Emilio
By Mattea Rolfo
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Un’identità ce l’ha, ma ne ricerca in ogni istante una più calzante. La carta d’identità, invece, la perde sempre.
Ama vivere, anche se ogni tanto si accorge di morirelentamente.
Del resto, Emilio è umano.
Emilio non è né basso né grasso, né alto né magro, né bello né brutto. Ma si sente quasi sempre troppo basso o troppo alto, troppo magro o troppo grasso, troppo brutto o troppo bello. Raramente si sente giusto.
Del resto, Emilio è umano.
Emilio ha trent’anni. Non potendosi più permettere un amico immaginario, ha un figlio immaginario di nome Ugo.
Emilio osserva tutto quello che lo circonda, e, generalmente, quello che lo circonda gli interessa. Non che sia per forza bello, ma di sicuro è interessante. Non capisce come faccia la gente ad annoiarsi, con tutto quello che c’è da osservare. A lui sembra, più che altro, che non ci siano mai abbastanza
ore nella giornata, e mai abbastanza giornate nei mesi, e mai abbastanza mesi negli anni, e mai abbastanza anni nella vita. Allora, vista tutta questa ristrettezza temporale, ha deciso di lasciare un’eredità a Ugo.
Ha preso un taccuino, e ha iniziato ad appuntare tutte le sue considerazioni. Così, una volta finiti i suoi ore, giorni, mesi, anni, Ugo avrebbe potuto continuare la sua opera.
Certo, Ugo è immaginario, ma il taccuino è pieno di immaginazione.
Certo, Ugo è incorporeo, ma i suoi pensieri non sono privi di spessore.
E così, la sua eredità sarà il taccuino di Emilio.
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Emilio - Mattea Rolfo
Mattea Rolfo
EMILIO
Vi presento Emilio
Emilio non crede in tutto ma crede in qualcosa.
Un’identità ce l’ha, ma ne ricerca in ogni istante una più calzante. La carta d’identità, invece, la perde sempre.
Ama vivere, anche se ogni tanto si accorge di morire lentamente. Del resto, Emilio è umano.
Emilio non è né basso né grasso, né alto né magro, né bello né brutto. Ma si sente quasi sempre troppo basso o troppo alto, troppo magro o troppo grasso, troppo brutto o troppo bello. Raramente si sente giusto. Del resto, Emilio è umano.
Emilio ha trent’anni. Non potendosi più permettere un amico immaginario, ha un figlio immaginario. Si chiama Ugo, ed è una peste. Fa un sacco di cose preoccupanti. Tra le altre, scappa sempre. Emilio è molto preoccupato che un giorno o l’altro si perda e debba poi andare a ricercarlo su Chi l’ha visto
. Sarebbe un po’ imbarazzante cercare un figlio immaginario.
E le donne? Con le donne, è un bel problema. Quella che trova è sempre troppo bassa o troppo alta, troppo magra o troppo grassa, troppo brutta o troppo bella. E poi, già è difficile trovare la donna ideale per farci un figlio, figurarsi la donna adatta a un figlio ideale. Ideale, nel senso di immaginario, ché di ideale, in senso iperuranico del termine, Ugo non ha molto.
Ugo, però, non l’ha di certo fatto da solo. L’ha fatto con una ragazza, una ragazza in carne e ossa, per nulla immaginaria. Un mattino, mentre lei dormiva nel suo letto, l’aveva abbracciata, e lei era tutta appallottolata, pesante, bollente. Da leggerissimo e impalpabile oggetto di intangibili desideri, era diventata un bozzolone caldo nel suo letto. Un residuo radioattivo. Aveva usato qualche frase di circostanza, tipo: Il mio sentimento nei tuoi confronti si è indebolito
, o Non ti merito
, o forse Non mi meriti
. Gli pareva che Ti lascio perché di mattina nel mio letto ti vedo come un bozzolone caldo
non fosse una frase adeguata. Eppure Ti lascio perché di mattina nel mio letto ti vedo come un bozzolone caldo
era la verità.
Emilio osserva tutto quello che lo circonda, e, generalmente, quello che lo circonda gli interessa. Non che sia per forza bello, ma di sicuro è interessante. Non capisce come faccia la gente ad annoiarsi, con tutto quello che c’è da osservare.
A lui sembra, più che altro, che non ci siano mai abbastanza ore nella giornata, e mai abbastanza giornate nei mesi, e mai abbastanza mesi negli anni, e mai abbastanza anni nella vita.
Allora, vista tutta questa ristrettezza temporale, ha deciso di lasciare un’eredità a Ugo.
Ha preso un taccuino, e ha iniziato ad appuntare tutte le sue considerazioni.
Così, una volta finiti i suoi ore, giorni, mesi, anni, Ugo avrebbe potuto continuare la sua opera.
Certo, Ugo è immaginario, ma il taccuino è pieno di immaginazione.
Certo, Ugo è incorporeo, ma i suoi pensieri non sono privi di spessore.
E così, la sua eredità sarà il taccuino di Emilio.
IL TACCUINO DI EMILIO
Parte I
VARIE
Pressioni incontrollate
Ieri ho deciso di inaugurare la pentola a pressione.
Avevo un blocco ghiacciato di un chilo di minestrone venti verdure, quindi mi sono deciso.
Ho scartato la pentola, ci ho buttato dentro il monoblocco, e ho aggiunto acqua.
Ho chiuso il tutto e ho messo sul fuoco.
C’era scritto: far cuocere per venti minuti dopo il fischio.
Dopo dieci minuti, ancora nessun fischio.
Mi sono accorto di avere una commissione urgentissima da fare, proprio sotto casa.
Allora mi sono detto: vado, e cerco di metterci meno di venti minuti.
Quando sono stato sotto, potevo vedere il balcone di casa mia dal posto dov’ero in coda.
Lo guardavo, e intanto pensavo: non è che quando c’è il fischio si deve schiacciare quel pirulino sopra il coperchio, per evitare che la pentola diventi una bomba a pressione?
Mi è venuto l’impulso di mollare la coda e di tornare su a verificare.
Poi ero già troppo avanti, c’erano troppi vecchietti borbottanti dietro di me, l’idea di essere dietro di loro mi faceva venire l’acne giovanile. Allora son rimasto davanti.
Guardavo sempre il balcone.
A un certo punto, un bolide d’acciaio ho spaccato il vetro della porta-finestra, ha attraversato con un volo semicircolare il cielo, ed è atterrato in grembo a un mendicante che mendicava dall’altro lato della strada.
Questo