Dieci bianconeri
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About this ebook
L’autore, appassionato tifoso bianconero, ha raccolto aneddoti, curiosità, statistiche e immagini per raccontare la vita e le imprese sportive dieci più grandi numeri “10” della storia della Juventus. In ordine cronologico, dagli anni ’30 ai giorni nostri, questo libro presenta questi dieci protagonisti assoluti dell'epopea della “Vecchia Signora”: Giovanni Ferrari, John Hansen, Omar Sívori, Fabio Capello, Romeo Benetti, Liam Brady, Michel Platini, Roberto Baggio, Alessandro Del Piero, Carlos Tévez. Nel momento del suo addio, Del Piero ha chiesto che la “sua” maglia numero dieci non fosse ritirata, per permettere ad altri bambini di giocare sognando di indossarla, come era capitato a lui 30 anni prima. 'Dieci bianconeri' è quindi un omaggio a dieci campionissimi che hanno entusiasmato il pubblico bianconero e alzato trofei portando sulla maglia il numero più affascinante e “pesante” di tutti.
Giuseppe Dedonato (Barletta, 1983), si è laureato in Ingegneria Informatica e Telecomunicazioni all’Università di Perugia, città dove è cresciuto. Attualmente lavora a Padova come sistemista. Da sempre appassionato di sport e grande tifoso della Juventus, in passato ha scritto per il portale di notizie del forum TifosiBianconeri.
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Dieci bianconeri - Giuseppe Dedonato
Ringraziamenti
Introduzione
Il 17 gennaio 2014, nel magazine FIFA Weekly, rivista ufficiale della federazione calcistica mondiale, è stata pubblicata una classifica dei migliori undici giocatori che hanno vestito la maglia numero 10
. La classifica, per certi versi discutibile come spesso capita quando si tenta di stilarne una con così pochi elementi, era la seguente:
Pelé
Maradona
Zidane
Puskas
Platini
Rivelino
Messi
Matthaeus
Baggio
Hagi
Kempes
Ai primi due posti si trovano i calciatori simbolo della storia del calcio, che da anni monopolizzano questo tipo di classifiche. L'unico giocatore ancora in attività è Leo Messi, stella del Barcellona (un po' meno con l'Argentina). L'unico italiano è Roberto Baggio ma la Serie A è comunque ben rappresentata, con sei uomini su undici che hanno giocato nello stivale
. Da notare come ben tre di questi siano stati premiati col Pallone d'Oro nel periodo della loro militanza nella Juventus: Baggio, Platini e Zidane (che però ha vestito la 10
solo nella Francia, non con Juve e Real Madrid).
Considerando la discutibile presenza di Hagi e Kempes, anche altri due bianconeri avrebbero meritato un posto in questa classifica, comunque ricca di fuoriclasse assoluti: Omar Sívori e Alessandro Del Piero.
Il numero 10
sulla maglia
Il primo esempio di partita giocata con i numeri sulle maglie dei calciatori è stato quello della finale di Coppa degli Stati Uniti del 1924, incontro disputatosi il 30 marzo tra Vesper Buick e Fall River.
In Europa invece, i numeri sulle maglie dei calciatori sono comparsi per la prima volta nel 1928, per iniziativa del manager dell'Arsenal, Herbert Chapman, già pioniere nelle tecniche di preparazione fisica delle squadre di calcio. In agosto, nel tempio di Highbury si affrontarono Arsenal e Sheffield, con i gunners che scesero in campo con le maglie numerate dall’1 all’11.
Quando si diffuse l'uso dei numeri sulle maglie, negli anni '30, nessuno avrebbe immaginato quanto uno di quegli undici avrebbe sbaragliato la concorrenza degli altri, diventando per antonomasia il simbolo della classe, della fantasia e delle belle giocate.
Da allora, quasi tutti i bambini appassionati di calcio sognano di indossare la maglia numero dieci della propria squadra del cuore. Quello del 10
è un mito che è cresciuto nel tempo, raggiungendo probabilmente il suo apice negli anni '80, quando era esaltato da tanti campioni, reali e non (si pensi al successo del manga/anime giapponese Capitan Tsubasa/Holly e Benji).
Tra le due guerre mondiali i due moduli principali erano il sistema e il metodo, nei quali a indossare il dieci era la mezzala (interno) di sinistra. In seguito, la dieci è finita sulle spalle del trequartista e poi della seconda punta (scelta che attualmente va per la maggiore).
Fino a metà degli anni '90, tutti i giocatori potevano sognare di vestirla almeno una volta, visto che in Serie A si scendeva sempre in campo con le maglie da 1 a 11 (come accade ancora oggi in Lega Pro e nei campionati minori). Dal 1993 invece, in Premier League i giocatori indossano un numero fisso durante tutta la stagione, con il proprio nome sulla maglia. Dal 1995, anche in Serie A sono apparsi i nomi sulle divise e la numerazione è diventata fissa (dapprima dall'1 al 25, poi libera fino al 99). La 10
è diventata quindi più elitaria e ci sono giocatori che se ne sono impadroniti per quasi vent’anni (ad esempio Del Piero nella Juve e Totti nella Roma).
Prendendo esempio dal tributo concesso da molte squadre delle leghe professionistiche americane ad alcuni ex campioni, alcune società hanno deciso di ritirare la 10
, come ad esempio il Napoli con la maglia di Maradona (indossata però dall'altro argentino Sosa durante il periodo in Serie C), la Honved con quella di Puskas, il Brescia con quella di Baggio.
Nella stagione 2012/2013, dopo l’addio di Alessandro Del Piero, la Juventus ha scelto di non assegnarla, in attesa di avere nuovamente tra le proprie fila un campione capace di onorarla ed entusiasmare il popolo bianconero. Quel campione è arrivato un anno più tardi: Carlos Tévez.
I numeri dieci della Juventus
Questo libro vuole raccontare le storie dei dieci migliori campioni che hanno indossato la maglia numero 10
della Juventus. Si va dal primatista di Scudetti, Giovanni Ferrari, al genio (e sregolatezza) di Omar Sívori, passando per la potenza del danese John Hansen. Dall'ordine di Fabio Capello alla classe di Liam Brady, passando per la grinta di Romeo Benetti. Dall'estro infinito di Michel Platini all'energia di Carlos Tévez, passando per il genio di Roberto Baggio e le innumerevoli magie dell'inossidabile Alessandro Del Piero.
Avendone selezionati dieci, altri giocatori che hanno vestito in molte occasioni la 10
bianconera sono rimasti fuori da questo libro ma meritano comunque di essere ricordati:
Federico Munerati: alla Juventus dal 1923 al 1933, Campione d'Italia per 4 volte e primo goleador centenario
in maglia bianconera.
Aldo Giuseppe Borel (I): bianconero dal 1935 al 1938 e fratello del bomber Felice Placido.
Sidney Colônia Cunha, Cinesinho
: alla Juventus dal 1965 al 1968, Campione d'Italia nel 1966/1967.
Roberto Vieri: bianconero per una sola stagione (1969/70), così come accadrà a suo figlio Christian 27 anni più tardi.
Helmut Haller: a Torino dal 1968 al 1973 dopo i successi a Bologna, Campione d’Italia nelle ultime due stagioni in bianconero.
Luigi De Agostini: alla Juventus dal 1987 al 1992, pur giocando terzino ha indossato il numero 10
al posto di Marino Magrin, schiacciato dalla pesante eredità di Platini.
Oleksandr Anatolijovyc Zavarov: alla Juventus dal 1988 al 1990, primo calciatore sovietico della storia della Serie A.
1) Giovanni Ferrari
Ruolo: mezzala sinistra, interno sinistro
Altezza e peso: 172 cm, 70 Kg
Presente (e reti) nella Juventus:
Campionato: 166 (69)
Coppe nazionali: 3 (0)
Coppe internazionali: 24 (9)
Presenze (e reti) in Nazionale: 44 (13)
Palmarès con la Juventus: 5 Scudetti (1931, 1932, 1933, 1933, 1935), 1 Coppa Italia (1942)
Altri trofei: 3 Scudetti (1938, 1940, 1941), 1 Coppa CONI (1927), 2 Campionati del Mondo (1934, 1938), 1 Coppa Internazionale (1933-1935)
Giovanni Ferrari è il prototipo della mezzala sinistra del metodo, lo schema con cui Vittorio Pozzo ha portato la Nazionale a dominare il Mondo. Considerato ancora oggi una delle mezzali più complete di sempre, è anche uno dei giocatori più vincenti della storia del calcio italiano: ha conquistato 8 Scudetti (5 con la Juve), al pari degli altri ex bianconeri Rosetta, Furino, Ferrara e Del Piero. A questi ha aggiunto i due Campionati del Mondo consecutivi vinti con l'Italia (1934 e 1938). Di lui, il grande Gianni Brera ha scritto: Dove arriva Ferrari, l'equilibrio di squadra è assicurato
.
La nascita di una stella
Giovanni Ferrari nasce ad Alessandria il 6 dicembre del 1907 e cresce nel quartiere popolare della Canarola. Sin dall'infanzia, il calcio diventa il suo grande amore (Passionaccia
, la definirà). Per le strade di quella zona così povera, il piccolo Giovanni si mette in luce tanto da convincere i tecnici dell’Alessandria, squadra rinomata all’epoca per il lavoro con il proprio settore giovanile, a tesserarlo. A 14 anni comincia a lavorare come aiuto-commesso in un negozio di stoffe, mentre continua a giocare. La sua crescita è rapidissima: a 15 anni e 10 mesi, Giovanni gioca già la sua partita di esordio nella prima divisione (un po' come farà Rivera più di 30 anni dopo) con i grigi allenati dall’ungherese Révéezs, che lo fa debuttare contro la Sampierdarenese. Ferrari ha la possibilità di imparare il mestiere
dal fenomenale Adolfo Baloncieri, uno degli uomini simbolo del calcio della prima metà del '900. Stringe un forte legame con Carlo Carcano, che ha sedici anni più di lui ed è ormai a fine carriera. Il primo gol di Ferrari arriva a 17 anni, il 1 febbraio 1925 contro il Mantova (partita terminata 6-1).
Nell’estate del 1925, Carcano diventa allenatore dell’Internaples, una delle squadre più forti della Lega Sud. Il neo tecnico partenopeo convince il promettente regista a seguirlo, insieme ad altri giocatori alessandrini. Il trasferimento del giovane regista costa ai campani 5000 lire di allora. L’Internaples disputa un ottimo girone Sud, con Ferrari che segna ben 16 gol in 15 partite, arrendendosi solo di fronte all’Alba Roma, poi spazzata via in finale dalla Juventus, Campione d’Italia per la prima volta. Ferrari gioca anche con la rappresentativa dell’Italia meridionale un match contro la Jugoslavia. L'estate successiva, lui e Carcano tornano all’Alessandria (questa volta il giocatore costa ben 12000 lire), cui riescono a regalare il primo successo: la Coppa CONI, antesignana della Coppa Italia, che dopo i primi esperimenti non è ancora stata formalizzata. Il trofeo viene vinto contro il Casale il 24 luglio 1927, anche grazie ad un suo gol. La stagione 1927-1928 è la più prolifica per Ferrari (per la prima e unica volta in carriera supererà le 20 reti stagionali) ma l’Alessandria non riesce a conquistare il titolo. Le sirene
delle altre squadre si fanno sentire ma Ferrari decide di rimanere ancora un anno, con la promessa di essere ceduto gratuitamente a fine stagione. Nel 1929-1930 si disputa quindi il primo Campionato di Serie A a girone unico. Ferrari segna 19 gol in 26 partite, meritando la chiamata in Nazionale, con la quale esordisce nel febbraio 1930, nel 4-2 inflitto alla Svizzera; da evidenziare la doppietta di un altro fenomenale esordiente, Giuseppe Meazza. Dopo un ottimo girone di andata, il rendimento dei piemontesi cala vistosamente. In primavera la società cerca un modo per non rispettare la promessa fatta a Ferrari, mettendolo fuori rosa dopo averlo accusato di scarso impegno, senza però riuscirci.
Il regista lascia quindi l’Alessandria per trasferirsi, insieme al tecnico Carcano, alla Juventus di Edoardo Agnelli: per entrambi sarà la svolta della carriera. Il numero dieci è stato espressamente richiesto dal neo-tecnico juventino, che lo ritiene fondamentale per il suo gioco. Giuanìn
, arrivato in bianconero a neanche ventitré anni, in poche stagioni riesce a mettere in mostra tutte le sue capacità. Nell’orchestra juventina, ricca di solisti come Orsi, Cesarini, Monti, Borel II, Rosetta, Caligaris, il direttore è lui. Ferrari sembra predestinato nel leggere le intenzioni di avversari e compagni, prima di decidere dove giocare il pallone e coordinando la squadra con le sue geometrie. Si può considerare il primo esempio di regista a tutto campo (come saranno poi Di Stefano e Charlton), che riesce anche ad andare spesso in gol, grazie alla sua abilità nel capire in anticipo l’evoluzione delle azioni di gioco.
I primi trionfi
Al primo anno in bianconero arriva subito lo Scudetto, che dà il via a quello che passerà alla storia come il Quinquennio d’oro. La squadra vince ben 25 partite su 34, con Orsi, Cesarini, Vecchina e Ferrari decisivi in avanti (16 i gol per Giuanìn
). Il 12 aprile Ferrari segna anche il suo primo gol in Nazionale, nella trasferta vittoriosa