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Cuori d'acciaio
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Cuori d'acciaio

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About this ebook

Continua il viaggio di Haria ai confini del suo mondo, tra amore, distopia e dipendenza dalla sua droga. I nemici si fanno più serrati, ma sono loro la vera minaccia?

Promise è l'unico pianeta colonizzato al di fuori del sistema solare, ma è precipitato in un'era pre-industriale e non ha più collegamenti con la madre Terra. Un'astronave terrestre atterra sul pianeta dopo secoli di oblio, carica di enigmi. Le fazioni opposte dei promisiani se ne contendono la tecnologia, mentre Haria, una giovane professoressa universitaria dedita all’abuso di stupefacenti, cerca di scoprirne i misteri e di dominarne le forze devastanti, camminando sulla sottile linea della contesa. Sino a scoprire che un'orribile verità si cela in quel messaggero, giunto dal loro passato.
LanguageItaliano
Release dateJul 19, 2014
ISBN9781311387837
Cuori d'acciaio

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    Cuori d'acciaio - Federico Negri

    Ringraziamenti

    Prefazione

    Questo romanzo è il secondo volume della saga di Promise.

    Ad oggi sono usciti anche:

    Siamo la promessa – primo episodio

    Il Pianeta Ostile – terzo episodio

    che sono reperibili in tutti i principali ebook stores.

    Riassunto degli eventi de Siamo la promessa

    Siamo su Promise, un satellite del gigante gassoso Alcione, nel sistema stellare di Tau Ceti. L'unico mondo esterno al sistema solare che gli uomini siano riusciti a colonizzare.

    La Terra ha subito un collasso ambientale e una spedizione di novemila scienziati è stata inviata a costruire un avamposto su questo pianetino, che ha caratteristiche simili al nostro pianeta di origine. Tuttavia, arrivati là, i coloni non sono stati in grado di ristabilire le comunicazioni con la Terra e la tecnologia è andata perduta durante una feroce rivolta tra diverse fazioni.

    La storia inizia cento anni dopo questo sanguinoso evento. I pronipoti dei primi arrivati vivono in due diverse comunità: i Cittadini, governati dal Direttorio e asserragliati attorno ai residui del passato, e il Popolo Libero, i cui rappresentanti sono spregevolmente chiamati selvaggi o straccioni e si stanno diffondendo sul pianeta.

    La civiltà è precipitata al medioevo, non vi è più energia elettrica e i baluardi della conoscenza sono gli studenti e i professori dell'Università cittadina, dove sono custodite le trascrizioni dei novemila coloni.

    La protagonista del romanzo, Haria, è un'assistente dell'Università di Promise, la più giovane laureata della sua breve storia. Una ragazza come altre, ma con un eccezionale talento per la matematica e l'inclinazione ad assumere la psicocola, una droga sintetica promisiana.

    L'Esercito cittadino e l'Università organizzano una spedizione nelle terre selvagge, poiché è giunta notizia dell'atterraggio di un'astronave. Haria partecipa alla missione che presto si rivela insidiosa: il Popolo Libero vuole precludere l'accesso dei cittadini a questa novità.

    Forti dei loro armamenti, i soldati del comandante Gianhosi si aprono la strada sino alla navetta terrestre, scoprendo alcuni enigmi: perché un'astronauta ha lasciato la sonda per allontanarsi con i rappresentanti del Popolo Libero? Perché hanno sottratto anche un oggetto tubiforme? Come mai il resto dell'equipaggio non si è risvegliato dal sonno freddo?

    Haria è inviata all'inseguimento dei fuggitivi, insieme al soldato Fineri, un ragazzo forte e deciso, di cui presto si invaghisce. I due ritrovano l'astronauta fuggita, incosciente e in condizioni mediche critiche, gli uomini liberi svenuti e con loro l'oggetto misterioso sottratto dalla nave, il tubo.

    Haria inizia le indagini sull'oggetto e a tal fine prende le redini dell'interrogatorio di uno dei selvaggi catturati, il vecchio Sariso…

    Verità

    Il soldato Guimar ghigna di sbieco, osservando con distacco le loro evoluzioni. Haria appoggia le spalle di Kyra a terra e impreca tra i denti. È sudata marcia e ha i polmoni in fiamme, in particolare proprio dove quella selvaggia maledetta ha affondato la punta del piede.

    Fineri commenta: «Per quanto mi riguarda, è l'ultima volta che mi carico questo sacco di merda. Quindi nonno, vedi di farla svegliare in qualche modo. Guimar pianta il piolo e legala».

    «Ehi campione», biascica Guimar, facendo roteare uno stecchino tra i denti scuri, «perché invece non lo fai tu?»

    «Esegui e basta. Gianhosi mi ha detto di occuparmi della questione. Punto. Se hai dei dubbi vai a chiedere a lui».

    Si rivolge ad Haria, «Lo riportiamo dentro?»

    «Sì», risponde lei. Non le va di interrogare l'uomo lì fuori e soprattutto in presenza di Guimar. La sentinella non ha perso occasione per manifestare la sua contrarietà a quel trasloco.

    Convincere Gianhosi non è stato semplice e l'ha prosciugata di ogni energia. Alla fine il comandante ha scaricato la responsabilità in gran parte su Fineri, con il risultato di renderlo astioso nei suoi confronti.

    Proprio un bell'effetto, accidenti a quel vecchio straccione e alle sue fisime.

    Fineri agguanta l'uomo e lo costringe ad alzarsi. Strascicando i piedi e biascicando qualche lamentela, Sariso viene trascinato comunque un'altra volta dentro la tenda.

    Sta per giungere il mezzo-tramonto, così Haria accende una lanterna a olio. Cincischia qualche minuto con il meccanismo di regolazione dello stoppino, per dare il tempo a Fineri di sentirsi di troppo. Vuole gestire il vecchio e preferisce avere mano libera.

    Come previsto, presto il soldato si stufa di attendere lì in silenzio e le dice che aspetterà fuori, insieme al vecchio Guimar.

    I dadi appassionano tutti i teschi e parecchi soldi passeranno di mano tra i due prima che l'interrogatorio finisca.

    «Allora Sariso», esordisce lei. «Eravamo rimasti al momento di lasciare la nave. L'astronauta era dispiaciuta o era contenta di abbandonare i suoi?»

    L'uomo sorride, incurvando le labbra in maniera quasi impercettibile. La fiamma della lampada si riverbera sulla pelle scura, segnata dal sole e dalle ruvide carezze dei soldati. Il vecchio ha occhi profondi come gli abissi oceanici di Promise e quasi altrettanto misteriosi.

    «Non ti arrendi mai, tu?»

    «Ti ho fatto avere quello che volevi e non è stato per niente facile. Il comandante non voleva sentire ragione e gli ho dovuto promettere mari e monti per convincerlo a spostarvi qui. Adesso però voglio le mie risposte. Posso sempre farvi tornare in cima alla collina», Haria solleva un sopracciglio lanciandogli uno sguardo obliquo.

    L'ombra di sorriso scompare dal viso di Sariso. E riprende a narrare con tono monocorde. «Sono stati momenti concitati. La spaziale era allo stremo delle forze. Tentammo di farla mangiare ma vomitò il primo boccone. Dopo volle solo più bere. I miei compagni le dissero che dovevamo andare perché stavate arrivando voi».

    «Frena, frena, frena. Quindi le avevate spiegato come siamo organizzati qui su Promise? Che c'è un Direttorio, che voi non riconoscete? Che ci sono sei o sette tribù organizzate del popolo libero, più un numero imprecisato di vagabondi, a zonzo nella polvere? Un bel po' di nozioni per un colloquio dove si stenta a capirsi».

    «Non so cosa le avevano detto i miei compagni, io non c'ero. Il concetto che c'era un noi e un voi però era passato. Forse le avevano suggerito che le persone che stavano arrivando erano ostili. O forse semplicemente che noi non potevamo più stare lì perché voi volevate portare via tutto».

    «È importante capire cosa le avevano detto. Anche perché noi dovremo parlare con questa persona, non appena si riprenderà», insiste Haria.

    «Già. Però io non c'ero e non so cosa le hanno raccontato. Vedi il bello di far parte del popolo libero è che ognuno fa un po' quello che gli pare. Magari il vecchio Halfly Rosso le ha raccontato qualche storia, che so che i maiali hanno preso a comandare e che il popolo libero è l'ultimo baluardo per la difesa dell'umanità».

    «Le ha detto così?»

    «No», il vecchio scuote la testa e sorride, mostrando i suoi denti spaiati. «È un esempio, per dirti che non ho la più pallida idea di cosa hanno condiviso. Però è stato efficace, perché sembrava abbastanza ansiosa di scappare via con noi».

    «Ansiosa di scappare. E non voleva portarsi via qualcuno dei suoi?»

    «No, a dire il vero non l'ha chiesto. Anzi qualcuno lo ha proposto, adesso che mi ci fai pensare, è stata Kyra, sì lei. Solo che non capiva e allora Kyra ha picchiato con il dito contro una di quelle bare di vetro e l’altra ha scosso la testa».

    La terrestre aveva fretta di fuggire, ma non aveva il minimo interesse a portarsi dietro i suoi compagni. Forse aveva capito che questi selvaggi erano una minaccia e si era sacrificata. Prendete me, avrà pensato. Ma allora il tubo?

    «Va bene ti prendo in parola». Haria cerca di scrutarlo per capire se dà qualche segno di nervosismo, ma il vecchio le restituisce tranquillo lo sguardo. Continua quindi l'interrogatorio. «Andiamo avanti. Siete scappati in quattro, più la terrestre. E a un certo punto, arriviamo noi e, puff, siete solo più in tre, di cui uno morto e due quasi. Che è successo?»

    «Beh, questo sarà proprio difficile da credere per te. Però quel tubo ha un qualcosa di malvagio. La donna lo sapeva, infatti penso che volesse portarlo via per nasconderlo da qualche parte. Comunque Halfly e Garibolco avevano elaborato una loro teoria, basata sugli sproloqui della donna. Secondo loro, il tubo poteva essere usato come un'arma. Solo che dopo che eravamo scappati la terrestre era andata sempre più fuori di testa. Non connetteva più, diceva frasi senza senso. Cercavamo di farla mangiare, ma difficilmente riteneva qualcosa. Ogni tanto scoppiava a ridere come una pazza, ma più spesso dormiva».

    «Cosa è successo nella valle?», Haria cerca di riportarlo al punto.

    «Ci eravamo fermati per riposare, una breve pausa prima di riprendere la fuga. La terrestre era svenuta, pensavamo stesse per morire. Halfly e Garibolco avevano in mano il tubo. Avevano scoperto che, appoggiando il dito sopra quella finestra nera, si illuminava, come mi hai fatto vedere anche tu. Erano lì che provavano quando, a un tratto, la terrestre si risvegliò. Sembrava lucida e parve volersi addirittura alzare. Così i due ne approfittarono e le portarono il tubo. Mi avvicinai anch'io, ma notai che lo sguardo della donna era in un altro mondo. Pareva in sé, ma in realtà era ancora più fuori di testa di prima».

    Il vecchio interrompe il racconto e guarda speranzoso verso la ciotola colma d'acqua sul piano della scrivania.

    «Finisci e ti do quello che vuoi. Poi?», taglia corto Haria.

    «Proprio tutto quello che voglio? Ho una sete tremenda e mi sta tornando il mal di testa. Puoi darmi un'altra pillolina?»

    «Caspita vecchio, vuoi restarci secco? Dovresti essere ancora sotto in pieno. Finisci di raccontare e te ne do un'altra prima di andare a dormire».

    Sariso sospira, si gratta una guancia e continua il racconto. «La donna iniziò a biasciare delle istruzioni. A fare dei segni particolari. Io non riuscivo a vedere bene, perché Halfly e Garibolco se ne stavano lì, appiccicati a lei. Comunque a un certo momento, a furia di segni e di mezze parole, Garibolco, che reggeva il tubo, riuscì a tracciare una specie di segnale magico, di riconoscimento. E poi…», il vecchio guarda nel vuoto. Il labbro gli trema, ma non esce nessun suono.

    «Poi?», lo incalza Haria.

    «Non avevo mai visto nulla del genere. Uno di quei tondini in fondo al tubo si è schiuso. Dalla

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