Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

L’era della Web Communication
L’era della Web Communication
L’era della Web Communication
Ebook333 pages6 hours

L’era della Web Communication

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

Da quando il World Wide Web – la Rete delle Reti – è entrato prepotentemente a far parte delle nostre vite, la nostra società sta sperimentando un cambiamento profondo. Ma come è cominciato tutto questo? Quando, come e perché il Web ha cessato di essere una semplice fonte di informazioni, per diventare uno strumento di interazione tra persone? E come si evolverà il Web nel futuro? Partendo dalle origini di Internet e del Web, il testo esamina in profondità le caratteristiche del Web 2.0, il Web Sociale; affronta poi il tema del Web del futuro prossimo, il Web 3.0 (Web Semantico), senza tralasciare l’evoluzione futura più remota, ossia il Web 4.0 (Web Ubiquo). Spiega come tutto ebbe inizio con la digitalizzazione, il presupposto fondamentale per fenomeni di grande attualità come la convergenza digitale e quella multimediale, la crossmedialità, la rimediazione digitale. Dal punto di vista più strettamente comunicazionale, il lavoro – nell’attribuire al Web una natura mediale – affronta il tema del passaggio dalla comunicazione tradizionale alla web communication, in tutte le sue declinazioni e modalità: la comunicazione screen to face asincrona e quella sincrona. Anche gli aspetti più concreti non vengono trascurati: un intero capitolo spiega come comunicare nel Web e fornisce utili indicazioni pratiche per fare web communication in modo efficace. La seconda parte del libro è dedicata a un’approfondita analisi delle tre aree mediali del Web di oggi: l’area della conoscenza e condivisione (dai motori di ricerca alle enciclopedie online, sino alla nuova didattica rappresentata dall’e-learning), l’area del business (e-commerce come strategia di e-business, marketing virale e web advertising come strumenti di web marketing) e l’area delle relazioni sociali (social media e blog, colonne portanti del Web 2.0). Il libro comprende oltre 30 focus, approfondimenti relativi a casi concreti – tutti legati al Web – di storie di successo o particolarmente significative.
Prefazione di Marino Livolsi, sociologo e Presidente del Corso di Laurea in Scienze della Comunicazione, Facoltà di Psicologia, Università Vita – Salute San Raffaele, Milano.
LanguageItaliano
Release dateOct 17, 2012
ISBN9788864589916
L’era della Web Communication

Related to L’era della Web Communication

Related ebooks

Internet & Web For You

View More

Related articles

Reviews for L’era della Web Communication

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    L’era della Web Communication - Riccardo Di Bari

    vita.

    Prefazione

    Un bel libro che non parla del prossimo futuro online come qualcosa di meraviglioso dove tutto è fantastico e possibile subito, anche se non è dimostrato come e si trascura il piccolo particolare che molti non vi hanno accesso.

    Leggendolo si può capire come la comunicazione, già oggi essenziale, si trasformerà ulteriormente diventando il carattere fondamentale della post-modernità. In questa prospettiva, ad esempio, vanno letti i capitoli su come si scriveranno e si leggeranno messaggi online. La comunicazione è fatta concretamente di messaggi, di testi, e questi (brevi, non dimostrati, poco emotivi) costruiranno quella del prossimo futuro.

    Una nuova cultura che inciderà profondamente nella quotidianità di moltitudini di persone: nella pratica, nello studio e nel lavoro. Con una fondamentale conseguenza: la creazione di una società nuova, molto diversa da quella in cui ancora siamo immersi.

    Anzi non una società, ma una social network o, meglio, un social network virtuale dove le relazioni sono sempre meno face to face e sempre più affidate a messaggi in Rete. Dove è necessario cercare e coltivare le diverse forme di aggregazione che sono o sembrano necessarie in una particolare circostanza.

    Cercando forme diverse di aggregazione come surrogato possibile di quanto fin qui abbiamo definito come partecipazione. Per stabilire contatti anche importanti, non occorre più condividere le stesse idee o avere omogenea collocazione sociale. Essere simili o volerlo essere o diventare. È sufficiente stabilire un legame, un link. Scegliendolo tra i molti possibili e secondo scopi e motivazioni personali. Seguendo una razionalità soggettiva e funzionale che spinge a comunicare, volta per volta, con un particolare referente per un obiettivo specifico.

    Una comunicazione sempre più problem solving, dove le emozioni sono controllate e gestite secondo chiavi e linguaggi prestabiliti. L’emoticon ne è una metafora estrema, ma significativa.

    In realtà, come appare chiaramente nel libro, le motivazioni fondamentali sono molte anche se oscillano tra due estremi: cercare legami di amicizia e ricercare informazioni utili.

    Le seconde sono più evidenti: si necessita di una conoscenza e si va su Wikipedia; si vuole (o ci si innamora all’istante) di un oggetto e lo si compra su eBay. Oppure, navigando, si possono inventare occasioni di lavoro e di nuovi mestieri/professionalità.

    In questa prospettiva, il Web è una fantastica occasione di moltiplicazione di contatti rispetto a quelli possibili nella società tradizionale.

    Ma più intriganti (forse è solo un aspetto della mia deformazione professionale) ci sembrano le ricerche di contatto e di incontro sulla base di interessi comuni. Quelle che in Facebook si definiscono come amicizia.

    C’è da chiedersi: cosa spinge davvero a ricercare legami come questi? La risposta teorica immediata potrebbe essere: la solitudine del cittadino globale (Beck) come mancanza (o insoddisfazione) dei rapporti possibili in una società come quella contemporanea.

    Digitando, si spera di trovare finalmente qualcuno con cui si possa parlare. Malignamente si potrebbe teorizzare che si tratta di una trasformazione moderna del tradizionalissimo gossip, per cui si parla, parla, anche senza dire molto; con la tentazione (il più delle volte trattenuta) di lasciarsi davvero andare, ma poi continuando solo per il gusto di stare assieme, di condividere interessi e piccole notizie. Un continuo oscillare tra ricerca di significati (e rapporti veri) e tentazioni di anonimato, come quando ci si nasconde dietro ad un nome di fantasia come estrema difesa della propria intimità e soggettività.

    Ma questa rete di relazioni informali, (per la gran parte) episodiche, non profonde e non del tutto sincere, sono davvero la base di una nuova società? Quella che realizzerà compiutamente la post-modernità? Quella società liquida di cui teorizza da tempo Bauman per indicare una società dove le istituzioni (l’organizzazione dura/hard del sociale) tendono a perdere di peso e sostanza (liquefacendosi) per lasciare spazio totale all’agire dei suoi membri come insieme delle reti di tutte le loro possibili relazioni sociali?

    Una società in continua trasformazione, instabile, dove vi sono possibili o insperate occasioni di realizzazione-mobilità individuale, ma, insieme, si prova l’incertezza dovuta al peso psicologico di dover, in ogni occasione, decidere cosa fare e come comportarsi.

    Sul Web, apparentemente, tutto ciò avviene già e facilmente: chi scegliere, come riferirsi ad un lui (parzialmente sconosciuto) è tutto sommato facile e immediato. Basta individuarlo e trovare il linguaggio giusto. Quello che decide dell’accettazione da parte dell’altro, così come, nella società tradizionale, serviva un look appropriato e formule di cortesia funzionali o consolidate dall’abitudine.

    Sicuramente, nel Web, si realizza un’altra anticipazione della società post-moderna: il definitivo trasformarsi dei suoi membri in cittadini glo-local. Una dimensione che si realizza nell’avere salde radici locali (dalle piccole comunità fino alle piccole tribù di amici) e sempre maggiori interessi-aperture per il vasto mondo. Una dimensione che nasce dalla progressiva evaporazione della dimensione nazionale (resa ancor più evidente e sentita dalla crisi della politica e delle appartenenze, di classe/ideologiche) e da una evidente rilevanza dei centri di potere politico-economico che hanno una dimensione globale.

    In questa prospettiva, si vivrà delle piccole cose (la quotidianità dei piccoli interessi o dei brevi contatti) nelle proprie limitate (ma partecipate) collocazioni, mentre i problemi planetari dovranno essere affrontati e risolti (ove possibile) in luoghi e da personaggi sconosciuti. Sarà così possibile fare il tifo per Obama, sperare che la questione ecologica venga avviata a soluzione, ecc., ma si continuerà a vivere una condizione non del tutto felice, caratterizzata dal lavoro difficile, da studi senza significato, da rapporti sociali complicati e non soddisfacenti, dal traffico e dall’inquinamento delle grandi città.

    Una sorta di moderna vertigine esistenziale (chi sono, cosa conto e su cosa devo impegnarmi?) che spinge naturalmente – come un bisogno a cui dare soddisfazione – a cercare continui contatti che diano le informazioni che sembrano necessarie o la consolazione di una reale accettazione da parte di qualcuno che sembra in grado di offrirla. L’imperativo primario sembra essere diventato quello di cercare relazioni soddisfacenti, che diano un senso e offrano dei significati ad una vita non affondata nella palude della quotidianità.

    In questa prospettiva, il Web è il mondo del possibile: quello da esplorare alla ricerca di informazioni e amicizie che sembrano possibili con un minimo di impegno.

    Le relazioni nel Web diventano, così, prima un surrogato e poi un possibile sostituto di quelle tradizionali basate sull’affinità di status, culturali o fondate su comuni condivisioni del mondo o parte di esso.

    Ciò diventerà ancor più necessario con il progressivo espandersi di ciò che si intende per convergenza – altro tema approfondito nel testo – quando cioè il computer incontrerà altri media (la TV, il cellulare) e gran parte del tempo per la gran parte delle persone sarà occupato in questi particolari modi del comunicare. Cercare informazioni, contatti, cose da fare o da acquistare.

    Rimane un ultimo punto da non ignorare. L’attuale digital divide sarà in gran parte superato (i giovani istruiti e skilled supereranno nel giro di non molti anni, per numero e rilevanza di interessi, i più anziani) ma non del tutto evitato.

    La stratificazione sociale nel prossimo futuro si baserà su due principali gruppi: i capaci e i marginali utilizzatori del Web. Qualcosa di più grave e profondo (nei suoi effetti sociali) di quella più tradizionale tra ricchi e poveri. Più grave ancora sarà quella tra Paesi in Rete e Paesi ai margini di essa. Due mondi in sempre più difficile contatto tra loro, motivo questo di difficile realizzazione economico-culturale per i Paesi esclusi dalle grandi autostrade della comunicazione, come si sarebbe detto ai tempi dell’inizio della grande avventura del Web. Ma è arrivato il tempo di fermarsi: il rischio delle considerazioni fantascientifiche sta diventando piuttosto alto per chi scrive.

    Per fortuna la lettura del bel libro di Di Bari ci aiuta ad evitare questo rischio con la sua esposizione che tratta problemi reali, con un linguaggio che unisce vecchi e nuovi modi di comunicare in una formula che è quella che speriamo diventi comune per chi studia i diversi fenomeni della comunicazione e delle (non tanto più) nuove tecnologie…

    Marino Livolsi

    Sociologo e Presidente del Corso di Laurea

    in Scienze della Comunicazione, Facoltà di Psicologia,

    Università Vita-Salute San Raffaele, Milano

    Introduzione

    Ho deciso. Voglio comprare un computer. E voglio che sia collegato alla Rete, così posso usarlo per comunicare con l’esterno: tanto da casa esco sempre meno….

    So riconoscere il tono di quella donna quando è davvero determinata. E quella volta, poco più di un anno fa, era determinata davvero.

    Mia Madre ha 81 anni.

    Il computer l’ha comprato, insieme alla stampante multifunzione con lo scanner.

    Oggi naviga in Rete per qualche ora al giorno.

    Ieri – in un impeto di autoironia – mi ha detto: L’unica parte del corpo che ancora mi funziona a dovere è il cervello; così, almeno contribuisco a tenerlo in esercizio....

    Ha ragione lei.

    Mia Madre incarna l’esempio (data l’età, lo ammetto, magari un po’ estremo…) del cambiamento profondo che la società sta sperimentando da quando il World Wide Web – la Rete delle Reti – è entrato prepotentemente a far parte delle nostre vite.

    Ma come è cominciato tutto questo?

    Quando, come e perché il Web ha cessato di essere una semplice fonte di informazioni, per diventare uno strumento di interazione tra persone?

    E come si evolverà il Web nel futuro?

    Partendo dalle origini di Internet e del Web, il testo esamina in profondità le caratteristiche del Web 2.0, il Web Sociale; affronta poi il tema del Web del futuro prossimo, il Web 3.0 (Web Semantico), senza tralasciare l’evoluzione futura più remota, ossia il Web 4.0 (Web Ubiquo).

    Spiega come tutto ebbe inizio con la digitalizzazione, il presupposto fondamentale per fenomeni di grande attualità come la convergenza digitale e quella multimediale, la crossmedialità, la rimediazione digitale.

    Dal punto di vista più strettamente comunicazionale, il lavoro – nell’attribuire al Web una natura mediale – affronta il tema del passaggio dalla comunicazione tradizionale alla web communication, in tutte le sue declinazioni e modalità: la comunicazione screen to face asincrona e quella sincrona.

    Anche gli aspetti più concreti non vengono trascurati: un intero capitolo spiega come comunicare nel Web e fornisce utili indicazioni pratiche per fare web communication in modo efficace.

    La seconda parte del libro è dedicata a un’approfondita analisi delle tre aree mediali del Web di oggi: l’area della conoscenza e condivisione (dai motori di ricerca alle enciclopedie online, sino alla nuova didattica rappresentata dall’e-learning), l’area del business (e-commerce come strategia di e-business, marketing virale e web advertising come strumenti di web marketing) e l’area delle relazioni sociali (social media e blog, colonne portanti del Web 2.0).

    Il libro comprende oltre 30 focus, approfondimenti relativi a casi concreti – tutti legati al Web – di storie di successo o particolarmente significative.

    P.S.: qualche settimana fa mia Madre mi ha comunicato di aver aperto un profilo in Facebook.

    Ha già più di una decina di amici, tra cui uno dei suoi fratelli più giovani (anche se – a questo riguardo – fa ancora un po’ di fatica ad accettare l’idea che lo zio Mario possa essere un suo amico pur essendo già suo fratello).

    Mi ha anche detto che ora ha bisogno di avere una carta di credito, che è indispensabile per i suoi acquisti online. Le ho suggerito di pensarci prima un po’ su, ma il suo tono era – anche stavolta – tendente al determinato: temo che l’e-commerce avrà presto una nuova adepta.

    Capitolo 1

    Le origini di Internet

    La definizione di una realtà complessa e variegata come Internet non è sicuramente sintetizzabile in un concetto unico; sarà meglio partire da una definizione tecnica.

    Il termine Internet deriva dall’unione delle parole Interconnected Networks (letteralmente, reti interconnesse) e rappresenta – in massima sintesi – un insieme di reti informatiche collegate tra loro al fine di costituire, nel loro complesso, una illimitata rete di comunicazione operante mediante un linguaggio comune costituito dal protocollo telematico tcp/ip (Transmission Control Protocol/Internet Protocol).

    Ma questo non basta: Internet è molto di più, dato che ha dimostrato nel tempo di rappresentare una realtà che va oltre la dimensione elettronica e informatica, che pure è alla base della sua nascita, crescita e utilizzo.

    Al di là di una sfaccettatura squisitamente tecnologica, Internet è caratterizzata anche da aspetti socioculturali, relazionali e di comunicazione in rutilante e continuo divenire: Internet è il laboratorio virtuale dove oggi si sperimenta il domani.

    E allora forse, la definizione di Internet formulata nel 1993 (anni luce fa in un ambito come quello di cui stiamo parlando…) da Ed Krol ed Ellen Hoffman può considerarsi di sicuro significativa e – per certi versi – ancora attuale:

    Internet non può che consistere essenzialmente di tre elementi:

    1.  Internet come un network di reti, ovvero un insieme di protocolli condivisi, router e circuiti telematici.

    2.  Internet come una comunità di persone che usa e sviluppa quelle reti stesse, ovvero come una cultura comunicativa condivisa.

    3.  Internet come un insieme di risorse accessibili attraverso quelle reti, ovvero pagine web, posta elettronica, download di file (ftp – File Transfer Protocol), forum di discussione, servizi, informazioni, commercio elettronico(1).

    Le caratteristiche di architettura aperta di Internet hanno consentito nel tempo che altre reti si aggiungessero e integrassero senza che questo fatto comportasse l’adozione di particolari e nuove soluzioni tecnologiche o finanziarie.

    Infatti, a questo riguardo giova sottolineare un dato che, pur quotidianamente sotto i nostri occhi, non viene mai considerato nella sua reale portata: per quanto esistano varie authority per la corretta gestione e sviluppo della Rete, non esiste un nodo centrale tecnologico e comunicativo della Rete; e per di più non ne esiste neppure uno finanziario o gestionale. Le organizzazioni esistenti, per la maggior parte sconosciute agli utenti, autofinanziate e tutte paritariamente coordinate, sorreggono, plasmano, ma non dirigono, né controllano lo sviluppo di questo insieme multiforme di reti ognuna con la propria storia e peculiarità.

    Per questa ragione, oltre che per la dimensione globale della Rete, Internet travalica ogni ordinamento giuridico territorialmente limitato (operando in un ambito totalmente virtuale, una dimensione talmente tanto reale come i confini di un territorio, risulta inapplicabile) ed è animata da una sorta di spirito anarchico, libertario e autoregolante. Quanto autoregolante, in effetti, è tutto da stabilire: uno degli aspetti di Internet unanimemente considerati problematici è proprio uno dei suoi stessi punti di forza, ovvero l’inarginabilità a 360 gradi del mezzo; ugualmente efficace nel veicolare i fenomeni positivi quanto quelli più aberranti della società contemporanea (per esempio la pedopornografia, solo per citarne uno tra molti).

    Focus – Cina, con la C di Censura

    Oggi la rete Internet è aperta a tutti e appare per certi versi grottesco e certamente destinato a non durare nel tempo, il tentativo di alcuni Governi (primo fra tutti quello cinese) di censurarla: provate a digitare la parola Tiananmen in Google.it immagini e confrontate i risultati ottenuti con le immagini che vedrete facendo la stessa ricerca in Google.cn. Le differenze sono davvero notevoli: foto di carri armati e scene di guerra in Italia, cartoline dalla Cina…

    Ma alterare la realtà in questo modo è come pretendere di chiudere la falla di una diga con un dito: è un metodo la cui efficacia è destinata a una durata molto breve.

    È il 17 gennaio 2008 quando su Repubblica.it Alessandro Longo scrive:

    La Internet cinese è ben diversa da quella conosciuta e accessibile in Occidente. Il governo ha creato un enorme firewall (chiamato anche la Grande Muraglia digitale), per filtrare i siti reputati sconvenienti, che quindi sono inaccessibili dai computer connessi a internet dalla Cina. Sono banditi siti che riportano notizie considerate pericolose dal regime, contenuti scabrosi o semplici opinioni non in linea con il Partito. Si dice che al firewall lavorino 30 mila guardiani, che si occupano di monitorare la Rete a caccia di siti scomodi e di utenti cinesi che si esprimono troppo liberamente nei forum, nei blog. […] Tutti questi ingredienti, il boom degli utenti, la censura, il crescente interesse da parte dei big dell’hi-tech, rendono l’internet cinese un calderone di contraddizioni. Una ferita nascosta nello spirito originario, libertario, di internet, ma ormai prossima a manifestarsi al pubblico(2).

    Se ne trae la sensazione di una situazione destinata a deflagrare a breve, secondo molti dei commentatori, magari proprio in occasione dell’imminente apertura al mondo che la Cina sperimenterà nell’estate successiva in occasione dei Giochi Olimpici di Pechino. Neanche questi bastarono se è stato necessario attendere sino al febbraio del 2010 per registrare una durissima condanna ufficiale alla censura cinese in Rete: appartiene al Segretario di Stato americano Hillary Clinton che – dopo i ripetuti attacchi provenienti da hacker cinesi ai grandi protagonisti americani della Rete (Google e Microsoft in testa) – chiede al governo cinese l’apertura di un’inchiesta trasparente e approfondita sugli attacchi informatici:

    I Paesi che limitano il libero accesso alle informazioni o violano i diritti basilari degli utenti di Internet rischiano di tagliarsi fuori dal progresso del secolo.

    La risposta di Pechino arriva dal ministro dell’ufficio informazioni del Consiglio di Stato, Wang Chen, che parla della necessità del governo cinese di guidare l’opinione pubblica. In altre parole, limitare la libertà di espressione e quindi il concetto di democrazia stessa.

    Ad oggi, Google ha prima ufficialmente manifestato la propria intenzione di ritirarsi dal mercato cinese, poi – a fine marzo 2010 – ha deciso unilateralmente di reindirizzare in modo automatico su Google.com.hk (il sito Google di Hong Kong) tutte le ricerche effettuate su Google.cn.

    Vibrate proteste da parte del Governo Cinese, perché «Google ha violato un accordo scritto».

    È solo la nuova mossa della partita. Google non può abbandonare il mercato cinese, non fosse altro per il fatto che parliamo del primo mercato al mondo, con quasi 400 milioni di cybernauti.

    È interessante notare che la granitica fiducia in Internet della signora Clinton è in qualche modo una caratteristica di famiglia: risale alla prima amministrazione del marito Bill Clinton nel 1992 il programma per lo stanziamento di fondi per la ricerca e lo sviluppo dell’infrastruttura di Internet localizzata negli Stati Uniti, con l’intento di creare una vera e propria information superhighway.

    Un po’ di (prei)storia: nasce Arpanet

    Ma l’attuale aspetto di Internet come rete di reti di computer interconnessi vicendevolmente e ognuno impegnato a svolgere una precisa funzione non corrisponde a quello che Internet aveva molti anni fa, quando è stata creata.

    La preistoria di Internet è unanimemente considerata essere la rete Arpanet (ovvero la rete di arpa), nata nel 1969.

    L’acronimo arpa sta per Advanced Research Projects Agency.

    La storia inizia in piena guerra fredda, nel 1957: l’Unione Sovietica, la grande potenza antagonista degli usa, compie un notevole passo avanti nella propria avventura spaziale lanciando i suoi primi missili nello spazio, lo Sputnik I il 4 ottobre 1957 e – a distanza di un mese, il 3 novembre 1957 – lo Sputnik II(3). Non è una bella notizia per gli americani: il Presidente Eisenhower, in un suo famoso discorso alla Nazione, evoca «lo spettro della distruzione totale» a proposito di quella che a tutto il mondo, e in particolare agli americani, sembra essere la premessa di una temibile imminente supremazia spaziale sovietica. Una supremazia che avrebbe finito per condurre, abbastanza inevitabilmente, a un possibile attacco nucleare ai danni degli Stati Uniti. Bisognava assolutamente trovare un rimedio a questa catastrofica eventualità. E bisognava trovarlo subito. Ecco allora nascere l’arpa.

    All’arpa viene assegnata – testualmente – la seguente mission: aiutare a mantenere la superiorità strategica degli Stati Uniti e vigilare contro i progressi tecnologici non previsti dei potenziali avversari. Benché questo obiettivo fosse – sia pure nella sua genericità – di ispirazione dichiaratamente militare, bisogna riconoscere che il governo americano seppe essere lungimirante; guardando al di là del proprio naso, consentì alle varie strutture, istituzioni e singoli studiosi che collaboravano al progetto arpa di fare un passo indietro.

    Nella convinzione che avviare – prima – e sviluppare – poi – una ricerca di base più ampia sul tema dell’interconnessione e della comunicazione tra computer remoti potesse portare a dei risultati che avrebbero comunque avuto delle utili ricadute in ambito militare, incoraggiarono innanzitutto la formazione di un network (torna il concetto della rete…) tra tecnici del Pentagono, studiosi ed esperti di informatica, provenienti soprattutto dal mondo universitario e industriale. I primi risultati concreti e fortemente

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1