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ROOM 39 La misura del coraggio
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ROOM 39 La misura del coraggio

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About this ebook

Esiste un progetto segretissimo denominato MCFluid in grado di cambiare le sorti dell'umanità. Fino ad oggi il suo ideatore, l'ambizioso e geniale esperto di metrologia Alexander Meyer era convinto che fosse ben custodito, ma quando lo stesso Meyer viene rapito assieme all'incapace e poco amato figlio Alfred, le sue certezze crollano e teme il peggio. Riuscirà il pericoloso rivale Owen ad ottenere le chiavi per comprendere e svelare il progetto? E cosa ha a che fare con tutto questo il sistema metrico decimale? Perché è scomparsa Lucia, l'esperta guida delle grotte ipogee di Osimo? E che segreto nascondono queste assieme alle grotte di Camerano e a quelle messicane di Naica? Riuscirà Alexander Meyer imprigionato in un vagone della Transiberiana a rispondere in tempo al pazzesco "quiz" di Owen prima che lui e suo figlio Alfred muoiano assiderati? In un crescendo di colpi di scena, crudeli ritorsioni, e diaboliche strategie che fanno leva sugli affetti e sulla smodata sete di potere di Meyer, il romanzo si snoda tra misteri reali e fantastici creando un intreccio serrato e originale che coniuga vere informazioni scientifiche e scoperte futuribili, fino ad un finale incalzante e inaspettato.
LanguageItaliano
Release dateSep 26, 2015
ISBN9788869821103
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    Book preview

    ROOM 39 La misura del coraggio - Mauro Cavina

    EPILOGO

    PROLOGO

    Il passo rapido di Dan Owen è segnato dal ritmico ondeggiare del cappotto in pregiata lana Melton. Ai suoi piedi, lucide scarpe a doppia fibbia John Lobb, lo accompagnano durante l'attraversamento del ponte di Westminster.

    Il Tamigi preoccupa, pensa l'uomo aumentando l'andatura.

    Da parecchie ore, infatti, il livello del fiume sfiora pericolosamente il culmine degli argini. Acque torbide trascinano nel loro infuriare, rami e detriti strappati alla natura dalle violente piogge della notte appena trascorsa. Qualche tuono in lontananza, verso nord, sembra lasciare il posto a un timido sole.

    Owen stringe nella mano destra una valigetta Oxblood dal taglio vintage, confezionata a Northampton, patria dell'artigianato di lusso anglosassone.

    Un'invisibile paio di tecnologiche manette cromate, partono dal manico della ventiquattrore per allacciarsi in totale sicurezza al polso coperto da un elegante camicia blu notte Taylor G. London.

    Dopo qualche minuto di cammino, lasciatasi alle spalle il ponte in balia della piena, la carismatica figura rallenta il passo. Con la mano sinistra estrae dalla tasca del cappotto un candido fazzoletto in purissima fibra di capra hircus, se lo porta agli occhi e asciuga alcune lacrime causate dalla brezza radente. Riposto poi il fazzoletto, apre alcuni bottoni in cuoio del caldo soprabito, esattamente qualche istante prima di entrare nel sontuoso palazzo di Westminster.

    "Dobbiamo mettere le mani sul progetto MCFluid. Possiedo tutte le informazioni e le risorse per portarlo in Gran Bretagna… manca solo la tua disponibilità. Afferma categorico il primo ministro inglese. Hai carta bianca per gestire l'intera missione. Conosci la fiducia che nutro nei tuoi confronti…"

    Un rintocco della maggiore delle campane della St.Stephan's Tower, risuona nella Sala dei Lord. La penetrante vibrazione sembra incoronare la virtuale investitura.

    Anche il Big Ben ci ha benedetto. Non possiamo fallire. Continua l'uomo, con tono convincente.

    Non ho bisogno di benedizioni. So bene quello che voglio e so che lo otterrò esclusivamente grazie al mio potere. Interviene Owen senza far trapelare la benché minima emozione. "Porterò in questa sala l’MCFluid e la relativa procedura di impiego. Farò quanto di meglio sono in grado di fare grazie al sostegno del Sistema Imperiale Anglosassone" aggiunge con fermezza, senza incrociare lo sguardo del suo interlocutore.

    Lo prendo come un sì! Esclama con soddisfazione il primo ministro mentre gli porge un involucro sferico semi-trasparente contenente un micro localizzatore sottocutaneo. Questo piccolo gioiello di ingegneria ti verrà impiantato domani stesso, e ci permetterà di conoscere ogni tuo minimo spostamento. Continua entusiasta. Mi raccomando… sono nelle tue mani.

    Non ho mai fallito. Non succederà questa volta! Sibila Owen.

    Certo, come darti torto, riprende la parola il ministro. Ora però ascoltami con attenzione. Ti ho organizzato nei minimi dettagli un viaggio nella città di Osimo, in Italia e per quanto mi riguarda, quella singola missione consacrerà ufficialmente l'inizio della nostra epocale operazione.

    Owen, sfuggendo lo sguardo, riconsegna il localizzatore al primo ministro, poi, con fare irriverente, si alza dalla sedia, e appena prima di varcare la porta della sala dice "Non vi permetterò di conoscere le mie mosse, l'MCFluid vivrà o morirà con me!"

    1

    Ti ho detto mille volte che voglio poter tarare ognuno degli strumenti utilizzati in questa stramaledetta fabbrica applicando la formula relativa all'incertezza di misura! Sono quasi due anni che te lo chiedo! Ora, mi dispiace, ma siamo arrivati al capolinea. Capisco che tu sia oberato di lavoro, ma due anni… Cristo Santo due anni sono troppi! Come faccio a giustificarli alla direzione? Ti concedo l'ultimo mese, fai un poco come ti pare, consulta chi vuoi, ma esigo delle risposte. Ho chiesto al consiglio di amministrazione il permesso e le risorse necessarie per creare una sala metrologica interna all'azienda. Voglio poter garantire ai nostri clienti un servizio a 360°. Mi devi dimostrare impegno, ti paghiamo profumatamente, e ora pretendiamo di più!

    Le ultime parole del responsabile gestione qualità, nonché mio diretto superiore, Robert Aas, mi rimbombano in testa e nel cuore. Ha pienamente ragione, sono riuscito a trascinare per le lunghe un lavoro di per sé più che abbordabile, snobbandolo quasi esclusivamente per mancanza di impegno e voglia.

    Questa immensa azienda non l'ho mai sentita mia. Ricordo di essere stato assunto sulla fiducia. Avevo le caratteristiche per vendermi alla grande. Ora però ci entro malvolentieri tutte le mattine, mi limito al minimo sindacale e a fine giornata me ne vado con lo stomaco devastato dallo stress alla ricerca di pillole di tranquillità.

    Anche questa sera percorro il lungolago che da Friedrichshafen corre fino a Lindau e mi concedo la solita passeggiata prima di cena tra le illuminate vie della mia città, l'unica cosa a cui penso di essere legato veramente in questa confusa fase della mia vita.

    Adoro il centro di Lindau, ma lo attraverso sempre con passo rapido. Sono ansioso di arrivare al porto, quell'opera d'arte che da sempre bacia il lago di Kostanz. Come spesso accade libero il mio sguardo e in lontananza vedo Bregenz, in Austria. Poco più distante invece, ad ovest, scorgo i confini svizzeri. Mi fermo ad ammirare la bellezza della mia terra, resto immobile, e per qualche istante riesco ad isolarmi dalle paure insite da tempo nel più profondo del mio animo. Cerco di cristallizzare quella sensazione il più a lungo possibile, ma a causa del freddo, sono costretto a distogliere lo sguardo. Mi sento avvolgere dalla lieve nebbia che scivolando sul lago penetra lentamente attraverso i miei oramai umidi abiti.

    Istante dopo istante il tremore si impadronisce del mio corpo, obbligandomi ad andarmene.

    2

    Osimo. Un anno prima

    Una Jaguar XJ grigio metallizzato parcheggiò di fronte all'ingresso delle grotte di Osimo.

    Dan Owen entrò con sicurezza dalla porta a vetri, salutò i pochi presenti e si fermò davanti alla cassa.

    Signorina, mi ascolti… ho bisogno di visitare le grotte! Senza essere inserito in alcun gruppo naturalmente… dovremo essere solamente io e la guida.

    La cassiera e guida del sito si limitò a lanciargli un'occhiataccia. Alzando appena il tono della voce. Mi dispiace, durante l'orario di apertura al pubblico, il regolamento non me lo permette!

    Senza battere ciglio, Owen estrasse dalla tasca dei pantaloni un mazzetto di banconote da cinquanta euro e lo appoggiò sul banco. Cinque euro sono per il biglietto, il resto è per lei.

    Lucia, così stava scritto sul badge di riconoscimento che Owen lesse allungando lo sguardo, lanciò un'occhiata di sdegno alle banconote, prese in mano i cinque euro e dirigendosi verso l'entrata delle grotte disse Si riprenda ciò che non mi appartiene e mi segua, possibilmente senza commenti. La posso accontentare solo perché in questo momento non ho altri visitatori.

    Dan Owen ancora una volta non si scompose e la seguì con distacco.

    Oltrepassarono un'altra porta a vetri, fino a trovarsi all'interno di un ampio androne, nonché aula didattica, ricavata tra le mura romaniche di cinta dell'affascinante Osimo. Nella grande sala, anticamera dell'ingresso alle grotte, c'erano, disposte ad arco, una serie di sedie-banco affacciate ad una sorta di lavagna riportante una imponente mappa del paese marchigiano. La tavola raffigurava grotte e cunicoli presenti nel sottosuolo del borgo.

    La donna fece accomodare Owen e iniziò a raccontare la storia del paese, elencando le guerre che gli Osimani vinsero grazie ai nascondigli sotterranei creati nell'antichità.

    Inizialmente le grotte rappresentavano solo una fonte di approvvigionamento idrico, capace di fornire acqua potabile alla fortificazione del borgo, successivamente, gli attacchi bellici sferrati al paese obbligarono la popolazione a utilizzarli come rifugio. La fitta rete di cunicoli era collegata alla Fonte Magna, ricca sorgente presente all'esterno del paese, la quale, dava la possibilità agli Osimani di uscire dal rifugio per i necessari rifornimenti alimentari, senza essere catturati dagli attenti nemici. Attualmente sono esplorabili solo alcuni dei labirintici cunicoli. Nel corso degli anni infatti, le abitazioni soprastanti, fecero proprie le grotte presenti nel sottosuolo, ergendo muri interni, e bloccando l'accesso al ramificato sistema di gallerie… ora mi segua, scendiamo.

    Una ventina di scalini portarono Owen e Lucia nel cuore dell'ipogeo. La invito a toccare le pareti in arenaria. Una composizione ad alta percentuale di sabbia capace di conferire al sottosuolo resistenza e tenacia. Riprese lei dopo un breve silenzio.

    Perfetta! Meravigliosamente adatta al mio scopo. Questo ipogeo diverrà la tomba dell'omertà, pensò l'uomo guardandosi ripetutamente attorno.

    Come può notare, sulle pareti si possono scorgere visibilissimi i segni degli arnesi utilizzati da coloro che scavarono nel tempo questo ipogeo. Nel punto esatto in cui ci troviamo sono stati misurati circa quindici metri di profondità tra suolo a cielo aperto e pavimento calpestabile della grotta.

    Mi permetta, la interruppe affascinato. Vorrei poter vedere i simboli cristiani e i molteplici riferimenti ai lunghi periodi di vita vissuta.

    Mi segua rispose annuendo la guida, queste grotte, anche in tempi recenti, hanno rappresentato il rifugio per migliaia di persone, ad esempio durante la Seconda Guerra Mondiale. Numerosi sono i simboli cristiani, ma di questo avremo modo di parlare nel proseguo della visita… Come le dicevo, la profondità delle grotte è notevole e ciò determina un isolamento termico capace di garantire una temperatura quasi costante per tutto l'anno. Le grotte sono labirintiche. Si possono trovare cambi di direzioni continui, molti dei quali profondi solo alcuni metri, altri capaci di estendersi anche per decine e decine di metri. A tal proposito, gli antichi avevano escogitato un sistema di navigazione interna a prova di errore. Si trattava di fori praticati sul soffitto in prossimità del centro della grotta, visibili con una torcia o al tatto. Un solo foro, nel centro della volta, in prossimità di incroci dei tunnel stava a significare che la grotta perpendicolare a quella che si stava percorrendo non aveva via d'uscita. In quel modo risultava chiaro che si stava percorrendo l'unica direzione possibile. Se invece ci si fosse trovati di fronte a due fori, era necessario capire quale dei due fosse il centrale e dove fosse collocato il secondo foro. Se si trovava a sinistra significava che il tunnel di sinistra era percorribile e portava ad altre destinazioni, se invece si trovava a destra il tunnel percorribile era proprio quello di destra. Nel caso ci si fosse trovati di fronte a tre fori, stava a significare che tutte le vie dell'incrocio portavano verso tunnel comunicanti con altre grotte.

    Geniale, pensò Owen, sempre più affascinato dal luogo che lo ospitava. Poi, per un attimo, rapito dall'ambiente, si staccò di qualche metro da Lucia e con la mano cercò ancora il contatto con l'arenaria. La toccò ripetutamente, mentre con gli occhi seguiva la poco illuminata volta situata sopra di lui.

    Lucia non smise di parlare. Sono molteplici le croci cristiane che abbiamo incontrato durante il nostro percorso, se ne sarà reso conto… ma quella che sto per mostrarle è senza ombra di dubbio la più antica. Risulta infatti risalire al 1613. Poco più avanti invece, vedremo una specie di cappella circolare, dove, grazie ad apposite nicchie, i frati potevano comunicare senza mai incrociare lo sguardo. Cosa assolutamente proibita nelle comunità locali.

    Prima che la visita volgesse a termine, Lucia coinvolse l'ospite in un'ultima, scenografica esperienza.

    Ora ci avvieremo verso l'uscita, e come succede al termine di ogni visita, le mostrerò il buio profondo, quello che solo in alcuni ipogei si può sperimentare. Tra poco spegnerò le fonti luminose per circa trenta secondi… buona visione!

    Le luci scemarono gradualmente, il buio dominò incontrastato e il silenzio fu disarmante.

    Le tenebre, siamo nelle tenebre, pensò l'uomo, sentendosi prigioniero di un tenue alito di apprensione. In questi luogo i miei ospiti avranno voglia di confessare.

    Poco dopo i due risalirono le scale per raggiungere l'uscita. Si ritrovarono di nuovo nell'androne, dove Lucia ne approfittò per concludere la descrizione di quei luoghi unici e misteriosi. Poi, con naturalezza congedò il suo ospite. Grazie per il tempo dedicatomi, ma fra pochi minuti ho appuntamento un gruppo di turisti che ha prenotato una visita.

    3

    Non ho quasi il tempo di entrate in ufficio e la stanza si riempie della presenza di Aas, che, come sempre senza salutare, mi si avvicina e sbotta Allora Meyer, ci sono notizie per me?

    Signor… Aas, rispondo esitante e preso alla sprovvista. Sì… sì… questa sera le darò la risposta che aspetta, ieri non ho trovato la concentrazione giusta per risolvere il problema e…

    Molto bene! La considero una promessa! Entro la fine di questa giornata di lavoro conto di ricevere grandi novità. Ci vediamo alle cinque, sono proprio curioso di sentire ciò che avrai da dirmi.

    Già… una promessa che non sarò mai in grado di mantenere, penso maledicendo me stesso, mentre lo guardo uscire dalla stanza.

    Ora non ho scelta. Faccio contro voglia il numero di uno dei più grandi esperti di metrologia d'Europa: Alexander Meyer.

    Mentre il telefono inizia a squillare, il mio cuore rallenta il battito, e inevitabilmente le gambe mi tremano.

    Sono Alexander Meyer chi parla?

    Papà… sono Alfred, disturbo? dico con apparente energia positiva.

    Dipende! risponde lui con tono seccato. Spero tu debba sottopormi un quesito importante, altrimenti sei nei guai, conclude con freddezza.

    Sì… papà lo è! Sono a forte rischio licenziamento per il semplice fatto che non riesco a fornire al mio diretto superiore, Aas, la modalità di calcolo dell'incertezza di misura degli strumenti per variabili. Mi puoi dare una mano?

    Senti, sarò franco con te… preferirei aiutare Aas a licenziarti piuttosto che aiutarti! Comunque sia, ora non posso proprio, sono troppo occupato. dice irritato e prosegue. Ascoltami bene, tra due giorni esatti terrò a Marostica, in Italia, un convegno sulla metrologia applicata alla meccanica. Nel remoto caso tu voglia essere presente, potrò erudirti su ciò che considero un'idiozia da dilettanti, ovvero come rilevare l'incertezza di misura degli strumenti più utilizzati nella tua azienda.

    Non aggiunge altro e io, mio malgrado, non posso che accettare. Non mancherò per nessun motivo papà, conta-

    Non riesco a finire la frase che la chiamata termina bruscamente e come sempre accade mio padre mi congeda senza nemmeno salutare. Un tempo soffrivo come un cane per questo suo comportamento, ma ora non mi stupisco più: mi ha sempre trattato cosi, perché dovrebbe cambiare proprio ora?

    4

    Alfred, condivido l'idea che tu debba incontrare tuo padre, commenta Aas appoggiando entrambe le mani sul freddo piano in granito ma non farti nemmeno sfiorare dal pensiero che l'azienda ti riconosca economicamente la trasferta in Italia, continua con veemenza. So con certezza che troverai il modo di spassartela… e non certo per lavorare.! dice diretto come non mai, facendomi sprofondare nei sensi di colpa. Quindi… vedi di concentrarti è cerca di tornare con i dati che mi servono."

    Fra due giorni Aas… farfuglio gesticolando senza motivo. Appena avrò parlato con mio padre sarò in grado di fornire le risposte richie-.

    Trova il modo di non deludermi di nuovo o questa volta te ne pentirai amaramente mi interrompe concedendomi a suo modo gli ultimi giorni di bonus.

    Abbasso lo sguardo sulla scrivania, cerco di fare ordine nella mia eterna confusione e rifletto. La ramificata ragnatela di sensazioni creatasi tra stomaco e cervello mi obbliga a cercare quell'ottimismo necessario per ritrovare l'utile serenità alla mia debole situazione psicofisica.

    A conti fatti poteva andarmi peggio, molto peggio, penso mentre Aas sbatte stizzito la porta dell'ufficio. Se non altro ho rimediato in viaggio in Italia.

    L'ambiente dove sono recluso mi sembra ora più ostile del solito. Ampie pareti spoglie fanno da guscio a una vecchia scrivania in legno; a pochi passi, un piano di riscontro in granito nero riporta ancora le impronte delle sudaticce delle mani di Aas. Alcuni strumenti di misura, posti su banchi di colore blu, restano come in attesa di un mio cenno, mentre una futuribile lampada a forma di parallelepipedo allungato in verticale, sormontata da una folta schiera di tasti numerati per regolazione dell'intensità di migliaia di led, illumina la totale mancanza di finestre in ogni angolo del cubico ufficio.

    Non perdo tempo. Controllo dove si trova Marostica e quanto mi ci vorrà per arrivarci.

    Aas non ha tutti i torti, penso sorridendo. Prediligerò sicuramente il divertimento della gita fuoriporta alla reale necessità di portagli dati utili, concludo saltando a pie pari il mio senso di responsabilità.

    Ho bisogno di fare due passi, penso dirigendomi verso la macchina del caffè.

    Mentre cammino nel luminoso corridoio arredato da quadri riportanti i numerosi riconoscimenti aziendali, vengo catturato da un pensiero insopportabile.

    Rivedrò mio padre dopo quasi un anno: come farò a guardarlo negli occhi senza sentirmi una completa nullità?

    Alexander Meyer. Una vera istituzione!

    L'esperto di metrologia, colui che collabora con tutti i maggiori Enti europei che si occupano di strumenti, di scienza e tecnologia della misura. L'uomo che definisce e incasella le varie tecniche di controllo con una scrupolosità maniacale. Un pozzo senza fondo di nozioni, formule e tecniche relative alla Storia della misura. Una mente che contiene i segreti relativi ai campioni di riferimento a cui il mondo si attiene per eseguire anche la più banale delle misure.

    Il responsabile della stragrande maggioranza dei musei tecnici in cui si espongono nuove e antiche metodologie di controllo.

    Una vita dedicata al lavoro e alla conoscenza, la massima espressione del successo di una mente assolutamente al di sopra la media.

    Arrogante, sicuro e pronto a dare risposte indiscutibili; capace di sostenere una conversazione su qualsiasi argomento esistente. Una volontà di ferro mescolata ad una pignoleria senza compromessi.

    Questo è quanto conosco di lui, e soprattutto quanto confermato dagli amici, colleghi e collaboratori, nonché innumerevoli uomini di successo frequentatori della casa di mio padre. Lo devo ammettere, Alexander è una persona che ha costruito la sua fortuna con personalità, forza e determinazione, imponendosi grazie alla sua intelligenza, fino a farsi stimare in tutto il pianeta

    Finalmente arriva l'ora di pranzo. Nei preziosi sessanta minuti di pausa, da sempre esco dalle mura della fabbrica per restare in completa solitudine. Nei cinque anni di presenza nell'azienda non ho mai utilizzato una volta la mensa, non mi sono mai mescolato agli altri colleghi.

    Sfrutto ogni minuto di pausa per organizzare le mie idee e disconnettermi completamente dalla realtà lavorativa. Cerco di dimenticare Aas in ogni momento che ho la fortuna di vivere fuori dalla Obert.

    Il tempo, però, passa rapido e il rientro è inevitabile.

    Mi distraggo fra internet e mail ad amici, ma quando guardo l'orologio e mi accorgo che sono solo le quindici, un velo di tristezza mi avvolge.

    E come se non bastasse sono anche accarezzato da un leggero attacco di sonno. Devo reagire, mi ripeto stropicciandomi gli occhi. Demotivato accedo al programma per la gestione degli strumenti di misura e controllo quali di essi risultano in scadenza di taratura. Mi accorgo con stupore di aver molto lavoro arretrato. Svogliato ne stampo la lista e trascinandomi le gambe mi reco in officina.

    La Obert è una grande azienda, popolata da quasi quattrocento dipendenti che si adoperano ogni giorno nella produzione di macchine automatiche per la fabbricazione di qualsiasi genere di telecomando esistente al mondo. Dal più che classico comando a distanza per televisori, a quello delle telecamere, degli hard disk multimediali, dei lettori dvd, dei proiettori, delle autoradio, e tantissimi altri. Produciamo macchine capaci di incasellare miliardi di piccoli tasti numerati e riporli nella loro sede con una abilità e precisione disarmante. Minuscole manine meccaniche a ventosa afferrano i tasti e li depositano negli alloggiamenti delle plastiche contenitive che scorrono a velocità, temperatura e pressione assolutamente controllata.

    L'azienda ha inoltre alcune linee produttive proprie, dalle quali escono circa trentacinquemila telecomandi al giorno, tutti di elevatissima qualità.

    Entrai alla Obert con aspettative altissime. Considerato di chi sono figlio, mi venne affidata l'intera gestione del sistema qualità. Dovevo coordinare una ventina di persone addette al controllo in linea e avevo il compito di gestire l'intero sistema certificativo aziendale.

    Ma tutto questo si ridimensionò velocemente. Non riuscivo a levare un ragno dal buco, non comunicavo i problemi alla direzione, non facevo nulla di ciò che un responsabile gestione qualità avrebbe dovuto fare con fermezza e passione.

    Dopo tre lunghissimi anni di agonia subentrò Aas, il quale mise le cose a posto brillantemente. Fu proprio lui a chiedere alla direzione di non licenziarmi. Preferì segregarmi nell'ufficio gestione e taratura strumenti di misura, in modo da tenere vivo il ponte tra lui e mio padre, elemento non trascurabile.

    Che dire,

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