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VANESSA FERRARI

ome tutte le bambine Vanessa sognava di diventare ballerina ma poi: «Avevo circa cinque anni quando vidi in tv una ginnasta alla trave. Non ricordo né il nome né la gara in questione, ma dissi a mia madre “Mamma, voglio fare ginnastica”. Fu amore a prima vista». Nata a Orzinuovi (BS), nel 1990, nella sua carriera avevo sedici anni sono diventata campionessa del mondo. Poi sono arrivati tantissimi altri successi (e infortuni), dopo tre Olimpiadi senza medaglia ho voluto provarci ancora e ho intrapreso il mio percorso verso Tokyo. All’inizio del quadriennio però mi sono rotta il tendine d’Achille e mi sono dovuta sottoporre a due interventi chirurgici; la qualificazione è stata davvero complicata». E anche se erano in molti a pensare che fosse un’atleta finita, troppo vecchia a 32 anni, lei non si è mai data per vinta. «L’argento di Tokyo è stata una consacrazione. L’unica cosa che volevo era la possibilità di giocare le mie carte. Gli infortuni in passato mi hanno tolto tante possibilità e non volevo rimpianti per il futuro». Rispetto alle tre Olimpiadi precedenti Pechino 2008, Londra 2012 e Rio 2016 , questa volta Vanessa era convinta della sua performance: «Mi sentivo bene. La coreografia e la musica erano stupende e l’esercizio mi era stato cucito addosso. Ho avuto un momento di sconforto solo il giorno prima della finale: la tensione era alle stelle, c’erano tante aspettative e io non volevo deludere nessuno; avendo ottenuto la prima posizione alle qualifiche, sentivo che se avessi fatto bene avrei avuto buone possibilità. Ho guardato gli esercizi delle avversarie e ho capito che il mio era davvero competitivo. Avevo scelto un brano italiano conosciuto nel mondo, “Con te partirò” di Bocelli, perché volevo fosse una dedica speciale a tutti quelli che mi hanno sempre sostenuto. È stato un po’ come averli con me sulla pedana in quel momento». Per chi se lo stia chiedendo, non c’è nessun ritiro all’orizzonte, malgrado, a causa delle delusioni, a volte il pensiero l’abbia sfiorata: «Mollare tutto è la strada più semplice. Mi sono sempre rialzata per tornare in palestra e rimettermi al lavoro». In questo lei e Bebe Vio si assomigliano: tenacia, determinazione e resilienza. «Bebe è una che non si arrende mai. È un esempio per tutti, sempre sorridente, malgrado tutto quello che le è successo… ». E Vanessa, cosa si aspetta in futuro? «A Tokyo sono arrivata al limite per inseguire quel fantastico risultato, ho dato tutto e i miei tendini ne hanno risentito parecchio. Ora sto cercando di trovare la serenità per pormi il nuovo obiettivo; se riuscissi a stare bene non escluderei di tentare il colpaccio (le Olimpiadi di Parigi 2024). E sto pianificando la fase post atleta: per aprirmi nuove strade senza abbandonare il mondo della ginnastica».

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