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Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita
Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita
Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita
Ebook564 pages4 hours

Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita

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About this ebook

Tutte le ricette proposte sono per Celiaci, per intolleranti al Lattosio e per tutte le ormai numerose persone che sanno di presentare reazioni avverse agli Alimenti contenenti Nickel.
La ricerca di queste ricette è nata per poter permettere di usare e condividere, piatti regionali, nazionali e internazionali che possano essere veramente per tutti, e sono state cercate nelle “pieghe” della cultura gastronomica, solo per farci ricordare che alcuni alimenti non erano così presenti come invece lo sono oggi.
LanguageItaliano
Release dateJun 10, 2014
ISBN9786050307283
Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita

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    Sì, Mangiare - per "intolleranti" golosi della vita - Mirella Magrelli

    Mirella Magrelli

    Sì, Mangiare - per intolleranti golosi della vita

    UUID: 520b8bf8-e7ce-11e3-9ba1-27651bb94b2f

    Questo libro è stato realizzato con BackTypo (http://backtypo.com)

    un prodotto di Simplicissimus Book Farm

    Indice dei contenuti

    Presentazione del prof. Antonio Picarelli

    Prefazione

    Legenda

    La cottura

    Pentole

    Olio d'oliva

    Piatti unici italiani

    I tipi di aceto

    Pesce italiano

    Piatti internazionali di pesce

    Il pepe

    Piatti italiani a base di carne

    Internazionali di carne

    Il peperoncino

    Italiani di verdura

    Internazionale legumi e verdure

    Cereali nuovi in tavola

    Dolci italiani

    Dolci internazionali

    Il sale

    Salse italiane

    Salse internazionali

    Il pane

    Pane internazionale

    Indice per tutte le stagioni

    indice autunno-primavera

    indice estate

    indice inverno

    Presentazione del prof. Antonio Picarelli

    Cucinare per mangiare e quindi per nutrirsi, ma anche cucinare per provare piacere, per inventare e per sperimentare, per giocare, per immaginare, per creare e per fare amicizia, per fare politica per fare cultura, per fare arte, ma anche per dare benessere e per fare salute.

    Cibo non solo come mezzo di nutrimento ma anche strumento di socializzazione e di affetti; fin dalla nascita il cibo rappresenta infatti per il bambino, il luogo d’incontro privilegiato per far nascere le giuste relazioni con gli adulti che si prendono cura di lui.

    Perché cucinare?

    Per realizzare e ottenere tutto questo!

    La cucina è pertanto qualcosa di più che una semplice combinazione di ingredienti e, o una saggia metodica per realizzare gustose pietanze.

    La cucina è veramente un'arte sinestetica perché trova la sua forza nell’incrocio di tutte e cinque le nostre esperienze sensoriali.

    Per ogni cibo il sapore è infatti importante, ma è fondamentale anche il suo profumo, il suo aspetto, le sensazioni tattili che permette di provare e perché no, anche il suo suono. Chi di noi non rimane attratto dal profumo del pane caldo appena sfornato, dalla sua forma, dal suo colore e, o dal suono del suo croccare. Chi non si ferma al sentire il gorgogliare del vino che viene versato in una coppa e chi non è attratto dal rumore delle posate che operano nei piatti.

    La cucina in Italia è molto ricca e variegata a causa dei diversi contributi delle culture e dei popoli che vi si sono succeduti. Tali contributi culturali, unitamente alle differenze climatiche, ambientali e alla eterogenea storia geopolitica del paese, hanno portato a varietà regionali ben caratterizzate che la cucina ha tradotto in piatti tipici.

    I ritmi di vita quotidiani così frenetici e così Sempre poveri di tempo, la ripetitività triste dei prodotti della grande distribuzione, l’omologazione dei sapori, la paura di mangiare un cibo buono perché sinonimo di ipercalorico, ci stanno portando a dimenticare il sapore delle radici della nostra cucina e quindi della nostra cultura.

    Complice di questo trend comportamentale sono anche le necessità, le convenienze e le regole dell’industria agroalimentare che indirizza e sceglie i nostri cibi facendone spesso perdere la stagionalità, cambiando i valori nutrizionali riducendone la capacità di dare salute.

    Il tentativo degli autori di questo libro è quello di aiutare il lettore a ritrovare sapori ed i saperi dimenticati facendo scoprire che il cibo, insieme alla sua storia può mantenere veramente l’identità di un popolo.

    Il tentativo di questo libro è anche quello di insegnare a variare facilmente la propria alimentazione grazie alle attuali possibilità tecnologiche capaci di ridurre i tempi di realizzazione dei piatti di ieri giudicati oggi falsamente eccezionali.

    La ricerca di queste ricette è nata per poter permettere di usare e di condividere, piatti regionali, nazionali e internazionali che possano veramente essere alla portata di tutti.

    Tutte le ricette proposte sono fruibili per i soggetti affetti da Malattia Celiaca, per gli intolleranti al Lattosio e per tutte le persone che presentano reazioni avverse agli Alimenti contenenti Nickel.

    Da ultimo, ma non ultimo, il nostro libro offre la possibilità di condurre facilmente un’alimentazione sufficientemente ipocalorica ma capace di centrare tutti gli obbiettivi di una corretta dieta Mediterraneache rappresenta e definisce quell’ insieme di competenze, conoscenze, pratiche e tradizioni che vanno dal paesaggio alla tavola.

    La cucina come cultura e vero stile di vita. 

    Prof. Antonio Picarelli

    Università Roma Sapienza

    Prefazione

    I ritmi di vita che affrontiamo, la ripetitività dei prodotti proposti in vendita, l’omologazione dei sapori (stranamente sempre dolciastri), la paura al piacere quotidiano della pietanza buona perchè sinonimo di ipercalorico, ci stanno portando a dimenticare il sapore delle radici culturali che tutte le cucine nazionali, in quanto sistemi culturali, reinventano e riassemblano.

    Complice di questo sono anche le multinazionali dell’industria agroalimentare che regolando, indirizzando sempre di più i nostri acquisti, ci stanno portando a dimenticare la stagionalità, causando così l’impoverimento dei prodotti stessi con la conseguenza di ridurre la nostra capacità di star bene. Attraverso il fenomeno dei fast food ci rassicurano nel farci trovare ovunque andiamo sapori o marchi a cui siamo abituati (sono ben 25mila i ristoranti con lo stesso marchio sparsi per il mondo!).

    Il tentativo di questo libro è quello di ritrovare sapori e saperi dimenticati, riappropiarsi della stagionalità degli alimenti, scoprire che la globalizzazione è presente da sempre, ma che il cibo mantiene l’identità di un popolo insieme alla sua storia, ritornare a variare poichè le conoscenze tecnologiche di oggi consentono di ridurre i tempi i di realizzazione dei piatti eccezionali di ieri.

    la ricerca di queste ricette è nata per poter permettere di usare piatti regionali, nazionali e internazionali che non diano problemi al Celiaco e alle patologie troppo spesse correlate a questa condizione, allergia al lattosio e alla più recente allergia al nichel.

    Sono state cercate nelle pieghe della cultura gastronomica, solo per farci ricordare che alcuni alimenti non erano così presenti come invece lo sono oggi.

    E sono state cercate con l’attenzione rivolta a chi ha come condizione di vita la Celiachia, e che nel terzo millennio si scontra troppo continuamente con il nemico grano per ricordargli che la nostra cultura, e non solo la nostra, non ha mai usato questo alimento in maniera così predominante.

    E ho posto attenzione, al valore calorico del piatto, fattore da non sottovalutare più, per il celiaco guarito.

    Legenda

    VIETATO

    VIETATO

    VIETATO

    VIETATO

    La cottura

    La cottura è un’operazione che si compie con tecniche diverse e che trasforma gli alimenti rendendoli adatti al consumo.

    Gli aspetti positivi della cottura sono:

    Rendere commestibili alcuni alimenti che altrimenti non lo sarebbero

    Rendere gli alimenti più appetibili e gradevoli

    Rendere gli alimenti più masticabili e digeribili

    Rendere gli alimenti igienicamente più sicuri

    Rendere inattivi gli enzimi e le sostanze antinutrizionali

    Gli aspetti negativi sono:

    Diminuzione del valore nutritivo dell'alimento

    Formazione di sostanze potenzialmente pericolose.

    E’ accertato che la cottura distrugge il corredo vitaminico, specie delle vitamine termolabili: enzimi, ormoni, antiossidanti naturali, elementi che sono alla base delle difese naturali dell’organismo; le vit. B e C solubili in acqua, si dissolvono alla prima cottura.

    Causa grande perdita di minerali solubili, dal 20 al 70%; mentre la cottura a vapore produce una perdita dal 22 al 43%.

    Maggiore è l’acqua che si usa per cuocere il cibo maggiore è il quantitativo di nutrienti che va perso e più a lungo vengono cotti i cibi, più alta è la temperatura, maggiore è il danno.

    Le proteine sottoposte a temperature superiori a 55-60 gradi coagulano, cioè cambiano la loro struttura legandosi tra di loro. Questo fenomeno dovuto alla perdita di liquidi della carne a seguito dell'accorciamento delle fibre muscolari e al rassodamento. La cottura alla griglia, soprattutto della carne, produce sostanze cancerogene. È meglio cucinare i cibi a temperature più basse, per esempio utilizzando il vapore o il cartoccio.

    Il riscaldamento di grassi animali e vegetali, provoca la formazione di sostanze tossiche proporzionalmente alla qualità, alla temperatura e al tempo di esposizione, meglio oli extravergini di oliva e burro crudi, olio di arachidi per le fritture (sopporta meglio le temperature elevate).

    La Food and Drug Administration americana (FDA), ha stabilito quali dovrebbero essere le temperature interne minime da raggiungere durante la cottura, (misurate con un termometro a sonda al centro delle pietanze):

    74 ° C per 15 secondi

    Pollame (intero o macinato di pollo, tacchino, anatra) e ripieno

    Carni macinate, pesce, pollame, lasagne

    Eventuali cibi precedentemente cotti e riscaldati a una temperatura inferiore 57 ° C

    Qualsiasi alimento potenzialmente pericoloso come pollame, carne, pesce, o uova, cotto in forno a microonde

    68 ° C per 15 secondi

    Carni rosse (manzo o maiale)

    Carni come arrosti e prosciutti iniettati con salamoie e insaporitori

    Pesci di fondo o pesce tritato ( sushi)

    Uova cotte per il consumo non immediato

    63 ° C per 15 secondi

    Bistecche e braciole di manzo, maiale, vitello e agnello

    Pesce

    Uova cotte per il consumo immediato

    63 ° C per 4 minuti

    Arrosti (già cotti anche a basse temperature per tempo prolungato)

    57 ° C per 15 secondi

    Frutta cotta o verdura per il consumo non immediato

    Alimenti pronti per il consumo non immediato

    Pentole

    Nel 1320 arrivano in Europa le prime pentole quasi sicuramente in ferro o bronzo, dovremmo aspettare fino al Rinascimento per avere pentole di rame. La forma che mantenne il primato fino al XIX secolo è la pentola di forma panciuta, a otre. Con la realizzazione della prima cucina a gas, nel 1837, inizia la differenziazione dei materiali per realizzare pentole con forme diverse in relazione alla modalità di cottura e al tipo di alimento.

    Terracotta: il coccio è considerato un materiale estremamente sicuro per cucinare. questo tipo di pentole sono in genere verniciate con smalti e colori tossici, soprattutto piombo, utilizzato per abbassare la temperatura di fusione dello smalto, per dare maggiore brillantezza ai colori e per diminuire i difetti che possono apparire sugli smalti dopo la cottura, meglio evitare quella proveniente da paesi in cui la legislazione non è severa come da noi: potrebbe contenere alte quantità di piombo. Appena acquistato, un tegame di coccio scaldato emana puzza di vernice. Prima di usarlo la prima volta, conviene farvi bollire dentro un po’ di latte per fare sparire il cattivo odore.Evitate shock termici e posizionamento sulla fiamma diretta.

    Ideale per preparare legumi, risotti, minestroni di verdure, stufati di carne.

    Ghisa: le pentole e le padelle di ghisa sono spesse e pesanti e hanno un’ottima capacità termica, la ghisa non rivestita rilascia inoltre piccole quantità di ferro nel cibo. Gli utensili di ghisa hanno bisogno di una manutenzione speciale: per evitare che arrugginiscano, la superficie interna dovrebbe essere lavata con minime quantità di detersivo e subito asciugata dopo il risciacquo, poi unta con un paio di gocce d’olio d’oliva o di semi e riposta nell’armadio.

    Ideale per preparare grigliate, zuppe e stufati.

    Rame: a meno che non si tratti dei paioli di rame con cui le nostre nonne cuocevano la polenta, oggi tegami e padelle di rame sono solitamente rivestiti con un altro metallo per impedire che il rame entri a contatto diretto con il cibo. Ma il rivestimento rischia di essere graffiato o consumato dai cibi acidi. Per questo le padelle di rame non devono mai essere pulite con spugne abrasive e vanno assolutamente messe da parte quando troppo rovinate. Se il rivestimento della padella è invece di acciaio inox, andate sul sicuro. La combinazione rame/acciaio inossidabile è considerata tra le migliori dal punto di vista termico ed estremamente sicura per la salute, anche se l’esterno della pentola è un po’ delicato dal punto di vista estetico.

    Ideale per preparare risotti, spezzatini, sughi.

    Alluminio: teglie, tegami e casseruole in alluminio costano poco, pesano poco e conducono bene il calore, scaldandosi in fretta. Però l’alluminio è un metallo che reagisce con un alto numero di sostanze formando dei sali di alluminio, più sono consumate, rigate e vaiolate, maggiore sarà l’assorbimento di alluminio da parte dei cibi e studi in atto affermano che ci sia una correlazione tra intossicazione cronica e insorgenza del morbo di Alzheimer. Occorre anche evitare di cuocere nell’alluminio cibi molto acidi o salati come salsa di pomodoro, limone, vino, crauti o rabarbaro. Infine è totalmente sconsigliabile conservare cibo di qualunque tipo nell’alluminio. Tutte le controindicazioni suddette sono invece annullate nel caso di pentole di alluminio anodizzato, nel quale uno strato protettivo di ossido di alluminio sigilla la superficie e impedisce il rilascio di molecole di alluminio. Ma in questo caso è da evitare l’uso di pagliette di ferro o spugne abrasive: metterebbero a nudo il metallo che poi, durante la cottura, verrebbe ceduto agli alimenti.

    Ideale per preparare piatti che richiedono cotture lente e a fuoco moderato ma anche al salto.

    Alluminio con rivestimento antiaderente

    Esalta i pregi dell’alluminio, impedisce ai cibi di attaccarsi sul fondo e di entrare a contatto con l’alluminio. Le pentole antiaderenti sono l’ideale per una cucina veloce e povera di grassi.

    Il più impiegato è a base di PTFE (Teflon), un polimero inerte dotato di elevata resistenza termica e chimica. Oggi è considerato sicuro. Recenti allarmi hanno convinto le aziende a produrlo senza PFOA che sarà eliminato totalmente dalla produzione entro il 2015.

    Usare una fiamma moderata e centrarvi sopra la pentola. Non usare utensili metallici taglienti. Quando il rivestimento si deteriora, cambiare pentola: se il cibo si attacca al fondo produce sostanze dannose a causa dell’effetto combinato di surriscaldamento e disidratazione

    Un trucco per pulire le macchie ostinate senza rovinarle: fare bollire nella pentola stessa per 15 minuti un composto a base di 1 bicchiere di acqua, 2 cucchiai di bicarbonato di sodio e 1/2 bicchiere di aceto.

    Alluminio con rivestimento in ceramica

    caratteristica interessante di queste pentola è la resistenza al graffio: non vengono scalfite neanche da una punta d’acciaio.

    Ideale per preparare cotture dorate e croccanti.

    Alluminio con rivestimento in pietra

    è l'innovazione da parte delle aziende per tentare di offrire un prodotto sempre più resistente e salutare.

    Acciaio inossidabile: Le sigle 18/10, 18/8 e 18/c presenti sulle pentole si spiegano col fatto che l’acciaio inossidabile è una lega composta da ferro, cromo, nichel e altri metalli. Il primo numero indica la percentuale di cromo presente nella lega, il secondo indica la percentuale di nichel. In caso di allergia a quest’ultimo materiale, occorre dunque scegliere pentole e padelle in acciaio inox 18/c, ovvero totalmente assente. Questo tipo di acciaio è resistente all’ossidazione, all’usura e facile da pulire. Pentole e tegami in acciaio inox sono considerati la miglior scelta in assoluto per cucinare. L’acciaio 18/10 è più lucido e resistente alla corrosione, quello 18/c è migliore per la conducibilità del calore. L’inox si pulisce facilmente ed è resistente alla maggior parte dei detersivi e non assorbe gli odori; con alcune accortezze: evitare di pulirle con materiale abrasivo che, alla lunga produce graffi con conseguente rilascio di piccole quantità di cromo ed eventualmente nichel

    Ideale per preparare piatti con bollitura.

    Vetro pirex: le pirofile sono sempre consigliabili per la cottura, specialmente quella in forno, per la quale presentano il vantaggio di richiedere meno tempo e di far risparmiare energia, con l’inconveniente della fragilità agli urti e agli sbalzi termici. I contenitori di vetro sono assolutamente adatti per il microonde, anzi, insieme a quelli di ceramica, sono assai più consigliabili della plastica.

    Ideale per preparare timballi, verdure gratinate, pasta al forno, sformati.

    Porcellana: è un tipo di ceramica che si ottiene a partire da impasti di una particolare argilla bianca (caolino), con l’aggiunta di feldspati e quarzo.

    Elevata durezza e bassa porosità, utilizzabile nel forno tradizionale e a microonde.

    E’ fragile.

    Usare lo spargifiamma se il modello non è studiato per resistere alla fiamma diretta.

    Ideale per preparare zuppe e salse.

    Pietra ollare: ovvero la Steatite, resistente al fuoco e non si deteriora alle alte temperature, il suo profilo termico è pertanto adatto alla costruzione di stufe e pentole. Hanno una naturale capacità antiaderente e non rilasciano alcuna sostanza dannosa. Avendo una bassa conducibilità la pietra ollare richiede molto tempo per riscaldarsi ma è altrettanto lenta a perdere calore, quindi si adatta alle cotture lunghe a fiamma moderata, come zuppe, brasati, polenta.

    Particolare cura va posta nel primissimo utilizzo di una pietra ollare nuova.

    - lavarla con acqua salata e asciugarla accuratamente;

    - ungerla con olio vegetale o strutto da ambi i lati e lasciarla riposare per non meno di 24 ore;

    - la prima volta che viene scaldata va fatto gradualmente, accertandosi che il fuoco sia uniforme su tutta la superficie per impedire che si dilati fino alla formazione di piccole fessure, che ne comprometterebbero il successivo utilizzo.

    - scaldare lentamente e con gradualità la pietra iniziando con un calore minimo ed alzandolo a poco a poco fino al raggiungimento della massima temperatura (si può controllare il raggiungimento della temperatura massima facendoci cadere sopra una goccia di aceto verificando che questa evapori all’istante);

    - cucinare i cibi senza aggiungere grassi ma soltanto le spezie e del vino, se può essere indicato dal tipo di alimento o ricetta.

    - se si scalda sui fornelli utiizzare una retina spargifiamma

    - mai lavare la pietra con detersivi di qualsiasi tipo poiché, data la sua porosità e permeabilità, assorbirebbe le sostanze chimiche per quindi rilasciarle in fase di cottura;

    - mai toccare a mani nude la pietra e qualsiasi supporto in ferro, acciaio, rame, metallo, quando è in temperatura;

    - per pulirla utilizzare un panno imbevuto di aceto quando è ancora tiepida e un raschietto;

    - usare preferibilmente la pietra ollare solo per la carne o solo per il pesce, vista la sua porosità la steatite tende ad assorbire gli aromi in cottura e un uso combinato potrebbe danneggiare il sapore dei cibi;

    - eventuali supporti in legno devono essere puliti solo con un panno umido e posti ad asciugare in un ambiente ventilato, evitare la lavastoviglie.

    Silicone: scegliere il silicone platinico.

    Ed in ogni caso per evitare la migrazione di sostanze dal silicone all’alimento, prima del primo utilizzo lavare lo stampo in lavastoviglie e cuocervi un impasto di farina, lievito e olio di semi, da gettare via dopo la cottura.

    il dolce cuoce più in fretta e si sforma più agevolmente; gli stampi si ripiegano su se stessi, occupando meno spazio. Idoneo al forno come al freezer.

    Ideale per preparare torte dolci.

    Titanio: questo materiale (che in realtà è una lega di titanio) è usato solo da qualche anno nella produzione di pentole. È molto duro e resistente, conduce abbastanza bene il calore ed è naturalmente antiaderente. Può essere utilizzato con strumenti metallici senza danneggiarsi. Di contro è molto costoso (quasi come il rame), e non può essere utilizzato su piastre elettriche.

    Il Titanio non svolge nessun ruolo biologico noto. Nel corpo umano e’ presente una quantità rilevabile di titanio ed è stato sitmato che ne assumiamo circa 0,8 mg/giorno, ma la maggior parte ci attraversa senza essere assorbita. Non è un metallo velenoso e il il corpo umano è un grado di tollerare un’elevata quantita’ di titanio.

    Plastica: i contenitori di plastica sono ideali per conservare il cibo, ma non per cuocerlo nel microonde, a meno che non siano muniti del marchio adatto per forno a microonde.

    Bambù: i contenitori per la cottura al vapore non sono reattivi dal punto di vista chimico e non hanno effetti dannosi per la salute, anzi, sono una risorsa ecocompatibile e biodegradabile.

    L’Agenzia Internazionale per la Ricerca sul Cancro (IARC) risulta sempre più attenta a quello che alcuni composti del nichel e del cromo esavalente producono come danno cancerogenico all’uomo.

    TAGLIERI E UTENSILI

    Per gli utensili è bene scegliere materiali naturali, il più indicato è il legno: olivo e frassino per i taglieri; olivo e bambù per mestoli e spatole, sono legni duri e resistenti, non assorbono e non trasmettono cattivi odori. Per spazzole e pennelli vanno, meglio le setole vegetali; vetro e terracotta per i contenitori, il marmo per i piani di lavoro.

    Olio d'oliva

    Era considerato un albero immortale.

    Alcuni rametti fossilizzati di ulivo sono stati ritrovati in tombe egizie risalenti a più di 4000 anni fa.

    Sembra sia originario dell’ Asia Minore e che siano stati i Siriani a trasformare l’oleaster (come lo chiamavano i romani), in domestico diffondendolo in tutto il bacino del mediterraneo. Si espanse in modo predominante nell’Attica (Grecia); poi i Romani cercarono di introdurlo nelle terre che andavano conquistando nonostante il clima non sempre favorevole per il suo attecchimento.

    Mentre nel Nuovo Mondo le prime piante di ulivo arrivarono solo dopo la Scoperta delle Americhe.

    L’olivo era usato non solo la cucina, ma anche i bagni, i giochi, i ginnasi e persino i funerali, esigevano l’impiego di grandi quantità di olio.

    E le olive venivano raccolte, a seconda dell’uso cui erano destinate, in periodi diversi: ancora acerbe (olive albae o acerbae), non del tutto mature (olive variae o fuscae), mature (olive nigrae). Si raccomandava di staccarle dal ramo con le mani ad una ad una; quelle che non si potevano cogliere salendo sugli alberi, venivano fatte cadere servendosi di lunghi bastoni flessibili (in greco ractriai), sempre ponendo la massima attenzione a non danneggiarle. Alcuni aiutanti raccattavano e riunivano le olive battute che, solitamente venivano macinate il più presto possibile.

    E’ sempre stato uno dei prodotti principali dell’antichità classica. Non mancavano allora, come oggi, le contraffazioni, se dobbiamo credere ad una ricetta di Apicio che insegnava a contraffare l’olio della Liburnia utilizzando un prodotto spagnolo.

    Essendo poco raffinato e dato che non si adottavano trattamenti particolari atti a conservarlo, l’olio diveniva rancido molto rapidamente; l’unica soluzione era dunque salarlo.

    Il frantoio romano, puntualmente descritto da Columella (I sec. d.C.) era di un tipo assai simile a quelli usati anche in età moderna.

    ll principale indicatore della qualità dell’olio è stato per molto tempo l’acidità, parametro che indica la percentuale di acido oleico in un olio e più alto è il suo valore, più scadente è la qualità del prodotto.

    Oggi come ieri, i sistemi di raccolta delle olive incidono profondamente sulla qualità dell'olio che ne deriva. La maggior parte delle olive, quindi, viene oggi raccolta meccanicamente, con notevoli ripercussioni positive sia dal punto di vista economico che da un punto di vista qualitativo consentendo quindi di programmare la raccolta quando le olive sono nel giusto grado di maturazione ovvero all’invaiatura (quando l’oliva è metà verde e metà nera).

    L’acidità nell’olio aumenta quando le olive sono danneggiate, oppure risultano infestate da alcuni insetti oppure vengono portate al palmento dopo alcuni giorni dalla raccolta.

    Per questa ragione un olio con bassa acidità (inferiore all’1%) è sempre stato considerato un prodotto eccellente ottenuto da olive sane.

    Ma oggi per tutelare il consumatore si è aggiunto un’altro parametro di controllo, atto a preservare la qualità degli oli extravergini di oliva dall'aggiunta fraudolenta di oli di scarso valore qualitativo quali oli lampanti o deodorati o dovuto ai processi fermentativi a carico degli zuccheri costitutivi del frutto, con la normativa UE n. 61/2011( in ulteriore rettifica) per analizzare gli alchil esteri negli oli extra vergine d’oliva

    Sulla base della qualità delle olive, della loro freschezza ed integrità, del grado di acidità e della lavorazione, gli oli di oliva vengono così classificati:

    1°: Olio extravergine d'oliva:

    Olio di oliva di categoria superiore ottenuto direttamente dalle olive e unicamente mediante procedimenti meccanici, semplice spremitura a freddo delle olive, senza alcun additivo, per cui tutti i suoi componenti nutrizionali si conservano per mesi. Olio di oliva vergine la cui acidità libera, espressa in acido oleico, è al massimo di 0,8 g per 100 g e aventi le altre caratteristiche conformi a quelle previste per questa categoria; risposta al palato è con un pizzico di amaro e piccante, espressione di notevole presenza in polifenoli.

    L’apporto nutrizionale dell’alimento e le sue tante proprietà curative sono state dimostrate da molti studi scientifici: è ricco di antiossidanti (vitamina E; acido oleico,polifenoli) e di sostanze con proprietà antinfiammatorie (oleocantale), apporta acidi grassi essenziali, ossia indispensabili, ma che l’organismo non è in grado

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