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Lettere dal fronte. la grande guerra raccontata nelle pagine del “corriere abruzzese”
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Lettere dal fronte. la grande guerra raccontata nelle pagine del “corriere abruzzese”

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Con l'ingresso dell'Italia nel primo conflitto mondiale i direttori dei periodici teramani affidarono al Corriere Abruzzese la pubblicazione di un Bollettino della Guerra, il cui primo numero uscì il 30 maggio 1915, con l'intento di «esaudire un voto non solo del Comitato per l'organizzazione Civile, ma della cittadinanza, desiderosa di essere tenuta sollecitamente informata dalle notizie di guerra». Inoltre il Corriere si fece promotore di un abbonamento eccezionale per i soldati, i quali potevano ricevere il periodico due volte la settimana; l'iniziativa ebbe grande successo e presto iniziarono ad essere pubblicate le numerosissime lettere che giungevano dal fronte, ed alle quali le pagine del periodico dedicò largo spazio (soprattutto nei primi due anni del conflitto) nella rubrica "Il saluto dei nostri soldati". La presente pubblicazione è un'antologia di lettere ed articoli pubblicati negli anni del conflitto. Indice: La guerra raccontata dalle pagine del Corriere; Lettere dal fronte; Articoli ed episodi di guerra; Elenco degli articoli pubblicati sul Corriere Abruzzese; Elenco alfabetico dei militari che hanno scritto dal fronte; Indice dei personaggi.
LanguageItaliano
Release dateMay 3, 2014
ISBN9786050302813
Lettere dal fronte. la grande guerra raccontata nelle pagine del “corriere abruzzese”

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    Lettere dal fronte. la grande guerra raccontata nelle pagine del “corriere abruzzese” - Federico Adamoli

    Lettere dal fronte

    La Grande Guerra raccontata nelle

    pagine del Corriere Abruzzese

    a cura di Federico Adamoli

    2013

    Sommario

    Introduzione

    Lettere dal fronte

    1915

    1916

    1917

    1918

    Articoli ed episodi di guerra

    1915

    1916

    1917

    1918

    Elenco degli articoli pubblicati sul Corriere Abruzzese

    Elenco alfabetico dei militari che hanno scritto dal fronte

    Introduzione

    Con l'allargamento del conflitto, in corso già dal 1914, l'Italia è in procinto di abbandonare la posizione neutralista: il Corriere Abruzzese, nel numero del 16 maggio 1915 dà notizia della crisi parlamentare in atto, con le dimissioni del Gabinetto Salandra-Sonnino. I toni della stampa interventista si accendono, ed a Teramo il giorno 18 si svolge una manifestazione pro intervento, promossa da Luigi Tripoti, patriota garibaldino. Nella mattinata viene affisso un proclama a firma di Tripoti, mentre nel pomeriggio alcuni studenti distribuiscono un appello; il corteo si avviò da Porta Reale e sostò davanti al Municipio, e dal balcone il sindaco Luigi Paris, circondato dalla giunta, pronunciò un discorso; quindi proseguì sino alla Prefettura, dove sempre dal balcone, il prefetto Lazzazzera pronunciò un applaudito discorso, con ovazione finale. Al termine del corteo, al giubilo e gli applausi seguono i fischi dei dimostranti sotto gli uffici del Corriere Abruzzese, a causa dei contenuti dell'articolo comparso un paio di giorni prima, nel quale vengono ritenute «egualmente rispettabili» la posizione interventista e neutralista, insieme al pensiero di Giolitti, secondo il quale prima di entrare in guerra «debbono per le vie diplomatiche esaurirsi tutti i mezzi necessarii per evitare al paese l'evento di una guerra».

    Nel numero successivo del periodico teramano (23 maggio) lo scivolamento a favore dell'intervento nel conflitto viene però espresso chiaramente: «Non vi sono più, non possono esistere più a lungo dissensi, disformità di vedute, dubbiezze, esitanze! ... Sino a poco fa era lecito trarre dalla propria coscienza la norma a giudicare se in un modo piuttosto che in un altro era più conveniente servire agli interessi della Patria. Ora questo non è più possibile: la via maestra è segnata.»

    E' il giorno della mobilitazione generale: alle ore 19 del 22 maggio il Re, insieme alla mobilitazione dell'esercito e della marina, ordina la requisizione dei quadrupedi e dei veicoli. Particolarmente calorosa è la dimostrazione di simpatia ed affetto tributata ai soldati del reggimento partito da Castellamare: «Il corso Vittorio Emanuele imbandierato e tappezzato di strisce di carta inneggianti ai baldi giovani era gremito di folla plaudente, incurante del sole e del caldo. Al passaggio del Reggimento preceduto dalla musica militare e dagli studenti con numerose bandiere, dai balconi, dalle finestre e dalla via stessa una vera pioggia di fiori e di bigliettini bene auguranti caddero sopra i partenti mentre molti occhi inumiditi dalla commozione erano furtivamente asciugati.».

    Con l'entrata in guerra dell'Italia i direttori dei periodici teramani (Corriere, Italia Centrale, Popolo, Araldo, Gazzettino, Risveglio), sollecitati sia dalla cittadinanza, sia dal Comitato per l'Organizzazione Civile, prendono la decisione di affidare al Corriere Abruzzese la pubblicazione di un Bollettino della Guerra, con lo scopo di pubblicare ben due edizioni giornaliere, alle ore 13 e alle ore 19. Il bollettino presenta notizie —  fornite dall'agenzia Stefani — con notevole anticipo sui quotidiani, fino a 18 ore prima. Il primo numero di questo supplemento viene pubblicato il 30 maggio, ma non ottiene subito la diffusione aspettata, al punto che il Corriere non riesce neppure a coprire i costi: «Iniziando la pubblicazione del Bollettino non ci sorrideva certo, nell'animo, la speranza di lucri, ma il desiderio vivo — come era scritto nel manifesto — di esaudire un voto non solo del Comitato per l'organizzazione Civile, ma della cittadinanza, desiderosa di essere tenuta sollecitamente informata dalle notizie di guerra. Il supplemento, dunque, viene poco venduto, e tanto poco che l'incasso non giunge mai a pagare la quotidiana quota dell'abbonamento Stefani; cosicché resta a nostro carico ogni altra spesa!»

    Il momento vissuto dalle famiglie italiane è straordinario, e l'eccitazione, l'esaltazione e l'impazienza alimentate dal patriottismo è fortissima nei primi mesi di guerra: «Occorre vigilare perché sulla nostra legittima ansia patriottica non speculi ignobilmente il nemico diffondendo, fra noi, in casa nostra, con satanica arte, notizie allarmanti, di una stupidità enorme e di una malvagità da galera. ... Ed è per ciò che noi invitiamo i cittadini a denunciare senz'altro i propalatori di notizie allarmistiche».

    Non sono solamente le notizie allarmistiche a suscitare preoccupazione, ma pure l'opinione poco lusinghiera che si ha dell'esercito austriaco: «Il primo delitto che noi compiamo contro la patria e contro i nostri soldati è questo: il disprezzo del nemico. C'è chi ha messo in giro la voce — che molti corrispondenti di giornali hanno avuto il torto di raccogliere e di divulgare — che l'esercito austriaco è composto di straccioni, di vecchi estenuati e stanchi che a mala pena si reggono in piedi, di giovani imberbi e pallidi e macilenti, senza scarpe e senza pane; un esercito che non ama di meglio che di venire a nostro contatto non per combattere, ma per arrendersi. Si è arrivati persino a dire — e molti, molti disgraziatamente vi prestano fede — che le piccole guardie nemiche dell'avanguardia buttano via le armi e si arrendono senz'altro, solo che in mezzo a loro si getti dai nostri soldati qualche pagnotta o qualche scatoletta di carne! Se tutte queste storielle non fossero sorte e divulgate in buona fede, avremmo il diritto di sospettare e di credere che a farle nascere siano stati i nostri nemici per svalutare verso le altre nazioni e verso noi stessi il magnifico valore dei nostri soldati. La verità invece è questa: noi abbiamo di fronte un nemico non stremato, forte, agguerrito che ci attende desideroso di misurarsi con noi e che ci contrasterà il terreno palmo a palmo».

    La guerra sembra lontana, circoscritta nei confini che costituiscono l'oggetto delle legittime rivendicazioni nazionali. Nell'articolo Osservatori strategici l'avvocato F. Danesi si fa promotore di un'iniziativa che egli stesso definisce un'idea che «potrà apparire a primo aspetto alquanto inattuabile, però ben ponderata non è tale», vale a dire quella di creare una rete di vedette che dalle alture del Gran Sasso possa, con l'ausilio di telescopi, riesca ad intercettare la presenza di flottiglie austriache che escono al largo della costa dalmata, al fine di «seguirne le direzioni, stabilire il numero e la importanza delle unità, come potrebbe conoscere il luogo o i luoghi di rifugio, di rifornimento e quant'altro può essere utile di sapere preventivamente». «Chi ha fatto qualche ascensione sul nostro Gran Sasso, specie se in giornata senza nubi, non avrà dimenticato il magnifico ed ampio orizzonte che si apre ai suoi occhi. La costa dalmata, con le molte isole, con i monti boscosi, si profila lontana sull'orizzonte ed è facilmente riconoscibile anche ad occhio nudo. Chi quindi, munito di telescopio, anche di minima portata, potesse nelle limpide mattinate di questi mesi, nei sereni meriggi, od anche nelle notti lunari, scrutare i misteri della costa e delle isole dalmate sia dal Gran Sasso (Conca degl'Invalidi o da altri punti) sia dalla montagna dell'Ascensione, e da qualche altra elevata località, potrebbe sorprendere il momento in cui le flottiglie austriache escono al largo». «Così pure si potrebbe avvistare, in tempo, il volo e la direzione degli aeroplani e provvedere opportunamente».

    Al di là della inattuabilità pratica di questa idea, il concetto è che la guerra non riguarda solamente i soldati che hanno varcato i confini; questa guerra è la guerra di tutti gli italiani, e ciascuno deve contribuire secondo le proprie possibilità. Il secondo prestito nazionale è fondamentalmente un prestito di guerra e tutti sono chiamati a parteciparvi, in particolare la gente ricca: «Non tutti, pare, hanno compreso lo scopo di questo nuovo prestito; perché se quei ricchi che dovrebbero sottoscrivervi non l'ànno ancora fatto, vuol dire che ad essi o è sfuggita l'importanza del provvedimento governativo, o che sono dei traditori della loro patria, dei complici dello straniero; dei vili e sudici parassiti della gioventù italiana che sta, con animo invitto e con fiera baldanza, affrontando lo straniero nemico.» Il messaggio che il Corriere Abruzzese lancia dalle sue pagine è chiaro, perentorio: «Nelle maggiori città d'Italia e nelle minori, nei paesi, nei villaggi, ovunque parlano e pensano  italiani, ovunque palpitano cuori fraterni la sottoscrizione pel prestito di guerra va a gonfie vele. Teramo ha risposto molto discretamente finora: non magnificamente, com'è nelle sue possibilità, come lo impongono le fulgide tradizioni patriottiche, come l'eccezionale momento richiede». E' un argomento cruciale, sul quale il periodico torna più volte: «Chi, potendo, non sottoscrive al Prestito Nazionale o è un ignorante, o è un traditore, o è un austriacante».

    Se i ricchi sono chiamati a contribuire con i loro denari, alle donne italiane viene chiesto di riscoprire l'arte di filare la lana per i soldati che combattono al fronte: «Se filar la lana non è più necessario nel senso antico della frase, perché le macchine possono far meglio e più presto, è necessario invece ed urgente lavorarla a mano per farne berretti, sciarpe, maglie, calze, resistenti, morbide, elastiche, di tutta lana e di prima qualità. Il povero soldato non può rammendare e riparare. Egli ha da fare qualche cosa di più: l'Italia più grande, più libera, più forte! Questo lavoro, modesto, ma patriottico, tocca alle donne d'Italia che sull'altare della patria dimostrano di sacrificare ogni loro ambizione». «Bisogna provvedere subito — la preparazione è lenta e molti soldati dovranno passare parte dell'autunno e forse dell'inverno sulle Alpi. Ora, mentre al caldo anche se torrido, si dorme; al freddo, se rigido e non si hanno caldi indumenti, no!» Anche questo è un argomento cruciale, sul quale il Corriere torna più volte, perché il freddo è uno dei pericoli più grandi per i soldati al fronte, a causa delle rigidissime temperature invernali delle montagne: cancrene e congelamenti sono destinate a lasciare pesanti conseguenze sulla salute dei soldati al fronte. E' il noto argomento della inadeguatezza degli equipaggiamenti, dei viveri scarsi e delle armi rudimentali dell'esercito italiano.

    In un articolo del periodico (Appello alle donne d'Abruzzo. Lana, lana, lana!), una rappresentante della locale sezione femminile della Croce Rossa lancia l'appello alle donne teramane: «Raddoppiate, moltiplicate i vostri sforzi; chiamate a raccolta le amiche vostre, unitevi tutte in quest'opera santa! Ogni madre, ogni sposa, ogni fanciulla abruzzese, abbia o non abbia il figlio, il  marito, il fratello o il fidanzato al fronte, dedichi un'ora del giorno alla preparazione di tali indumenti. Nessuna mano femminile rimanga inoperosa: la donna che è rimasta nella propria casa, sottragga un'ora alle faccende domestiche. Quella che è alla spiaggia o in villeggiatura, pensi che ogni momento tolto all'ozio e alla passiva contemplazione, è un nuovo anello della magnifica catena di solidarietà e di affetto che i rimasti vanno formando, per coloro che soffrono e combattono per la maggiore grandezza della Patria nostra. Avanti dunque! Pensate che la provvista degli indumenti di lana ha la stessa importanza della provvista delle munizioni. Oltre ai sudetti lavori in maglia, potete contribuire all'opera preziosa con piccolissimi sacrifici: ogni capo di maglieria un po' pesante, non importa se usato, convenientemente lavato, può trasformarsi con un facile lavoro, in parecchie paia di guanti, e in passamontagna o berrettoni, per le prime e più urgenti difese. Se le calze debbono necessariamente essere fatte a maglia, guanti, ventriere, sciarpe, berretti possono ottenersi con qualsiasi tessuto di lana; e ogni massaia, ogni donna di casa trovasi in condizione da allestirne un buon numero in brevissimo tempo. Frugate nei vostri cassettoni e date non solo il superfluo, ma anche ciò la di cui abbondanza potete restringere».

    La guerra in atto non suscita solamente alti sentimenti patriottici per la redenzione nazionale, ma porta con sé la cupa angoscia nelle abitazioni delle famiglie teramane ed abruzzesi, in alcuni casi letteralmente svuotate, per i propri cari nel buio e nei disagi della trincea, che forse mai ritorneranno nelle loro case. La speranza in un conflitto rapido è destinata presto a svanire ed alle dolci temperature estive della montagna, presto giungono i rigori tipicamente invernali. «E l'autunno ha già iniziato il suo imperio. Imperio di cieli grigi, di giornate di pioggia, di foglie arrossate. Nunzio dell'inverno che s'approssima. Ma non quest'anno l'inverno ritroverà la gioia torno la mite luce della lampada pendente dal soffitto, nelle tepide stanze da pranzo dove la famigliuola si radunava per la lieta conversazione serale, mentre la pioggia picchierellando sui vetri vi portava come una nota d'allegria. Come il querulo e festoso crepitio del cammino. Quest'anno, sono tanti i lontani!.. E sono così pochi i ritrovi famigliari dove qualcuno non manchi: sia il padre, il fratello, il fidanzato. E sono così lontani i nostri cari. E sono nelle trincee,

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