
Quasi cinquecento anni prima che Matteo scrivesse il suo Vangelo, lo storico greco Erodoto descriveva i Magi come appartenenti a una delle sei tribù dei Medi, un popolo iranico stanziato nell’odierno Iran.

Certo non può venire in mente ai bambini che dispongono le statuine nel presepe, o agli adulti tornati bambini che li aiutano, che dietro quei piccoli gesti, quelle ingenue figurine in gesso (oggi più spesso in plastica) ci sono secoli di studi biblici, astronomici, iconografici ed etnologici che hanno cercato di ricostruire la verità storica degli eventi lì rappresentati.
Dalla stella cometa che brilla sulla capanna della Natività, all’identità dei Magi, ai loro doni, ogni particolare nei secoli è stato minuziosamente esaminato da legioni di studiosi, mentre la scena veniva raffigurata in migliaia di affreschi, quadri, opere d’arte, libri che hanno tramandato un’immagine forse lontana dalla realtà ma certamente suggestiva. E se il primo scoglio nel contesto della tradizione cristiana è rappresentato dal momento stesso della nascita di Gesù, avvenuta secondo alcuni addirittura a Pasqua e secondo altri ben prima dell’anno 1, qui ci limiteremo ad osservare più da vicino quei tre personaggi riccamente abbigliati che si avvicinano alla mangiatoia con i loro preziosi scrigni, come vuole la tradizione.
IL VANGELO DI MATTEO
Ha dell’incredibile il successo bimillenario di personaggi entrati nell’immaginario collettivo grazie a soli dodici versetti del secondo capitolo del Vangelo di Matteo, che è l’unica fonte cristiana canonica a citare l’episodio.
«Nato Gesù a Betlemme di Giudea, al tempo del re Erode, ecco, alcuni Magi giunsero da oriente a Gerusalemme e dicevano: – Dov’è colui che è