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La cinghia e il drago
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La cinghia e il drago
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La cinghia e il drago

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Sergio non riesce a vivere la sua vita come vorrebbe perché afflitto da un incubo… Dorme. Improvvisamente accade qualcosa. Si gira nervosamente nel letto, una, due, tre volte, si lamenta, si agita… la maglietta è madida di sudore… i capelli bagnati… mormora tra sé e sé: “Perché ancora questo incubo, era un po’ che mi lasciava in pace, perché ancora, quando finirà?” Guarda verso la finestra, dalle tapparelle entra solo buio… È l’una di notte e nel suo cervello comincia a “montare” la solita “inquietudine” che poi, lo sa già, dovrà rimuovere nel solo modo possibile, lui non vorrebbe, ma è l’unico sistema che gli consentirà di stare nuovamente bene, e come le altre volte potrà riprendere a “vivere” il quotidiano come se non fosse successo nulla… Si alza, va in bagno, si rinfresca il volto, ma l’acqua fredda non placa il desiderio di compiere “quello che deve compiere”. Esce. La vita prosegue e Sergio convive con questo enorme “fardello” fino a quando incontra la psicologa Sandra Mancini che, in qualche modo, nel bene o nel male, concorrerà a “risolvere” il problema.
LanguageItaliano
Release dateFeb 27, 2012
ISBN9788865370353
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    La cinghia e il drago - Antonio Carpinteri

    Antonio Carpinteri, La cinghia e il drago

    Copyright© 2012 Edizioni del Faro

    Gruppo Editoriale Tangram Srl

    Via Verdi, 9/A – 38122 Trento

    www.edizionidelfaro.it – info@edizionidelfaro.it

    Prima edizione: luglio 2011 – UNI Service

    Seconda edizione: gennaio 2012 – Printed in Italy

    ISBN

    978-88-6537-012-4 (Print)

    978-88-6537-035-3 (EPUB)

    978-88-6537-036-0 (Kindle)

    In copertina: Gabriella Salvati – olio su tela

    a Giorgia

    La cinghia e il drago

    Prima di tutto vennero a prendere gli zingari

    e fui contento perché rubacchiavano.

    Poi vennero a prendere gli ebrei

    e stetti zitto perché mi stavano antipatici.

    Poi vennero a prendere gli omosessuali

    e fui sollevato perché mi erano fastidiosi.

    Poi vennero a prendere i comunisti

    e io non dissi niente perché non ero comunista.

    Un giorno vennero a prendere a me

    e non c’era rimasto nessuno a protestare…

    Bertolt Brecht

    Personaggi

    Sergio Congiu.

    Deve risolvere il problema che gli condiziona l’esistenza…

    Sor Giovanni.

    Proprietario della bottega e datore di lavoro di Sergio…

    Annarita De Seta.

    La mamma di Sergio…

    Luigi Congiu.

    Il padre di Sergio…

    Maria Belli, zia Maria.

    Vicina di casa della famiglia Congiu…

    Luana.

    La lucciola rumena, amica di Sergio…

    Karen’na Pinku, boccuccia di rosa, Rosa.

    La geisha del ventesimo secolo,

    giapponese amica intima di Sergio…

    Taiyò, Sole.

    L’escort giapponese, amica di Karen’na Pinku…

    Francesco, don Franco.

    Il prete, amico fraterno di Sergio…

    Sandra Mancini.

    La psicologa…

    primo

    Dorme. Improvvisamente accade qualcosa.

    Si gira nervosamente nel letto, una, due, tre volte, si lamenta, si agita.

    La fronte è tutta imperlata di goccioline, il lamento si fa più intenso, fino all’emissione di un urlo che, per fortuna, lo sveglia dal solito ricorrente e insopportabile sogno.

    Si ritrova seduto sul letto con la maglietta madida di sudore, il collo piegato e le mani tra i capelli bagnati. Mormora tra sé e sé: Perché ancora questo incubo, era un po’ che mi lasciava in pace, perché ancora, quando finirà?

    Guarda verso la finestra, dalle tapparelle entra solo buio, guarda l’orologio, è l’una di notte, nel suo cervello comincia a montare la solita inquietudine che poi, lo sa già, dovrà rimuovere nel solo modo possibile, lui non vorrebbe, ma è l’unico sistema che gli consentirà di stare nuovamente bene, e come le altre volte potrà riprendere a vivere il quotidiano come se non fosse successo nulla.

    Sergio si alza, va in bagno, si rinfresca il volto, ma l’acqua fredda non placa il desiderio di compiere quello che deve compiere

    Si veste, jeans, maglietta e scarpe Timberland senza calze, i suoi movimenti sono appositamente lenti perché spera che il trascorrere del tempo possa smorzare il rito che deve eseguire fino in fondo per evitare di star male, ogni volta è restio, ma ogni volta cede e lo fa. E prima di uscire, come il solito sfoga una parte della sua insofferenza percuotendo il cuscino del suo letto, alternativamente, con forza e con delicatezza.

    secondo

    Puntuale come sempre, Sergio alle nove apre la bottega di antiquariato e falegnameria in via dei Coronari, la nota strada di Roma che fa parte del rione Ponte.

    La via, che parte dal vicolo del Curato e termina in via Sant’Agostino, deve il nome ai mercanti di oggetti sacri, in particolare corone del rosario, vendute ai pellegrini che si recavano alla Basilica di San Pietro.

    Lavora presso questa bottega da oltre dieci anni.

    Fu presentato al proprietario dal responsabile dell’orfanotrofio, dove aveva vissuto dall’età di cinque anni fino ai diciotto.

    Dal bottegaio è stato subito preso a ben volere e non solo per il suo comportamento affabile ed educato, ma anche per l’innata capacità che dimostrava di avere nella lavorazione del legno, dal rifacimento delle parti danneggiate dei mobili fino al vero e proprio restauro.

    All’orfanotrofio, dopo le scuole elementari e medie, era stato indirizzato verso le attività professionali, ed era lì che aveva imparato il mestiere.

    All’inizio, il proprietario gli aveva concesso di dormire nella bottega, poi andando avanti nel tempo e acquisendo capacità e professionalità aveva avuto la possibilità economica di affittare l’appartamento a Torre Angela dove ancora abita.

    Si accinge a continuare il lavoro di restauro di quella che a suo tempo era stata una splendida libreria dell’ottocento e che allo stato attuale è ridotta al massimo degrado possibile. Ma Sergio e il sor Giovanni, proprietario della bottega e oramai suo amico, hanno stabilito tutta una serie di lavori, tramite i quali l’avrebbero riportata agli antichi splendori, anche se ci sarebbe voluto parecchio tempo e denaro, perché dovevano provvedere a molteplici interventi di falegnameria, integrazioni di parti mancanti, reincollaggio di quelle staccate e per ultimo, le più delicate, la pulitura e la lucidatura.

    Sergio lavora con entusiasmo, anche se é sempre più turbato dalla sua fissa, della quale non si spiega la genesi.

    Ha uno smodato desiderio di apporre un piccolo intaglio, raffigurante un drago, sui mobili oggetto dei suoi interventi.

    Questa fisima, quando la realizza, lo appaga profondamente, e intuisce senza però darsene alcuna spiegazione, che proviene da lontano, fin da quando era all’orfanotrofio. Infatti, dapprima disegnava il drago sui quaderni di scuola e, successivamente, quando apprese l’arte della lavorazione del legno, tramite le incisioni.

    Ovviamente la sua conoscenza dei disegni dei draghi é vasta, va dai più semplici ai più complessi, dai più grandi ai più piccoli e questo gli permette di scegliere il suo drago da incidere in funzione del mobile che sta lavorando, optando sempre per un posto dove é impossibile scoprirlo, o inserito discretamente tra gli altri intarsi, oppure sotto una zampa o dentro un vano, nella maniera più idonea affinché sia estremamente difficoltosa la sua visibilità.

    Il culmine della sua felicità fu quando un committente ordinò la costruzione di un tavolo e sul piano desiderava che fosse eseguito un lavoro di ebanisteria e chiese un consiglio su cosa riprodurre.

    Sergio, senza pensarci minimamente, propose un drago orientale giapponese.

    L’acquirente rimase perplesso dall’idea di vedere un drago sul piano del tavolo, ma nello stesso tempo affascinato, tanto da non scartarla a priori, per cui chiese a Sergio di esplicitargli con qualche dettaglio il motivo per il quale aveva suggerito di getto, senza alcuna riflessione, un drago, e perché orientale e specificatamente giapponese.

    Sergio con grande entusiasmo iniziò a trattare l’argomento drago.

    Il drago" è una figura mitica e leggendaria dai tratti solitamente serpentini, ed è presente nell’immaginario collettivo nelle culture di tutti i popoli, con una differenza sostanziale: gli occidentali lo identificano come essere malefico, portatore di morte e distruzione, gli orientali lo considerano una creatura portatrice di fortuna e bontà, e questo è un motivo per cui suggerivo il drago orientale.

    È un animale dalle origini antichissime tanto che il termine deriva dal latino draco, a sua volta proveniente dal greco drakon.

    Il drago asiatico è il tipico dragone orientale, dal corpo lungo serpentiforme, ricoperto da peluria e da squame, senza ali ma comunque, nella fantasia popolare, se volesse avrebbe la capacità di volare.

    Ha il muso da coccodrillo con dei lunghi baffi filiformi, la criniera e gli artigli da leone e una cresta che lo percorre in tutta la sua lunghezza, lungo la schiena.

    Il drago cinese, negli ultimi secoli, è stato anche associato al potere imperiale divenendo l’animale emblematico dell’imperatore, detto Figlio del Cielo e pertanto simboleggiava la funzione che spettava all’imperatore: assicurare i ritmi stagionali e lo scorrere armonioso della vita.

    Secondo la tradizione, le raffigurazioni dei draghi a cinque artigli erano riservate all’imperatore, per i suoi abiti, il vasellame, il mobilio e quant’altro. I principi di quarto e quinto rango avevano diritto a draghi con quattro artigli e agli altri nobili restavano i draghi con tre artigli.

    Il drago giapponese, rappresentato con tre artigli, raffigurava una creatura benevola e di buon augurio, che annunciava la pioggia e la fertilità, poteva esaudire i desideri e soprattutto era dispensatore di saggezza.

    Ed è la somma di tutte queste qualità ben auguranti che mi portano a suggerire per il piano del suo tavolo questo bellissimo animale costruito dall’uomo, con l’ausilio delle sue molteplici suggestioni e credenze".

    Sergio aveva dato fondo a tutto il suo sapere sull’argomento, era accalorato e le ultime frasi le aveva espresse con grande eccitazione.

    L’acquirente rimase come stordito dopo aver ascoltato questa lunga e dotta dissertazione. Si riprese e soddisfatto dalle storie, dalle motivazioni e dai significati espressi, senza pensarci su, disse: E vada per il drago!"

    Per Sergio fu un vero avvenimento.

    Cominciò a immaginare svariate possibilità di elaborazione. La forma allungata o attorcigliata, con o senza ali, come fare la cresta, l’unica cosa di cui era certo era il numero degli artigli, tre, perché il drago doveva essere quello giapponese; comunque ogni volta, dopo avere eseguito il disegno, trovava qualcosa che non era di suo gradimento, o i tratti del corpo, o l’atteggiamento, o i colori. Per cui non era mai soddisfatto; c’era sempre qualche elemento che sembrava non fosse al posto giusto, finché, dopo alcuni giorni, finalmente, arrivò la giusta ispirazione.

    Di getto riprodusse su cartone l’idea che aveva in mente, e la bella e imponente figura del drago prese finalmente corpo. Ora era appagato.

    Si presentava con il corpo verde a forma di una esse molto sinuosa e attorcigliata, il muso di coccodrillo con le fauci spalancate che mostravano lunghi denti acuminati e la lingua rossa. I lunghi baffi erano gialli e gli davano un senso d’imperiosità, le orecchie esili di colore grigio, le zampe piccole con i tre lunghi artigli bianchi e la criniera che gli percorreva tutta la lunghezza del corpo. Insomma era riuscito a produrre un drago possente e maestoso con un atteggiamento non aggressivo e questo elemento era evidenziato soprattutto dall’espressione dei grandi occhi gialli che emanavano una sensazione di amicizia, cordialità, benevolenza e protezione.

    Fece vedere il disegno al committente che rimase stupito e dimostrò tutta la sua ammirazione e approvazione.

    Era giunto il momento dell’esecuzione.

    Dette fondo a tutta la sua bravura, esperienza e professionalità. Compose un mosaico utilizzando tipi di legno differenti per i colori. Il mogano per il rosso scuro, l’ebano per il nero, l’acero per il giallo rosato, l’agrifoglio per il grigio e il verde scuro, l’ulivo per il giallo bruno, il bosso per il bianco e nelle circostanze nelle quali occorrevano delle tinte non riproducibili con i legni, si servì di coloranti a base di silicati.

    La storia della commissione del tavolo con il relativo lavoro di ebanisteria da subito venne a conoscenza di tutti gli altri artigiani che avevano la bottega in via dei Coronari, e ogni giorno c’era un andirivieni per vedere come procedesse l’opera.

    Realizzò un capolavoro che riscosse i complimenti e le felicitazioni di tutti gli amici del circondario che da quel giorno al suo nome aggiunsero un’appendice, il drago; Sergio il drago.

    Comunque il momento clou fu quando mostrò l’opera finita al committente che ne rimase entusiasta, e lui in quell’istante fu invaso da una grande felicità.

    Più di una volta, Sergio si domandò del perché fosse così affascinato dall’immagine del drago; pensò che il significato potesse essere come una sorta di firma di riconoscimento, ma non ne era convinto, e per quanto si sforzasse a elucubrare motivazioni, non ne trovava alcuna coerente.

    Infatti, aveva a che fare con il suo incubo, ma lo scoprì molto tempo dopo…

    terzo

    Sergio Congiu ha circa trent’anni ed è dotato di un carattere pacato, paziente e riflessivo. È sufficientemente colto, pur avendo frequentato scuole con indirizzo prettamente tecnico. In seguito, da adulto, ha ampliato le sue conoscenze in modo autodidattico, attraverso la lettura e specifici corsi di approfondimento. È un ragazzo fisicamente ben fatto, anche perché due o tre volte la settimana frequenta una palestra di pugilato che è ubicata nel quartiere Prenestino.

    Non ama i combattimenti, dentro di lui non alberga la cattiveria dei pugili, però gli piace quel tipo di atletica fatta di ginnastica, pesi, salto alla corda, tirare

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