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Al di là dell'area di rigore
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Al di là dell'area di rigore

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About this ebook

Durante la partita che vale la promozione in serie A della sua squadra, Francesco, un giovane calciatore toscano, segna il gol della vittoria. A caro prezzo, però, perché si infortuna gravemente ed è costretto a subire una delicata operazione a cui segue la riabilitazione, il ritorno all’allenamento, la tragica ricaduta che lo fa piombare nel baratro della depressione. Francesco è costretto ad abbandonare il calcio professionista a un passo dal realizzare il suo sogno più grande.

Due anni dopo accetta l’invito del simpatico zio Luigi di trasferirsi a Schenna, in Alto Adige, per ritrovare se stesso e cominciare una nuova vita. Qui inizia a lavorare come falegname e grazie alla conoscenza di nuovi amici fra cui Lucas, capitano della squadra di calcio locale, e soprattutto all’amore per Christine comincia a sentirsi meglio.

Ma il destino di Francesco è indissolubilmente legato al calcio e ben presto dovrà prendere una difficile decisione. Al di là dell’area di rigore c’è tutta una vita da vivere?

Un romanzo di esordio piacevole, che affronta con abile piglio narrativo un tema complesso quale è la necessità - qualunque ne sia la motivazione - di dover ricominciare tutto da capo.

Marco Bigazzi nasce il 7/3/1984 a Empoli, città in cui vive ancora oggi. Si diploma come perito elettrotecnico e dal 2005 lavora come tecnico di manutenzione di impianti termici. Ha molte passioni: gioca a calcio a livello amatoriale, adora il cinema e leggere, soprattutto libri di cronaca, di avventura e anche fumetti, gli piace viaggiare, ama fare trekking in montagna e stare con gli amici. Si definisce un ragazzo nostalgico e pieno di fantasia.

Fin dall’adolescenza ha sempre avuto un sogno nel cassetto: mettere i suoi sogni in forma scritta. Alla fine trova il coraggio di mettere insieme i ricordi di adolescente in un libretto, stampato in proprio, dal titolo Tempi supplementari.

Nato come un regalo per gli amici, rappresenta soprattutto l’occasione per prendere consapevolezza delle proprie possibilità. Scrive tutto d’un fiato Al di là dell’area di rigore.
LanguageItaliano
Release dateAug 8, 2014
ISBN9788863965148
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    Al di là dell'area di rigore - Marco Bigazzi

    football

    Prologo

    Cos’è il genio calcistico? Cos’è quel gesto magico che dal niente ti fa cambiare l’esito delle partite proprio quando tutto sembra deciso?

    Quella sera lo stadio era occupato in ogni ordine di posto e i cori e gli incitamenti dei tifosi erano assordanti, tanto che si potevano udire anche a qualche chilometro di distanza. Niente di nuovo, ovviamente, quando si parla di una partita che vale una stagione. Era in atto, infatti, la finale play off che avrebbe permesso alla squadra vincente di salire nella massima serie: la serie A. Si stava giocando sotto i fari accesi, che illuminavano il campo, facendo scorgere in controluce la pioggia che cadeva ininterrottamente dall’inizio del primo tempo e che aveva fatto diventare il campo un vero e proprio acquitrino. Il primo tempo era passato molto velocemente e le compagini si erano limitate a studiarsi senza, per così dire, farsi del male, non certo aiutate dal campo fangoso, che rendeva il gioco lento e difficile da gestire. Il risultato era inchiodato su un combattutissimo 0 a 0 e non sembrava riuscire a sbloccarsi. All’85° minuto di gioco, nonostante le brutte condizioni del campo, l’esterno azzurro riuscì a superare in velocità la metà campo e a dribblare un avversario, portandosi la palla avanti per cercare di arrivare a fondo campo e provare così un cross nel mezzo dell’area di rigore. Davanti al giocatore si pararono due difensori avversari pronti a non farlo passare, quindi la sua unica possibilità fu di anticipare il cross, sperando di trovare un compagno che potesse colpire la palla dentro l’area. Il giocatore fece partire il pallone, alzando molta acqua, ma facendogli prendere la giusta direzione dell’area di rigore, dove sia i difensori che gli attaccanti si stavano spintonando per riuscire a toccare per primi la palla, ma il cross era così alto che nessuno ebbe la meglio. Sembrava che il destino del passaggio fosse segnato, ma poi ecco arrivare dalle retrovie un giovane ragazzo.

    Il giocatore azzurro, con la casacca numero 14, arrivando da dietro, aveva visto perfettamente la traiettoria della palla e con un po’ di stupore aveva compreso che avrebbe potuto colpirla, ma solo se si fosse inventato qualcosa di geniale: una disperata mezza rovesciata!

    Si librò in aria e portò la gamba destra all’altezza del pallone che stava arrivando. Rimase in quella posizione per pochi attimi, ma a lui sembrarono minuti. Gli parve che il tempo si fosse fermato, ma fu svegliato all’improvviso dal tocco del pallone preciso contro il collo del piede, con il quale, d’istinto, gli impartì una spinta con tutta la forza che aveva in corpo. Il ragazzo, ricadendo a terra, gioì dentro di sé vedendo la palla entrare e sentendo il fischio dell’arbitro che convalidava il gol, ma fu una cosa breve: nel ritoccare terra sentì una fitta strana e dolorosa all’altezza del ginocchio, tuttavia non volle farci caso. Aveva fatto gol… E che gol! Forse addirittura decisivo per la partita! Provò ad alzarsi da terra per andare a esultare con i compagni, ma questa gioia gli fu negata. Purtroppo il dolore crebbe così forte e così all’improvviso, che si sentì mancare. La vista gli si annebbiò e cadde nel buio più totale. 

    I

    Ormai non voleva più saperne del calcio. Era giovane, aveva ventitré anni, ma l’infortunio che aveva subito due anni prima lo aveva colpito profondamente.

    Francesco si svegliò di soprassalto, dopo aver rivissuto in un sogno, anzi, in un incubo, l’infortunio che lo aveva portato a smettere di giocare a calcio. La vita a livello calcistico non era stata tenera con lui, quando stava per toccare il cielo con un dito, il suo ginocchio aveva fatto quel pauroso crack, che lo aveva fatto entrare dentro un tunnel di depressione e sofferenza. Si alzò quasi di scatto sul letto, ritrovandosi tutto scombussolato. Si girò di lato e rimase un attimo a contemplare la foto che teneva in bacheca sul muro di camera sua. Bei ricordi quelli: la formazione titolare della sua squadra di calcio, poi promossa in serie A, con lui sorridente che, in ginocchio, abbracciava i suoi compagni.

    Potevo esordire in serie A… rimuginava, mentre gli occhi cominciavano a luccicare per la delusione e la rabbia.

    Dopo la classica gavetta con le giovanili, Francesco era riuscito, grazie anche alla sua bravura calcistica e al suo carattere mite e serio, a entrare nella rosa della prima squadra, che lottava per salire nella massima serie. L’allenatore di allora, Mario Cappellini, infatti, stravedeva per lui, ritenendolo una giovane promessa del calcio e così, dopo alcune sporadiche apparizioni, Francesco era stato, un po’ a sorpresa, schierato titolare nella partita che valeva una stagione. Come vivere un sogno! Peccato che il destino per lui aveva in serbo altro… Quella partita fu per lui gioia e dolore: prima il gol decisivo, poi l’infortunio così grave da portarlo via in barella all’ospedale, dove era stato operato al ginocchio con successo. Dopo di che c’era stata la riabilitazione, che sembrava non finire mai. Poi la ricaduta: in un allenamento personalizzato per rimetterlo in piedi, un movimento strano della gamba lo aveva fatto ripiombare al punto di partenza. Il fatto di dover rivivere di nuovo la brutta esperienza con dottori, sala operatoria e fisioterapisti aveva fatto insorgere un nuovo problema, forse il peggiore di tutti: la depressione. Quello era stato il colpo di grazia, Francesco non aveva retto psicologicamente il nuovo infortunio e nonostante gli amici, i dirigenti e i familiari lo avessero incitato a non arrendersi, lui si era lasciato andare. Era arrivato al punto di maledire il gioco del calcio. Si era chiuso in se stesso, uscendo di rado e perdendo via via tutte le amicizie. Alla fine era rimasto solo e i suoi genitori erano disperati.

    Si alzò per andare a fare colazione come tutte le mattine e, nel passare vicino alla scrivania, si fermò un attimo per contemplare ancora una volta la lettera che gli era arrivata in quei giorni: era di suo zio Luigi, che abitava in Alto Adige, nel piccolo paese di Schenna. Suo zio gli proponeva, per distrarsi un po’ e per cercare la pace interiore, di trasferirsi per un periodo da lui, sperando che questo potesse farlo ritornare finalmente alla vita. Ovviamente lo zio Luigi aveva calcolato tutto: per vitto e alloggio non c’erano problemi, perché aveva un appartamento che affittava in estate ai turisti, ma ora, in marzo, era libero e pronto all’uso; per pranzo e cena bastava scendesse giù da loro al piano di sotto, che la zia Julia gli avrebbe preparato di tutto; mentre per quanto riguardava soldi e distrazioni, lo avrebbe volentieri assunto come aiutante nella sua attività di falegname, dandogli un piccolo stipendio.

    La proposta lo aveva fatto un po’ vacillare, perché l’idea di cambiare aria lo allettava. Poteva essere la volta buona per lasciarsi alle spalle un passato scomodo e doloroso.

    Alzò un attimo la testa e si mise a fissare un gagliardetto che aveva in camera: era quello di una squadra inglese di bassa categoria, dove sullo stemma campeggiava una fenice stilizzata con sotto scritto il motto The rising phoenix ovvero La fenice che rinasce.

    Era forse il segno che anche per lui era arrivato il momento di rinascere, anche senza il suo amato calcio?

    II

    Si svegliò presto e si affacciò alla finestra. La vista era meravigliosa: imponenti montagne con ancora un po’ di neve sulle cime, immensi prati dove pascolavano placidamente le mucche, vasti e colorati meleti in fiore. Tutto questo non aveva prezzo. Francesco alla fine aveva deciso di accettare la proposta dello zio. Aveva dato un taglio netto al passato: era inutile piangere sul latte versato, ormai lo aveva capito, non poteva più continuare a disperarsi e non fare niente. Inoltre avendo rescisso il contratto con la squadra dove giocava, uno stipendio non lo aveva più e quindi un lavoretto che dava un po’ di soldi faceva comodo. Doveva ancora di finire di sistemare la nuova camera e, cercando una cintura per i pantaloni, aprì una scatola da scarpe e con sorpresa trovò il gagliardetto con raffigurata la fenice.

    Come diavolo c’è finito qua dentro? pensò.

    Era già passato più di un mese dall’ultima volta che lo aveva visto a casa sua. Si rese conto che ancora non si era ambientato molto bene. Innanzitutto a Schenna si parlava soprattutto il tedesco, che lui conosceva solo un po’ a livello scolastico e non lo aveva studiato nemmeno con attenzione, visto che il calcio gli rubava molto tempo, poi doveva ancora prendere confidenza con il cibo, gli usi e i costumi, ma comunque era fiducioso: col passare del tempo sarebbe entrato tranquillamente in quella nuova dimensione: Schenna gli piaceva. Al di là del bellissimo paesaggio, il paese era molto funzionale e molto organizzato per essere così piccolo. E poi, comunque, se cercavi qualcosa in più, potevi andare a Merano, a pochi chilometri di distanza.

    Per assurdo, però, la difficoltà più grande che aveva affrontato dopo il trasferimento era stata lavorare con lo zio, perché a parte giocare a calcio, non aveva mai avuto un lavoro manuale vero e proprio. Per sua fortuna lo zio aveva molta pazienza e quindi con calma e bravura gli insegnava il lavoro: da come usare una sega e un martello ad arrivare a spiegare come riconoscere un legno di abete da uno di castagno. C’era, però, un’altra difficoltà ed era quella di non aver fatto molta conoscenza in giro. Era uscito qualche sera a Schenna, ma non c’erano locali o pub dove andare a bere qualcosa. I pochi bar presenti chiudevano prima delle ventidue e poi molte volte aveva preferito stare a casa a riposarsi, promettendosi che prima o poi si sarebbe spostato al di fuori del paese. In più non aveva un mezzo proprio. Purtroppo era costretto a muoversi con una macchina un po’ antiquata: una vecchia Renault 4 blu del 1983, presa in prestito dallo zio, che la teneva in garage per i piccoli spostamenti della zia, ma soprattutto per ricordo perché c’era affezionato. Comunque era sempre meglio che spostarsi a piedi! Scese dagli zii e si preparò la colazione: un cornetto al cioccolato del forno vicino casa, che sua zia gli faceva sempre trovare caldo e un essenziale caffè. Sempre un po’ assonnato, Francesco sentì il suono del clacson di un furgoncino.

    Gigi è sempre in anticipo!

    Aprì la finestra e respirò a pieni polmoni la fresca brezza che proveniva da fuori.

    Allora, caro nipote mio, sei pronto per un’altra giornata di lavoro? Oggi abbiamo tanto da fare! disse un signore sulla cinquantina, grassoccio, con un cappellino bianco in testa, sporgendosi dal finestrino dalla parte del guidatore.

    Arrivo, arrivo! Ma che furia c’è sempre?! rispose Francesco un po’ stizzito, con quell’accento toscano che faceva tanto ridere la zia Julia.

    Lo zio sul furgoncino abbozzò un sorriso e si mise in posizione di attesa, battendo le mani sul volante a tempo della musica che veniva dalla radio. Francesco tornò in casa, prese il cellulare e dopo aver chiuso a chiave il suo piccolo appartamento, che contava una cucina/salotto, una camera e un bagno, scese le scale per raggiungere suo zio. Gigi, diminutivo di Luigi, era il fratello di sua madre e da una vita ormai abitava in Alto Adige. Si era trasferito lassù dopo essersi sposato molto giovane con Julia, nativa di quelle parti. Lì si era ambientato benissimo e da molti anni aveva cominciato a lavorare in proprio facendo il falegname: si dedicava soprattutto a piccole riparazioni, che però, per fortuna, gli rendevano molto bene, visto che in quella zona il legno era il materiale edile per eccellenza. Appena salito sul furgone lo zio gli disse: Allora Francesco sei pronto per un’altra giornata lavorativa? Oggi andiamo vicino Merano. Dobbiamo costruire un recinto.

    E poi? Solo questo?

    La risposta arrivò con un sogghigno: Può sembrare una cosa semplice e veloce… Peccato che il cliente lo voglia con i lati lunghi un centinaio di metri ciascuno…

    Nooo! Ma di cosa se ne fa di un recinto così grosso? Che ci deve tenere dentro? Un allevamento di mucche!

    Bravo, hai indovinato! disse Gigi facendo una calorosa risata.

    Francesco accennò un sorriso, mentre guardava con ammirazione suo zio: per lui era come un secondo padre, gli era simpaticissimo e in più poteva parlarci di tutto, perché era molto giovanile, capiva al volo le cose e sapeva consigliarlo. E poi non avrebbe mai finito di ringraziarlo per l’opportunità che gli aveva dato per ricominciare una nuova vita e dare un taglio al passato!

    Dopo almeno una ventina di minuti di viaggio, il furgoncino si fermò lungo una staccionata; Gigi e Francesco cominciarono a preparare gli attrezzi e a organizzare il compito che gli era stato commissionato. Il lavoro del falegname non era tanto semplice come poteva sembrare, a seconda dei casi bisognava scegliere il legno più giusto da usare, trattarlo con i prodotti necessari. In più bisognava essere molto precisi, perché se si sbagliava anche solo di qualche millimetro a prendere le misure, poi non tornava più nulla. Stava procedendo tutto molto bene, anche se mettere le stecche in verticale e orizzontale dopo un po’ risultava monotono, ma la temperatura primaverile aiutava a far passare il tempo più piacevolmente.

    Gigi intento a martellare i chiodi sul legno si girò verso Francesco. Allora? Hai fatto un po’ il bilancio di questo mese passato qua nel verde e nella calma di Schenna?

    Francesco ancora un po’ goffo nel lavoro, visto che doveva ancora prenderci la mano, si fermò un attimo posando il martello. Sai, zio, qui si sta benissimo: rispetto alla città non c’è casino, soprattutto quando prendi la macchina. Posso dire sinceramente che mi trovo molto bene. Ti ringrazio per l’offerta che mi hai fatto, avevo bisogno di staccare con tutto.

    Anche Gigi smise di martellare. Beh, vedi Francesco, dopo il tuo grave infortunio tua madre mi disse come stavi, era preoccupata… Mi sembrò una buona idea invitarti a vivere qua, così, tanto per distrarti un po’ e cercare di farti tornare il sorriso…

    È stata un’ottima idea! Solo che… Non sono ancora riuscito a fare amicizia con nessuno. Non ho conosciuto tante persone della mia età con cui parlare…

    Qua si sta bene, ma se vuoi un po’ di gioventù e divertimento devi spostarti a Merano! Lì ci sono molti locali pieni di ragazzi e soprattutto di ragazze carine da conoscere!

    Macché! Non ho certo voglia di dare la caccia alle ragazze! Voglio solo stare tranquillo, non voglio attirare l’attenzione di nessuno! disse burbero Francesco.

    Eh! Effettivamente, perché mai un ragazzo belloccio come te, alto, con quei capelli scuri, quegli occhioni verdi e il fisico da sportivo, dovrebbe mai cercare di attirare l’attenzione delle ragazze? E poi anche se a qualcuna venisse in mente di conoscerti e scoprisse il tuo brutto carattere, scapperebbe subito a gambe levate! Ah ah ah!

    Tutti e due si misero fragorosamente a ridere, ripresero in mano chiodi e martello e tornarono a concludere il loro lavoro, visto che il sole stava cominciando a tramontare. 

    III

    Dopo essersi fatto una doccia ed essersi vestito bene, Francesco scese le scale e bussò alla porta della casa di suo zio, per andare a cena come faceva tutte le sere. Le cene che faceva zia Julia erano ottime. Quella sera, per esempio, aveva preparato dei deliziosi canederli con burro e formaggio, una varietà di salumi affumicati e formaggi tipici e per finire, come dolce, uno strudel di mele fatto in casa, accompagnato da un ottimo gelato alla vaniglia. Francesco era sazio grazie a quegli ottimi piatti, anche se un po’ pesanti da digerire. Si alzò da tavola, ringraziò gli zii per la cena e poi uscì di casa. Aveva finalmente deciso di ascoltare il consiglio di Gigi: andare a fare un giro notturno nei locali di Merano, per vedere se riusciva a fare un po’ di amicizia con qualcuno. Per arrivare a Merano si impiegava pochissimo tempo da Schenna. Se avesse avuto voglia e fosse stato giorno, sarebbe potuto andare anche a piedi, ma Francesco prese comunque la sua macchina vintage e si recò in città, sistemando l’auto nel parcheggio coperto delle Terme, visto che era il più vicino al centro. Dopo aver chiuso l’auto, salì le scale che lo portarono direttamente in centro.

    Merano lo colpì subito: di notte le luci dei lampioni illuminavano la passeggiata lungo il fiume Passirio e si riflettevano sull’acqua. I ponti e le terrazze dei palazzi ospitavano fioriere, piene di fiori dai colori sgargianti. Faceva un grande effetto scenografico, illuminato com’era da fari colorati, anche il Kurhaus, il teatro cittadino che poteva ospitare fino a mille persone. Francesco avrebbe potuto dirigersi in centro verso i portici, ma preferì restare lungo fiume. Dopo aver dato un’occhiata a vari locali molto carini, la scelta per una bevuta tranquilla cadde su uno che aveva molti posti a sedere fuori e dove c’era molta vita, soprattutto ragazzi giovani che parlavano e ridevano. Francesco, non perse tempo e si sedette, dando una veloce occhiata al menù che era sul tavolo: servivano sia piccoli spuntini che vari cocktail, succhi di frutta e birre. Lui decise di provare a prendere una birra weiss, fatta in un birrificio artigianale del posto.

    Mentre continuava a leggere il menù una voce lo interruppe: Ciao! Hai già deciso cosa prendere?

    Alzò lo sguardo per rispondere, ma non poté che rimanere a bocca aperta per qualche secondo, fermo, senza parole, passando per tonto. Era letteralmente rimasto folgorato dalla bellezza della cameriera, che era venuta a servirlo: capelli biondi lunghi e fluenti, bellissimi occhi azzurri che colpivano subito e un sorriso che coinvolgeva e dava fiducia.

    Scusa, mi hai sentito? Hai deciso cosa prendere?

    Francesco si accorse allora di essere rimasto imbambolato a bocca aperta.

    Ehm… Scusa, sono un po’ stanco, comunque vorrei provare questa birra artigianale… rispose imbarazzato.

    Ottima scelta! Questa birra è prodotta dalla mia famiglia in un birrificio qui vicino. Ti assicuro che non te ne pentirai!

    Avete un birrificio in città? Complimenti!

    La ragazza si rilassò un attimo e ripose: Grazie! Sono già tanti anni che lo abbiamo. Devo dire che in zona siamo molto conosciuti e ci togliamo molte soddisfazioni… Se poi ti dovesse piacere tanto, facciamo anche vendita diretta. Ci trovi a Tirolo.

    Scusa, potresti dirmi dove si trova Tirolo? Non sono molto pratico di queste parti.

    Ah! Sei un forestiero! Tranquillo, Tirolo si trova qui vicino a pochi chilometri. Comunque lo avevo capito dal tuo accento che non eri di queste parti. Da dove vieni precisamente?

    Nel momento in cui stava per risponderle, un ragazzo alto, ben messo fisicamente, urlò bruscamente dal bancone: Christine! Vieni a prendere le birre per quei ragazzi al tavolo all’angolo, che aspettano!

    La ragazza annuì. Scusami ma il lavoro mi chiama!

    Francesco sorrise e la salutò mantenendo quella espressione goffa e sorpresa che aveva assunto appena l’aveva vista. La sua prima uscita fuori da Schenna era stata fortunata: aveva incontrato la cameriera più bella che avesse mai visto e questo gli aveva dato l’input per andare più spesso a Merano di sera.

    La sveglia alle sette suonò con il suo classico tono a intermittenza, trovando un Francesco stranamente già sveglio e col sorriso sulle labbra. Quella cameriera del pub di Merano lo aveva davvero colpito: ci aveva pensato tutta la notte, rimproverandosi per il suo atteggiamento imbranato! Ma non se l’aspettava di trovare una ragazza così! Mise da parte i pensieri felici e si alzò da letto per cambiarsi e fare colazione. Quella mattina era comunque così sveglio e allegro che in pochi minuti aveva fatto tutto e aveva sceso le scale in anticipo, mettendosi, per la prima volta, ad aspettare sotto casa il furgoncino dello zio per andare a lavoro.

    Gigi arrivò con la sua classica velocità da crociera. Appena vide che il nipote era già sotto casa ad aspettarlo, lo zio fece una frenata secca e disse: Sei già pronto? Dopo più di un mese è la prima volta che non suono il clacson per farti scendere… Starai mica male?

    No no, tranquillo! È tutto normale, ho preso il ritmo! disse sorridendo il ragazzo.

    Mentre guidava il furgoncino, Gigi notò che il nipote era particolarmente di buon umore, così incalzò sospettoso: Cosa ti è successo ieri a Merano? Qualcosa di positivo immagino…

    Colpito e affondato! Francesco annuì e si mise a ridere.

    "Te lo dicevo io che a uscire un po’ la sera si fanno degli ottimi incontri! Ora siamo quasi

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