Il corsaro dell'imperatrice
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Book preview
Il corsaro dell'imperatrice - Alessandro Tassini
Note
Problemi ad Oriente
Una fitta pioggia autunnale sferzava le ampie vetrate del palazzo che ospitava la sede dell’India Office (1) a Londra, ed il rumore del suo scroscio giungeva, attutito da pesanti tendaggi, all’interno della grande sala in cui si trovavano quattro uomini. Due di loro vestivano l’elegante uniforme blu della Royal Navy,(2) mentre gli altri indossavano severe redingote scure. Stavano tutti in piedi davanti ad un massiccio tavolo di quercia e sui loro volti si poteva leggere la tensione, mentre i loro sguardi parevano calamitati da una grande carta geografica spiegata sulla spessa tovaglia verde. I quattro personaggi erano gli alti funzionari dell’Impero più vasto del mondo, incaricati di gestire le emergenze nel Sud-est Asiatico e toccava a loro risolvere ogni problema straordinario che sorgesse nell’area. I rapporti ricevuti dell’Agente James Fleming, che operava nella zona per conto del India Office, avevano appena segnalato che, nel minuscolo, ma strategicamente vitale, Sultanato di Barang, posto su una piccola isola nei pressi dello Stretto diMalacca, stava per scoppiare un’aspra guerra di successione. L’evento in sè non avrebbe preoccupato più di tanto i quattro dirigenti imperiali, se non fosse stato per il fatto che la salute del vecchio Sultano appariva già assai malandata ed, alla sua morte, la sua corona sarebbe andata ad uno dei suoi due figli. Questi erano Prabang, il primogenito, saggio, avveduto e bendisposto verso l’Inghilterra e Luat, il secondogenito, un giovane crudele e senza scrupoli, in combutta con i più famigerati pirati dello Stretto i quali non aspettavano altro che l’ascesa al trono del loro amico e protettore per scatenarsi contro le navi in transito.
< La situazione appare già abbastanza critica e non possiamo permetterci che ci sfugga di mano. > Esordì Sir Charles Lowell, responsabile dell’Ufficio per il Sud-est Asiaticodell’India Officecon ilrango diSottosegretario di Stato.
< Ma quanto sono attendibili i rapporti che avete ricevuto? > Chiese l’AmmiraglioGregory Benson- Ryce, Capo delle Operazioni nel Sud-est Asiaticodella Royal Navy.
< Purtroppo lo sono al massimo livello! > Replicò Sir Lowell < Fleming è senza ombra di dubbio il nostro miglior Agente operativo…>
< In tal caso ritengo che dovremmo intervenire! Aggiungo che, sono disposto a guidare personalmente una squadra navale sul posto! > Concluse il Commodoro (3) Vincent Stanley, Capo diStato Maggiore dell’Ammiraglio Benson-Ryce.
< A questo punto anch’io non vedo altra scelta…> Aggiunse Sir Henry Masters, Consigliere Reale per gli Affari Coloniali < Siamo in grado di inviare delle navi da guerra nel Sultanato? > continuò.
< Certo che lo siamo! > Rispose l’Ammiraglio Benson-Ryce. < Anche se non possiamo escludere l’eventuale necessità di un’occupazione militare dell’isola…>
< Non dobbiamo, però, dimenticare che una mossa del genere potrebbe attirarci il risentimento di tutti gli altri piccoli rajah della zona che, probabilmente, ci sospetterebbero di voler, in seguito, attentare anche alla loro sovranità e indipendenza… > Intervenne Sir Lowell .
< Sovranità e indipendenza più che altro formali ! > Rilevò il Commodoro Stanley.
< Certamente! Ma, almeno ufficialmente, riconosciute e rispettate! > Riprese ilSottosegretario diStato. < D’altra parte non rientra nei piani di questo Governo procedere all’occupazione militare di ogni lembo di terra emersa nella Penisola Malese e,a tale proposito, non abbiamo lesinato gli sforzi diplomatici per convincere i numerosi despoti dell’area che l’Impero non ha intenzione di impadronirsi di tutti i loro dannati isolotti, ma solamente di…proteggerli. >
< Ma se il Sultano ci chiedesse aiuto? > Chiese Sir Masters.
< In tal caso agiremmo prontamente e senza il minimo indugio... Ma dubito fortemente che lo farà! > Concluse Sir Lowell scuotendo la testa.
< E allora? Che altro potremmo fare? > Riprese il Consigliere Reale .
< L’intervento militare resta sempre possibile, ed apprezzo sinceramente lo spirito patriottico del Commodoro e la sua disponibilità personale…ma, pur senza scartarla, terrei per ultima una tale opzione…La soluzione ideale potrebbe essere, invece, a mio avviso, quella di trovare qualcuno, che non fosse un militare o un funzionario governativo, disposto a recarsi laggiù al fine di aiutare le cose ad andare nel verso giusto…Un uomo esperto dei luoghi, magari al comando di una nave, che fosse in grado di influenzare le sorti della guerra civile, se dovesse scoppiare. In altre parole un irregolare che agisse per conto nostro senza, però, coinvolgere ufficialmente in alcun modo il Governo di sua Maestà…>
< Purtroppo è finito il tempo dei Corsari di Sua Maestà, Sir Lowell. Siamo nel 1889! I vari Drake e Morgan (4) sono scomparsi dalla faccia della terra e non conosco nessuno, al momento, in grado di rimpiazzarli. > Disse con un sorrisetto di compatimento il Commodoro Stanley.
< Lei ha sicuramente ragione, Commodoro, ma non riesco a scacciare dalla mente un’immagine colta ieri pomeriggio mentre passeggiavo, come d’abitudine, lungo i docks del porto. Osservando distrattamente le navi alla fonda, sono rimasto colpito dalla sagoma ardita di un bel brigantino…(5) Mi pare si chiamasse Proteus…E adesso quella visione mi è tornata improvvisamente alla mente facendomi balenare in testa una certa idea…>
< Non se ne parla neppure! > Interloquì con veemenza l’Ammiraglio Benson-Ryce. < Non intendo avere niente a che fare con certi…individui ! >
< Non si alteri, Ammiraglio, la prego! Non penso neppure lontanamente di metterla in contatto con certa…gente. Al massimo, l’individuo in questione avrebbe a che fare solo con me personalmente ed in modo del tutto…discreto e non ufficiale. Se accettasse un certo incarico, dovrebbe…lavorare esclusivamente per me e senza alcun collegamento con la Royal Navy…>
< Ci mancherebbe altro! > Intervenne con decisione il Commodoro Stanley. < Un tipo del genere collegato alla Marina di Sua Maestà! >
< Per favore, Sir Lowell, non vada oltre! Io l’ho avuto ai miei ordini e le assicuro di non aver mai più incontrato un ufficiale tanto indisciplinato, presuntuoso, arrogante…>
< E…incapace o inesperto come lui ? >
< Non posso dire questo…ma non è sufficiente essere un valente marinaio per fare l’Ufficiale nella Royal Navy…>
< E anche su questo sono perfettamente d’accordo con lei ! Solo che nessuno vorrebbe che facesse l’Ufficiale. A me basterebbe che operasse per conto nostro allo stesso modo dei personaggi che lei ha appena citato…Detto fra noi, Drake e Morgan, in fondo, avevano caratteristiche molto simili a quelle dell’individuo in questione…>
Un pesante silenzio cadde nella stanza. Dopo qualche minuto Sir Masters intervenne.
< Scusatemi signori, ma non riesco a seguirvi…di che individuo state parlando? >
< Del dannato Mackenzie ! > Ringhiò sordamente il Commodoro.
< E chi sarebbe costui ? >
< Forse…una possibile soluzione del nostro problema...> Concluse Sir Lowell con un mezzo sorriso.
Cutlass
Ye olde mast
(6) si leggeva sull’insegna di legno raffigurante un vecchio albero maestro circondato da flutti minacciosi. Il locale era una delle numerose bettole del porto di Londra ed i suoi frequentatori abituali avevano scarse probabilità di essere invitati in qualche salotto elegante della capitale. Una spessa coltre di fumo stagnava sotto il soffitto a volte dove aleggiava anche un forte sentore di tabacco, cibo e alcool. Scoppi continui di grida e imprecazioni impedivano ogni possibilità di civile conversazione e gli ordini ai camerieri venivano impartiti per lo più a gesti. Ad uno dei numerosi tavoli occupati da gente vociante stavano seduti cinque uomini intenti a lanciare i dadi. Tre di loro non avevano l’aspetto ed i vestiti dei marinai e, dalla loro corporatura, apparivano essere scaricatori di porto. Il quarto indossava una vecchia casacca scolorita della Royal Navy ed il quinto era in maniche di camicia, con un panciotto di stoffa e portava in testa un berretto, molto vissuto, da Ufficiale della Royal Navy, ma privo di qualsiasi fregio o insegna di grado. Era un uomo alto, di oltre trent’anni, dalla corporatura snella, con folti capelli dai riflessi bruno-ramati che gli coprivano il collo, e col viso ornato da una fitta barba bruno-rossiccia.
Dopo aver agitato il bussolotto di cuoio contenente i dadi lo posò capovolto sul tavolo.
< Attendo le vostre scommesse, signori ! > Disse con voce pacata.
I tre scaricatori si scambiarono uno sguardo e, dopo un breve cenno d’intesa, misero un sacchetto pieno di monete accanto al bussolotto. Il quarto giocatore, invece, si alzò con una smorfia di disappunto e si allontanò dal tavolo. L’uomo con la barba sollevò, il bussolotto e, finalmente, apparvero i dadi.
< Diciassette! Ho vinto, signori ! Evidentemente stasera sono fortunato…> Commentò con un sorriso soddisfatto e stese la mano per raccogliere la posta. Un coltello si piantò a pochi centimetri dalle sue dita e i tre si alzarono in piedi.
< Non hai vinto un bel niente…marinaio ! Hai barato ! > Urlò il più grosso dei tre.
< Ti abbiamo visto tutti > Aggiunsero gli altri.
< Vi sbagliate, signori. Come avrei potuto barare? I dadi sono regolari, li avete lanciati anche voi per tutta la partita…> Rispose l’uomo educatamente.
< Comunque tu hai barato e se provi a toccare le nostre monete ti apro in due come un capretto…> Rincarò minaccioso un altro scaricatore.
< Mi spiace per voi, signori, ma io ho vinto regolarmente. Questo denaro mi appartiene e credo proprio che le prenderò…> Concluse con calma.
Quindi sollevò il braccio destro e schioccò le dita. Immediatamente due individui