Discover millions of ebooks, audiobooks, and so much more with a free trial

Only $11.99/month after trial. Cancel anytime.

Poesia e Conoscenza
Poesia e Conoscenza
Poesia e Conoscenza
Ebook365 pages3 hours

Poesia e Conoscenza

Rating: 0 out of 5 stars

()

Read preview

About this ebook

E' il primo numero di una nuova rivista interdisciplinare fondata da Donatella Bisutti, che continua idealmente la precedente rivista Poesia e Spiritualità e vuole promuovere i valori spirituali e civili nella nostra società di oggi, recuperando antichi saperi e tracciando nuove strade in cui scienza, arte e cultura possono collaborare alla costruzione di un Uomo Nuovo. In questo numero la testimonianza di un poeta della Libia, il caso letterario di Elena Bono e il diario inedito del grande poeta americano scomparso Mark Strand.
LanguageItaliano
Release dateJul 6, 2015
ISBN9786051767611
Poesia e Conoscenza

Related to Poesia e Conoscenza

Related ebooks

Poetry For You

View More

Related articles

Related categories

Reviews for Poesia e Conoscenza

Rating: 0 out of 5 stars
0 ratings

0 ratings0 reviews

What did you think?

Tap to rate

Review must be at least 10 words

    Book preview

    Poesia e Conoscenza - Donatella Bisutti

    Donatella Bisutti

    Poesia e conoscenza

    POESIA E CONOSCENZA

    Rivista di testimonianza e di ricerca

    per i valori spirituali e civili

    Anno I – Numero 1 – Giugno 2015

    DIRETTORE RESPONSABILE

    Donatella Bisutti

    COLLABORAZIONE ARTISTICA

    Stefania Scarnati, Luciano Ragozzino,

    Mando Touraine, Silvia Venuti

    RESIDENZA DI SCRITTURA

    Carlo Severgnini

    PROGETTO GRAFICO

    Donatella Bisutti

    REALIZZAZIONE GRAFICA

    Dario Francesco Pericolosi

    PERIODICITÀ

    Semestrale

    REDAZIONE via Anelli 8, 20122 Milano

    e-mail: rivista@poesiaeconoscenza.it

    REGISTRAZIONE

    Tribunale di Milano n.406 del 19 dicembre 2014

    RIVISTA ONLINE

    Sito internet: www.poesiaeconoscenza.it

    Facebook: www.facebook.com/RivistaPoesiaeConoscenza

    In copertina Poesia e Conoscenza (china e foglio d’oro su carta) di Stefania Scarnati.

    Pubblicato su gentile concessione dell’artista.

    I capolettera sono di Luciano Ragozzino. Le foto degli eventi sono di Silvia Venuti.

    Si collabora alla rivista solo su invito. I manoscritti non si restituiscono. Non si ricevono libri per recensioni.

    UUID: e1596860-15b9-11e5-a268-4fc950d1ab4a

    Questo libro è stato realizzato con BackTypo (http://backtypo.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    FRONTESPIZIO

    Donatella Bisutti

    Poesia e Conoscenza

    Rivista di testimonianza e di ricerca

    per i valori spirituali e civili

    EDITORIALE

    Questo è il primo numero della rivista Poesia e Conoscenza per un mondo nuovo, che è l’ideale continuazione online della rivista cartacea da me fondata nel 2008 con il titolo Poesia e Spiritualità. Una rivista di cui sono usciti solo cinque numeri, ma che sono stati sufficienti a riservarle uno spazio nella memoria di molti, per la sua particolare impostazione e il suo rigore, anche se ormai da tempo non esce. Purtroppo, infatti, non è stato possibile trovare una soluzione editoriale per garantirne la continuità nella versione cartacea. D’altra parte mi sono convinta che un’edizione online può essere la soluzione migliore per avere visibilità, superando gli ostacoli della distribuzione. L’intenzione è comunque quella di integrare l’edizione online con alcune copie cartacee da inviare a biblioteche, università e istituzioni culturali, in modo che la rivista continui ad avere anche una sua presenza tangibile, che rimanga come traccia nel tempo.

    In occasione di questo passaggio dal cartaceo al web, e data la lunga pausa intercorsa, ho deciso di modificare il titolo in Poesia e Conoscenza. Infatti molte cose sono accadute nel frattempo, gravi e preoccupanti, molti cambiamenti sono sopravvenuti nella nostra vita collettiva e hanno indotto tutti, credo, a riflettere e a riesaminare le proprie convinzioni, sia per approfondirle sia per modificarle. Questo nuovo titolo vuole essere un segnale che, tenendo conto della complessa e spesso frustrante condizione esistenziale che stiamo vivendo, indichi un ampliamento per quanto riguarda i contenuti e una modifica nella prospettiva. Poesia e Conoscenza è erede di Poesia e Spiritualità, ma è anche una rivista nuova, quindi. Certo, la spiritualità rimane al centro e continuerà ad essere una linea guida, un asse portante. Spiritualità intesa, come fu scritto già nel primo numero di Poesia e Spiritualità, non come dimensione strettamente religiosa, ma come valore anche laico, secondo la citazione che fu messa allora in quarta di copertina del filosofo francese André Comte-Sponville, in cui si parlava di una spiritualità atea. Tuttavia mi pare che oggi un titolo come Poesia e Spiritualità possa dare l’idea di un recinto, sia pure eccelso, in cui ci si vuole rinchiudere per non affrontare i temi più immediati che ci assillano, una specie di ritiro dal mondo, sia pure in nome di massimi valori. La conoscenza ingloba ovviamente la spiritualità, che è una forma di conoscenza, forse la più alta, ma è un concetto (se così si può dire) meno verticale della spiritualità: può dilatarsi in un senso che vorrei chiamare orizzontale. Non che l’idea sia quella di fare una rivista impegnata su temi di attualità sociale, economica e politica (esistono già abbastanza riviste specializzate al riguardo). Così come esistono già abbastanza riviste di poesia, emanazione di diverse tendenze, perché si senta il bisogno di un’altra. E Poesia e Conoscenza, così come già Poesia e Spiritualità, – mi preme sottolinearlo per evitare possibili equivoci – non sarà una vetrina di testi poetici e uno spazio per recensioni. La poesia continuerà, invece, a essere considerata un referente, una specie di stella polare, un valore guida a cui confrontare tutti gli altri, e insieme l’unica voce capace di esprimere l’inesprimibile quando tutte le altre vengono meno.

    Non sarà facile trovare una formula che tenga conto di tutte queste cose e si muova alla ricerca del luogo, dei luoghi, dove l’orizzontale s’interseca con la verticalità: si tratta forse di un azzardo, ma preferirei dire una sfida, che spero di vincere con l’aiuto di tutti i collaboratori e dei lettori. Credo, infatti, che proporre e sollecitare una ricerca in tal senso sia proprio il compito che oggi dobbiamo porci. Quello che Poesia e Conoscenza intende porsi. Ci sforzeremo di farlo, quindi, stimolando non solo artisti, ma anche studiosi delle più diverse discipline (come abbiamo già fatto in passato) a sondare quelle che spesso ci appaiono fessurazioni, se non addirittura buchi neri, in cerca di nuovi centri di energia che ci ridiano quella speranza di cui abbiamo bisogno per costruire una nuova spiritualità immanente, che tenga conto non solo dell’Eterno possibile, ma anche, se non soprattutto, dell’uomo nella Storia. Una nuova spiritualità non solo individuale, ma sociale? Collettiva? Il Mito dell’Uomo Nuovo, che l’umanità insegue da secoli, non ha perso la sua attualità, anzi ha oggi una sua attualità sempre più drammaticamente, concretamente presente. Cercare quindi luoghi in cui le aspirazioni delle grandi ideologie del Novecento, socialiste e marxiste, e risalendo il corso della Storia delle grandi utopie del Seicento e, ancora prima, delle grandi utopie medievali, delle grandi utopie dei filosofi antichi – per restare nell’area culturale dell’Occidente – possano confluire, fondersi, intersecarsi con l’alta, millenaria tradizione di una spiritualità ispirata alla trascendenza e fecondarsi a vicenda. Niente di nuovo, si dirà, ripensando alle vicende del secondo Novecento, al cattolicesimo di sinistra, alla drammatica vicenda, in Italia, della prigionia e della morte di Moro. La novità sta nel fatto che quelle che sembravano solo utopie di pochi, o pericolose derive, oggi appaiono scelte indispensabili alla nostra sopravvivenza e alla sopravvivenza del pianeta. E che si può tentare di evitare gli errori del passato facendo leva sulla convinzione che se si vuole salvare la Terra, e l’uomo nel mondo, in un momento di grave crisi in cui un intero sistema minaccia di affondare, è indispensabile cambiare le coscienze. Non dal manovrare le masse, come ha fatto il secolo che abbiamo alle spalle, ma dall’attenzione e dall’interazione dei singoli può, infatti, venire la salvezza. E la poesia deve uscire dai recinti letterari per dialogare con il mondo e contribuire a cambiare le coscienze. Questo non vuole dire necessariamente avere una tematica impegnata, vuole dire solo non considerare se stessa un semplice gioco letterario, un esercizio stilistico per pochi eletti. Ricordarsi che nel Novecento sono stati i poeti (in Russia, in Grecia, in Francia, in America latina e in molti altri luoghi) ad esprimere i grandi temi esistenziali collettivi e al tempo stesso l’intimità più profonda del cuore dell’uomo. È stata la poesia ad esprimere meglio di ogni altra cosa i grandi valori, primo fra tutti quello della libertà.

    Cercare di dare spazio a quest’idea di poesia, dare un sia pur piccolissimo apporto a una ricerca che appare oggi così impellente, è il compito e lo scopo che si propone dunque Poesia e Conoscenza per un mondo nuovo: ambizioso, si dirà, ma in realtà umile, in un atteggiamento che vuole essere di servizio, con il contributo di tutti.

    Donatella Bisutti

    DIBATTITO

    LA LEGGEREZZA

    In collaborazione con la Fondazione Mazzucconi

    Da sinistra: Vittorio Mazzucconi, Donatella Bisutti, Giulia Niccolai, Elio Pecora, Paolo Lagazzi  

    Foto di Silvia Venuti

    LA LEGGEREZZA

    Introduzione di Donatella Bisutti

    Vittorio Mazzucconi con Donatella Bisutti Foto di Silvia Venuti

    Il Dibattito di questo numero è stato gentilmente ospitato dalla Fondazione Mazzucconi nella sua sede di via Andrea Ponti 1 a Milano. La Fondazione Mazzucconi è stata costituita nel 1996 con un prevalente interesse per l’arte e per una ricerca spirituale, che vede il cammino interiore come il vero percorso dell’uomo e dell’arte. In questo cammino, si è molto lontani dal mercato, dalle mode, dalle ideologie, dal design ludico, che producono gran parte dell’arte attuale. Come ha scritto Riccardo Barletta, nel disfrenamento libidico del nostro tempo, l’opera di Vittorio Mazzucconi costituisce da decenni un argine morale e culturale. Quest’opera si è espressa nella pittura, in alcuni libri, nell’architettura e nello studio della città, nei seminari, portando in tutti questi campi uno spirito di meditazione, di ricerca del divino nel centro del nostro essere. La Fondazione ne porta quindi avanti l’impegno al servizio dell’arte, della città, della società e, in particolare, della formazione dei giovani. Il tema della leggerezza ha molte implicazioni in un’epoca, la nostra, che di leggerezza è davvero carente ed è invece connotata dalla pesantezza e dalla superficialità. La superficialità, come dice l’etimologia, si situa rasoterra. La leggerezza, invece, si libra nell’aria: il viaggio che compie è già un viaggio cosmico. Poche cose sono più profonde di una leggerezza rettamente intesa. Essere leggeri!, raccomandava già Livia Candiani introducendo i poeti buddisti nel numero 5 di Poesia e Spiritualità e citando la raccomandazione di Paul Valery: Leggero come un uccello / non come una piuma. Dai vari contributi si arguisce che la leggerezza va in direzione della bellezza. Leggerezza e bellezza sono nozioni che dovrebbero sempre coniugarsi nella nostra interiorità. Ma non possiamo proporci di assumere puramente e semplicemente l’antica coincidenza platonica di bello e di buono. E su questo argomento si potrà dibattere.

    PAOLO LAGAZZI

    LA PESANTEZZA E LA GRAZIA

    Cosa si può dire, oggi, intorno alla leggerezza? Come non vedere che il nostro mondo è inflazionato da infinite manifestazioni di leggerezza che si potrebbero meglio definire forme di frivolezza, fatuità o banalità, riverberi d’irresponsabilità, di superfluità up-to-date? Per chi non si sia ancora arreso alle lusinghe del pensiero unico, è evidente come queste espressioni del capriccio, dell’insulsaggine elevata a regola aurea di vita siano, in realtà, forme di pesantezza, di una pesantezza più o meno abilmente truccata o travestita, comunque greve come sono tutti gli stereotipi quando diventano partito preso, catechismo mediatico, passaparola giovanilistico, ideologia strisciante, trionfo di giostre rotanti attorno a vessilli posticci. Se può essere ancora utile cercare nella radice delle parole il seme del loro senso, vorrei ricordare come l’etimologia di leggerezza rimandi, attraverso il francese legier, al latino levis che può avere dei significati in qualche modo positivi, come veloce, ma anche intrinsecamente negativi, come debole, incostante o falso. Una sorta di radicale ambiguità, una specie di vacillante fragilità delle prospettive è dunque connaturata al concetto stesso di leggerezza, e ciò significa che forme di vacuità come quelle che ho appena evocato non sono certo specifiche del mondo contemporaneo. Ma forse mai come oggi l’irrealtà dominante attraverso i media, e il loro moltiplicare all’infinito, come in un vertiginoso labirinto di Borges, i riflessi d’immagini che rimandano ad altre immagini prodotte a loro volta da immagini concepite da chissà quali registi, ha creato e sta sempre più creando quello che è stato definito un mondo liquido, entro cui è ogni giorno più arduo opporre argini di verità ai vortici travolgenti, psicotici dell’irrilevanza, del superfluo e del nonsense. L’esperienza attuale della leggerezza, però, non è solo questa. Per fortuna c’è ancora chi sente il bisogno di una leggerezza diversa, cioè di orizzonti nutriti di freschezza intima, capaci di dare ali all’anima, di riaprirla alla grande danza della poesia, al mistero della bellezza, alla luce dell’altrove liberandola dall’assedio dei luoghi comuni, dalla gabbia luccicante del cinismo frivolo e bolso. Quanti spazi, quanti sentieri nascosti, quanti regni invisibili ai più si aprono ancora a chi sa quali tesori di leggerezza siano custoditi in quell’immensa, sterminata foresta che è la letteratura! Inneggiando alla leggerezza Italo Calvino non ha forse, anzitutto, cercato di ricordarci proprio questo: le alternative di bellezza, di magia e seduzione che la grande letteratura può offrire alla nostra stanchezza, alle sabbie mobili della superficialità, al peso del nostro disincanto? Quali aerostati, quali mongolfiere, quali nuvole estive hanno mai raggiunto la forza ascensionale di certe pagine dell’Ariosto, di Shakespeare o del Barone di Münchhausen? E accanto agli scrittori, quanti musicisti e pittori – da Mozart a Debussy, da Monteverdi ai Beatles, da Watteau a Monet, da Klee a Matisse – non si sono cimentati in quel gioco alchemico che consiste nel togliere peso al mondo per restituirlo più vero, terso e radioso, come rinnovato da un tocco di rugiada lunare?

    La ricerca della leggerezza, tuttavia, non è mai semplice neppure per coloro che ne sono innamorati, poiché nemmeno la letteratura, l’arte e la musica più ricche di potere magnetico, di forza levitante e stellare possono liberarci una volta per sempre dai pesi annidati non solo nella realtà attorno a noi ma anche dentro di noi, nella parte dura, egocentrica e isterica della nostra anima. Una delle scrittrici più consapevoli del secolo scorso, Simone Weil, ci ha insegnato a capire che solo affrancandoci dalla morsa esasperata dei desideri, cioè dalle zavorre del nostro ego infantile – quell’ego che ci precipita sempre, di nuovo, nella logica consumistica, ansiosa del possesso – riusciamo a trovare l’autentica leggerezza. Ma il cammino ascetico che le opere e la stessa esistenza della Weil ci additano non è privo di rischi ideologici: invitandoci a sciogliere il peso delle illusioni fino, per così dire, a disincarnarci, un cammino simile può farci perdere di vista quella che è la nostra condizione di uomini e non di angeli, una condizione a metà tra la carne e i sogni, la terra e il cielo, la realtà e l’altrove. La scommessa cruciale per noi non è, io credo, quella di liberarci del corpo diventando puri spiriti, ma quella di riuscire a essere leggeri senza rinunciare né ai frutti della terra né ai doni della fantasia, né alla fragilità della nostra carne né al tremore dei nostri sogni. Ecco perché mi commuovono tutti quegli autori per i quali la leggerezza non è mai una meta agevole ma un fiore raro, raggiungibile solo attraverso passi da funambolo, in bilico tra i richiami rischiosi delle sirene e i soffi impalpabili dell’anima del mondo.

    L’aspetto che più mi affascina della leggerezza è la sua natura inclassificabile: ogni autentica forma di leggerezza si sottrae ai concetti, alle idee e alle bilance, perfino a quelle di precisione. Forse bisognerebbe dire che leggerezza è un altro nome per quella realtà numinosa, epifanica – sfuggente come gli angeli di Correggio o di Rilke – che non solo Simone Weil, ma molti teologi, filosofi e studiosi di pittura, dai greci ai padri della Chiesa, dagli uomini del Rinascimento ai romantici a Bergson, hanno chiamato grazia? Nemmeno questa domanda tollera risposte semplici, perché neppure la grazia è qualcosa di definibile una volta per tutte. La sola cosa che si può dire è forse questa: sebbene in grado di assumere volti assai diversi, cangianti come i riflessi di luce sull’acqua nel corso delle ore e delle stagioni, c’è sempre al fondo della leggerezza – della vera leggerezza, non di quella contrabbandata come tale dalla cultura dell’apparire – qualcosa che ci nutre e rinnova, anche quando filtri attraverso le esperienze più dolorose e amare.

    Una parte molto speciale, nella parabola troppo rapida dei miei anni in bilico fra gravità e leggerezza, hanno sempre avuto i poeti. Guidato da uno dei più grandi conoscitori dei segreti della poesia mai esistiti, Gaston Bachelard, per un’infinità di giorni e notti ho sfogliato pagine di poeti antichi e moderni assaporandone il soffio intimo, quel quid indefinibile che circola tra i loro versi increspandoli, suscitando dai loro ritmi qualcosa di molto simile a quelle cose leggere e vaganti di cui parla Umberto Saba in Ritratto della mia bambina. Certo non amo i poeti solo per la loro leggerezza: il loro pathos tragico mi affascina altrettanto (forse non sento necessario nessun altro poeta come Dante). Ma ciò che m’innamora è la loro capacità d’imprimere svolte inattese al dolore, di far fluttuare anche la morte fra la terra e il cielo, di trarre stille di grazia perfino dall’orrore (penso in particolare alle meravigliose liriche concepite da Ungaretti in trincea).

    Non è possibile intendere la leggerezza separata dalla pesantezza: come due facce della stessa medaglia, esse si richiamano e si respingono, dialogano e si sfuggono, si alternano e s’incontrano in un’altalena che è la stessa – pendolare, cardiaca – dell’universo.

    Come ci insegna la teoria dei quanti, molto di ciò che intendiamo per realtà dipende dalla posizione da cui la osserviamo. Questo vale anche per l’alternativa fra leggerezza e pesantezza. Ancora prima che un contenuto o una forma, la leggerezza è una piega dello sguardo, un modo di osservare. La magia fondamentale della poesia, della musica e dell’arte è di ridare leggerezza al nostro sguardo gonfio, affaticato, appesantito, incredulo: d’improvviso, attraverso certe parole, note o tinte, le realtà che ci parevano più grevi riacquistano il potere di alzarsi in volo come l’aquilone che, in un haiku del grande Kobayashi Issa, fiorisce dal cuore della più profonda povertà:

    Bello l’aquilone –

    si leva dalla capanna

    del mendicante.

    Nel suo libro autobiografico La notte sarà calma, Romain Gary afferma che la sola cosa che potrebbe rivoluzionare davvero il mondo sarebbe una sua conversione al femminile, alla femminilità. Ma parlando di leggerezza al femminile è indispensabile, io credo, la più grande cautela perché nulla più dell’universo femminile sfida sia la rigidezza di quello che Derrida ha chiamato il logocentrismo (di marca essenzialmente maschile) sia tutte le ideologie femministe. Cosa significa essere donne dal punto di vista letterario? Forse avere un rapporto più diretto, più naturale con l’Anima nel senso di Jung? C’è uno specifico femminile della scrittura, o l’idea stessa di cercarlo sarebbe un’ennesima forma di pesantezza, una forzatura, una trappola? Almeno questo si può dire per non eludere del tutto una domanda così spesso ripetuta ma, allo stesso tempo, per non

    Enjoying the preview?
    Page 1 of 1