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La...dove posano le balene
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La...dove posano le balene

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About this ebook

Siamo nella Liguria di fine settecento inizi ottocento, un periodo in cui le nuove idee illuministe rivoluzionarie invadono l'Europa, a cavallo di Napoleone.
La storia è quella di un giovane, cresciuto ed educato a questa nuova idea di libertà e di pensiero in cui la nuova Europa regia dovrebbe cambiare.
Il romanzo racconta di come in realtà le grandi idee e le grandi rivoluzioni vengono realmente percepite dall'uomo comune, che il più delle volte le subisce, rimpiangendo il vecchio status.
Angelo il protagonista, un semplice ragazzo, ma colto ed istruito, si confronta con un Generale, Andre Massèna, nelle varie vicende in cui la storia li farà vivere insieme. Sono due personaggi molto differenti.... ma qualcosa li unisce...un segreto?....Forse!
I luoghi, gli avvenimenti, l'epoca e alcuni protagonisti, fanno parte della storia vera...
LanguageItaliano
Release dateJul 11, 2013
ISBN9788868550905
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    La...dove posano le balene - Buccinnà Pietro

    vero.

    INTRODUZIONE

    Uno dei problemi maggiori della Francia a pochi anni dalla rivoluzione è stato certamente il rapporto con il resto dei paesi della Regia Europa.

    Aver usurpato il trono di Luigi XVI e averlo decollato successivamente ,aveva creato un senso di fastidio alle teste coronate continentali, che temevano il diffondersi dell’epidemia repubblicana. Per evitare questo, nel 1793 nasce la prima coalizione anti francese, un’alleanza che vede unirsi il Sacro Romano Impero Germanico, la Gran Bretagna, il Regno di Napoli, il Regno di Sardegna, la Prussia, il Regno di Spagna, l’Impero Ottomano, il Regno di Portogallo, alcuni piccoli stati Italiani, i monarchici ed i realisti francesi.

    Nonostante, come si evince, fosse riuscita a far arrabbiare tutta l’Europa, la Francia riuscirà fra alti e bassi a tenerle testa e addirittura ad invaderne buona parte, per un periodo.

    Nel 1795, periodo in cui inizia la nostra storia, il nuovo esercito rivoluzionario occupava Nizza e una parte del Ducato di Savoia ,relativo alla costa ligure, dove la linea di del fronte si estendeva su quella che era considerata una dorsale naturale, che partiva da Capo Santo Spirito per terminare ad Ormea. Per oltre un anno i due eserciti si sono scontrati in diverse occasioni ,mantenendo però uno stato di equilibrio ,che favoriva gli austro piemontesi ,meglio equipaggiati e con invio continuo di vettovaglie e salmerie. La piana ingauna si trovò per l’intero periodo occupata da un esercito, che a differenza dell’avversario ,non riceveva adeguato sostegno ,sia da parte di un governo impegnato su molti fronti ed impossibilitato a dare garanzie di aiuti costanti ed adeguati, sia dalla difficoltà di far arrivare i convogli a causa di un continuo controllo delle vie di terra di mare da parte dell’esercito imperiale e dei suoi alleati. Questo provocò nell’area occupata, requisizioni costanti e saccheggi, che in molte occasioni sfociavano in atti vandalici e violenze.

    Il 23 novembre del 1795, contro ogni previsione austriaca , che credeva in una ripresa delle ostilità nella successiva primavera, l’esercito francese agli ordini del Generale Scherer, sfonda il fronte con 25.000 uomini, sconfiggendo gli imperiali a Rocca Barbena, a Bardineto, a Borghetto S.S. sul colle di San Giacomo e nell’ entroterra Loanese, inseguendo il nemico fino in val Bormida.

    Assedio di Genova

    La seconda parte del romanzo si svolge nei primi sei mesi del 1800, e buona parte di questo ,all’interno della città di Genova.

    Nei mesi precedenti, le armate austro piemontesi , avevano quasi riconquistato l’intera area del nord Italia. All’inizio dell’anno, è inviata nel capoluogo ligure la generale Massena, con l’ordine di tenere aperta una via di comunicazione con la Francia attraverso la costa, e soprattutto mantenere il controllo di quello che era considerato uno dei porti più importanti del Mediterraneo. Il tutto in attesa dell’arrivo della nuova armata che Bonaparte stava organizzando per invadere nuovamente l’Italia.

    Purtroppo, l’imponente forza imperiale, in poco tempo era riuscita a isolare via terra e in più punti, il disastrato esercito francese, mentre dal mare una nutrita e ben armata flotta, inglese impediva l’avvicinamento delle navi repubblicane e il relativo approvvigionamento. In Aprile, Genova era circondata.

    La popolazione ligure, costretta per l’ennesima volta a contribuire al mantenimento di un esercito, già da parecchio tempo non riusciva a mantenere un sostegno alimentare sufficientemente adeguato alla propria normale sopravvivenza. Proprio a causa di questo, scoppiò un’epidemia di febbre diarroica, che ebbe in Genova il suo punto di massimo sviluppo, proprio a causa dell’assedio. Nei mesi che vanno da Aprile a Settembre, si sono contati circa 8.600 decessi solo nella città. Drammatico è anche il numero dei morti Francesi, che contavano agli inizi di Aprile, una forza di circa 15.400 uomini ridottasi al giorno della resa dopo due mesi a poco meno di 8.000, di cui oltre la metà erano i feriti e gli ammalati.

    Ciò che leggerete riguardo i drammi dell’assedio sono veri, tratti da resoconti e testimonianze dell’epoca

    André Massena

    Nasce a Nizza il 6 maggio 1758, in una famiglia di commercianti, ma giovanissimo, tentò la carriera nella marina mercantile.

    Nel 1775 si arruolò come soldato semplice nell’esercito reale, dove raggiunse il grado di ufficiale autorizzato (massimo grado concesso al suo ceto sociale )

    All’alba della rivoluzione abbandonò la divisa militare, per vestire quella del contrabbandiere, ma si arruolò nuovamente nel 1791 nel nuovo esercito francese, divenendo l’anno successivo colonnello.

    Il suo temperamento, la sua innata capacità di comando e il suo carisma, lo videro divenire generale nel 1793. Si mise in luce agli occhi di Bonaparte nella battaglia di Lonato e in quella di Rivoli, che gli varrà in futuro il titolo di Duca di Rivoli.

    Lo stesso temperamento che lo vide porsi agli onori militari del periodo, fu la causa anche dei suoi declini. Più volte avvallò saccheggi e violenze sulle popolazioni, ed in alcuni casi pare ne trasse profitti personali. A causa di questo fu allontanato un prima volta, ma verrà richiamato nel 1800 dallo stesso Bonaparte, per gestire l’occupazione ed il successivo assedio di Genova.

    I drammatici mesi trascorsi nella città ligure, non piegarono affatto il carattere di Massèna, che nonostante la sconfitta, si riunì con ciò che restava del suo esercito ed affianco Bonaparte nella battaglia di Marengo, dove si distinse per l’ennesima volta, sia per le capacità militari che per la crudeltà. Pare abbia concesso il libero saccheggio per compensare i suoi uomini dalle sofferenze patite nella città di Genova. Fu inevitabile l’ennesimo allontanamento dall’esercito.

    Solo nel maggio del 1804, Napoleone lo reintegrò con il grado di maresciallo di Francia, carica che riapriva la sua carriera militare e politica.

    Incatenò una serie di vittorie importanti, a Verona, a Caldiero, a Napoli, a Lauria, dove concesse nuovamente il benestare per saccheggi e violenze me ne rimase impunito, ad Aspern- Essling,e a Wagram .

    Nel 1810 guidò l’invasione del Portogallo, che lo vide l’anno successivo costretto al ritiro dopo le battaglie di Barrosa e di Fuentes Onoro. Fu sostituito al comando e non vi rientrò più.

    Rimase nell’esercito, al comando della guarnigione di Marsiglia, dove intraprese un commercio clandestino di licenze commerciali con gli inglesi, in deroga al Blocco Continentale.

    Riuscì a mantenere il comando dopo la Restaurazione, ma non si riunì a Napoleone dopo la fuga dall’ Elba. Dopo Waterloo non giurò la fedeltà alla nuova monarchia tornata al potere.

    Morirà a Parigi il 4 aprile 1817.

    Calendario rivoluzionario

    Tra i vari cambiamenti apportati dalla rivoluzione francese, c’è stato quello del calendario,che andò a sostituire l’antico gregoriano.

    Il nuovo modo di calcolare l’anno,entra in vigore il 24 0ttobre del 1793, per terminare il 1 gennaio del 1806,quando Napoleone ripristina quello precedente.

    Autunno

    Vendemmiaio 22 settembre - 21 ottobre

    Brumaio 22 ottobre - 20 novembre

    Frimaio 21 novembre - 20 dicembre

    Inverno

    Nevoso 21 dicembre - 19 gennaio

    Piovoso 20 gennaio - 18 febbraio

    Ventoso 19 febbraio - 20 marzo

    Primavera

    Germile 21 marzo - 19 aprile

    Fiorile 20 aprile - 19 maggio

    Pratile 20 maggio - 18 giugno

    Estate

    Messidoro 19 giugno - 18 luglio

    Termidoro 19 luglio - 17 agosto

    Fruttidoro 18 agosto - 16 settembre

    Giorni sanculottidi

    Giorno della virtù 17 settembre

    Giorno del genio 18 settembre

    Giorno del lavoro 19 settembre

    Giorno dell’opinione 20 settembre

    Giorno delle ricompense 21 settembre

    PROLOGO

    Milleottocento…diciassette

    I miei occhi fissi scrutano l’orizzonte, in attesa di veder apparire quel lembo di terra.

    Tredici anni!

    Tanto è passato da quando i miei piedi si sono sollevati per l’ultima volta dal suolo d’Europa.

    Ho passato questi ultimi anni, vagando per il continente americano. Ricordo che dopo la mia fuga, il primo paese su cui sbarcai fu il Canada, dove per sopravvivere imparai a lavorare il legno e a conciare le pelli. Ma il clima era troppo freddo per me, quindi decisi di andare verso sud.

    Le colonie unite sembravano un buon posto, lì misi in pratica le mie capacità di scrittore, e collaborai a Chicago alla costruzione di un giornale, una sorta di grosso foglio di carta, che riportava periodicamente i fatti più importanti della città.

    Ma anche in quel posto i miei piedi non vollero restare.

    Proseguii verso sud ovest, dove nuovi coloni costruivano città con un’impressionante velocità. In una di queste conobbi una vedova, e vissi con lei per circa due anni, occupandomi di bestiame e di una grossa fattoria, Ma la vita continuava a non essermi amica… lei morì. Poiché nulla mi legava a quella terra, ripresi a viaggiare.

    Giunsi in Messico, dove la lingua francese mi fu molto utile, soprattutto in ambienti diplomatici, dove la meschinità e l’arroganza del potere fecero riemerger i fantasmi del passato, quelli da cui ero fuggito.

    E fu così che passai dalla parte del popolo comune, quelli che chiamavano i peones. Persone semplici, umili e di grande cuore, ma non era la mia gente.

    Mi imbarcai sulla prima nave che puntava verso sud, e raggiunsi il Brasile. Il commercio Europeo era molto florido, questo mi permise di fare il contabile per una grossa compagnia Olandese, e per la stessa, tempo dopo arrivai a Buenos Aires.

    Terra magnifica l’Argentina, ancora tutta da scoprire, ma nemmeno in quel paradiso riuscivo a trovare pace. Un grande senso di vuoto unito a un’incontrollabile melanconia, opprimeva la mia mente.

    Tornai nelle colonie unite, e vi rimasi fino a quando dalla mia bocca uscì del sangue, conseguenza di una tosse che da diversi giorni mi perseguitava, provocandomi un fastidioso dolore al petto. Secondo il parere di un medico, erano i miei polmoni, e da ciò che mi disse compresi che non vi erano cure che potessero evitare il peggio. Questo non mi spaventò…al contrario, l’idea che la mia vita stesse per giungere al termine, provocò in me uno stato di quiete che non avevo mai raggiunto. Ero stanco e l’idea di potermi finalmente riposare mi dava pace.

    Poi… accadde una cosa importante.

    Una sera, mentre mi trovavo seduto a pensare, sulla banchina del porto, un ragazzo molto giovane si sedette vicino a me.

    Senza che io le domandassi nulla, iniziò a raccontarmi della sua casa in Irlanda, della sua gente, della sua famiglia…della sua terra, che per una ragione fu costretto ad abbandonare a malincuore. Poi mi domandò

      Voi da dove venite? Dove sta la vostra casa?

    Ricordo che lo guardai e non riuscii a rispondere, e nel mio silenzio lui proseguì

      Io non resterò a lungo nelle colonie. Cercherò fortuna, e quando sarò ricco tornerò a morire nella mia isola.

    Tacque per qualche istante, poi riprese a parlare.

      Sapete! Un giorno un prete mi lesse un libro, che raccontava di alcune Balene. Voi non ci crederete, ma pare che quando queste sentono sia arrivato il loro momento di morire, si dirigono verso un luogo preciso, e giunte sul posto si adagiano sulla battigia e lì attendono la fine.

    Si azzittì, mi guardò e poi riprese.

      Ecco…il mio luogo, la mia spiaggia su cui posarmi è l’Irlanda, nella casa in cui sono nato.

    Per quanto possa essere stato noioso, mi resi conto che le sue parole furono illuminanti.

    Io non ho una casa, ma per la prima volta comprendo quale sia la mia spiaggia su cui posarmi per l’ultima volta.

    Questo mi fa ricordare come tutto cominciò.

    CAPITOLO PRIMO

    Cluny 3 luglio,o messidoro secondo il nuovo calendario 1795 .

    Sono ancora legato al calendario gregoriano, questo nuovo modo rivoluzionario di chiamare i mesi non riesco a farlo mio.

    Il mio nome è Angelo Monty, e vivo a Sainte-Cecile, o forse dovrei dire, vivevo, dato che da qualche ora me lo sono lasciato alle mie spalle. E’ un piccolo paese a pochi chilometri da Cluny, dove sono nato e cresciuto fino a cinque anni fa.

    Oggi, con una piccola sacca, qualche moneta ,un libro di pagine vuote, un calamaio, alcune penne, e dei viveri, mi avvio verso la conoscenza del mondo.

    La direzione che ho scelto mi porta verso l’Italia, e il motivo è una medaglietta che porto al colla da quando sono nato. Sopra vi è l’effige della madonna, e dietro un nome Maria Gianna Montaldo da dove fu tratto il mio cognome, ma il nome è italico, quindi la costa ligure è per ora il mio obbiettivo.

    Le gambe sono il mio unico mezzo di locomozione, ma ad ogni locanda o in ogni paese che incontro cerco un passaggio su qualche carro.

    5 luglio/messidoro

    Sono a Lione. Senza dubbio è il paese più grande che abbia mai vistato, e la mia curiosità ha il sopravvento. Istintivamente mi reco verso una chiesa, dove un prete mi accoglie molto freddamente.

    - Figliolo, cosa posso fare per te?

    - Poco, padre mi basta poco. Qualcosa da mangiare e un giaciglio per la notte, domattina riparto.

    L’ecclesiasta, mi guarda infastidito.

    - Se vuoi, posso confessarti, ma per il resto ci sono le locande.

    Deluso, insisto

    - Lo so padre, ma ho pochi denari…Se crede le do una mano per la messa, sa io me ne intendo.

    Dopo un breve silenzio.

    - Va bene, ma ti devi accontentare di poco.

    - Di quello che può padre.

    Voltandomi le spalle dopo avermi fatto segno di seguirlo e con voce meno dura.

    - Vedi ragazzo, di questi tempi è pericoloso accogliere disperati nella casa di Dio. Gli ultimi si sono invitati da soli, e mi hanno derubato delle poche cose che mi avevano lasciato gli sciacalli precedenti. Dico messa con una ciotola di legno al posto del calice, quello me lo hanno rubato per primo.

    Ingenuamente, intervengo.

    - E le autorità? Non fanno nulla?

    Ora lui si ferma, si volta, e stupito.

    - Le autorità? Sono loro le autorità.

    Poi riprende i suoi passi e continua a parlare.

    - Prima della rivoluzione, c’era più ordine e rispetto per il clero, oggi regna la confusione, e per alcuni, noi siamo diventati i cattivi, non c’è più timore di Dio.

    Dopo aver attraversato una navata, ed una porticina laterale, sbuchiamo in una piccolissima aia circondata da un muro di cinta, ed accostato ad esso, un minuto casolare. Nel mezzo si muove una rachitica gallina, mentre con passi stanchi un piccolo cane ci viene incontro. Superato l’uscio della casa, mi fa segno di entrare.

    - Quello che posso offrirti è tutto qui.

    Poi, indicandomi un angolo.

    - Puoi dormire lì stanotte, e riguardo al cibo, ci divideremo quello che ho.

    Lo ringrazio.

    - Mi dica come posso sdebitarmi.

    Lui annuisce, e mi indica di uscire. Appena fuori.

    - Senti, se vuoi ricambiare, allora parti dopodomani, cosi che domani mi aiuterai a ripulire l’aia e mi darai una mano in chiesa.

    Sorrido.

    - Certamente padre

    8 Luglio/messidoro

    Lascio Lione, dopo essermi fermato un giorno in più. Su consiglio del prete, mi dirigo verso Chambery. Pare che sia la direzione più giusta per raggiungere il mare.

    Alla partenza, grazie alle raccomandazioni del padre, trovo un passaggio su di un carro di mercanti, che vanno in quella direzione per un tratto.

    Sono un uomo e una donna di mezza età, lui molto magro, lei nella norma. Da quando siamo partiti, non mi hanno degnato di una parola, quindi provo io a chiedere qualcosa.

    - Siete mai stati a Parigi?

    Lei si volta e abbozza un sorriso, ma è lui a rispondere.

    - Veniamo da lì.

    - E com’è? Dicono che sia grande e bella.

    Lei ora non sorride più, anzi il suo guardo è quasi inorridito, e anche questa volta è lui a rispondere.

    - Lascia stare ragazzo, se vuoi un consiglio stai lontano da quel posto di pazzi. Parigi non è più come prima, li regna la paura.

    Curioso.

    - Voi dove andate?

    Prontamente, lui.

    - Marsiglia.

    - Cosa c’è di bello li?

    Un breve silenzio.

    - Il porto.

    Ora è lei che con un vocino flebile, che nulla centra con la sua figura.

    - Vogliamo imbarcarci.

    - Imbarcarvi? E per dove?

    Nuovamente lui

    - Vogliamo raggiungere le colonie americane, pare che li ci siano più possibilità e meno pazzi che qui.

    Sento di poter replicare.

    - Signore, chiedo scusa, ma anche laggiù c’è stata una rivoluzione, e se ora loro stanno meglio, questo accadrà anche da noi, quando tutto si calmerà.

    Il tipo scuote il capo, e ironicamente sorride.

    - Non sembri un ragazzino, ma la tua ingenuità ti tradisce.

    Ora la sua voce diventa seria.

      Vogliamo raggiungere le colonie americane, pare che li ci siano più possibilità e meno pazzi che qui.

      Be’, qui si sta ancora combattendo…ma sarà solo questione di tempo.

      Hai ancora molto da imparare.

      Cosa intendete dire?

    Non vedo il suo volto, ma sento il suono rassegnato delle sue parole.

    - Qui abbiamo mozzato la testa a uno di loro, e prima o poi i regnanti stranieri ce la faranno pagare per questo.

    Il suo pessimismo mi inquieta. Tutto quello che padre Matteo mi ha fatto leggere in questi anni, sulla libertà ,sulla capacità dell’uomo di comprendere le proprie potenzialità cognitive, sulla autodeterminazione ,insomma sulla vera identità nell’uguaglianza dell’uomo ,fino ad ora non se ne visto nulla. Quello che in questi pochi giorni ho percepito è sola angoscia e paura.

    Il viaggio continua con loro ancora per qualche ora, poi giunti ad un bivio, scendo li saluto e continuo a piedi.

    La giornata è calda, ma un aria proveniente dalle alpi, mitizza e rende sopportabile il mio cammino

    10 luglio/messidoro

    - Ehi!..fermo dove sei!

    Che Chambery non fosse accogliente come Lione l’avevo capito: sono riuscito a mangiare, ma ho dovuto dormire in un fienile e non ho trovato nessun passaggio per proseguire.

    Ora, il battito del cuore strozza il mio respiro per poi accelerare, e per un breve attimo i miei piedi si staccano dal terreno, lo stesso calore della pelle viene sostituito da un gelo improvviso; e dove sono resto. Uno strano rumore di passi copre l’aria circostante, ma non oso voltarmi per capirne la direzione ,ma la mia voce non riesce a trattenere le parole.

    - Vi prego…Sono solo un viandante…Non ho nulla di prezioso, ho solo poche monete per cibarmi.

    Il suono delle parole, che arrivano alla mia destra sono più vicine. Ha un tono roco e marcato.

    - Hai armi?

    Prontamente e senza cercare il suo sguardo.

    - No!.. No, signore, non porto armi.

    Ora la voce, che resta roca, ma diviene morbida.

    - Va bene ragazzo, voltati.

    Eseguo l’ordine, con molta paura. Ora me lo trovo davanti. E’ un uomo corpulento con una lunga barba e i suoi abiti ordinati tradiscono l’immagine che mi ero fatta di un comune bandito. Infilata nelle braghe, sbuca una pistola, ed un’altra è tenuta puntata verso di me, nella mano destra.

    Al fianco sinistro, semi coperta dalla giacca, spunta una spada, riposta nella fondina. Con un movimento zoppicante accorcia le distanze da me, ed io con la gola secca, balbetto.

    - La prego…Signore…

    Lui ora sorride e abbassa l’arma.

    - Va bene ragazzo…Scusa se ti ho spaventato, ma da queste parti il brigantaggio è florido.

    Poi, sono redarguito.

    - Tu devi essere un pazzo! Fare queste strade, da solo e disarmato, è da incoscienti…Dove sei diretto?

    Con un senso di colpa e imbarazzo.

    - Verso il mare signore…Nizza.

    - Nizza?

    - Si…poi vorrei dirigermi sulla costa ligure.

    Il suo tono diventa sarcastico.

    - Ah!.. Cosa sei?...Un mercenario?...Direi di no!...Un idealista?

    Ho lo guardo stupito, non comprendo le sue parole.

    - Non comprendo signore!

    - Da quelle parti c’è schierato un esercito, se vai laggiù è per combattere.

    - In realtà non ne sapevo nulla. Io non voglio combattere.

    Ora è molto vicino a me, al punto che le mie narici assorbono il puzzo del suo alito.

    - Anch’io vado da quelle parti ,se vuoi puoi venire con me. Non ti consiglio di percorrere queste strade da solo.

    - Per quale ragione signore?

    Si volta e comincia a incamminarsi facendomi segno di seguirlo…Poi mi risponde.

    - Briganti, i più contrabbandieri e disertori.

    Lo seguo.

    - E cosa se ne farebbero di un poveraccio come me?

    Si volta e ride.

    - Appunto! Proprio perché non vali nulla, ti ammazzerebbero come un cane.

    Con lui davanti ed io dietro a pochi passi, raggiungiamo una rupe, oltre la quale ci sono due cavalli ed un piccolo carro. Lui mi fa segno

    - Vieni!

    Lo seguo. Giunti a ridosso del carro, da una sacca tira fuori del pane ed una borraccia.

    - Tieni, metti in bocca qualcosa, poi mi dirai cosa hai deciso.

    Do un paio di morsi al pane, ed un paio di sorsate di quella che credevo acqua, ma che in realtà era vino.

    - Se non è un problema, accetto il vostro passaggio.

    Compiaciuto.

    - Bene! Allora dammi una mano con i cavalli.

    Nei suoi movimenti, noto un leggero claudicare, che combacia con il mutare del viso, come smorfie di un lieve dolore.

    Sistemati gli animali, mi fa segno di salire e lui dopo di me.

    Il primo chilometro circa lo passiamo senza rivolgerci parola, poi io rompo il silenzio.

    - Signore, non ci siamo presentati ,io mi chiamo Angelo.

    - Gèrard.

    Ha un volto strano, poco raccomandabile, ma allo stesso tempo, i suoi modi sono gentili e spontanei e questo stimola la mia curiosità.

    - Avete già fatto questo tragitto altre volte?

    - Oh si ragazzo, parecchie volte, questa zona la conosco molto bene.

    - Sempre da solo?

    - Quasi sempre.

    - Per voi non è pericoloso?

    Un ghigno anticipa un sorriso, prima abbozzato poi più marcato.

    - No, a me non fanno nulla…Mi lasciano in pace.

    Curioso.

    - E come mai? Hanno paura?

    Questa volta il suo sguardo manifesta orgoglio.

    - In un certo senso sì, ma forse più che paura, rispetto…Un tempo ero uno di loro.

    Rimango sorpreso, e questo mi fa tacere. Lui nota il mio disagio.

    - Non ti preoccupare ragazzo, non hai nulla da temere da me. Ero un bandito per necessità e disperazione, ma non ho mai fatto del male alla povera gente.

    Questo non mi rende più tranquillo, ma in fondo da me non ha nulla da guadagnarci, se non una buona compagnia per il viaggio.

    - Come mai avete smesso? Vi siete ravveduto?

    Ora il suo tono è serio ma compiaciuto.

    - Forse sarebbe meglio dire, perché ho cominciato?

    La mia curiosità ora pervade il resto del corpo.

    - Di strada è di tempo ne abbiamo, ed io amo ascoltare. Perché non mi raccontate?

    Gèrard mi guarda serio, come stranito.

    - Sul serio Ragazzo?

    Io annuisco, e lui sorride.

    - D’accordo. Devi sapere, che prima della rivoluzione, lavoravo non molto distante da Parigi, per una famiglia importante della nobiltà francese. Gente arrogante e insopportabile. La mia famiglia era tutta al loro servizio, io e mio padre eravamo stallieri, le mie sorelle e mia madre governanti e cuoche. Nei confronti di altri, non stavamo male, ma questo comportava spesso umiliazioni per un non nulla. Addirittura il nostro padrone, si sollazzava con le mie sorelle, ma tutti facevamo finta di niente. Poi arrivò quel giorno, quello in cui i ruoli si scambiarono. I miei padroni fuggirono in tempo, ma io seppi di altri come me che davano la caccia ai nobili in fuga e non, e così mi unì a loro. Il passaggio da rivoltoso a bandito è stato una conseguenza, ora volevo solo umiliarli e derubarli, non mi importava di alcun ideale. Fummo costretti a rifugiarci su queste colline, lontano da Parigi, ma vicino al confine. Da qui passava chi fuggiva, ma soprattutto da qui si poteva contrabbandare. Fu in quel periodo che conobbi lui.

    Si ferma, ed io subito chiedo

    - Lui, chi?

    Un lungo respiro anticipa la risposta, e la continuazione del racconto.

    - Andrè! Andrè Massèna.

    Durante quel periodo, ci imbattemmo in un gruppo di contrabbandieri, meglio organizzato di noi, Andrè era il loro capo. Era un ufficiale fuori uscito dall’esercito reale, che invece di aderire al nuovo governo, preferì sfruttare il caos e darsi agli affari, se così vogliamo considerarli. Con se aveva alcuni suoi soldati, che lo avevano seguito, gente capace, ma soprattutto decisa. Come dicevo, noi pestammo i loro piedi, e ce la fecero pagare cara; in uno scontro uccisero alcuni di noi , poi disse a quelli che eravamo rimasti, che in quella zona o si lavorava con lui…o non si lavorava affatto.

    Devo dire, che il suo modo di fare ed il suo carisma, mi avevano affascinato, quindi decisi da andare con lui. Aveva una certa classe, non era un bandito ,ma un vero e spietato affarista.

    Per lui frodare e arraffare era un’arte, la ricchezza era il suo pallino principale…ma non gli bastò. Circa un anno dopo se ne andò; mi disse " Caro Gèrard, il solo denaro non è sufficiente senza la fama, il potere e la

    gloria". Quindi, convintosi delle nuove idee rivoluzionarie, rientrò nel nuovo esercito.

    Approfittando di una sua pausa.

    - E voi?

    - Io restai, ancora per un poco, ma qualcosa era entrata nella mia mente, fino a creare delle idee di tipo patriottico.

    - Ed è lì che smetteste di fare il contrabbandiere?

    - Sì ,in un certo senso si. Ripensai anche alle sue parole, quando disse: Il nuovo stato delle cose, può migliorare il nostro mondo, potremmo arricchirci nella legalità, ma per farlo dovremo essere nella mischia.

    Così, quando la Francia fu minacciata, mi recai anche io a difenderla.

    - Vi siete arruolato anche voi?

    - No, mi sono unito alla milizia che andava verso nord, e partecipai alla battaglia su a Valmy. Fu una giornata gloriosa ma drammatica, durante la mischia, un austriaco mi piantò la sua baionetta nella gamba, e per fortuna che si accontentò solo di quello ,lasciandomi urlante e sanguinante in mezzo ad altri, urlanti e sanguinanti.

    Voltandosi verso di me, con un sorriso amaro.

    - Lì, compresi di non essere fatto per la guerra, e nemmeno per la gloria. Mi curai e tornai qui tra le colline, dove ritengo di saper sopravvivere.

    - Avete mai più visto il signor Massèna?

    - No, visto no ,ma ne ho sentito parlare. Pare che ora sia un pezzo grosso dell’esercito, addirittura Generale, e se quello che ho saputo è vero, in questo momento comanda il nostro esercito in Italia.

    Il viaggio continua, alternando brevi silenzi a piacevoli lunghi dialoghi, in fondo siamo due uomini soli e avere qualcuno con cui confrontarci è importante. Mi rendo sempre più conto, che comunicare per me è vitale, ho fame di sapere e di capire. Il mondo in cui ho vissuto fino ad ora era diverso da quello reale.

    Durante il tragitto evitiamo i grossi centri abitati, lui non si sente troppo sicuro, mentre nei piccoli villaggi è ben conosciuto, e li otteniamo ospitalità ed informazioni. Pare, che ci siano movimenti militari provenienti dalla Spagna, diretti verso la costa ligure, questo sembra rendere la strada meno sicura. Si dice che l’esercito requisisca cibo e altro materiale necessario per la nuova campagna e che molti soldati approfittano della loro uniforme per ottenere qualcosa in più.

    Geràrd mi prende da parte.

    - Senti ragazzo! Dalle informazioni avute, se vuoi andare verso ponente, mi dicono di evitare Nizza, c’è troppa confusione e soprattutto allunghi il tuo viaggio. Domani ti lascerò a un bivio, da li attraverserai le montagne ed entrerai nel Piemonte. Quella pare essere la strada sia più tranquilla.

    Apprezzo la sua preoccupazione.

    - Va bene, grazie. Troverò passaggio per le montagne?

    Anche di questo si è già preoccupato.

    - Si. Alcuni chilometri dopo il bivio troveranno un piccolo paese, tu cerca dello stalliere, si chiama Biagio.

    Si volta, e dal carro alle sue spalle tira fuori un pacco di tessuto legato con del filo.

    - Consegnagli questo e dille che glielo mando io…Lui ti porterà oltre i monti.

    La mia inevitabile curiosità.

    - Cosa c’è nel pacco?

    Aspettandosi la mia domanda prontamente risponde.

    - Non è sempre necessario sapere.

    Non insisto, e annuisco.

    Il giorno dopo ,giunti al fatidico bivio, ci salutiamo e lo ringrazio,poi lui molto freddamente risale sul carro e riparte. Io resto alcuni secondi a guardare

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