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Lola e Altri Ricordi
Lola e Altri Ricordi
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Lola e Altri Ricordi

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About this ebook

Racconti Brevi. Umorismo. Favole.Fantasia. Thriller, Surrealismo

Lola.
Poi ho avuto modo di conoscere un altro pappagallo, nella jungla, a Iquitos Amazon Lodge. Era una femmina e si presentava ogni mattina al tavolo della colazione per rubarmi l’uovo fritto. A me non piaceva l’uovo fritto, non lo mangiavo, lo facevo portare apposta.

La Piramide Spiritica.
− Racconta ancora di Papapa e le sue sedute spiritiche.
− Papapa dormiva sempre sotto una piramide.
− Una piramide a Lima? Aveva una piramide a Lima di sua proprietà, come un faraone d’Egitto? Forse vuoi dire che dormiva dentro la piramide. Si faceva portare la cena.
− No. I partecipanti alle sue sedute spiritiche gli avevano fatto costruire una piccola piramide. Papapa era il loro medium. La piramide era appesa al soffitto della camera da letto, Papapa ci dormiva sotto. Non so di che materiale fosse costruita, mi dicevano che era come una antenna che canalizzava energia e ogni sorta di strane cose. Era come un filtro e una trasmittente allo stesso tempo. Arrivavano onde di energia dall’universo e la piramide le concentrava.
− Ma sotto la piramide si potevano sentire le voci dagli altri mondi?
− Probabilmente nelle loro teste si. Io no, stare sotto la piramide mi faceva venire mal di capo, ero piccola e le onde erano troppo potenti

LanguageItaliano
Release dateNov 11, 2012
ISBN9781301273881
Lola e Altri Ricordi
Author

John Gerard Sapodilla

Mi hanno detto che sapevo scrivere e io ci ho creduto.Il Cuoco del Miramare e L’uovo SbattutoIl cuoco non può sopportare zio Filippo, E’ un istinto naturale, sentimento diffuso tra i nipoti che hanno la sventura di uno zio di successo. Zio Filippo da parte sua non fa che rendere peggiore la situazione, col suo comportamento immobile da dietro il vetro tenuto dalla cornice, sarcastico fissa suo nipote. Zio Filippo è il cordone blu della famiglia, chef reclamato e blandito dai ristoranti di Parigi, Londra, New York, per l’insuperabile supremo medaglione alle erbe di Provenza in crema ai tre formaggi svizzeri.Come ogni mattina, prima di uscire al lavoro, il cuoco si mette in testa il cilindro da chef e al collo il cordone blu, si ammira tra estasiato e invidioso allo specchio, rimette a post e prende la porta. Anche lui un giorno avrebbe avuto un gilet e un orologio d’oro con catena come il fottuto Filippo.Quante volte, nel giorno di chiusura, furtivo e di soppiatto, il cuoco è andato alla cucina del Miramare a provare la ricetta del medaglione: tante volte le galline convocate all’assaggio ci hanno raspettato con le zampette per allontanarsi scotendo il capo.Tutte le creature hanno il loro segreto, la vergogna nascosta del cuoco è il guscio dell’uovo. Per fare l’uovo sbattuto è necessario frangere il guscio sull’orlo del bicchiere che accoglierà la chiara. Non si può fare altrimenti. Questa operazione causa una frattura nel sistema nervoso del cuoco, gli trema la mano.Per porre rimedio, egli a messo a punto un metodo innovativo. Aperto lo sportellino di una stia, la gallinella salta giù e si allontana disinvolta, il calcio nel sedere del cuoco la sorprende innocente, crack.

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    Lola e Altri Ricordi - John Gerard Sapodilla

    Lola

    e

    Altri Ricordi

    di John Gerard Sapodilla

    Smashwords Edition

    Copyright © 2019

    Irene

    La Cartella delle Tasse

    Pollo alla Parigina

    Zio Ciccillo

    Luigi va in Baviera

    Minareto

    Paquita

    Il Gioco del Calcio

    Il Calcio Femminile

    Notte Silente

    Che si dice Don Gaetà?

    Il Trucco dell'Uovo

    Klorinda

    Israele Anno 2011

    Tappo Colorato

    Che ci Facevo Quell’anno a Firenze

    La Filastrocca del Difensor d’Ufficio

    Irene

    Si chiamava Irene e indossava un vestito giallo mentre io le correvo dietro sul marciapiede. Lei era più veloce di me, ma io non ero molto interessato a raggiungerla. Non sapevo cosa fare con una femmina. Il mio desiderio era un revolver a sei colpi, che facesse fumo e molto rumore.

    La Cartella delle Tasse

    Anni orsono un avvocato mi diede querela per fatti personali presunti tra me e lui. Fui assolto, senza farmi vedere nel distante tribunale e spendere un euro.

    A mia insaputa, il mio avversario fece appello col supporto di un avvocatone di grido e ottenne la mia condanna, grazie a un falso testimone. Avrebbe dovuto avere soldi da me, ma per vari motivi, tra cui un condono a mio favore, non prese un euro. Non avrei saputo niente di questo appello, sennonché un giorno mi arriva una lettera dalla cancelleria di quel tribunale, nella il cancelliere mi informa di ogni cosa avvenuta e vuole 1000 dico mille euro di spese. Spese per una lettera? Cancelliere non so che farmene della tua lettera.

    Finsce qui? Ma no. Il cancelliere va a piangere da Equitalia, Agente di riscossione, che tosto emette cartella delle tasse .

    Non caccio un euro e racconto tutto al Messaggero, giornale di Roma, che pubblica. Risponde asciutto uno scagnozzo innominato di Equitalia, dice che io pago e che lui ci ha la pezza di appoggio. Non caccio un euro e mi auguro che Equitalia capisca quello che deve fare con la pezza. Passano oltre 10 anni e scatta la prescrizione del debito? No. Con un trucco assai puntuto Equitalia emette ogni anno maggiorata cartella e dice che bisogna ricominciare a contare gli anni daccapo. E tutti si piegano. Vorrà il nuovo governo sradicare, estirpare la mia cartella Equitalia? Dovrò rimanere criminale evasore? E per colpa mia l’Italia non si sviluppa, e gli orfanelli non si possono comprare il cappottino?

    Pollo alla Parigina

    Phyllipa, sul pollo intero fanno uno sconto.

    Da brava spilorcia inglese, Phyllipa si controlla non mostra i suoi sentimenti, ma mette il pollo nel carrello. Io sono un impulsivo, ma poi ci rifletto sugli avvenimenti. Questo pollo con lo sconto avrà fatto una vita miserabile, stretto in una grande gabbia con mille altri suoi fratelli di sventura, sarà stato nutrito con il demonio sa quali mangimi innaturali. E’ un pollo triste malato nevrotico.

    Lei Phyllipa dice che farà il pollo alla parigina. La mia angoscia aumenta. Le donne inglesi sanno dipingere, scrivere romanzi e giocare a cricket, ma tenetele lontane dalla cucina. Per un paio di giorni mi dimentico del pollo, non lo vedo in giro. Un ladro di nascosto si è rubato lo spennato?. Un grande pentolone che avevo guardato con aria distratta per tutto il tempo mi guarda come per invitarmi a sollevare il coperchio. Ecco dove era finito. Il povero animale infelice era ridotto a un impiastro bianco, una poltiglia, come risultato delle torture che Phyllipa gli aveva inflitto.

    Adesso Phyllipa prende una teglia piatta e vi versa l’impiastro bianco ridotto a focaccia. Io pretendo disinteresse, ma lei con aria arrogante mi chiede di mangiarne.

    Mi chiede? Mi ordina. Io rifiuto l’offerta, mica mi posso mangiare l‘anima di un pollo di cui so poco o niente. Pazienza se lei si offende.

    Si offende?

    Prende un coltellaccio da cucina e minaccia di tagliarmi la gola. Fingo indifferenza. Prende una padella e minaccia d rompermela in testa. Decido che è tempo di farmi un piatto di spaghetti al pesto. E’ tutto.

    Zio Ciccillo

    Voglio parlarvi di zio Ciccillo di Aversa.

    Ciccillo non era un mio zio, ma in famiglia era sempre nominato come zio Ciccillo. Di antica famiglia nobile e ricca, ricevuta a Napoli alla corte dei Borbone, Ciccillo era posseduto dal demone del gioco. Breve vita felice fu quella del mio Ciccillo, fatto interdire dalla moglie Anacleta, prima che si mangiasse tutte le proprietà. Questo ci porta a parlare di zia Anacleta e zia Evelina, le due sorelle che tutti chiamavamo zie. Zia Evelina aveva sposato il giovane ufficialetto Alfonso, che era mio zio per davvero.

    Due fantasmine sempre in ciabatte e vestaglia, queste erano Evelina ed Anacleta quando le conobbi. Non uscivano mai di casa, neanche la messa la Domenica. Passavano il tempo con una ventaglina in mano a soffiare la brace nei fornelli a carbonella, c’era sempre qualcosa sul fuoco, il bricco del caffè almeno. Al mio arrivo nella loro casa mi accoglievano a passettini festanti col grido all’uso locale ‘uueèè’ e devo dire che questo mi faceva piacere. Ma erano due carogne di spilorce, adesso che ci penso non meritavano il mio affetto istintivo, mai che mi regalarono una camicia, un fottuto libro. Povero Ciccillo mio, che una notte si giocò un intero ospedale, proprietà di famiglia, con tutti i malati.

    Zio Ciccillo a mezzanotte esce dal muro e si aggira per casa che non fece in tempo a giocarsi. La casa è in realtà un palazzo con due ali, dalla parte del vicolo c’erano le stalle, dalla parte del Corso c’è ancora il balcone.

    Al ricordo di Ciccillo, lo zio che avrei sempre voluto, dedico Lola.

    Luigi va in Baviera

    Luigi va in Baviera

    La Cisterna di Antonio

    Facce come Focaccia

    Il Paese della Focaccia col Formaggio

    I Due Albanesi

    Bianco e Nero

    Luigi va in Baviera

    Il foglio ciclostilato del comando germanico, in carta di pessima qualità, è spiegato sulla scrivania di Luigi. Il foglio è stato letto, avvolto a cartoccio, rispiegato e riletto. Non ci sono dubbi, è stato convocato in due lingue, tedesco e italiano.

    Presentarsi o non presentarsi?

    Non andare significa disertare, cercare amici imboscati su per le colline, dormire in una capanna, e la famiglia senza il suo stipendio a fine mese. Mica puoi dire di portarti lo stipendio nei boschi.

    Luigi è il capo dei vigili urbani, qui in paese, dunque il dilemma è risolto, andare.

    Il comandante tedesco della piccola caserma sorride, gli mette in mano una cartelletta di fogli con le istruzioni.

    ── Luighi, parti domani col treno, insieme agli altri paesani, la Germania ha bisogno di te, puoi portare una sola valigia.

    A casa Luigi se ne sta in disparte, ma nessuno gli bada in modo particolare. A tavola per cena viene servita la zuppa di patate e fagioli, Luigi non si lamenta che voleva gli spaghetti al sugo di pomodoro appena scottato, e qualcuno comincia a farci caso. Finita è la zuppa, ma Luigi non si è ancora lamentato o borbottato per questo e quello. Luigi ha deciso di dir nulla fino a dopo il caffè. Arriva il caffè e non si lamenta che non è bollente, ma alza gli occhi e tutti lo guardano in silenzio.

    ── Preparatemi la valigia di legno, domani vado in Germania.

    Grida, pianti, imprecazioni, minacce.

    ── Tu non ci vai proprio in Germania, ti nascondi da zia Luigina. Datemi lo scialle che le vado a parlare. Dove è finito il mio scialle? – Ha parlato la moglie.

    ── E dove ti manderanno quando arrivi in Germania? E noi cosa facciamo? – Chiedono le figlie.

    Dopo che Luigi ha spiegato la questione dello stipendio, cessano minacce e imprecazioni, rimangono pianti e grida. Nella valigia si mettono soprattutto maglie di lana, se per disgrazia Luigi finisse sul fronte russo; e comunque in Germania fa sempre freddo.

    La mattina dopo Luigi sale sul treno, panche in legno di terza classe, scorta di soldati, fumo dalla locomotiva, soste per cambiare l’acqua. Arrivo in Baviera, smistamento su un convoglio di camion militari. Autostrada. Uno dei camion esce dall’autostrada e scarica Luigi a un viottolo di campagna, dove lo aspetta un tipo in sidecar. Il tipo ha la faccia di uno che dice ‘qui si beve birra e si zappa’. Luigi zappa, pianta, semina, raccoglie, ma anche mangia salsicce e pane nero, beve birra chiara e birra scura, la domenica canta e balla, l’estate prende il sole.

    Passa un anno e poco più, la Germania ha perso la guerra. Luigi torna a casa, ma alla partenza dalla fattoria grandi abbracci e promesse. Luighi ritorna, ti aspettiamo. Venite in Italia, ospiti a casa mia in Italia, ci mangeremo lasagne e maccheroni col sugo rosso tutti i giorni.

    Dopo una settimana di viaggio, un Luigi abbronzato, baffuto e paffuto bussa alla porta di casa con la valigia di legno piena di salsicciotti. Pianti, grida, abbracci, lo accoglie una famiglia con le facce patite, negli ultimi mesi hanno mangiato molta polenta e fagioli, neanche tanti fagioli.

    ── Che ti hanno fatto in Germania?

    ──Sei malato? Stai bene?

    ── Abbiamo ricevuto due lettere, scrivevi che stavi benissimo, abbiamo pensato che dovevi stare attento alla censura.

    Luigi capisce la situazione, non vorrebbe deluderli. Ma è davvero stanco, non sa cosa inventare. Indica la valigia

    ── Prima mangiamoci questi salsicciotti, poi vi racconto tutto. Pane ne abbiamo in casa? E carbonella?

    La Cisterna di Antonio

    Dove sta nascosto tuo marito?

    Le due bambine si stringono alle sottane della moglie di Antonio, ma senza paura. Antonio è nascosto nella cisterna, come sempre quando arrivano i militi fascisti del battaglione Monterosa. I ragazzi di leva sono disertori sparsi per le colline dell’entroterra, poco attratti dall’idea di finire sul fronte russo con le dita dei piedi congelate; il reduce Antonio preferisce starsene a casa.

    L’Italia è divisa in due, l’esercito americano con gli alleati al Sud, l’esercito tedesco al Nord. La cisterna di Antonio per ora è agli ordini di Berlino.

    I tre militi fascisti ripetono la domanda

    Dove sta Antonio?

    E’ disperso in guerra ripete come al solito la donna.

    Le donne contadine della Riviera Ligure di Levante nascono diffidenti, non parlano se non a chi parla il loro dialetto stretto, oppure gridano minacciose ai forestieri che si fermano per via a raccogliere una meluccia caduta dal loro albero. Forse anche i tre militi fascisti sanno che Antonio è nascosto nella cisterna, ma pensano che è meglio lasciarcelo. Antonio è un buon pretesto per uscire dalla caserma e salire in collina, se capita si requisisce una damigiana d’olio di olive o si accettano pomodori, lattuga, basilico.

    Prima di fare il saluto i tre lasciano due tavolette di cioccolata alle bambine.

    Facce come Focaccia

    Allora io dico alla cassiera del supermercato:

    Volevo i bollini, i punti per prendere la padellacon lo sconto, ma non ti ho mai amata dico io.

    Neanche io dice lei.

    Quando esco dal supermarket alla porta c’è sempre un giovane negro che aspetta la mancia, anche se non fa niente. L’altro giorno gli ho chiesto perché non si trova un lavoro.Lui non ha risposto, ha mosso la mano nell’aria. Lamentoso, mi diceche sta da tre anni in Italia con la moglie e due figli piccoli. Parla unitaliano stentato. Ho capito la parola Scuola, ma non ho capito chi va a scuola, se lui la moglie o i suoi bambini. Forse fa finta di essere tonto, perpaura di essere mandato a raccogliere pomodori. Non è solo, tre o quattro di questi compari neri sidanno il cambio alla porta del supermarket. La cosa va avanti da alcuni anni ormai e mi pare misteriosa.

    Il Paese della Focaccia col Formaggio

    Recco? Questo paese della Riviera Ligure di Levante di cui molti ignorano l’esistenza, e dove mai pensavo di trovarmi, deve la sua fama alla focaccia col formaggio. Da una parte il mare con gli scogli, dall’altra le colline. L’Aurelia lo divide in due parti. Un torrente scende da monte perpendicolare al mare e lo attraversa. Era un paese di poche migliaia di abitanti, fatto di case, casette e orti. Casette di pietra a secco e case di mattoni, con le facciate colorate di rosso e giallo.

    Recco era la perla della Riviera. Il suo centro era un pugno di antichi vicoli e portici attorno al Municipio. Sulla spiaggia non si vedevano le facce torpide dei bagnanti, ma mani da secoli esperte armavano un veliero. Si, sulla piccola spiaggia si costruivano velieri per la pesca. L’Aurelia sarà stata di ciottoli al tempo delle carrozze a cavalli, non so. Arrivarci da Genova o da Rapallo in carrozza non sarà stata una cosa facile per il cavallo, tra salite, discese e curve. Scendere a Recco dalle colline sovrastanti sarà stato un piccolo viaggi avventuroso a quei tempi per il contadino che portava giù olio, legna e farina. Un mondo chiuso di uomini coi baffi che sposavano donne di famiglia. Niente turisti e seconde case allora, le famiglie nobili e benestanti di Genova andavano a villeggiare nell’entroterra. Era di moda il fresco e non il sole e il mare.

    Vita grama per molti recchesi, suppongo, anche se non peggio che altrove, di conseguenza grande emigrazione soprattutto in Argentina. Un ligure tira l’altro, partivano portando tutto quello che avevano in una coperta arrotolata, fatta di toppe.

    Che cosa è Recco al tempo d'oggi?

    Il treno cambiò il destino di Recco a causa del ponte della ferrovia

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