

Le nostre aspettative, i pregiudizi e gli stereotipi culturali, ci portano a descrivere e a vivere la realtà, sia sociale sia individuale, proprio nel modo in cui l’abbiamo immaginata.
Nel famoso film del 2006 La ricerca della felicità di Gabriele Muccino, il protagonista (interpretato da Will Smith), caduto in disgrazia e costretto a occuparsi del figlioletto, insegue e realizza il suo sogno: diventare un broker di successo. Nonostante la povertà e la scarsità di risorse, grazie alla sua forte determinazione e ai suoi sacrifici, il giovane padre riesce a ottenere il lavoro. Egli non solo agisce studiando e lavorando duramente, ma fantastica “come se” fosse già assunto, vestendosi ogni giorno in giacca e cravatta con il suo unico completo, “immaginandosi”, per l’appunto, come un impiegato affermato.
La frase magica in inglese, che è quasi diventata un aforisma, fake it ‘til you make it e che si traduce con “fai finta, finché non lo ottieni”, è il “come se” che ci permette di indossare i panni che desideriamo, facilitandoci i passi verso il nostro desiderio o ciò che avevamo in qualche modo “profetizzato” per noi stessi. Le immagini che ci facciamo di noi stessi, però, possono anche agire in maniera negativa ostacolandoci e facendo avverare i nostri più temuti presentimenti! Ma che cosa si intende esattamente, per “profezia che si autoavvera”?
IL POTERE DELL’ORACOLO
Siamo nell’ambito della psicologia sociale, che studia le relazioni e i comportamenti delle persone come processi particolari in cui i singoli individui interagiscono, si influenzano e si mettono in relazione con gruppi di altri individui. Si studia perciò il singolo in relazione al gruppo. Il fenomeno della “profezia che si autoavvera” è oggetto di studio di questa branca della psicologia. L‘oggetto di indagine sta nel processo attraverso il quale le persone si affidano a enunciati profetici, sentenziati senza alcuna prova scientifica dai più svariati “oracoli”, finché tali profezie finiscono davvero