SVEGLIE ALL’ALBA, GIORNATE INFINITE, niente feste comandate perché gli animali non vanno in vacanza e il latte non aspetta. Tra i tanti mestieri dell’enogastronomia, quello del casaro (che spesso va a braccetto con allevamento, vendita, scartoffie) è tra i più impegnativi. Eppure, sono in tanti – spesso giovani, non raramente donne – a dedicarsi al formaggio, riprendendo attività di famiglia e antiche tradizioni o cambiando vita, in cerca di nuove soddisfazioni: quelle date da animali in salute e trattati con rispetto, dal latte che profuma di fiori ed erbe, dalla gioia di chi assaggia un cibo buono e nutriente. Con la consapevolezza che l’uomo può ancora agire in sintonia con la natura, a patto di procedere con riguardo, ritrovando tempi lenti e pratiche ancestrali. Senza dietrologia: i “nuovi” casari sanno bene quanto sia importante comunicare i propri prodotti, a fini commerciali e non solo, e il più delle volte si destreggiano con lo smartphone bene quanto con pala e spino.
Pensiamo a Manuel Lombardi – ribattezzatosi “contadino 2.0” per raccontare sui social le sue attività e la sua terra – che ha lasciato l’informatica per dedicarsi a Le Campestre, l’azienda di famiglia a Castel di Sasso