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Il racconto di Elena
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Ebook81 pages54 minutes

Il racconto di Elena

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Il racconto di Elena è una favola moderna e, come tutte le fiabe, unisce un po’ di realtà e un po’ di fantasia. La protagonista della storia si chiama Elena, una persona capace di entrare in empatia con gli altri ma rinchiusasi in se stessa dal terribile evento del 26 aprile 1986.

Da allora è rimasta in compagnia dell’unica amica, la sua gatta.

Sarà una giovane comitiva di ragazzini, riuniti in una graziosa scuola di Gomel, a permetterle di ricordare quanto fosse stata bella la sua vita.

LanguageItaliano
Release dateMay 19, 2014
ISBN9786050304862
Il racconto di Elena

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    Il racconto di Elena - Alessandra Pesaresi

    PARTE PRIMA

    UNA CLASSE MOLTO SPECIALE

    C’era una volta una magnifica terra, dai tramonti e dai colori indimenticabili soprattutto in autunno, la Bielorussia: così si chiama la mia patria. Si trova nel cuore dell’Europa ed è un crocevia molto importante nelle comunicazioni tra Est e Ovest. Confina con i vasti territori della Russia, della Lettonia, della Lituania, dell’Ucraina e della Polonia. Per suoi undicimila laghi, quest’angolo di Paradiso è detto Terra dagli occhi azzurri.

    Sì? Cosa volete chiedermi? Non abbiate paura, non mordo mica!

    Volete sapere come sono i bambini?

    Sono belli e intelligenti come voi.

    Anche loro, sapete, amano giocare e correre nei prati, dare calci a un pallone e vestire le bambole. Hanno insomma gli stessi interessi, gli stessi sorrisi dei bambini di tutto il mondo: ma coltivano speranze diverse.

    Volete sapere quali? Suvvia, non mettetemi fretta!

    Se ve lo svelo ora, che gusto ci sarà nel leggere la mia storia?

    Dove eravamo rimasti? Ah, sì! Vi stavo parlando della mia magnifica terra…

    Tutto ebbe inizio a Chernobyl, in Ucraina, il 26 aprile 1986, alle ore 1, 23 minuti e 40 secondi. Io lo ricordo bene, sapete. Ancora oggi, il solo pronunciare il nome di Chernobyl mi dà i brividi.

    Non li sentite anche voi?

    Eh, no! Dimenticavo che, anche se siete i miei lettori grandi, a quel tempo voi non eravate ancora nati.

    Quel famoso 26 aprile 1986 mi alzai, come d’abitudine, verso la mezzanotte, per prendere lo sciroppo che mi aveva prescritto il dottore, quando il reattore numero quattro della centrale nucleare di Chernobyl esplose.

    In quel momento, una polvere cattiva si liberò nell’aria e si depositò sui tetti delle case, sulle scuole e persino sul pelo della mia gattina bianca, che infastidita si grattò per tutta la notte. Il cielo, vestito di stelle, si coprì in pochi istanti e si trasformò in una massa grigia e maleodorante.

    La radioattività, nascosta in questa terribile polvere, è composta da tante microscopiche particelle dette atomi ed è così forte da sprigionare una tremenda energia distruttiva. Si propagò per ben 2.500 chilometri, colpendo l’Unione Sovietica, l’Europa e la Scandinavia.

    Fu spaventoso!

    Pensate che quasi un quinto del territorio della Bielorussia a tutt’oggi è contaminato. Oltre 26.000 ettari di terreni fertili e 190.000 ettari di bosco sono diventati inutilizzabili. Nelle zone colpite dalla nube cattiva, sono state chiuse 600 scuole, 300 fabbriche e 95 ospedali.

    Io lavoravo proprio in uno di quelli: ero infermiera e mi occupavo di tutti quei bambini che, per un motivo o per un altro, si trovavano costretti a essere ospiti da noi, al quarto piano dell’ospedale Salejs di Minsk. Il mio compito era quello di farli ridere e divertire, magari inventando storie fantastiche.

    L’ultimo episodio che ricordo fu la rappresentazione teatrale dal titolo Ama e sarai riamato diretta dalla caposala Irina, che, da brava figlia di un generale, sapeva farsi rispettare. Il suo motto era: ordine e disciplina. I veri protagonisti, però, erano loro: i ragazzi del quarto piano dell’ospedale Salejs di Minsk.

    Che giorni, quelli!

    Per l’occasione, persino il primo ministro bielorusso partecipò alla nostra grande festa, che si tenne il 6 gennaio 1984. È passato tanto di quel tempo che sento la mia testa affaticarsi nel ricordare.

    Ma i ricordi brutti, tanto brutti come quella vicenda, non si dimenticano con tanta facilità…

    ***

    La storia che vi sto narrando, la raccontai la prima volta alla scuola di Gomel. Mentre parlavo ai bambini, la tristezza che traspariva dal mio volto era così grande che una bambina mi chiese:

    «Perché sei triste?»

    Senza esitazione, risposi che ero terribilmente dispiaciuta per le tante giovani vite strappate al futuro quel 26 aprile 1986.

    In quel momento, pensai che il mio racconto si era fatto troppo crudo e difficile per delle creature così innocenti, sensibili e impressionabili. Ma non era così. I cuori dei bambini di tutto il mondo sono puri e liberi da ogni condizionamento: proprio per questo, ogni volta che si esprimono dicono la verità. Non sono i bambini a spaventarsi, siamo noi adulti a non sopportare il peso dei nostri errori.

    Ripresi allora il discorso da dove l’avevo lasciato, dicendo che tanti loro coetanei proprio in quel momento li stavano ascoltando e guardando dall’alto del cielo.

    Nina, una bambina dai folti capelli biondi, mi chiese come facessero i bambini

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