Adam White e la vendetta del Primogenito
By Mario Mauro
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About this ebook
Allora Dio, grazie anche all' aiuto di Meghiddo, sovrano degli angeli, costruì una reliquia (la stessa che utilizzerà Mosè per dividere le acque del Mar Rosso) in grado di intrappolare il Primogenito.
Anno 2015, Adam White, un freddo assassino sull' orlo del baratro, decide di suicidarsi. Questi, invece di precipitare nelle profondità dell' inferno, si sveglierà nella città Bianca, dove farà la conoscenza di personaggi bizzarri come Ramael, il guardiano della città, o Memilia, la mistica serafina. Ben presto si troverà coinvolto nello scontro degli angeli contro i seguaci di Pruflas, sovrano dell' inferno. Come se non bastasse, la creatura nota come il Primogenito sta per liberarsi dalla sua prigionia, minacciando il regno degli angeli e l' intera umanità. Adam sarà quindi costretto a mettersi in viaggio alla ricerca della reliquia, andata perduta migliaia di anni prima, per redimersi dai suoi peccati e affrontare una volta per tutte i fantasmi del suo passato.
Una storia affascinante ricca di colpi di scena, personaggi carismatici e uno stile unico catapultano il lettore nella "Città Bianca" dove il protagonista, Adam, sarà costretto a fare i conti con la realtà...
Una realtà fatta di menzogne e di paure, di incertezze e di crudeltà...
Riuscirà Adam a riscattarsi?
Acclamato dalla critica e dal pubblico, "Adam White e la vendetta del Primogenito" è un romanzo destinato a lasciare un segno indelebile nel cuore degli amanti del fantasy e di coloro che hanno intenzione di lanciarsi in un'avventura epica e dai risvolti inaspettati...
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Book preview
Adam White e la vendetta del Primogenito - Mario Mauro
svelarli.
Capitolo I
Seguire il sentiero
Adam White, sì, è così che mi chiamano, qui. Non ricordo quasi nulla della mia vita prima di morire, solo una specie di quadrato che rotolava dinnanzi a me prima di ritrovarmi in questo posto che nemmeno immaginavo esistesse. Sì, avete capito bene, non ho visto nessuna mirabolante luce bianca che mi invogliava a seguirla, ma solo figure geometriche astratte che ruotavano su se stesse. Ho come la sensazione che il tempo qui non passi mai, mi sembra di essere bloccato in questo posto da anni, eppure la vecchiaia non sembra interessata a me, anzi, sembra che qui non si invecchi ma che al contrario si rimanga giovani in eterno. Cosa posso dire di questo posto? È assolutamente indescrivibile a parole, bisogna vederlo per lasciarsi trascinare nella sua bellezza.
Il primo essere che ho incontrato è stato Ramael, che mi ha raccontato di essere un angelo. Sì, so cosa state pensando: sono uno di quei ridicoli profeti che cerca di raccontare strani sogni o visioni mistiche, ma vi posso assicurare che tutto ciò a cui ho assistito e a cui sto tuttora assistendo non ha nessuna spiegazione logica o scientifica. Ramael mi ha annunciato che ormai ero morto e che ero destinato a girovagare in eterno nella Città Bianca
. Niente paradiso quindi o cose del genere, solo un’immensa città pieni di creature dall’aspetto angelico e con grandi ali che sbucavano dalla schiena. Il compito di Ramael era semplice, doveva solo giudicare le povere anime che erano passate a miglior vita. In base ai peccati che gli erranti commettevano, questi avrebbero seguito il sentiero della Città Bianca o dell’Esterno. L’Esterno rappresenta un enorme deserto che circonda la possente Città degli angeli. Se siete convinti che gli angeli siano creature benevole e amorevoli, siete degli illusi. Appena avvistai per la prima volta Ramael, pensavo fosse un cavaliere di qualche misterioso ordine antico. Indossava un’armatura color dell’oro, uno scudo ottagonale con pietre blu luminose incastonate all’interno, una lunga spada riposta in una fondina rosso sangue, occhi bianchi, sopracciglia foltissime a prova di estetista e una lunga barba nera. Ebbene sì, l’immagine di quell’essere mi faceva ridere ma allo stesso tempo mi confondeva, inquietandomi. Soltanto una settantina di centimetri e un refolo di vento mi separavano da quella specie di clochard dall’apparenza divina. Proprio quando stavo per cambiare direzione, l’angelo decise che era arrivato il momento di far passare aria dalla sua bocca.
«Guerriero o passante?»
Rimasi inerme davanti alla sua domanda e gli regalai un’espressione interrogativa. Cercai di catturare tutta la sua simpatia:
«Qualunque cosa, basta solo che non diventi un fenomeno da baraccone come te.»
Confesso che non rimase soddisfatto dalla mia tenera battuta, era evidente il suo scarso umorismo. Pentendomi, feci subito un passo indietro.
«Devi scegliere il sentiero da percorrere.»
Questa volta cercai di non ripetere lo stesso errore tentando di essere preciso ed educato.
«Senta, sono nuovo di queste parti. Può spiegarmi dove mi trovo e cos’è questa storia del sentiero?»
Incrociai le dita, sperando in una risposta sensata.
«Tu sei morto. La tua anima è stata giudicata abbastanza pura da oltrepassare i cancelli della Città Bianca, ma per fare ciò, devi scegliere attentamente il tuo percorso. Se scegli di diventare un guerriero verrai addestrato come di conseguenza e presterai servizio presso il possente Zarot diventando un combattente a tutti gli effetti e completare il foederis scuti, ovvero il patto dello scudo. Nel caso in cui tu decidessi di seguire il sentiero del passante, allora sarai trattato come un servus civitatis, anima al servizio della Sacra Città. Quindi, guerriero o passante?»
Ora era tutto chiaro. O mi arruolavo nei Marines
celestiali oppure conducevo una vita più semplice affidandomi al mio impegno e al sacrificio che tutti abbiamo imparato ad amare sulla Terra. Per quanto la lunga spada potesse incuriosirmi, decisi di scegliere la seconda opzione.
«Senza offesa non vorrei ritrovarmi morto di nuovo, scelgo di diventare un passante.»
Dopo aver ascoltato la mia decisione, quasi scontento, aprì un grosso sacco e prelevò dal suo interno una specie di grande anello color argento.
«Ti conferisco il simbolo del passante. D’ora in avanti servirai con onore la Città Bianca, contribuendo alla sua magnificenza. Ecco a te l’aureola del servo. Ora puoi passare.»
Dopo aver poggiato sul mio capo l’aureola argentea, sentii una strana sensazione. Questa non poggiava proprio sulla testa ma, anzi, rimaneva sospesa di qualche centimetro, facendomi sentire più leggero. Decisi quindi di salire i gradini che mi portavano all’Interno del grande cancello. Proprio quando pensavo di essermi liberato del tizio, accadde l’impensabile. L’angelo di guardia alla Città si girò verso la mia posizione e senza pensarci due volte, afferrò lo spadone e con un colpo secco, mi amputò la mano.
«Questo è per il fenomeno da baraccone
. Buona fortuna Adam White e, benvenuto nella Città Bianca.»
Capitolo II
Porre l’altra mano
A nulla servì il mio urlo compassionevole per l’immenso dolore che stavo provando. Avevo appreso da poco che ero morto e scoprii altrettanto in fretta che era possibile soffrire fisicamente proprio come sulla Terra. Anche se la mia memoria era oscurata, stavo incominciando a ricordare dei piccoli elementi che, proprio come i tasselli di un puzzle incompleto, stavano pian piano incastonandosi tra loro. Il flusso del mio sangue mi fece avere dei flashback riguardo la mia vita passata. Era ancora troppo presto per riuscire ad avere una visione chiara del tutto, ma stavo incominciando a capire qualcosa. Ero convinto al cento per cento di non essere stato tanto puro. Sapevo che gli angeli erano misericordiosi, ma non che perdonassero peccati come il suicidio. Il mistero si infittiva sempre di più, e la situazione stava per sfuggirmi di mano, anzi, questa volta era proprio la mano a essere fuggita dalla situazione. A essere onesto il mio urlo era quasi ingiustificato, sì avevo perso un arto, ma non valeva la pena urlare in quel modo. In un primo momento riuscivo ancora a sentire le dita che si muovevano ma poi col passare dei secondi, mi sentii molto più leggero, quasi come se avessi fatto una dieta ipocalorica. Dopo una trentina di secondi finii di urlare, e mi resi conto che ormai il braccio non sarebbe più tornato. Come per magia il flusso di sangue si fermò. Senza parole, senza fiato e senza perdere tempo decisi che era ora di proseguire il mio sentiero
. Quello stupido di un angelo pensava di avermi impressionato, ma non immaginava lontanamente che appena avrei avuto un’arma, lo avrei ucciso. Così decisi di non rivolgergli più la parola e di proseguire, cercando di dimenticare quei trenta secondi, i più lunghi a cui abbia mai assistito. Mi sentivo come uno stupido; stavo camminando all’interno della Città Bianca
e stranamente non me ne fregava proprio. Scorsi da lontano una figura e mi avvicinai chiedendo aiuto e qualche informazione per riuscire a capire meglio come sarebbe andata avanti la mia nuova vita da passante. Appena arrivai alle spalle di quello strano essere, non feci nemmeno in tempo di aprire la bocca che mi disse:
«Posso darti una mano?»
Era evidente che mi trovavo dinnanzi a un simpaticone. Cercai di essere simpatico anche io e gli dissi:
«La tua mano schifosa te la puoi tenere mio caro, piuttosto, volevo un’informazione.»
Ero talmente soddisfatto della risposta appena data, che per un secondo dimenticai di aver perso un braccio.
«Ora capisco perché Ramael ti ha tagliato la mano. Ti rispetto, nessuno prima d’ora aveva provocato il grande angelo posto di guardia all’entrata della città; sono Blodomaste, il messaggero degli angeli, dimmi ciò che vuoi sapere.»
Gli avevo fatto una buona impressione a quanto pare e ne approfittai per riuscire a fargli dire qualcosa di utile.
«Ramael ha detto che sono ufficialmente un passante all’ordine della Città, puoi dirmi dove devo andare? Qual è il mio ruolo in questo posto che reputo inadatto a me?»
Incrociai di nuovo le dita, ma questa volta solo quelle della mano destra.
«Non ti serve sapere niente di questo luogo. Non devi scoprire verità o rivelazioni in quanto saranno loro a scoprire e te. Il tuo percorso ti verrà rivelato col passar del tempo.»
Forse ora riuscivo a capire. Non mi trovavo realmente in quel luogo, in quel bellissimo luogo. Non mi ero ucciso e non ero morto, forse ero semplicemente impazzito e ciò che vedevo e a cui assistevo era solamente frutto della mia immaginazione o, meglio ancora, mi trovavo all’interno di un sogno privo di reale significato e pieno di contraddizioni. Decisi quindi che era arrivato il momento di lasciare anche il secondo personaggio incontrato sulla mia strada, per cercare delle risposte. Mi incamminai lungo le strade desolate della Città Bianca, preoccupato e impaurito dal destino che mi attendeva. Mentre mi allontanavo da Blodomaste sentii sussurrare il mio nome.
«Adam, Adam...»
Mi voltai e vidi finalmente un essere femminile. Stavo incominciando a perdere la speranza di incontrare una creatura diversa da questi stupidi esseri abnormi e barbuti. A differenza degli altri, questa aveva sei ali invece che quattro ed erano molto più piccole e graziose, sembrava proprio un angelo. Mi avvicinai a essa con sguardo imperterrito, non potevo sapere come avrebbe reagito al mio simpatico carattere.
«Sei tu Adam? Sì devi essere tu, sapevo del tuo arrivo. Sono qui per metterti in guardia...»
Ormai ero stanco, non riuscivo a comprendere più nulla di questa storia. Prima Ramael, poi Blodomaste e ora quest’angelo donna… Non ce la facevo più a sentire frasi senza senso, ero stanco di tutto ciò, rimpiangevo la mia vita passata.
«Ti prego, almeno tu, puoi spiegarmi cosa mi sta succedendo? Mi sento un idiota in questo posto, saranno ore che cammino senza sapere dove andare.»
Intanto il braccio iniziò a farmi male di nuovo.
«Innanzitutto qui non vi è nessuna concezione del tempo, o almeno non come sulla Terra. Qui non esistono né ore, né secondi, né minuti, anche se abbiamo delle giornate simili a quelle sulla Terra; di giorno anche qui è visibile il sole ma di notte invece no, è lasciato alle stelle il compito di illuminare la Città Bianca. Tuttavia non credere che questa città sia tanto diversa da quella da dove tu provieni, anche qui esistono i codardi, i traditori e i corrotti.»
Capii che avrei fatto molta fatica ad adeguarmi a questo nuovo stile di vita.
«Capisco. Prima hai detto di volermi avvertire, ma di cosa? E chi sei tu?»
Cominciai a fare un respiro profondo in attesa della solita stronzata che ormai ero abituato ad ascoltare.
«Sono Memilia, sono un angelo di grado superiore, sono una Serafina e sono qui per dirti che devi fare attenzione in quanto ho previsto in una delle mie visioni parte del destino che ti attende.»
«Esistono angeli di grado diverso?»
«Sì Adam. Ci sono ben tre gerarchie di angeli. Alla terza gerarchia appartengono gli arcangeli o i normali angeli, come Blodomaste o Ramael; alla seconda gerarchia appartengono invece gli Hashmallim, angeli guerrieri dotati di straordinaria forza che rispondono agli ordini dei Serafini e da loro dipende l’ordine universale. Infine vi è la prima gerarchia, composta dai Cherubini, guardiani della luce e delle stelle, e dai Serafini, creature dotate di poteri maggiori, proprio come me.»
Il sistema qui funzionava più o meno come quello sulla Terra; anche lì vi erano classi sociali diverse a cui appartenevano individui di rango altrettanto diverso.
«Cosa mi riserva il destino, Memilia?»
«Non posso raccontarti di più per ora, ma posso ridarti questo. Prometto di raccontarti tutto a tempo debito, alla prossima Adam.»
Allungò il suo braccio verso di me e mi scaraventò in aria facendomi cadere lungo delle scale che conducevano al centrò della città. Dopo un po’ ripresi i sensi e mi venne da ridere pensando alla sfortuna che ormai si era affezionata a me e non aveva intenzione di abbandonarmi. Smisi subito di ridere quando vidi che la mano mi era ricresciuta.
Capitolo III
Dalle ceneri
La mia mente smise di vacillare in modo insensato e per un attimo abbandonai l’idea di cosa mi stesse succedendo. Avevo di nuovo il mio braccio, riuscivo a sentirlo mio come se fosse sempre stato lì a prendersi gioco di me fingendosi invisibile. Per un secondo stavo per mettermi a piangere, provando una serie di emozioni mai provate, o almeno non tutte in una sola volta e il cuore mi batteva in gola fortissimo come se stesse per uscire fuori. Mi sentivo come un gabbiano maschio