I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR
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I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione - Andrea Fabiano
(A mia mamma)
I bastoncelli retinici come cellule altamente specializzate nella fotorecezione : individuazione e caratterizzazione del metabolismo del cADPR
Andrea Fabiano
Narcissus - Self Publishing made serious
Edizione digitale: dicembre 2011
ISBN: 9788863692679
Edizione digitale realizzata da Simplicissimus Book Farm srl
Indice
Introduzione
1. L’occhio e la visione
1.1. Evoluzione dell’occhio
1.2. L’occhio dei vertebrati superiori
1.3. Anatomia della retina
2. I fotorecettori
2.1. Generalità sui fotorecettori
2.2. Caratteristiche citologiche e strutturali
2.3. Fisiologia e biodiversità
2.4. Origine e sviluppo dei fotorecettori
2.5. Differenziamento dei fotorecettori
A. Fattori intrinseci
Otx2
RB
NRL
recettore TRβ2
recettore nucleare NR2E3
B. Fattori estrinseci
Acido retinoico
Hedgehog
Taurina
Laminina β2
Epidermal growth factor e transforming growth factor
Ciliary neurotrophic factor
Attivina
Fibroblast growth fact
3. La fotorecezione
3.1. Il circuito sinaptico
3.2. Cambiamenti del potenziale di membrana
3.3. Ruolo dei pigmenti visivi
4. Lo ione calcio e la fototrasduzione
4.1. Cenni sulla via di segnalazione Ca²+-dipendente e sull’attività ADP-ribosil ciclasica
4.2. L’attività ADPR-ciclasica ed il suo ruolo nel differenziamento cellulare
4.3. Meccanismo d’azione dell’attività ADPR-ciclasica
Obiettivo tesi
Materiale e metodi
Reagenti ed anticorpi
Preparazione di omogenati di retina
Preparazione dei ROS
Preparazione di dischi osmoticamente intatti
Determinazione della rodopsina
Preparazione di omogenati di muscolo scheletrico
Preparazione ed isolamento di eritrociti da sangue bovino
Analisi di microscopia elettronica a trasmissione
Analisi di microscopia confocale
Western blot ed analisi densitometrica
Preparazione dei campioni per le misurazioni del Ca²+
Dosaggio dell’attività ADPR-ciclasica sul NAD+
Dosaggio del NAD+ e del cADPR presente nei campioni
Dosaggio dell’attività ADPR-ciclasica su NGD+
Rivelazione dell’attività ADPR-ciclasica tramite SDS-PAGE semi-denaturante
Analisi proteomica dei dischi dei ROS tramite 2D-PAGE
Risultati
Caratterizzazione del campione
Misure di rilascio di Ca²+ dai dischi intatti dovuta al cADPR
Quantificazione NAD+ nei campioni e caratterizzazione dell’attività ADPR-ciclasica in vivo
Caratterizzazione dell’attività ADPR-ciclasica (GDPR-ciclasica) dei dischi intatti
1. Dosaggio attività e proprietà cinetiche
2. Effetto degli ioni zinco, rame e calcio sull’attività ADPR-ciclasica dei dischi osmoticamente intatti
3. Effetto della luce sull’attività ADPR-ciclasica dei dischi
Rilevazione attività ADPR-ciclasica su gel
Localizzazione del recettore per la rianodina (RyR) sui dischi
1D-PAGE ed identificazione delle proteine con MS
2D-PAGE ed identificazione delle proteine con MS
Discussione
Bibliografia
Introduzione
Siti Web
Materiali e metodi
Risultati
Discussione
Ringraziamenti
Introduzione
Parte 1: L’occhio e la visione
L’occhio è quella struttura, evolutasi indipendentemente in molti phylum animali, predisposta alla fotorecezione dei fotoni di luce per trasdurli in segnali elettrici che possono essere interpretati dal sistema nervoso centrale. I meccanismi che operano la trasduzione visiva si basano su un insieme di molecole proteiche altamente conservate le quali permettono di assorbire la luce sulla superficie dei fotorecettori e di catturare così l’energia dei fotoni contenuta al loro interno.
1.1 Evoluzione dell’occhio
La natura fisica della luce ha condizionato fortemente l’evoluzione dell’organizzazione strutturale dell’occhio, la cui funzione è quella di produrre immagini. Nel corso dell’evoluzione sono stati messi a punto molti possibili disegni strutturali che hanno portato ad organizzazioni dell’occhio simili in specie animali non affini, ad esempio per quanto riguarda l’occhio dei calamari e dei pesci, che pur essendo due animali filogeneticamente distanti condividono lo stesso habitat.
Questo dato però non è assoluto perché anche l’occhio dell’uomo è molto simile a quello del pesce per convergenza, pur non vivendo nello stesso ambiente.
L’evoluzione dell’occhio può essere distinta in due tappe fondamentali. Inizialmente in tutti i principali gruppi animali si sono sviluppate delle strutture semplici definite macchie oculari, costituite da una fossetta aperta rivestita da pochi recettori e contenente cellule pigmentate schermanti. Queste macchie oculari forniscono informazioni sulla direzione delle sorgenti di luce e sulle variazioni della sua intensità, ma non immagini ben dettagliate.
Però per riconoscere le figure e controllare l’attività motoria, gli animali hanno bisogno di occhi con un sistema ottico capace di limitare la parte del campo visivo rilevata da un singolo fotorecettore e di formare immagini. Questa tappa dell’evoluzione è avvenuta solo in 6 phyla dei 33 presenti nei metazoi; ma gli animali che fanno parte di questi 6 phyla rappresentano il 96% di tutte le specie viventi, quindi si può arrivare a dire che il possedere occhi conferisca un notevole vantaggio in termini di evoluzione.
In particolare l’occhio di vertebrato possiede un’apertura relativamente piccola e una lente; queste due caratteristiche permettono la formazione di un’immagine di ottima qualità, che viene messa a fuoco nella parte posteriore dell’occhio sullo strato dei fotorecettori della retina [Randal, Fisiologia animale]
1.2 L’occhio dei vertebrati superiori
Nell’occhio dei vertebrati, la luce incidente è messa a fuoco in due fasi: nella fase iniziale i raggi di luce incidente sono prima rifratti dalla superficie chiara ed esterna dell’occhio chiamata cornea, successivamente attraversano una seconda struttura, chiamata cristallino, una sorta di lente biconvessa di tessuto connettivale immerso in una matrice fortemente proteica trasparente, la cui funzione è quella di ricreare un’immagine invertita sulla superficie interna posteriore dell’occhio, la retina.
Figure 1.1: Morfologia dell’occhio e orientamento delle cellule della retina inversa di vertebrato.
Nei vertebrati superiori né il cristallino né la retina possono essere spostati, come invece avviene nei pesci ossei, ma l’immagine viene messa a fuoco variando la curvatura e lo spessore del cristallino ; in questo modo, infatti, cambia la distanza a cui l’immagine, che passa attraverso di esso, viene messa a fuoco, chiamata distanza focale della lente.
Figura 1.2: Modificazione del cristallino in base all’angolo di incidenza della luce
La forma del cristallino si modifica in seguito alle variazioni della tensione esercitata sul suo perimetro. Il cristallino è mantenuto sospeso nell’occhio dalle fibre della zonula, orientate radialmente. Queste fibre esercitano sul loro perimetro una tensione diretta verso l’esterno e le fibre dei muscoli ciliari, orientate radicalmente, regolano la quantità di tale tensione. Quando i muscoli ciliari sono rilasciati, il cristallino è relativamente appiattito per la tensione elastica esercitata dalle fibre della zonula che ne tira il perimetro verso l’esterno, e gli oggetti lontani dall’occhio sono messi a fuoco sulla retina; quelli vicini, viceversa, sono sfocati. Gli oggetti vicini sono, infatti, messi a fuoco sulla retina quando i muscoli ciliari si contraggono riducendo la tensione esercitata sul cristallino che diventa più rotondo. Questo processo è chiamato accomodazione ed è utilizzato per la messa a fuoco di oggetti vicini.
La quantità di luce che entra nell’occhio è discriminata dalla presenza dell’iride, un sottile muscolo liscio, ricco di pigmento che determina anche la colorazione dell’occhio. L’iride presenta una forma circolare con un orifizio al suo interno, chiamato pupilla, il cui diametro è regolato da contrazioni variabili dei muscoli dell’iride, il minor o maggior diametro della pupilla determina una minore o maggiore quantità di luce che raggiunge la retina.
La porzione posteriore dell’occhio, quella su cui viene proiettato il raggio luminoso, è una struttura pluristratificata composta di tre tessuti specializzati:
Sclera: la tunica esterna del bulbo oculare formata principalmente da fasci di fibre connettivali sovrapposti in molti strati e costituisce la porzione bianca dell’occhio nell’uomo ; riveste un ruolo strutturale oltre a partecipare alla formazione della cornea nella porzione anteriore dell’occhio ;
Coroide: la tunica mediana ricca di vasi sanguinei che irrorano la retina è ricca di pigmenti e nella porzione anteriore forma il corpo cigliare e l’iride ;
Retina: la tunica più interna, formata da tessuto di origine neuro-ectodermico, costituito da dieci diversi strati di cellule nervose, comprendenti le cellule a cono e bastoncello, deputate dal riconoscimento dello stimolo luminoso, intimamente connesse con cellule epiteliali, dette lamina pigmentosa.
1.3 Anatomia della retina
La retina dei Vertebrati, di tipo invertito, costituisce la porzione fotosensibile dell’occhio. Nelle sue sezioni traverse si riconoscono, al microscopio ottico, i seguenti 10 strati:
epitelio pigmentato ;
strato bacillare (fotorecettori) ;
membrana limitante esterna ;
strato granulare esterno (ONL) ;
strato plessiforme esterno (OPL) ;
strato granulare interno (INL) ;
strato plessiforme interno (IPL) ;
strato delle cellule gangliari (GCL) ;
strato delle fibre nervose ottiche (OFL) ;
membrana limitante interna.
Figura 1.3: Schema rappresentativo della posizione delle cellule dei diversi strati. Colorazione in Ematossilina-eosina di sezione di retina
L’epitelio pigmentato deriva dal foglietto esterno del calice ottico, tutti gli altri strati dal foglietto interno. I corpi cellulari dei neuroni identificabili nella retina (fotorecettori, cellule bipolari, orizzontali, amacrine, interplessiformi, gangliari) sono disposti in tre strati, fra i quali si interpongono due fasce di sinapsi (interna ed esterna). Lo strato esterno contiene i fotorecettori (cellule dei coni e dei bastoncelli), quello interno le cellule gangliari, quello intermedio tutti gli altri tipi cellulari (cellule bipolari, orizzontali, amacrine, interplessiformi).
La retina presenta quindi 5 tipi fondamentali di neuroni organizzati nei tre strati nucleari e fra loro interconnessi. Le informazioni fluiscono non solo in senso verticale dai fotorecettori alle cellule bipolari e alle cellule gangliari, ma anche orizzontalmente, per l’intervento delle cellule orizzontali nello strato plessiforme esterno e delle cellule amacrine nello strato plessiforme interno.
Oltre ai fotorecettori e ai tipi neuronali in precedenza ricordati esistono nella retina anche