Una psicologa interpreta il Vangelo di S. Giovanni
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Leggere oltre le righe il vero senso di ciò che ci è stato tramandato, è la sensazione più appagante che una persona possa sperare di godere per arricchire la propria spiritualità che è la dimensione che caratterizza meglio e in modo più completo l'umanità delle persone. Molte religioni contengono principi e valori che si basano sulla giustizia e sull'onestà e non possono che apparire sagge; ma spesso contengono anche delle contraddizioni e, queste, dovrebbero essere interpretate
alla luce di ciò che vogliono dire oppure essere eliminate per non spaventare e allontanare le persone.
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Una psicologa interpreta il Vangelo di S. Giovanni - Magda Maddalena Marconi
Magda Maddalena Marconi, Una psicologa interpreta il Vangelo di S. Giovanni
Copyright© 2012 Edizioni del Faro
Gruppo Editoriale Tangram Srl
Via Verdi, 9/A – 38122 Trento
www.edizionidelfaro.it – info@edizionidelfaro.it
Prima edizione: ottobre 2010 – UNI Service
Seconda edizione: gennaio 2012 – Printed in Italy
ISBN
978-88-6537-018-6 (Print)
978-88-6537-045-2 (ePub)
978-88-6537-044-5 (Kindle)
Ai miei figli
Prefazione
Prestando molta attenzione al modo in cui le persone comprendono i Vangeli e, di conseguenza, vivono la loro vita credendo al senso letterale e non a quello simbolico, ho intrapreso un percorso di studi teologici che, affiancati alle mie conoscenze psicologiche e alle mie esperienze professionali in campo psicoterapeutico, mi permettono di elaborare delle riflessioni. Grazie a tutto questo e a ciò che la mia coscienza di Verità mi trasmette mentre approfondisco il Vangelo giovanneo , ricevo delle risposte talmente ragionevoli (pur senza perdere il loro senso spirituale), da non sentire la necessità di mettere in dubbio alcunché. Leggere oltre le righe il vero senso di ciò che ci è stato tramandato, è la sensazione più appagante che una persona possa sperare di godere per arricchire la propria spiritualità che è la dimensione che caratterizza meglio e in modo più completo l’umanità delle persone.
Partendo dal presupposto, secondo me imprescindibile, che il fondamentalismo – inteso come atteggiamento di chi persegue in modo intransigente e dogmatico delle idee politiche, religiose e culturali – sia un danno, non solo per la fede ma anche per la ragione, ritengo sia anche da evitare: ogni estremismo, infatti, porta a reazioni estreme e ogni comportamento estremo è di per sé sbagliato perché privo dell’equilibrio. Come sostenevano saggiamente i latini, la verità e l’equilibrio stanno nel mezzo, mai agli estremi.
Molte religioni contengono principi e valori che si basano sulla giustizia e sull’onestà e non possono che apparire sagge; ma spesso contengono anche delle contraddizioni e, queste, dovrebbero essere interpretate alla luce di ciò che vogliono dire oppure essere eliminate per non spaventare e allontanare le persone.
In questo mio saggio, preferisco distinguere nettamente la fede in Dio dalla fede in ogni altro credo, comprese le religioni integraliste, quelle che si attengono alla lettera anziché entrare nella Parola cioè nel senso profondo di ciò che vogliono trasmettere.
Oggi l’esegesi non elimina nulla del passato ma apre la strada anche ad altre possibilità che io intendo sfruttare al fine di offrire al lettore delle spiegazioni che nascono dalla mia coscienza di Verità e che possono trovare, nelle altre coscienze, dei riscontri spirituali. La differenza sostanziale tra il concetto di esegesi e quello di ermeneutica consiste in questo: l’esegesi è una traduzione tecnica, mentre l’ermeneutica è una traduzione interpretativa quindi anche soggettiva.
Preferisco avvalermi di una modalità più personale, quindi ermeneutica, per offrire spunti nuovi di riflessione che, dopo lunghe meditazioni, hanno risvegliato in me nuovi orizzonti spirituali di Senso. Molti Padri della Chiesa preferivano sostenere di non capire piuttosto che dichiarare apertamente che la Bibbia conteneva – quindi contiene – delle contraddizioni.
Io mi prendo la libertà, da laica studiosa e appassionata, di ascoltare la mia coscienza di Verità e di crederle anche perché ciò che essa mi suggerisce è stato detto più volte da Gesù e, sentendolo giusto, lo offro ai lettori.
Ringrazio il mio caro amico e collega Prof. Emanuele Perilli per i preziosi consigli e tutte le persone che, inconsapevolmente, mi hanno motivato a scrivere questo saggio.
Capitolo primo
1.1 Premessa
Non pochi esegeti mettono in discussione la paternità giovannea del quarto Vangelo (e-vangelo cioè eu-anghellion: buona nuova) in quanto a loro sembra poco probabile che un umile pescatore della Galilea «senza istruzione» (cfr. At 4,13) sia riuscito a raggiungere il livello più alto nella riflessione teologica su Cristo. La data di composizione si colloca tra il 90 e il 100 dopo Cristo grazie ai vari indizi storici fatti emergere dagli studiosi.
Nei Vangeli sinottici (S. Marco, S. Matteo e S. Luca), S. Giovanni apostolo figlio di Zebedeo, viene ricordato come «il discepolo che Gesù amava» assieme al fratello Giacomo e a Pietro ed è colui che, nell’ultima cena, era adagiato al fianco di Gesù e proprio a lui, Gesù morente, affidò la madre.
Il luogo in cui Giovanni compose il quarto Vangelo non fu soltanto uno ma più d’uno come Alessandria d’Egitto, Antiochia di Siria, Efeso e venne pubblicato proprio durante il soggiorno in Asia.
Nell’antichità l’autore di un libro non corrispondeva sempre alla stessa persona che sviluppava un pensiero o era testimone oculare di eventi significativi. Per redigere un’opera poteva essere sufficiente un semplice amanuense o un collaboratore capace di sviluppare il pensiero del suo Maestro.
Giovanni di Zebedeo fu testimone delle gesta di Gesù ma si pensa che la stesura del quarto Vangelo possa esser stata redatta da qualche discepolo capace e colto.
Mentre i Vangeli Sinottici si soffermano prevalentemente sul tema del regno di Dio, Giovanni si concentra sulla persona di Gesù con tutta la sua vera umanità (assetato presso il pozzo di Sicar; affaticato in varie circostanze; commosso e piangente di fronte alla tomba dell’amico Lazzaro; umanamente turbato dall’idea dell’imminente esperienza della passione; deluso dai traditori e anche aggressivo quando cacciò dal tempio i profanatori e rovesciò i banchi dei venditori di colombe). Egli intendeva trasmettere il significato salvifico delle parole di Cristo per l’umanità: durante l’ultima cena, Gesù promise ai discepoli – nel testamento spirituale pronunciato da lui – la costante e perenne presenza dello Spirito o Paraclito (parakletos era l’avvocato che difendeva in giudizio; composto di pará-‘presso’ e kaléo ‘chiamo’: ‘chiamo a me’; significa anche chi consola, chi incoraggia) come suo diretto sostituto per capire sempre meglio, approfondire e divulgare il suo messaggio, la Verità. La vera salvezza dell’individuo, per Giovanni, nasce grazie al Paraclito. In questo saggio tento di spiegare sia il significato proprio del Paraclito sia il senso di ciò che accade se lo si esperisce.
Giovanni concentra la sua attenzione sul mistero della persona di Cristo e, pur non escludendo i sacramenti, fa intendere chiaramente che non sono dei riti magici ma soltanto – per chi ne ha bisogno – dei simboli di unione con Dio, dei prolungamenti reali della presenza di Cristo verso ogni uomo.
Una cosa interessante che mi ha fatto riflettere molto e a lungo è che Giovanni non parla mai esplicitamente della Chiesa come istituzione ma ribadisce spesso l’importanza dei rapporti che dovrebbero legare i credenti ai principi cristiani: la similitudine de La vite e i tralci
(15,1-8) ne illustra la significanza.
Il legame dei credenti a Cristo è ben evidenziata e percepita anche nell’episodio della veste inconsutile che non viene strappata ma tirata a sorte fra i soldati (19,23-24). Questa scelta stupisce per il fatto che nemmeno i soldati – riconosciuti come persone senza scrupoli –, riuscirono a strappare la tunica di Cristo. Evidentemente sentivano il peso dell’errore che avrebbero commesso strappando e dividendo quella veste; questo sta a dimostrare il bisogno di unitarietà e di colleganza del genere umano che preferisce mantenere integra la veste che ha coperto il corpo di un uomo come Gesù piuttosto che dividerla: come a dire che l’uomo (anche quello meno credente) preferisce aderire ad un unico credo piuttosto che dover scegliere fra tante religioni; ma significa anche che il non credente ha paura dell’ignoto, di ciò che non conosce o non riconosce nella persona di Gesù.
1.2 L’escatologia presenziale di Giovanni
Una delle differenze tra i sinottici e il Vangelo di Giovanni riguarda il tema dell’escatologia (dal greco éskata: le cose estreme; i destini ultimi dell’uomo e dell’universo): i primi sostengono che il regno di Dio si realizzerà alla fine dei tempi con il ritorno di Cristo in veste di giudice dell’universo; per Giovanni, invece, l’escatologia è presenziale cioè prevede che il regno di Dio si manifesti nelle opere stesse di Gesù che vengono trasmesse agli uomini. Non tutti capiranno il vero senso di quelle opere e, soprattutto, pochi riusciranno a mettere a fuoco che da ora, da questo momento, si attua la vera vita cioè il passaggio dalle tenebre alla luce, dall’errore alla pienezza della giustizia. Chi non crede nel senso delle parole di Cristo (il Verbo) e si intestardisce nell’errore, rimane nelle tenebre della morte psichica cioè non si apre all’altro, non vive l’amore e la generosità; non vive con passione la vita ma ostenta