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I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR
I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR
I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR
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I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR

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Cyclic ADP-ribose (cADPR) is a second messenger modulating intracellular calcium levels. We have previously

described a cADPR-dependent calcium signaling pathway in bovine rod outer segments (ROS), where calcium ions play

a pivotal role. ROS ADP-ribosyl cyclase (ADPR-cyclase) was localized in the membrane fraction. In the present work,

we examined the properties of the disk ADPR-cyclase through the production of cyclic GDP-ribose from the NAD+

analogue NGD+. The enzyme displayed an estimated Km for NGD+ of 12.5 6 0.3 lM, a Vmax of 26.50 6 0.70 pmol cyclic

GDP-ribose synthesized/min/mg, and optimal pH of 6.5. The effect of divalent cations (Zn2+, Cu2+, and Ca2+) was

also tested. Micromolar Zn2+ and Cu2+ inhibited the disk ADPR-cyclase activity (half maximal inhibitory concentration,

IC50 5 1.1 and 3.6 lM, respectively). By contrast, Ca2+ ions had no effect. Interestingly, the properties of the intracellular

membrane–associated ROS disk ADPR-cyclase are more similar to those of the ADPR-cyclase found in CD38-deficient

mouse brain, than to those of CD38 or CD157. The novel intracellular mammalian ADPR-cyclase would elicit Ca2+ release

from the disks at various rates in response to change in free Ca2+ concentrations, caused by light versus dark adaptation, in

fact there was no difference in disk ADPR-cyclase activity in light or dark conditions. Data suggest that disk ADPR-cyclase

may be a potential target of retinal toxicity of Zn2+ and may shed light to the role of Cu2+ and Zn2+ deficiency in retina
LanguageItaliano
Release dateDec 20, 2011
ISBN9788863692679
I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR

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    I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione - Andrea Fabiano

    (A mia mamma)

    I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR

    Andrea Fabiano

    Narcissus - Self Publishing made serious

    Edizione digitale: dicembre 2011

    ISBN: 9788863692679


    Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl


    Indice

    Introduzione

    1. L’occhio e la visione

    1.1. Evoluzione dell’occhio

    1.2. L’occhio dei vertebrati superiori

    1.3. Anatomia della retina

    2. I fotorecettori

    2.1. Generalità sui fotorecettori

    2.2. Caratteristiche citologiche e strutturali

    2.3. Fisiologia e biodiversità

    2.4. Origine e sviluppo dei fotorecettori

    2.5. Differenziamento dei fotorecettori

    A. Fattori intrinseci

      Otx2

      RB

      NRL

      recettore TRβ2

      recettore nucleare NR2E3

    B. Fattori estrinseci

      Acido retinoico

      Hedgehog

      Taurina

      Laminina β2

      Epidermal growth factor e transforming growth factor

      Ciliary neurotrophic factor

      Attivina

      Fibroblast growth fact

    3. La fotorecezione

    3.1. Il circuito sinaptico

    3.2. Cambiamenti del potenziale di membrana

    3.3. Ruolo dei pigmenti visivi

    4. Lo ione calcio e la fototrasduzione

    4.1. Cenni sulla via di segnalazione Ca²+-dipendente e sull’attività ADP-ribosil ciclasica

    4.2. L’attività ADPR-ciclasica ed il suo ruolo nel differenziamento cellulare

    4.3. Meccanismo d’azione dell’attività ADPR-ciclasica

    Obiettivo tesi

    Materiale e metodi

      Reagenti ed anticorpi

      Preparazione di omogenati di retina

      Preparazione dei ROS

      Preparazione di dischi osmoticamente intatti

      Determinazione della rodopsina

      Preparazione di omogenati di muscolo scheletrico

      Preparazione ed isolamento di eritrociti da sangue bovino

      Analisi di microscopia elettronica a trasmissione

      Analisi di microscopia confocale

      Western blot ed analisi densitometrica

      Preparazione dei campioni per le misurazioni del Ca²+

      Dosaggio dell’attività ADPR-ciclasica sul NAD+

      Dosaggio del NAD+ e del cADPR presente nei campioni

      Dosaggio dell’attività ADPR-ciclasica su NGD+

      Rivelazione dell’attività ADPR-ciclasica tramite SDS-PAGE semi-denaturante

      Analisi proteomica dei dischi dei ROS tramite 2D-PAGE

    Risultati

      Caratterizzazione del campione

      Misure di rilascio di Ca²+ dai dischi intatti dovuta al cADPR

      Quantificazione NAD+ nei campioni e caratterizzazione dell’attività ADPR-ciclasica in vivo

      Caratterizzazione dell’attività ADPR-ciclasica (GDPR-ciclasica) dei dischi intatti

    1.  Dosaggio attività e proprietà cinetiche

    2.  Effetto degli ioni zinco, rame e calcio sull’attività ADPR-ciclasica dei dischi osmoticamente intatti

    3.  Effetto della luce sull’attività ADPR-ciclasica dei dischi

      Rilevazione attività ADPR-ciclasica su gel

      Localizzazione del recettore per la rianodina (RyR) sui dischi

      1D-PAGE ed identificazione delle proteine con MS

      2D-PAGE ed identificazione delle proteine con MS

    Discussione

    Bibliografia

      Introduzione

      Siti Web

      Materiali e metodi

      Risultati

      Discussione

    Ringraziamenti

    Introduzione

    Parte 1: L’occhio e la visione

    L’occhio è quella struttura, evolutasi indipendentemente in molti phylum animali, predisposta alla fotorecezione dei fotoni di luce per trasdurli in segnali elettrici che possono essere interpretati dal sistema nervoso centrale. I meccanismi che operano la trasduzione visiva si basano su un insieme di molecole proteiche altamente conservate le quali permettono di assorbire la luce sulla superficie dei fotorecettori e di catturare così l’energia dei fotoni contenuta al loro interno.

    1.1 Evoluzione dell’occhio

    La natura fisica della luce ha condizionato fortemente l’evoluzione dell’organizzazione strutturale dell’occhio, la cui funzione è quella di produrre immagini. Nel corso dell’evoluzione sono stati messi a punto molti possibili disegni strutturali che hanno portato ad organizzazioni dell’occhio simili in specie animali non affini, ad esempio per quanto riguarda l’occhio dei calamari e dei pesci, che pur essendo due animali filogeneticamente distanti condividono lo stesso habitat.

    Questo dato però non è assoluto perché anche l’occhio dell’uomo è molto simile a quello del pesce per convergenza, pur non vivendo nello stesso ambiente.

    L’evoluzione dell’occhio può essere distinta in due tappe fondamentali. Inizialmente in tutti i principali gruppi animali si sono sviluppate delle strutture semplici definite macchie oculari, costituite da una fossetta aperta rivestita da pochi recettori e contenente cellule pigmentate schermanti. Queste macchie oculari forniscono informazioni sulla direzione delle sorgenti di luce e sulle variazioni della sua intensità, ma non immagini ben dettagliate.

    Però per riconoscere le figure e controllare l’attività motoria, gli animali hanno bisogno di occhi con un sistema ottico capace di limitare la parte del campo visivo rilevata da un singolo fotorecettore e di formare immagini. Questa tappa dell’evoluzione è avvenuta solo in 6 phyla dei 33 presenti nei metazoi; ma gli animali che fanno parte di questi 6 phyla rappresentano il 96% di tutte le specie viventi, quindi si può arrivare a dire che il possedere occhi conferisca un notevole vantaggio in termini di evoluzione.

    In particolare l’occhio di vertebrato possiede un’apertura relativamente piccola e una lente; queste due caratteristiche permettono la formazione di un’immagine di ottima qualità, che viene messa a fuoco nella parte posteriore dell’occhio sullo strato dei fotorecettori della retina [Randal, Fisiologia animale]

    1.2 L’occhio dei vertebrati superiori

    Nell’occhio dei vertebrati, la luce incidente è messa a fuoco in due fasi: nella fase iniziale i raggi di luce incidente sono prima rifratti dalla superficie chiara ed esterna dell’occhio chiamata cornea, successivamente attraversano una seconda struttura, chiamata cristallino, una sorta di lente biconvessa di tessuto connettivale immerso in una matrice fortemente proteica trasparente, la cui funzione è quella di ricreare un’immagine invertita sulla superficie interna posteriore dell’occhio, la retina.

    Figure 1.1:  Morfologia dell’occhio e orientamento delle cellule della retina inversa di vertebrato.

    Nei vertebrati superiori né il cristallino né la retina possono essere spostati, come invece avviene nei pesci ossei, ma l’immagine viene messa a fuoco variando la curvatura e lo spessore del cristallino ; in questo modo, infatti, cambia la distanza a cui l’immagine, che passa attraverso di esso, viene messa a fuoco, chiamata distanza focale della lente.

    Figura 1.2:  Modificazione del cristallino in base all’angolo di incidenza della luce

    La forma del cristallino si modifica in seguito alle variazioni della tensione esercitata sul suo perimetro. Il cristallino è mantenuto sospeso nell’occhio dalle fibre della zonula, orientate radialmente. Queste fibre esercitano sul loro perimetro una tensione diretta verso l’esterno e le fibre dei muscoli ciliari, orientate radicalmente, regolano la quantità di tale tensione. Quando i muscoli ciliari sono rilasciati, il cristallino è relativamente appiattito per la tensione elastica esercitata dalle fibre della zonula che ne tira il perimetro verso l’esterno, e gli oggetti lontani dall’occhio sono messi a fuoco sulla retina; quelli vicini, viceversa, sono sfocati. Gli oggetti vicini sono, infatti, messi a fuoco sulla retina quando i muscoli ciliari si contraggono riducendo la tensione esercitata sul cristallino che diventa più rotondo. Questo processo è chiamato accomodazione ed è utilizzato per la messa a fuoco di oggetti vicini.

    La quantità di luce che entra nell’occhio è discriminata dalla presenza dell’iride, un sottile muscolo liscio, ricco di pigmento che determina anche la colorazione dell’occhio. L’iride presenta una forma circolare con un orifizio al suo interno, chiamato pupilla, il cui diametro è regolato da contrazioni variabili dei muscoli dell’iride, il minor o maggior diametro della pupilla determina una minore o maggiore quantità di luce che raggiunge la retina.

    La porzione posteriore dell’occhio, quella su cui viene proiettato il raggio luminoso, è una struttura pluristratificata composta di tre tessuti specializzati:

      Sclera: la tunica esterna del bulbo oculare formata principalmente da fasci di fibre connettivali sovrapposti in molti strati e costituisce la porzione bianca dell’occhio nell’uomo ; riveste un ruolo strutturale oltre a partecipare alla formazione della cornea nella porzione anteriore dell’occhio ;

      Coroide: la tunica mediana ricca di vasi sanguinei che irrorano la retina è ricca di pigmenti e nella porzione anteriore forma il corpo cigliare e l’iride ;

      Retina: la tunica più interna, formata da tessuto di origine neuro-ectodermico, costituito da dieci diversi strati di cellule nervose, comprendenti le cellule a cono e bastoncello, deputate dal riconoscimento dello stimolo luminoso, intimamente connesse con cellule epiteliali, dette lamina pigmentosa.

    1.3 Anatomia della retina

    La retina dei Vertebrati, di tipo invertito, costituisce la porzione fotosensibile dell’occhio. Nelle sue sezioni traverse si riconoscono, al microscopio ottico, i seguenti 10 strati:

      epitelio pigmentato ;

      strato bacillare (fotorecettori) ;

      membrana limitante esterna ;

      strato granulare esterno (ONL) ;

      strato plessiforme esterno (OPL) ;

      strato granulare interno (INL) ;

      strato plessiforme interno (IPL) ;

      strato delle cellule gangliari (GCL) ;

      strato delle fibre nervose ottiche (OFL) ;

      membrana limitante interna.

    Figura 1.3:  Schema rappresentativo della posizione delle cellule dei diversi strati. Colorazione in Ematossilina-eosina di sezione di retina

    L’epitelio pigmentato deriva dal foglietto esterno del calice ottico, tutti gli altri strati dal foglietto interno. I corpi cellulari dei neuroni identificabili nella retina (fotorecettori, cellule bipolari, orizzontali, amacrine, interplessiformi, gangliari) sono disposti in tre strati, fra i quali si interpongono due fasce di sinapsi (interna ed esterna). Lo strato esterno contiene i fotorecettori (cellule dei coni e dei bastoncelli), quello interno le cellule gangliari, quello intermedio tutti gli altri tipi cellulari (cellule bipolari, orizzontali, amacrine, interplessiformi).

    La retina presenta quindi 5 tipi fondamentali di neuroni organizzati nei tre strati nucleari e fra loro interconnessi. Le informazioni fluiscono non solo in senso verticale dai fotorecettori alle cellule bipolari e alle cellule gangliari, ma anche orizzontalmente, per l’intervento delle cellule orizzontali nello strato plessiforme esterno e delle cellule amacrine nello strato plessiforme interno.

    Oltre ai fotorecettori e ai tipi neuronali in precedenza ricordati esistono nella retina anche

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