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Vamp, femme fatale e DARK LADIES

imbolo di una retrograda narrativa patriarcale o moderna icona di emancipazione femminile, la femme fatale attraversa i secoli cambiando nomi, forme e significati; ma se già nell’antichità, attraverso figure religiose quali Ishtar, l’archetipo assume i suoi primi contorni, è nella letteratura e nell’arte pittorica che raggiunge le sue più alte rappresentazioni. Almeno fino a quando non entra in scena il cinema. Elegante, seducente, spietata. Padrona della propria vita quanto di quella degli uomini che ammalia, la femme fatale è una donna dall’intelligenza sopraffina e fuori dagli schemi, una creatura sicura di sé e pronta a tutto pur di ottenere ciò che desidera. Nell’immaginario letterario, da Circe alla Marchesa de Merteuil, trova corpo in centinaia di (anti)eroine fino al XIX secolo, quando si trasforma letteralmente in un’icona. È infatti la Belle Époque la cultura che più di ogni altra sa celebrare la femme fatale, e il decadentismo e l’art nouveau sono le correnti a lei più congeniali. Tra le poesie di Baudelaire e le illustrazioni di Aubrey Beardsley, i dipinti di Klimt di Oscar Wilde, la “seconda donna” del teatro vede la propria ascesa e con lei, influenzata dall’arte di inizio Novecento, la vamp del nuovissimo regno in celluloide. In , cortometraggio del 1913 diretto da Robert Vignola, una bellissima Alice Hollister strappa un giovane innamorato dalle braccia della sua compagna, trascinandolo nella dispe-razione. Sebbene la pellicola sia considerata da molti il primo esempio del fenomeno vamp, uno splendido prototipo di donna letale lo si coglie già in Asta Nielsen, “diva silenziosa” di origini danesi che ne (1910), diretto da Urban Gad, interpreta il ruolo di una donna seducente ed emancipata capace di portare gli uomini alla rovina.

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