Un tempo le uova di Pasqua erano umili uova di gallina decorate a mano o bollite in acqua colorata con barbabietole o bucce di cipolla, per dare al guscio sfumature diverse.
Oggi usiamo donarle in forma di croccanti gusci di cioccolato che nascondono piccole sorprese, oppure di cremosi cioccolatini rivestiti di stagnola lucente, artigianali o industriali, mentre un tempo erano umili uova di gallina decorate a mano o bollite in acqua colorata con barbabietole o bucce di cipolla, per dare al guscio sfumature diverse. Ma, in qualunque forma, l’uovo di Pasqua conserva il suo valore simbolico e rimanda a uno dei miti più antichi e universali della storia umana, quello dell’uovo cosmico. Nella cosmogonia di molte culture antiche simboleggiava l’unità primordiale dell’essere, la totalità perfetta, indivisa, che ha preceduto la separazione degli elementi e la nascita dell’universo visibile. Una volta creati, il cielo e la Terra erano visti come due emisferi che andavano a formare un unico uovo.
Mircea Eliade ne confermava l’universalità con queste parole: «Il motivo dell’uovo cosmogonico, attestato in Polinesia, è comune all’India antica, all’Indonesia, all’Iran, alla Grecia, alla Fenicia, alla Lettonia, all’Estonia, alla Finlandia, ai Pangwe dell’Africa occidentale, all’America centrale e alla Costa occidentale dell’America del Sud». Le prime tracce del mito risalgono alla Mesopotamia del II millennio a.C. e da qui si sarebbe diffuso in India, nel XVI secolo a.C. Nella religione induista l’uovo o “grembo d’oro”, è descritto nella e nelle come un nucleo universale galleggiante nell’oceano primordiale e avvolto dall'oscurità della non-esistenza. Quando l’uovo si schiuse, Brahmā lo rese manifesto per mezzo dell’, il soffio vitale originario. Dalla metà superiore del guscio, fatta d’oro, nacque il cielo; dalla metà inferiore, che era d’argento, nacque la Terra.