Gli ormeggi e le manovre in porto: tecniche di navigazione a vela
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Anteprima del libro
Gli ormeggi e le manovre in porto - Stefano Gasparini
L’AUTORE
1- INTRODUZIONE
Nel mio decennale impegno come skipper e istruttore di vela, la richiesta formativa che più frequentemente mi è stata rivolta riguarda le manovre in porto e gli ormeggi.
Effettivamente se la tecnica di navigazione vera e propria, anche a vela, può essere acquisita con gradualità, accumulando successive esperienze, senza particolare pregiudizio per l’andare per mare in sicurezza, lo stesso non si può dire per le manovre in porto, dove è indispensabile un salto formativo iniziale abbastanza impegnativo. Infatti un comandante di buon senso può sempre limitare la propria navigazione alle condizioni che riterrà di volta in volta adeguate alle proprie possibilità, ma inevitabilmente qualsiasi navigazione, anche nelle migliori condizioni possibili, richiederà almeno una manovra di disormeggio iniziale ed una di ormeggio finale, che dovranno essere condotte in sicurezza e senza errori, in acque ristrette e a distanza minima da altre barche, banchine, pali o altri ostacoli. In mare aperto e con bel tempo un errore di manovra sarà quasi sempre recuperabile senza conseguenze, mentre lo stesso non si può dire nel caso di una manovra in porto che avverrà sempre in spazi molto ristretti, in prossimità di altre barche, pontili, moli, etc.
Per rispondere a questa richiesta formativa ho tenuto decine di corsi-ormeggio
per lo più articolati in una breve introduzione teorica iniziale seguita da una-due giornate di esercizi di manovre di ormeggio dei vari tipi, inizialmente simulate poi via via più realistiche.
In genere gli allievi sono convinti che la capacità di effettuare buone manovre in porto si acquisisca con tanta pratica ed esperienza. Questo è in parte vero perché l’esperienza consente di acquisire alcuni automatismi che permettono di scaricare
una parte del lavoro mentale durante la manovra, lasciando più risorse disponibili per l’esecuzione della manovra stessa. Però il comportamento di una barca a vela in manovra è abbastanza complesso e spesso non intuitivo: senza conoscerlo perfettamente nei suoi aspetti teorici non è possibile acquisire una buona capacità di manovra, quantomeno in tempi contenuti. In effetti ho potuto verificare che allievi dotati di una buona conoscenza teorica del funzionamento della barca riescono mediamente già in una giornata ad acquisire una discreta abilità nel manovrare mentre chi ha sottovalutato gli aspetti teorici preliminari impiega più tempo e generalmente non raggiunge gli stessi risultati.
E’ interessante constatare che allievi novizi ma portatori di una formazione di livello ingegneristico, spesso si sono dimostrati in grado di acquisire rapidamente una buona pratica velica e di manovra perché evidentemente la loro formazione di base gli consente con facilità di decodificare
in termini teorici i comportamenti della barca. Viceversa vedo spesso armatori con anni di navigazione alle spalle che veleggiano con vele mal regolate o che eseguono un ormeggio dalla parte contraria rispetto a quella consigliabile in quelle condizioni in virtù del vento o dell’effetto evolutivo dell’elica, perché evidentemente non dispongono ancora delle conoscenze teoriche di base.
Ho redatto questo piccolo manuale proprio per consentire ai futuri allievi di acquisire quegli elementi teorici che ritengo indispensabili per trarre i migliori risultati da una successiva sessione pratica che resta indispensabile ma che, anche in considerazione dei suoi costi, non è utile dilatare oltre il necessario.
La struttura del manuale è divisa in una prima parte dove analizzeremo in dettaglio il funzionamento di una generica barca a vela nei suoi comportamenti in manovra a motore ed una seconda parte con la descrizione pratica delle procedure per una corretta manovra d’ormeggio nelle varie situazioni.
2- I MEZZI DI MANOVRA
Una barca a vela in manovra a motore viene condizionata nei suoi movimenti in maniera attiva dall’elica e dal timone ed in maniera passiva dalla chiglia. Oltre a questi elementi endogeni
ve ne sono altri due esterni che ne possono influenzarne il comportamento: il vento e la corrente. Di questi però ci occuperemo successivamente; per ora ci limiteremo a esaminare le situazioni con vento e corrente trascurabili.
2.1- L’elica
L’elica viene azionata attraverso un comando combinato che aziona sia l’invertitore con tre possibili posizioni (macchine avanti – folle – macchine indietro) che l’acceleratore con cui si regola la velocità di rotazione dal minimo al massimo.
L’effetto principale dell’elica è la spinta in avanti o all’indietro dello scafo (secondo il senso di rotazione) con intensità dipendente dalla velocità di rotazione della stessa.
Riguardo al senso di rotazione dell’elica ed alla conseguente direzione della propulsione, va considerato che esistono eliche di due tipi: destrorse e sinistrorse, in funzione della inclinazione delle loro pale.
Si definisce destrorsa l’elica che, vista da dietro (dalla poppa), ruota in senso orario con macchine avanti e in senso antiorario con macchine indietro. Viceversa si definisce sinistrorsa l’elica che, vista da dietro (dalla poppa), ruota in senso antiorario con macchine avanti e in senso orario con macchine indietro. Sulle barche da diporto sono ricorrenti entrambe le tipologie: più frequenti le destrorse con trasmissioni tradizionali in linea d’asse (Yanmar);