Gli artigli del diavolo
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About this ebook
(F. Dostoevskij - I Fratelli Karamazov)
Lucrezia, un'aspirante giornalista che si occupa di necrologi, si ritrova coinvolta in un bizzarro mistero: un certo Filippo Ricasoli ha scritto la biografia di Orazio Bischerri, ex vice sindaco di Firenze, predicendone la morte ancora prima che avvenisse, rubandole così l'esclusiva. Come se non bastasse, qualcuno sta utilizzando la storia del fantasma di Firenze per sterminare tutti i membri della famiglia Bischerri in un modo assai singolare: 66 aghi sulla schiena. Aiutata da un ex compagno di scuola e da una guida turistica incontrata per caso, Lucrezia si troverà immersa in miti e leggende che hanno da sempre popolato la città fiorentina e non solo.Gli attori in scena saranno travolti in un gioco surreale, macabro, manovrato da una mente acuta e sottile... ma è umana o eterea?
E cosa nasconde la leggenda degli Artigli del Diavolo?
Tratto dal libro:
« C’è una leggenda sul Duomo di Pisa… » esitò il ragazzo, incerto se proseguire o meno.
« Racconta »
« Sul lato nord, a sinistra della facciata, su un blocco di marmo di origine romana, si trovano una serie di piccoli buchi neri. Secondo la leggenda si tratterebbe dei segni lasciati dal diavolo quando si arrampicò sul Duomo per fermarne la costruzione. Vengono chiamati “artigli del diavolo” »
« Devo vederli » decise Lucrezia d’impulso.
[...]
« Hanno una particolarità. »
« E sarebbe? »
« Non riesci a contarli » rivelò « Ogni volta che ci provi, non sono mai gli stessi e viene fuori un numero diverso »
« Dici sul serio? »
Il giovane abbozzò un sorriso.
« Fu uno scherzo del diavolo » spiegò « È così che fece impazzire l’architetto»
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Book preview
Gli artigli del diavolo - Maria Elena Gattuso
Gli Artigli del Diavolo
Maria Elena Gattuso
NARCISSUS EDITION
PUBLISHED BY:
Maria Elena Gattuso on Narcissus
Gli Artigli del Diavolo
Copyright © 2013 by Maria Elena Gattuso
Penso che se il diavolo non esiste, ma l'ha creato l'uomo, questi l'ha creato a sua immagine e somiglianza
(F. Dostoevskij - I Fratelli Karamazov)
4 Luglio 2010
Il treno regionale 22196 ballonzolava ubriaco sopra uno scarno binario che l’avrebbe condotto al capolinea in una manciata di minuti. La carcassa sferragliava e strideva non vedendo l’ora di giungere a destinazione per depositare il peso delle anime imprigionate al suo interno. Una forza invisibile frenava il suo ordinario tragitto, costringendo il convoglio a sudare come ogni volta l’arrivo alla stazione di Santa Maria Novella. Un caldo afoso regnava nei vagoni privi di aria condizionata, squarciando il sonno di chi quel 4 luglio dalle cinque del mattino non aveva letteralmente chiuso occhio.
«Biglietto, prego» insistette il controllore per la terza volta.
Una ragazza sulla ventina dai capelli castani e arruffati rovistava impacciata nella sua borsa di paglia simile per capienza all’arca di Noé. Peluche, asciugamani, ombretti, salviettine struccanti, sigarette e perfino un deodorante ancora imbustato balzarono innanzi allo sguardo spazientito dell’uomo in divisa, il quale aveva assistito innumerevoli volte a quella patetica scena.
«Trovato!» esultò la giovane sventolando un biglietto spiegazzato davanti al naso del controllore, che quasi glielo strappò di mano ed iniziò ad osservarlo attentamente con la fronte corrucciata e gli occhi ridotti a due temibili fessure.
Lucrezia Vestri poteva considerarsi un’articolista affermata. In seguito a numerosi no
ricevuti in faccia con lo stesso impeto di una doccia gelata era riuscita a inserirsi da ben due anni nel campo del
giornalismo. Il suo unico problema? Scriveva necrologi per un quotidiano locale. Ovviamente aspirava anche a qualcosa di più frizzante e allegro, come ad esempio conquistare lo spazio in qualche rubrica del cuore stampata in fondo alle più imbarazzanti riviste femminili. Tuttavia, come diceva suo padre, per raggiungere il podio della scrittura occorreva inevitabilmente passare dalla feccia.
«Questo biglietto non è stato convalidato » brontolò il controllore sfoggiando il suo miglior sorriso da aguzzino.
«Alla stazione di Buonconvento l’obliteratrice era guasta» protestò la ragazza annoiata.
«Sì, certo. Dicono tutti così».
«Sono anni che è guasta!»
«E allora per quale motivo non è venuta ad illustrarmi il problema?»
«Forse perché era troppo impegnato a scambiarsi effusioni con quella bionda polacca nel bagno di servizio?»
Il viso del controllore si colorò di varie tonalità tendenti al rosso e al viola mentre nel vagone era piombato un silenzio di tomba e numerosi occhi indiscreti scrutavano con curiosità quella ridicola situazione. Si passò una mano sopra i baffi neri e tentò invano di riprendere le redini del discorso.
«Questi non sono affari suoi » tagliò corto.
« Certo che no » ribatté la ragazza « E comunque mi sono presa la briga di annotare data, ora e luogo» aggiunse indicando un’estremità del biglietto che aveva scarabocchiato con una penna rossa, utilizzata normalmente per correggere le bozze.
L’uomo in divisa rise amaramente tentando di smaltire il nervosismo che gli attanagliava la gola.
«Neanche se l’avesse scritto Dante in persona quest’inchiostro avrebbe il benché minimo valore legale».
«Allora la prossima volta lo scriverò col suo sangue!» sibilò Lucrezia irata.
Il controllore non riuscì neanche a rispondere a quell’indecorosa battuta poiché un giovane ragazzo dai capelli color del grano sbucò alle sue spalle simulando un’aria innocente e preoccupata.
«Finalmente l’ho trovata!» blaterò «C’è una signora straniera che non riesce a uscire dal bagno dei disabili.
Sembra che stia