52 Settimane
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52 Settimane - Edoardo Anderi
52 Settimane
Edoardo Anderi
INTRODUZIONE
Questa è la mia prima raccolta, una burla che ho fatto al mio destino. Non sono un letterato e molto di quello che scrivo non piace nemmeno a me stesso, ma questa volta ho voluto provarci, sfidare le resistenze e lanciarmi nella mischia. Ho scritto di questo mio anno cercando di metterlo in versi e ne sono venute fuori queste cinquantadue settimane che ho voluto non tenere più per me o per quei pochi amici e conoscenti che venivano a leggerle via social-network. Io ho solo messo su carta qualcosa che credevo dentro non potesse più restare; non so se ci sia qualcosa da apprendere o se tutto questo possa avere uno scopo.
Non sono uno scrittore impegnato, non dico di rivoluzioni, atti di coraggio, di guerra e di pace. Non so se esista un messaggio da dover trasmettere, una filosofia da divulgare o le ideologie del mio tempo a cui trovare incongruenze, contraddizioni e possibili alternative. Da Dino Buzzati (e ringrazio per questo il corso di teatro che ho seguito al liceo) ho imparato che bisogna farlo e basta. Scrivi, ti prego. Due righe sole, almeno, anche se l’animo è sconvolto e i nervi non tengono più.
A volte mi sono bastate due righe, altre volte molte di più. Ma ogni giorno. A denti stretti, magari delle cretinate senza senso, ma scrivi.
Forzando la mia concentrazione, è capitato anche questo: che certi momenti non potessero essere lasciati andare come se niente fosse. Lo scrivere è una delle più ridicole e patetiche nostre illusioni. Crediamo di fare cosa importante tracciando delle contorte linee nere sopra la carta bianca.
ed è vero: in quel momento sei soltanto tu, al di sopra di tutto il resto, immaginandoti come un preziosissimo dono da affidare all'umanità, fino alla fine di quella intensità, fino al momento in cui torni con i piedi per terra. Comunque, questo è il tuo mestiere, che non ti sei scelto tu ma ti è venuto dalla sorte, solo questa è la porta da cui, se mai, potrai trovare scampo.
Chissà che cosa avrò mai fatto alla mia sorte per arrivare fin qui? Così come quei tanti altri come me, di ieri come di oggi, e tutti quelli che verranno, che cercando le parole più opportune sentiranno quella spinta Nietzschiana del voler uscire da sé stessi
per cercare di far proprio un attimo messo a disposizione dall'universo che non riusciranno a sentire uguale a tanti altri. Scrivi, scrivi. Alla fine, fra tonnellate di carta da buttare via, una riga si potrà salvare. (Forse).
Ecco: sono rimasto aggrappato a quella speranza, che non tutto fosse perduto, che fra montagne di scemenze qualcosa sarebbe potuto uscire, qualcosa di vero. Ne è venuto fuori che quel qualcosa sono io stesso che supero i miei blocchi ed