

    Si impegnò con grande tenacia affinché, senza compromettere la mia identità, si riducesse ogni eccesso di peso e di volume, per contenermi in un aspetto invitante ed una veste meno dispendiosa.

    Le dissero che, in ogni caso, toccava a Lei e non ad altri ogni impegno economico per inoltrarmi nel mondo cui ero destinato.

    Questione di soldi - mi rassicurò - e non di merito. Però il sospetto che fosse determinante il demerito commerciale le provocò una rabbia indicibile e decise di sfidare ancora il cinismo degli editori.

    Allora mi ridusse ulteriormente e, pur dando spazio a nuovi input ed eliminando tutte le parti che, con il trascorrere del tempo, già le sembravano invecchiare, fece di me un eroico, solare ed avvenente lillipuziano nel tenebroso paese di Gulliver.

    Fiera e più che mai innamorata, le capitò di leggere Se una notte d’inverno un viaggiatore e, come non bastasse, un’amica, proprio in quei giorni, le fece dono di un testo in cui una grande esperta rispondeva a molti velleitarismi letterari…

    Italo si intrufolava nella testa del lettore, ne raffigurava tutti i suoi moti psichici, sentimentali, emozionali, ideologici, politici, sociologici, e chi più ne ha più ne metta. L’operazione, in apparenza semplice, diventava testualmente un rompicapo, un puzzle, un acrobatico gioco letterario, e certamente era destinato a suscitare subito stupore e ammirazione. Anche in Lei, ovviamente, nonostante le si fosse insinuata nel frattempo una ingombrante sensazione: si sentiva più defraudata che gratificata…

    Il personaggio chiamato Lettore con la maiuscola veniva fagocitato dallo scrittore ed entrava nella

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