



da una difficile operazione al polmone, il famoso tenore Enrico Caruso – nato a Napoli nel 1873 da una famiglia del popolo e assurto al successo mondiale, soprattutto negli Stati Uniti – accettò, un po’ per noia, di dare lezioni di canto a una fanciulla sorrentina di buona famiglia. Invaghitosi della ragazza, cantò per lei nelle stanze dell’Hotel Excelsior Vittoria, dove soggiornava, tornando a far tintinnare i lampadari come quando – più giovane e vigoroso, nelle sue scorribande amorose in America a quanto pare in compagnia di Al Capone – conquistava le donne mandando in pezzi i calici di cristallo con la potenza della sua voce. Tale sforzo gli assicurò l’amore della ragazza ma, probabilmente, aggravò le sue condizioni di salute: gli atti ufficiali ne riportano la morte a Napoli il 2 agosto 1921, a quarantotto anni, in una stanza dell’Hotel Vesuvio assistito da Giuseppe Moscati, il “medico santo” che aveva a cuore gli umili, canonizzato nel 1987 per due guarigioni considerate miracolose. Ma in molti, a Sorrento, raccontano un’altra storia, ben più romantica: il tenore sarebbe morto qui, proprio nella lussuosa stanza dell’hotel oggi dedicata a lui e arredata ancora con mobili, tendaggi e suppellettili d’epoca, incluse le caricature e il pianoforte usato dal maestro; e alcuni amici sorrentini lo avrebbero portato fino a Napoli via mare a bordo di un gozzo, durante la notte, per evitare le