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Due destini nelle tenebre
Due destini nelle tenebre
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Due destini nelle tenebre

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About this ebook

La storia del casato dei Kingsdale inizia quando Arum era ancora molto giovane e venne ucciso da quello che si rivelò essere un lican. A tramutare il ragazzo, fu l’anziano Zagor che assistette al suo omicidio.
Si scopriranno le origini di Arum, la schiavitù e poi la libertà in un’infanzia perduta. L’adolescenza tormentata, anche per l’amore, fino ai suoi diciannove anni.
Si viaggerà attraverso terre, pensieri, emozioni e le avventure del giovane vampiro, inserito nel gruppo di mercenari dello stesso Zagor. Grazie a due di loro in particolare, Justin e Arja, conoscerà il significato di quella realtà e dei sentimenti che ne comporta.
Tuttavia essere il diretto figlio di sangue di un anziano vampiro ha il suo prezzo e dunque Arum dovrà fare i conti con la sua strabiliante, quanto devastate forza. Ma anche con se stesso, con la sua condizione e con la solitudine, tra una vicenda e l’altra.
Zagor da canto suo si dimostrerà essere un pessimo tiranno e divenuto abbastanza potente ed abile, Arum deciderà di abbandonare il suo clan per fondarne uno proprio nel nome della giustizia e della fede in un futuro migliore tra le razze.
L’anziano dunque gli chiederà di aiutarlo un’ultima volta in un’importante missione, per chiudere così il suo operato e riscattarsi da vecchi crimini commessi.
L’impero di Zagor infatti fu minacciato da un altro colosso vampiro, Lustios, intenzionato ad espandere la sua orda di cavalieri. E per riuscirci, volle utilizzare un oggetto molto particolare e divino: i tarocchi del Pantheon. Queste pergamene nascondono un mistero ed un potere sconosciuto perfino alle divinità del Pantheon celtico irlandese.
Lustios quindi, aiutato da Esus, Andraste ed altre divinità ambiziose, volle svelare tale mistero, contrastato tuttavia da Arum. Il giovane vampiro verrà aiutato da uno spirito errante, Emily, che grazie ad ella riscoprirà la sua parte più profonda, i buoni sentimenti e la speranza in un’esistenza migliore.
Arum dunque riuscirà a impossessarsi dei tarocchi del Pantheon e proteggerli, mettere fuori gioco Lustios e raggirare le divinità, ma non avrà di che festeggiare, poiché gli sarà proibito di restare al fianco di Emily e si ritroverà di nuovo solo, con le sue delusioni ed i suoi dolori.
Giurò a se stesso che all’amore ci avrebbe ancora creduto e di impegnarsi ad infondere giustizia, almeno nel mondo dei vampiri e di essere per loro una guida, in un casato che rivoluzionerà la razza. Il nobile casato dei Kingsdale.
Non mancheranno di certo gli intrighi, l’erotismo, le battaglie, i colpi di scena, le emozioni in un terzo capitolo della saga, tutto da scoprire e sfogliare!

“Loro erano la delicatezza e la furia, la guerra e la pace. Poli opposti di due destini immersi nelle tenebre, ognuno con la sua oscurità, ognuno con la sua storia.”

Per conoscere anteprime, dettagli e descrizioni dell’intera saga “Il nobile casato dei Kingsdale” visita il sito: ilnobilecasatodeikingsdale.jimdo.com/
 
LanguageItaliano
Release dateAug 9, 2015
ISBN9786050404371
Due destini nelle tenebre

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    Due destini nelle tenebre - Elèonore G. Liddell

    -Il nobile casato dei Kingsdale-

    Due destini nelle tenebre

    Elèonore G. Liddell

    Questo romanzo è il terzo volume della saga Il nobile casato dei Kingsdale;

    Gli altri titoli sono:

    -Due cuori di seta;

    -Due ali di sangue;

    Alcuni fatti, avvenimenti, personaggi o quant’altro che dovrebbero corrispondere alla realtà, possono esser stati volutamente modificati su fantasia dell’autrice in modo tale che si adattassero alla storia del romanzo stesso.

    Le informazioni di cui sopra costituiscono questa nota del copyright:© 2015 di Elèonore G. Liddell. Tutti i diritti riservati

    Distribuito da Streetlib Selfpublish

    Narcissus

    Sede legale:

    Via della Regione, 20

    95037 San Giovanni La Punta CT

    Italia

    Contatti:

    Simplicissimus Book Farm

    Email: publish@streetlib.com

    Sede operativa:

    Villa Costantina, 61

    60025 Loreto AN

    Italia

    RINGRAZIAMENTI

    Ringrazio la mia famiglia, tutti gli amici, le persone care e i colleghi scrittori che mi sono rimasti vicini sostenendomi in questo percorso e che continuano a credere in me, dandomi consigli e spunti su come migliorarmi. Ringrazio inoltre le librerie che mi hanno permesso attraverso gli incontri di presentazione, di farmi conoscere e vivere meravigliose esperienze di condivisione.

    In particolar modo ringrazio i miei lettori che mi hanno seguita fin qui e che mi hanno apprezzata. E grazie anche a te, che leggerai queste righe continuando a seguirmi, oppure hai scelto di immergerti nel mio mondo e scoprirlo, proprio attraverso questo volume.

    Nella speranza di farti trascorrere qualche ora piacevole nella realtà fantasy, ti auguro buona lettura.

    PREMESSA

    Los Angeles mi sembra ancora più bella, dopo aver trascorso due giorni piuttosto pesanti e dolorosi a San Francisco, la città dove sono cresciuta da umana.

    Accendo il cellulare, ad accogliermi il solito messaggio di benvenuto del dispositivo: Salve Cassandra!

    Nient'altro. Mio marito Arum dev'essere ancora impegnato nella sua missione. Lo scoprirò una volta tornata a casa.

    Mi trovo nella mia Chevrolet guidata da Spike, oramai il mio personalissimo bodyguard. Anche se in questo momento mi sembra più il mio chauffeur.

    Sorrido al pensiero, osservandolo nella sua perenne aria truce.

    Un sorriso. Ne avevo bisogno.

    Mi volto nuovamente verso il finestrino ad osservare la città flagellata da una fine ed insistente pioggia.

    Tra le lacrime del cielo ci disperdo le mie, considerando la tristezza di questi ultimi due giorni. Sto facendo infatti, ritorno dal funerale dei miei genitori.

    Arleen mi aveva avvisata tempestivamente, dato che mi aveva promesso di tenerli d'occhio, soprattutto mio fratello minore Alex.

    Com'è cresciuto negli ultimi trent'anni. Non lo avevo visto quasi mai piangere, o forse è perché non me lo ricordo. Non lo vedevo da quando era un bambino.

    Da quando sono morta e tramutata in vampiro.

    Mi sono tenuta a debita distanza, non mi ha fortunatamente riconosciuta.

    I nostri genitori erano anziani, ma un incidente aereo ha stroncato le loro vite. Erano di ritorno da una vacanza a Roma.

    Mi sento triste non perché li amassi, ma perché una parte di loro, di quella vita, ogni tanto mi manca. Dopotutto, erano le persone che mi hanno cresciuta. Per questo chiesi che fossero protetti e sorvegliati.

    Io non ne avevo il tempo. Ed è buffo, detto da una che ha l'eternità nelle mani.

    Il fatto è che ora la mia famiglia è Arum ed i nostri gemelli.

    Inoltre, non avrei mai voluto rischiare di mettere in pericolo quelle persone con la mia presenza. Sapete com'è, sono prudente! Essere la moglie di un Anziano vampiro, ha anche i suoi svantaggi.

    Ma non potevo mancare al loro funerale, non potevo dirgli addio per sempre.

    E finalmente, eccomi di ritorno alla villa a Benedict Canyon.

    Spike mi fa scendere dall'auto e corre verso casa, odia bagnarsi.

    Io invece mi prendo tutto il tempo, la pioggia è mia schiava. L'acqua è mia schiava.

    Le gocce amorevolmente si scostano da me per non bagnarmi, mentre io mi guardo attorno. Nessun'altra auto parcheggiata nel cortile di casa.

    Che strazio, stanotte dovrò dormire da sola. E io che contavo in una seratina selvaggia col mio uomo per riprendermi.

    Sento i capezzoli farsi turgidi sotto la camicetta di seta al solo pensiero.

    Prima della mia partenza, Arum e nostra figlia si coinvolsero in un'importante missione. Di nuovo.

    Nel nostro clan si inoltrò una spia. Un uomo di un casato nemico, il clan di Lustios. Che nome stolto, vero?!

    Antico nemico di Arum, Lustios voleva impossessarsi dei tarocchi del Pantheon celtico. Costituiscono 22 arcani che raffigurano rappresentazioni di alcune divinità celtiche, appartenenti alla mitologia irlandese. Si narrano diverse leggende circa i tarocchi, custoditi in origine dai Thuata Dé Danann, la popolazione protetta dalla dea Dana.

    Chi sostiene che si possono invocare i numi uno alla volta ed utilizzare i loro poteri per un ciclo lunare. Oppure aprire un portale verso il loro Pantheon. Altri sostengono che si possa prendere il loro posto. La verità è che nessuno conosce le loro reali capacità e ci si limita a fantasticarci.

    Di certo sono pericolosi.

    Mio marito teneva una sorta di enciclopedia al riguardo, con la storia dei tarocchi e altre preziose informazioni che gli fornirono i Thuata. Conservava i volumi in quella che io definisco la stanza delle meraviglie, ossia dove ripone tutti gli oggetti e quant'altro più importanti, nel corso delle sue missioni.

    Ed ora quelle informazioni sono state rubate dallo scagnozzo di Lustios. Quel che non potevano immaginare è che Arum ha degli agganci in Italia e quindi i suoi informatori, lo misero al corrente della presenza di Lustios e la talpa venne immancabilmente scoperta, sebbene riuscì a fuggire.

    Osservo la porta della stanza in fondo al corridoio. Quanti ricordi.

    Ed a proposito di Arum, molti mi hanno chiesto lucidazioni sul suo passato. È un uomo talmente discreto che riesce a far parlare di sé, ma allo stesso tempo, conserva un alone di mistero.

    Si disse che fu morto durante una rivolta civile nel villaggio in cui viveva 2350 anni fa.

    Ma non andò esattamente in questo modo e la storia del nostro clan iniziò proprio con quei tarocchi.

    Ebbene, sarò dunque io, a narrarvi la storia di Arum.

    La storia del nobile casato dei Kingsdale.

    CAPITOLO 1

    Anno approssimativo, 338 a.C.

    Con una carezza amorevole, lo guardava sonnecchiare mentre il sole morente del tardo pomeriggio gli baciava il viso.

    Era così tenero, così innocente, appoggiato con la testa sul grembo di Lily. L'aria era gradevolmente tiepida ed il profumo dei fiori e dell'erba galleggiavano mescolandosi in un aroma speziato che dava un senso di benessere e tranquillità.

    Di speranza. Proprio come solo la primavera sa portare con sé. La speranza che coltivava Lily nel cuore assieme ad altri uomini e donne che viaggiavano con loro sul carro.

    Nel tragitto della tortuosa strada, la ruota del carro ad un certo punto, incontrò un masso che li fece sobbalzare e svegliò Arum.

    «Madre, siamo arrivati?» chiese il piccolo strofinandosi gli occhi per il sole che glieli irradiava.

    «Manca poco, resta sdraiata tesoro» rispose con un fil di voce Lily, immersa in opprimenti pensieri.

    Arum si chiese per quanto ancora avrebbe dovuto riferirsi a lui al femminile. Era semplicemente umiliante e di umiliazioni, ne avevano subite fin troppe.

    Si scostò dal viso alcune ciocche dei lunghi capelli corvini a boccoli, maledicendoli. Sua madre glieli aveva fatti crescere per essere ancora più credibile nella messinscena.

    D'altronde il viso delicato di un bimbo di sette anni può essere piuttosto ambiguo se camuffato.

    E quella era la sola speranza di salvarsi da un destino crudele. Lily infatti lo fece scambiare per una bambina affinché i soldati non glielo portassero via per addestrarlo.

    I figli maschi venivano portati in campi d'addestramento per la guerra già all'età di quattro anni.

    Lily sapeva cosa rischiava e sapeva che ciò avrebbe attirato a sé l'odio degli altri schiavi, ma non poteva permettere che suo figlio facesse quella fine. Non poteva permettere che glielo portassero via.

    D'altronde mancava poco, ancora un paio d'ore e tutto sarebbe finito. Quando il sole avrebbe raggiunto il picco nel cielo, del giorno seguente sarebbero stati salvi.

    Infatti assieme ad una dozzina di schiavi, tenuti prigionieri a Londra, scapparono verso il nord dell'Inghilterra dove avrebbero trovato un accampamento di altri schiavi ribelli.

    Ne mancavano solo sei all'appello, tra cui il padre di Arum.

    Tutti insieme avrebbero navigato verso un'isola in cui sorgeva un villaggio di schiavi che erano riusciti a scappare e sopravvivere.

    Nessuno sapeva dell'esistenza di quel luogo paradisiaco, a parte Albert, il capo della spedizione.

    Suo fratello era riuscito a stabilirsi in quel villaggio e successivamente tornò indietro per aiutare Albert che informò alcune famiglie che era riuscito a farsi amiche.

    Tra cui appunto, Ermac e Lily.

    Si stava facendo buio, non vedevano l'ora di raggiungere l'accampamento.

    E la donna era impaziente di rivedere il marito. Perché tardava? Le guardie li avevano forse scoperti dopo la loro fuga?

    Quella però non era la sua unica preoccupazione. Spostò lo sguardo verso il figlio. Come avrebbero reagito sapendo della sua identità? A molti di loro avevano portato via i figli maschi, compreso ad Albert. L'avrebbero odiata certo, ma anche allontanata? Cos'avrebbe fatto da sola con un bimbo così piccolo? Come sarebbero potuti sopravvivere? Pareva impossibile.

    E se le guardie dell'impero li avrebbero trovati, sicuramente li avrebbero uccisi.

    O peggio, prima li avrebbero torturati per la loro fuga ed il loro tradimento.

    Non poteva proprio pensarci ad una sorta del genere, né per se stessa, né per il piccolo.

    A stento tratteneva le lacrime facendosi carico di tutta la sua forza per non lasciarsi andare nel pianto.

    «Madre ho fame» piagnucolò Arum, con lo stomaco supplichevole. Lei sorrise, il suo piccolo era la sua forza nonostante tutto. «Quando arriveremo potrai mangiare, purtroppo le provviste le abbiamo finite» si rammaricò la donna.

    Ancor di più vedendolo rabbuiarsi in volto.

    «Tieni, ho delle bacche qui» una signora paffuta con lo sguardo dolce allungò al bimbo un sacchetto.

    «Grazie, Cloe! su, ringrazia anche tu» lo incalzò Lily.

    Cloe era l'unica che conosceva l'identità di Arum e che appoggiava la madre. Avrebbe fatto la stessa cosa. Ma aveva una figlia femmina, Eve, una graziosa fanciulla dell'età di Arum con grandi occhi nocciola e riccioli dorati.

    Timidamente si sporse a guardare da dietro la schiena di Cloe. Aveva lo sguardo malinconico e parlava di rado. Le mancava suo padre che era assieme a quello di Arum. Il bimbo alzò lo sguardo nella sua direzione. «Ne vuoi anche tu?» le fece cenno con la mano mentre mandava in bocca una manciata di bacche zuccherine.

    Senza dire una parola, la fanciulla annuì e gli si avvicinò, prendendone alcune dal sacchettino che Arum teneva in mano tendendolo verso di lei.

    Lily li guardò divertita. Erano tenerissimi. «Grazie ancora per tutto Cloe, io non so... non so che fare» gli occhi le si velarono nuovamente di preoccupazione.

    «Non qui... tranquilla comunque» la schermì Cloe con un gesto della mano. Avrebbero potuto sentirle e lasciarle lungo il sentiero.

    Qualche tempo più tardi, all'imbrunire, finalmente raggiunsero tra i boschi l'accampamento provvisorio.

    Tutti si scambiarono saluti, felici di rivedersi. Famiglie riunite, amicizie ritrovate. Incredibile il legame che si poteva stringere tra schiavi, per quanto raro.

    Anche Lily e Arum furono ben accolti dal resto del gruppo e da Albert, che salendo sopra ad una roccia come fosse un palcoscenico improvvisato, salutò e si congratulò con tutti.

    «Sono felice che ce l'avete fatta e che stasera siamo qui riuniti! Finalmente liberi e domani ci aspetta una nuova vita!» urlò alzando le braccia al cielo, seguito dall'entusiasmo di tutti i presenti.

    «Raccogliete le vostre cose gente e mangiate, dobbiamo essere in forze per il viaggio che c'attende» saltò giù dalla roccia e si diresse quasi saltellando in direzione dei focolari dove alcune donne stavano cucinando carne di cervo.

    «Sia benedetto Cernunos, per averci fatto dono di questo pasto» disse Albert sorridendo con l'approvazione delle cuoche che sorrisero grate a loro volta e ridacchiarono per il modo di fare dell'uomo.

    Dopo cena, Lily sistemò il proprio sacco contenente qualche straccio per coprirsi, in modo tale che Arum vi potesse poggiare la testa a mo' di guanciale, e riposare.

    Lo osservò sdraiarsi e socchiudere gli occhi.

    «Cerca di riposare, vedrai che andrà tutto bene» gli promise la donna accarezzandogli i capelli.

    «Mi manca papà» sussurrò tristemente Arum.

    «Lo so tesoro, sono certa che si sarà accampato con gli altri da qualche parte dato che ormai è buio. Vedrai che domattina ci raggiungerà» si sforzò di sorridere per dare convinzione a quelle parole, in cuor suo aveva paura. Molta paura.

    «Buona notte, madre» Arum chiuse gli occhi e la donna lo coprì con una coperta in pelo d'asino. Lo baciò sulla fronte per ricambiare l'augurio e raggiunse le altre donne.

    Mentre si faceva largo tra le siepi del bosco, notò Cloe che metteva a dormire la piccola Eve.

    La guardò abbozzando un sorriso, le faceva tenerezza la bambina, avrebbe voluto anche lei averne una e sperò in cuor suo che con la nuova vita che gli attendeva, avrebbe realizzato quel desiderio.

    Cloe le si avvicinò e la prese sottobraccio. «Tutto bene Lily?» le chiese strattonandola con fare scherzoso, accortasi dell'aria assente della donna.

    «Oh si cara, certamente. Stavo pensando a delle cose che mi piacerebbe fare nel futuro» rispose entusiasta. Il sorriso dell'altra si fece ancora più largo e gli occhi le scintillarono colmi di speranza e di fiducia.

    «Ne ho molti anche io! Non vedo l'ora di poter finalmente raggiungere quell'isola! Spero solo che Derek, Ermac e gli altri si sbrighino. Sarebbe bello partire coi nostri mariti» spinta da chissà quale motivo, la donna guardò nel cielo scrutando fra le stelle. Forse stava pregando la dea Guntia e le stelle che tutto andasse per il meglio e che i loro mariti trovassero presto la strada.

    Lily la seguì in esempio e stringendo un pugno osservò un gruppetto di stelle. Le più luminose di tutte.

    Ci riponeva lì i suoi desideri più reconditi, fin da quando la presero assieme ad Ermac e la portarono a Londra come schiava. Costretta a pulire le stalle. Arum nacque proprio lì, nelle stalle, una notte d'estate.

    Tutti i sogni e le speranze di Lily si riponevano pazientemente in quelle stelle, come se in fondo sapeva che un giorno sarebbe stata ripagata.

    Una lacrima le rigò il viso facendosi largo tra le macchie di sporco sulla sua pelle. L'abito stacciato e lurido, i ciuffi di paglia tra i capelli bruni legati a coda di cavallo. Da quanto non si faceva un bagno?

    Cloe sembrava leggerle nella mente.

    «Dai su, andiamo dalle altre a farci quattro chiacchiere e distrarci un po'» propose l'amica. Prima di andare, Lily avrebbe ancora voluto ringraziarla per il silenzio circa l'identità di Arum, ma temette di risultare ripetitiva e lasciò cadere. Dopotutto, sapeva bene quanto le era grata.

    Una volta entrambe le famiglie dovevano perfettamente addobbare la stalla, poiché il sovrano in persona, possedeva un nuovo cavallo ed altri schiavi glielo lustrarono e preparato in maniera impeccabile, in occasione di una cerimonia.

    Cloe dimenticò accanto alla stalla un secchio con degli stracci ed una pala sporca di sterco. Non ebbe il tempo di recuperarli, la cerimonia era cominciata ed alcuni cavalieri del sovrano si accorsero degli oggetti.

    Si fecero da parte assieme ad alcune schiave, tra cui appunto Cloe e Lily, per chiedere chi fosse la colpevole di tale negligenza.

    Cloe era impaurita poiché ben sapeva che avrebbe subito una punizione e conoscendo le altre donne, non avrebbero esitato a fare il suo nome pur di non essere toccate.

    Tranne Lily. Si fece avanti prendendosi la colpa, sotto gli occhi allucinati tutte, specialmente di Cloe che rimase basita di fronte tale gesto.

    Uno dei cavalieri la prese e le legò i polsi dietro la schiena con una corda, mentre l'altro recuperò la pala sporca di sterco di giumenta.

    Le si avvicinò e la colpì in pieno volto, facendola cadere a terra. Tutte le schiave sussultarono inorridite e terrorizzate, ma non potevano dire nulla. Semplicemente erano costrette a guardare.

    Ad osservare mentre il cavaliere usava la pala per picchiare con brutale violenza la povera Lily che si limitava a gemere di dolore e piangere silenziosamente.

    Dopo un paio di percosse, l'uomo le sputò addosso ed ordinò alle altre di tornare nelle loro celle e che la donna a terra fosse riaccompagnata da una guardia.

    Quando poterono rimanere sole in cella, Cloe prese un pezzo di stoffa e lo umettò in un catino d'acqua dove bevevano, per pulirle il viso e le braccia da sangue e sterco.

    «Perché?» le chiese con un filo di voce, piangendo per lei.

    «Non ero mai stata punita... a differenza tua. Non volevo ti picchiassero ancora» rispose tranquillamente l'altra, stremata e ancora dolorante per i colpi subiti. Tremava al tocco dell' amica.

    L'abbracciò con cautela.

    «Vi ringrazio Lily e vi giuro che questo gesto non me lo dimenticherò mai» esclamò per poi tornare a pulire il corpo della donna.

    Mantenere il segreto su Arum era una dimostrazione di gratitudine ed affetto da parte sua nei confronti di Lily.

    Le due donne raggiunsero le altre che avevano messo a dormire le loro figlie. Quattro in tutto.

    In quel momento, si tenevano impegnate a sistemare i sacchi e gli stracci come letti improvvisati, mentre gli uomini smorzavano il fuoco in modo da non fare troppa luce nell'oscurità impenetrabile della notte e rischiare così di essere visti in lontananza. Gli altri conoscevano la strada da percorrere, quindi non c'era di che preoccuparsi.

    Dopodiché sistemarono altri sacchi nei carri e diedero da mangiare bacche ai cavalli.

    Si sarebbero riposati fino a tarda mattinata, per raggiungere poi il corso del fiume ed arrivare fino al mare dove li avrebbero attesi l'imbarcazione della salvezza.

    Arum nel frattempo non aveva chiuso occhio. Osservava distrattamente le stelle, tremando. Aveva paura del buio e da qualche anno faceva fatica a dormire.

    Non ci riusciva più da quando gli arrivavano nella sua cella le urla degli schiavi puniti o torturati dai soldati.

    Ancora gli sembrava di udire quei suoni strazianti in lontananza, tanto era assordante il silenzio nel bosco e rumorosi i suoi ricordi.

    Aveva paura, ma non lo diceva. Stava poco a poco imparando a tenere dentro sé ogni tipo di emozione, sebbene fosse ancora un bambino così piccolo e non capiva molte cose ancora. Cose da grandi.

    Si teneva tutto dentro per non far preoccupare i genitori, specie la madre, che di preoccupazioni ne aveva fin troppe.

    Non aveva capito tutto, ma molto sì. D'altronde, per un bambino vissuto in schiavitù tra una cella ed una stalla, cosa c'era da capire?

    Sperava in una vita migliore, influenzato dai genitori e dagli altri adulti, ma che significava avere una vita migliore?

    In quel momento stava ponendo la sua domanda alle stelle.

    La sua esistenza era fatta di minacce, di insulti, di paura e umiliazioni. Di sterco di cavallo e paglia.

    Si rese conto in quel momento che non aveva mai visto un bosco!

    Scattò a sedere e si guardò intorno. Fino a quel momento le stelle le aveva viste da un varco sul muro della sua cella, ma mai in quel modo.

    Restò a bocca aperta a guardare l'immenso spiazzo di cielo blu scuro sopra la sua testa. E gli alti pini che lo circondavano.

    Si alzò in piedi si avvicinò ad uno degli alberi, per toccarne la corteccia. Ci passò le dita esplorandone il legno ed assaporandone l'odore.

    Perfino il terreno lo lasciava meravigliato.

    Era colmo d'erba e aghi di pino.

    C'erano forse degli animali?

    Ogni tanto fra le siepi si poteva udire un fruscio.

    Quel pensiero lo entusiasmò e si gettò a terra per rotolarsi sulla terra ridendo di gusto, tanto da costringersi a tapparsi la bocca con le mani per non attirare l'attenzione. Non aveva mai riso con tanto gusto.

    E non si era mai lasciato andare. Semplicemente perché non si era mai sentito felice come in quel momento. I profumi del bosco, l'aria, il chiaro di luna, gli alberi. Era tutto meraviglioso e nuovo. Un'incantevole scoperta da esplorare. Eppure i bambini dovrebbero ridere sempre, essere felici in ogni secondo. Ma non lui. Non Arum e quindi quel momento lo avrebbe conservato dentro di sé per sempre, poiché non avrebbe mai potuto dare per scontata una cosa tanto preziosa.

    Si rimise in piedi, decidendo che quella notte, no, non avrebbe dormito.

    Lasciò la sua postazione per oltrepassare la siepe che accostava il suo giaciglio improvvisato e si incamminò cercando di non far rumore.

    Vide in lontananza sua madre in compagnia di altre donne, nello spiazzo dove avevano acceso il fuoco.

    La luce della luna, aiutata dalle ombre complici, donava alla natura un aspetto arcano che affascinò il piccolo Arum e lo stupì sempre più.

    Fece marcia indietro e avanzò verso l'antro del bosco. Vi si voleva inoltrare un po' di più per magari scorgere qualche animale o qualche novità che potesse ancora sorprenderlo. Adorava quella sensazione.

    Mentre camminava guardandosi attorno, finì per inciampare su qualcosa e cadde a terra sbattendo il mento.

    Non si fece male, ormai il suo fisico era forte e resistente, avrebbe potuto prendere un sacco di botte senza nemmeno scalfirsi. Ma non se lo aspettava e si girò innervosito per vedere cos'era, pronto a calciarlo per vendicarsi.

    «Sei ferita Ary?» lo raggiunse la delicata voce di Eve.

    «Io... no, sto bene grazie. Scusami tanto» rispose Arum avvilito.

    Era finito con inciampare su Eve che si era avvolta da una coperta di un verde molto scuro che poteva ricordare il muschio. Facile quindi confonderla.

    Sistemò con devota cura i riccioli biondi e sorrise curiosa. «Dove stai andando?» chiese con gli occhi che brillavano. Nemmeno lei avrebbe potuto dormire e probabilmente, pensò Arum, stava provando le sue stesse emozioni.

    «A fare una passeggiata... magari trovo una volpe o uno scoiattolo! voglio vedere la natura!» rispose entusiasta il bambino, massaggiandosi il mento e ripulendosi l'abito.

    «Posso venire con te?»

    «Perché dovresti?» inspiegabilmente, Arum teneva sempre le distanze.

    «Anche io voglio vedere la natura... e non ho voglia di rimanere sola» gli occhi le divennero lucidi. Quel che desiderava non era altro che fare amicizia. Le altre bambine, tutte più grandi, non si sarebbero interessate a lei.

    «Va bene allora... ma non fare rumore» rispose finalmente Arum. Felice di quella risposta, Eve si alzò in piedi e lo seguì.

    Si inoltrarono insieme nel cuore del bosco, un po’ intimoriti dall'ignoto e dal canto spettrale di una civetta che li colse di sorpresa.

    Urlarono entrambi e presero a correre.

    Ad un certo punto però, Arum si rese conto di quanto fossero stati sciocchi.

    «Era solo una civetta» scoppiò a ridere.

    «Non ne avevo mai sentita una così da vicino! mi ha spaventata!» rispose Eve accigliata. Le scappò però un sorrisino.

    «Guarda là» il bambino indicò una direzione nel cielo.

    «Pipistrelli! oh che schifo!» esclamò con una smorfia Eve.

    «Ma no, i pipistrelli sono adorabili» sentenziò lui con un'espressione di disappunto.

    «Io però non li voglio vedere, allontaniamoci da qui» la bambina si diresse verso un alto muro di siepi e lo attraversò.

    Arum la raggiunse, preoccupato di non lasciarla sola.

    Lo spettacolo inatteso li lasciò a bocca aperta. Erano giunti a quello che sembrava un surreale mare candido. Un mare di mughetti.

    Sembrava quasi un'oasi che aspettava soltanto che qualcuno vi si tuffasse e se ne deliziasse. Ed è quel che fecero i due bambini dopo essersi scambiati un'occhiata complice e furbetta.

    Presi dall'entusiasmo si gettarono sui mughetti e rotolarono divertiti, assaporandone il profumo.

    «Non avevo mai sentito un odore così buono!» inspirò estasiata Eve.

    «Molto diverso dalla puzza di cacca delle stalle o del vomito nelle celle» rispose Arum disgustato, ripensando ai fetori che erano costretti a sentire.

    «Lo sai... io so di te» riprese la bambina dopo qualche attimo di silenzio.

    «Che cosa sai di me?»

    «Che non sei una bambina... insomma... che sei un maschio.»

    «No, non è vero» rispose Arum a denti stretti, ripensando alle raccomandazioni della madre.

    «Inutile che dici di no, si scoprirà» ma lo sapeva bene quanto era inutile negarlo.

    «Mamma ha detto di tenere il segreto fino a quando non arriviamo all'isola» confessò il bambino infine.

    «Ma io non lo dirò a nessuno!»

    «Ma come lo sai?»

    «Ti ho visto fare pipì in piedi una volta» ridacchiò Eve a quel ricordo.

    Arum si sentì sollevato e il senso di disagio che lo accompagnava costantemente, svanì all'istante.

    «Dev'essere stato bruttissimo» continuò Eve con aria assorta.

    «Cosa?»

    «Dover fare la femmina fino ad ora.»

    «Non avevo altra scelta.»

    Quasi poteva sentire le lacrime che salivano per bruciargli gli occhi. Una vita fino a quel momento gettata. Una prima infanzia sprecata.

    Anni portati via dalla reclusione, schiavitù e dal fatto di aver dovuto fingere di essere quel che in realtà non era. Umiliazione dopo umiliazione.

    Non si sentivano bambini di sette anni. Stavano crescendo in fretta, eccome.

    «Secondo me però non è tutto perduto. Vivremo felici e recupereremo il nostro tempo» sorrise fiduciosa Eve.

    «Tu dici? lo spero tanto! Voglio solo vivere come tutti gli altri bambini!»

    «Lo desidero anche io» improvvisamente Eve si sentì malinconica. Si alzò da terra e si ricompose, togliendosi foglie dai capelli.

    Arum rimase a terra a guardarla. Era così bella e dolce.

    Non aveva mai fatto amicizia con nessuna bambina, ma in quel momento era felice di essere lì con lei.

    «Andiamo ad esplorare ancora il bosco? Dai! Dai! Dai!» cantilenò insistentemente Eve.

    «Ma certo! La notte è nostra!» esclamò entusiasta Arum, seguendo la bambina.

    Oltrepassarono il piccolo giardino di mughetti e continuarono a camminare per il bosco ascoltandone i

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