


In principio furono le mele, che erano però rare e carissime, tanto che ad Adamo ed Eva, impossibilitati a pagare, costarono la cacciata dal Paradiso. Dopo aver rinunciato alle mele, visti anche i risultati, l’uomo si è poi dedicato a frutti e bacche, tuberi e radici, funghi e insetti, o uova rubacchiate da qualche nido. Per passare alla sua carriera di cacciatore - il passo successivo - occorrevano però armi adatte, come constatarono i nostri antenati quando provarono ad abbattere a randellate un mammuth, cosa che però riuscì dopo aver imparato a lavorare i metalli e a costruirsi armi più efficaci. A quel punto cacciare piccoli e grandi esemplari di selvaggina era diventato più facile e l’uomo poteva indubbiamente essere considerato un cacciatore. Ma un giorno si affacciò a quell’immenso ignoto liquido, poi chiamato mare: un limite invalicabile e anche un po’ inquietante, ma ricco di promesse. E doveva essere un mare di incredibile ricchezza, con i pesci che saltavano da tutte le parti e che non sapeva come prendere. Così cominciò prima a raccattare i molluschi che trovava nella fascia di risacca e, quando qualche pesce restava imprigionato nelle pozze di marea, una bella mazzata e il gioco era fatto. Ma come farne una fonte più costante di cibo? All’inizio il gioco fu risolto con le armi già inventate per la caccia: archi e frecce, lance e fiocine. Poi, finalmente, l’intelligenza che già da allora ci distingueva dal resto del mondo animale partorì un’invenzione straordinaria: una lenza e un amo. Sorprende pensare che, se fra una lancia primitiva e un moderno fucile da caccia grossa c’è un abisso tecnologico, fra ami e lenze di allora e quelli di oggi il principio è rimasto sostanzialmente lo stesso.

Ma si fa presto a dire una lenza