Tsunami cerebrale… Ma che strana cosa
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Book preview
Tsunami cerebrale… Ma che strana cosa - Enrico Silvestri
Miki
TSUNAMI CEREBRALE... MA CHE STRANA COSA
Eccomi, amico carissimo, per raccontarti, se avrai la pazienza e la compiacenza di leggermi, una storia.
A dire il vero dovrei dirti che sto iniziando a raccontarti una mia storia.
Sorprendente, immotivata, non cercata ne tantomeno voluta. E’ proprio una strana cosa quella che, potendo tra l’altro utilizzare solo le mie scarse ma sarebbe meglio dire insufficenti capacità letterarie, inizierò da adesso a narrarti.
Il tutto comincia di sabato. Ma micca è un sabato qualunque quello. E’ sabato, si l’ho già detto, ma è pure il primo di aprile. E quel giorno bisogna stare in orecchio, bisogna vigilare. Non è difficile incontrare bontemponi di turno o di passaggio che ti fanno degli scherzi. Il tutto naturalmente a tua insaputa, altrimenti che burla sarebbe!
Da tempo ormai avevo smesso di fare e di ricevere queste gogliardate.
Il desiderio, la voglia di fare delle biricchinate, di fare cose cosi banali, almeno era quello il giudizio mio che davo a quelle cose, non faceva più parte del mio mondo. O come si dice adesso, non faceva ù parte del mio dna.
La mente, la mia, era troppo occapata da altri pensieri. Lavoro, lavoro e se non bastasse, ancora lavoro.
Anche quel di, pur essendo sabato da pesche di aprile ero a lavorare. Mi affiancavano Stefano,Virsa e Kasmir, stavamo selezionando e imballando dell’archivio bianco, lo ricordo perfettamente.
Poteva e doveva essere un giorno di lavoro come tanti altri. Ma avevo sbagliato una qualche virgola nel mio pensare, perché la sorpresa era li li dal manifestarsi.
A mia insaputa.
Cacchio, ma io micca indovino sono.
Il peshe d’aprile, quello esclusivamente a me inviato stava arrivando.
Cacchio!!!
La testa comincia a farmi male. E’ soprattutto quella di sinistra che si sta esprimendo al meglio.
Mamma mia, è proprio un gran male.
Maccheebeelloo! Un male nuovo.
Checculo!
E’ quello che tra me e me mi son detto quando quel indesiderato nuovo inquilino ha bussato con violenza alla mia maruga.
Mi hanno appena tolto il gesso dalla caviglia che per l’ennesima volta mi sono distorta nello scendere dal carrello elevatore, a destra la spalla e il gomito segnalano da tempo la loro usura, con relativo dolore. Anche le ginocchia stanno a me chiedendo dazio da un bel po’.
La testa, pure quella adesso ci si deve mettere, tra l’altro offrendomi un dolore così intenso?
E’ proprio male, …un gran male.
Alle 10, all’incirca a quell’ora, non resisto più. Saluto tutti e tolgo il disturbo.
Rientro in casa e mi straio sul divano sperando che l’odiosa compagnia che maleducatamente ha invaso il mio crapone se ne vada silenziosa e veloce come è arrivata.
Sono solo, l’Antonella non c’è, è al lavoro. L’unica compagnia che mi è offerta è il fortissimo dolore alla mia testa di sinistra. Mi auguro vivamente che tutto finisca al più presto. Mai come in quella occasione ho condiviso il detto "meglio soli che male accompagnoti".
Io mi auguro, io spero, io desidero, io voglio che quel dolore se ne vada. Ma quello con una imvadenza e una maleducazione da me indimenticata, mi esprime in un modo ancora più doloroso, la sua volonta di rimanere invasore in toto della mia testona.
Cheemmale! Non ce la faccio più.
Mi dispiace disturborla, ma decido di chiamare la Benedetta, per gli amici la