ANIMA DI PIETRA

il tintinnio del metallo sulla pietra riecheggia dalle finestre aperte della scuola per scalpellini di Pučišća, maestoso edificio di pietra calcarea affacciato sull’acqua color zaffiro del piccolo porto cittadino. All’interno una ventina di studenti di età compresa tra quindici e diciotto anni sono intenti a martellare, cesellare e lucidare blocchi di roccia calcarea di provenienza locale. La luce del sole illumina le particelle di polvere di pietra sospese nell’aria. I lavori sono in varie fasi di avanzamento, dai blocchi grezzi appena giunti dalla cava alle grandi sculture che raffigurano leoni. C’è anche un telaio di una finestra gotica che sembra provenire da una chiesa medievale. Le tecniche utilizzate dai ragazzi sarebbero familiari anche agli scalpellini dell’antichità, a rendere speciale questa scuola è infatti l’impiego di utensili tradizionali. La quindicenne Vanessa impugna con le mani (dalla manicure impeccabile) un attrezzo dentato dall’aria minacciosa, chiamato , che sta usando per ricavare una fruttiera dalla pietra. Non c’è nulla di tradizionale in Vanessa e nella sua amica (e compagna di classe) Gabriela: hanno la testa parzialmente rasata e parlano inglese con un vago accento americano. Sembrano però entrambe
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