Il libretto rosso di Gesù: Strappato alla censura ecclesiastica, il
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Il libretto rosso di Gesù - Fabio Zanello
Collana «I LIBRETTI ROSSI», 6
Il libretto rosso di GESÙ
Strappato alla censura ecclesiastica, il «quinto vangelo»
di Cristo invoca la giustizia sociale e annuncia la rivoluzione
A cura di Fabio Zanello
© 2014 Red Star Press
La riproduzione, la diffusione, la pubblicazione su diversi formati e l’esecuzione di quest’opera, purché a scopi non commerciali e a condizione che venga indicata la fonte e il contesto originario e che si riproduca la stessa licenza, è liberamente consentita e vivamente incoraggiata.
Prima edizione nei «Libretti Rossi»: dicembre 2014
Prima edizione in e-book: gennaio 2014
Design Dario Morgante
Red Star Press
Società cooperativa
Via Tancredi Cartella, 63 – 00159 Roma
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Il libretto rosso di
GESÙ
Strappato alla censura ecclesiastica,
il quinto vangelo di Cristo invoca la giustizia
sociale e annuncia la rivoluzione
A cura di Fabio Zanello
REDSTARPRESS
Questo libro nasce nel quartiere romano di Torpignattara, oggi forse il più multietnico e problematico della capitale.
Saluto chi me ne ha esortato la stesura, le persone che ho consultato per l’esegesi dei testi, e Giacinto Calfapietra, che mi ha condotto per le strade di questo quartiere, dove l’Umanità non è una parola.
INTRODUZIONE
Il Libretto Rosso di Gesù consiste di una raccolta di estratti dei quattro Vangeli canonici, compresi degli Atti e delle Lettere; di quelli apocrifi, compresi degli Atti e delle Lettere; di quelli gnostici e di altri scritti concernenti soprattutto i ritrovamenti di Nag-Hammadi (1945); della narrativa islamica e coranica su Gesù, ove le sue parole e le sue azioni sono riportate perlopiù per trasmissione (hadith), come per il profeta Maometto.
Questi estratti, provenienti da tali fonti, sono stati ricomposti insieme, a partire da episodi della natività e dell’infanzia di Gesù, come in una sorta di ulteriore vangelo, quasi un «Quinto Vangelo».
Il procedimento non è di principio infondato, e questo a partire dalla tesi, maturata nello scorso secolo in ambito filologico neotestamentario, sull’esistenza della cosiddetta «Fonte Q» (dal tedesco Quelle = fonte, da cui Q). La supposizione è che sia esistita una fonte orale all’origine, appunto la «Fonte Q», da cui Matteo, Marco, Luca e Giovanni avrebbero diversamente attinto. Secondo questa tesi, tale fonte sarebbe stata composta di un elenco di detti, e per questo motivo è anche nota come Vangelo dei Detti o Fonte dei Detti Sinottici.
La tesi si è rafforzata con la scoperta, in una caverna a Nag Hammadi nel 1945, dei due Vangeli di Tomaso e di Filippo, che presentano diversi riscontri con il racconto evangelico tradizionale. Ciò che li distingue è semmai la forma narrativa, ovvero una minima descrizione dei percorsi e dei luoghi, a fronte di una maggiore attenzione a riportare quasi esclusivamente e in forma diretta la parola di Gesù.
Va aggiunto che, a una osservazione attenta della letteratura islamica sulla vita del profeta Gesù, anche questo insieme narrativo si presenta ricco di corrispondenze e similitudini con il corpo neotestamentario, così da corroborare l’ipotesi di una medesima fonte alla base delle narrazioni canoniche, come di quelle extracanoniche.
Occorre tuttavia sottolineare come siano gli stessi assertori della «Fonte Q» a postulare che questa fonte, se esistita, debba essere stata orale, rendendo nei fatti l’oggetto del contendere inesistente per definizione. Da cui l’inevitabile corollario di posizioni contrastanti tra gli studiosi del Nuovo Testamento, nel merito di un’ipotesi priva di possibile riscontro dal punto di vista testuale.
Stante questa teoria così formulata, ciò che ne consegue è, almeno in linea teorica, la possibilità di ulteriori Vangeli che a quella fonte – per natura non verificabile – avrebbero potuto attingere per il proprio racconto. Nulla esclude infatti, come già accaduto per i rotoli di Nag Hammadi, che nuove e inedite redazioni della vita di Gesù potrebbero venire alla luce, ispirate alla originaria fonte di cui parte della filologia biblica del XX secolo ha supposto l’esistenza.
In sostanza, come ognuna delle narrazioni evangeliche fino ad oggi note avrebbe tratto elementi dalla «Fonte Q» finendo per diversificarne il racconto secondo le diverse disposizioni letterarie, ideologiche, culturali, escatologiche e politico-sociali dei rispettivi autori, così anche Il Libretto Rosso di Gesù potrebbe considerarsi un testo che, muovendo da quella ipotetica fonte, la ripropone secondo le inevitabili scelte di una scrittura di seconda mano. Una scrittura che sempre re-interpreta e inevitabilmente sceglie, per la disposizione del suo redattore, ma anche solo per le circostanze fortuite che possono intervenire nell’accesso ad alcune testimonianze a esclusione di altre.
Accanto alla tesi della «Fonte Q», un altro supporto alla veridicità di narrazioni della vita di Gesù non riducibili al solo canone neotestamentario è rappresentato dalle cosiddette «armonie evangeliche». A partire dal secondo secolo dopo Cristo, e come supporto all’evangelizzazione dei popoli del vicino Oriente, la letteratura cristiana diede luogo infatti alla produzione di versioni della vita di Gesù concepite come narrazioni unificate dei quattro Vangeli canonici, di cui la più nota è il Diatessaron (dal greco dia tessaron, vale a dire «secondo i quattro») di Taziano il Siro. Le «armonie» seguono da vicino il testo dei Vangeli, ma lo dispongono in una nuova e differente sequenza, il cui risultato è inevitabilmente la creazione di un nuovo racconto, differente da tutti e quattro gli originali. Nuovo racconto unificato e fittizio, ma fino ad un certo punto, se si considera che proprio il Diatessaron di Taziano fu il testo ufficiale del Nuovo Testamento per alcune Chiese di lingua siriaca fino al V secolo.
Questi ragionamenti, inerenti la tesi della «Fonte Q» e la letteratura delle «armonie evangeliche», sono solo qui esposti in linea teorica, e non vogliono suffragare filologicamente una narrazione, quella de Il Libretto Rosso di Gesù, che è un’evidente ricomposizione attuale della vicenda del fondatore del cristianesimo. Il loro richiamo vale però a mostrare come una inedita storia di Gesù può considerarsi formalmente valida, al pari di quelle che la storia ci ha consegnato, quando nel solco della tradizione a cui tutte le altre si rifanno, a partire dalla ipotetica «Fonte Q» fino alla vulgata delle «armonie».
Più che un discorso di legittimità, vale qui un discorso di opportunità, ovvero il tipo di scelta operato dal redattore sugli avvenimenti da enfatizzare e sul loro assemblaggio, al pari delle omissioni; discrimine che del resto già caratterizza le differenti versioni di Matteo, Marco, Luca e Giovanni, così come di Tomaso e del restante corpus degli apocrifi.
Più marcatamente spirituale Giovanni, esoterico Tomaso, etico e sociale Luca, taumaturgico Marco, morale Matteo, ognuna delle storie più note della vicenda di Gesù ne mostra infatti aspetti diversamente peculiari, secondo le declinazioni dei rispettivi autori.
* * *
Dal messianismo alle rivolte dei contadini e dei servi della gleba durante il Medioevo, alla contemporanea «teologia della liberazione» per non parlare delle recentissime asserzioni di Papa Francesco, il messaggio di Gesù si è sempre intersecato con rivendicazioni di tipo politico e sociale, a favore di quel Regno che, evocato dal Messia, si è cercato a più riprese di vedere storicamente realizzato come compimento effettivo della sua predicazione.
In un articolo dal titolo Gesù Cristo rivoluzionario e socialista, pubblicato su «La Giustizia» del 5 febbraio 1888, Camillo Prampolini, uno dei padri del socialismo italiano, scriveva: «Sì, Gesù fu socialista [...]. Egli proclamò che gli uomini sono tutti uguali; non ammetteva la proprietà privata né la conseguente divisione dei cittadini in padroni e servi, ricchi e poveri, gaudenti e affamati, e predicava invece la comunione dei beni».
Da allora, il recupero della figura di Cristo come testimone di giustizia e uguaglianza, come primo vero socialista, ha continuato a essere motivo ricorrente della propaganda della sinistra storica, e a costituire il tema centrale del più celebre degli scritti dello stesso Prampolini, quella Predica del Natale che conobbe una straordinaria diffusione. Nell’opuscolo, pubblicato nel 1899, l’autore ribadiva: «Questo, o lavoratori, questo era il pensiero e questa fu la predicazione di Cristo. Un odio profondo per tutte le ingiustizie, per tutte le iniquità, un desiderio ardente di uguaglianza, di fratellanza, di pace e di benessere fra gli uomini; un bisogno irresistibile di lottare, di combattere per realizzare questo desiderio – ecco l’anima, l’essenza, la parte vera, santa del cristianesimo [...]. Sì, voi sarete con noi, voi lotterete tutti al nostro fianco, perché noi socialisti siamo oggi i soli e veri continuatori della grande rivoluzione sociale iniziata da Cristo».
Alcune testimonianze ricordano come le immagini raffiguranti il «Cristo dei lavoratori» fossero affisse alle pareti dei circoli socialisti accanto al ritratto di Marx, o offerte come dono di nozze alle spose nei primi casi di matrimoni civili. Immagini che raffiguravano Gesù secondo la tradizionale iconologia religiosa, ma con una didascalia che ne ribaltava il significato spirituale per trasmettere un inequivocabile messaggio politico: «La natura ha stabilito la comunanza dei beni. La usurpazione ha prodotto la proprietà privata».
Michail Gorbaciov, presidente di uno Stato che ha fatto dell’ateismo il suo punto di forza, dichiarò forse in modo provocatorio, in occasione della sua visita a Gerusalemme nel 1992, che Gesù era stato in realtà il primo socialista, il primo che si era adoperato per ottenere migliori condizioni di vita per l’umanità. Da questo versante si comprendono perfettamente tutte le parole dello stesso Engels che, nel suo articolo Per la storia del cristianesimo primitivo, elenca gli indubitabili punti di contatto tra comunismo e cristianesimo delle origini: