Le fiabe della mamma. Secondo volume
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Le fiabe della mamma. Secondo volume - Grazia Leocata
PASTICCIONE
LO ZAINO RIBELLE
LO ZAINO RIBELLE
C'era una volta uno zaino che si lamentava sempre: - Ahi! Ahi! Come son ridotto! - E i libri gli rispondevano: - Oh.. caro amico, anche noi soffriamo, siamo stretti e sgualciti! -
Poi l'astuccio disse afflitto: - Ed io con tutte le mie amiche penne, colori e gomme, in tanti siam spezzati con le gambette paralizzate! -
Successivamente, con un fil di voce, parlò anche il panino: - E guardate me… son diventato secco come una sottiletta! -
- E io? Cosa dovrei dire...? - sbottò la bottiglietta - prima ero panciuta e bella ed ora son brutta e spilungona! -
- La tua acqua, bottiglietta cara, conosco bene perché spesso m'inonda... Per me sono le lacrime che non riesco più a versare! Ahi! Ahi! - rispose lo zaino.
All'improvviso quel singhiozzo s’interruppe e lo zaino esclamò risoluto: - Basta! Dobbiamo ribellarci e farci rispettare... questa non è vita! Non posso più vedere la nostra piccola padroncina Lilli che ogni mattina sembra una vecchietta curva, stanca e con i passi lenti e sofferenti! -
- Sì, Basta! - esclamarono tutti in coro. Ma il vocabolario che, tra tutti, era il libro più voluminoso domandò: - Come faremo senza nuocere a nessuno? -
Lo zaino, che da tempo aveva ben meditato, spiegò loro il piano. Successivamente iniziò a muoversi all'impazzata da una parte all'altra e così tutti uscirono fuori. - Ahhh! - sospirarono con sollievo. Ad uno ad uno si misero in fila e ordinatamente uscirono dalla finestra che la piccola Lilli teneva socchiusa. Pian pianino, andarono a scuola.
Giunti innanzi al portone d’ingresso si arrampicarono per un tratto nella grondaia finché, raggiunta la buca delle lettere, s’ intrufolarono dentro quell' enorme edificio.
Subito notarono uno spiraglio di luce che proveniva dal fondo del corridoio. Il libro di storia disse: - Ci siamo.. quella è la stanza della direttrice! Andiamo! - Affiancandosi l’uno all’altro si accostarono alla parete e con passo felpato proseguirono la loro missione. Poi udirono qualcuno che russava e sussurrarono: -Presto andiamo! - Davanti a loro videro la vecchia direttrice che dormiva beatamente!
A un tratto il vocabolario esclamò: -Ora o mai più!- Subito tutti i libri si impilarono l’uno sull'altro formando una scala e poi con attenzione si posizionarono sul corpo dell’anziana signora al pari di una coperta. Essi, quasi ridendo, bisbigliarono:
- Così assaggerà anche lei, cosa significa portare addosso tale pesantezza! - Infine, salì il vocabolario che, trovatosi faccia a faccia con la direttrice, improvvisamente si lasciò cadere sul suo viso: Tonf!
Quella sgranò subito gli occhi: oltre ad accorgersi che un libro le stava attaccato sulla faccia avvertì un senso di pesantezza su tutto il corpo che, quasi quasi, le impediva di muoversi. Ma poi tremò di paura appena udì delle voci che gridavano: - Siam pesanti e siam stracciati, siam stanchi ed arabbiati! Se ci riponi in vecchi armadi non c’importa, basta che i bambini non escano stanchi da quella porta! -
La direttrice rimase sbigottita ed esclamò : - Non è possibile! - E ancora quelle voci insistevano: - O ci tratti bene o per te saran guai veri! Anche tu dei grandi pesi dovrai sopportare!- . Udito ciò, si alzò a fatica dal letto e ciò che all'istante le sembrò un’illusione si trasformò, invece, in un brutto incubo.
-Vuoi vedere....- andava bisbigliando, in preda al panico. Dopo di che guardò il vocabolario e ne lesse un rigo dove c’era scritto: "Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te". All'istante, ancora in pigiama, si precipitò nella stanza della vecchia libreria, sistemò alcuni libri antichi e poi con uno strofinaccio pulì altri vecchi scaffali dove depose delicatamente il vocabolario e tutti gli altri libri che, inspiegabilmente, si trovavano su di lei. Poi disse: - D' ora in avanti tutti i libri saranno riposti qui! - Non appena la direttrice si ritirò in camera, i libri esultarono ed urlarono con gioia:
- Ce l'abbiamo fatta! - E il vocabolario, dall’alto della sua saggezza così canticchiava: - Questo ci insegna che se una cosa si vuole e sei nel giusto si fa, basta solo un po’ di impegno e tanta buona volontà! - Finalmente tutti erano stati trattati per come meritavano. E da quel giorno, ogni mattina non si videro più vecchietti e gobbi ma… i sorrisi di tanti bambini che crescevano sani e sereni.
Il grande Re
IL GRANDE RE
C’era una volta una bravissima archeologa che, sempre in cerca di reperti antichi, volle recarsi nella vecchia isola di Zamzibai, meglio conosciuta come la lamentaia
, perché - così dicevano tutti - specialmente di notte si sentivano strani lamenti e scricchiolii talmente sinistri da fare accapponare la pelle.
Ma l’ archeologa non si faceva impressionare e, anzi, a chi le consigliava di non partire rispondeva: - Ognuno dice la sua verità, ma il vero dove sta? Solo chi vivrà, vedrà! -
Dopo qualche giorno partì con un piccolo aereo ad elica. Dall’ oblò di quel velivolo scorse l’isoletta che all’apparenza era un po’ inquietante perché aveva la forma di un teschio. Spiccavano, in particolare, le cavità degli occhi che erano due grandi laghi con al centro una roccia altissima, simile ad un grosso naso e, più giù sulla bocca, l’accesso al tempio di Anavàla. Era, questo, il nome del re buono che pur avendo regnato con tanto amore e devozione per il suo popolo, scomparve misteriosamente. Dopo un atterraggio piuttosto scomodo, Laina si diresse verso il tempio percorrendo un sentiero infangato e tappezzato da una fitta moltitudine di alberi e di sterpaglie.
Tutto ad un tratto udì un rumore e pensò: -Cominciamo bene! - Si guardò attorno e notò che a provocarlo erano stati alcuni animali. Proseguì e subito dopo aver attraversato un lungo ponte di legno marcio, fradicio e scivoloso si trovò in bilico nel vuoto, proprio innanzi all’ingresso di quel tempio famoso. - Quant’è spettrale! - andava sussurrando. Immediatamente prelevò dal suo zaino una martellina e, pian pianino, iniziò a picchiettare vicino ad una bella colonna impreziosita da alcuni disegni. Poi, all’imbrunire, montò una piccola tenda vicino alla colonna per trascorrervi alcune notti.
Al penultimo giorno della sua permanenza, tra una scavata e un’altra, vide spuntare dal suolo un ossicino ed esclamò: - Ma… qui c’è qualcosa! - Scavò ancora più in fretta, finché quell’ osso diventò più lungo, un braccio, poi ne trovò un altro molto più